La presente ricerca indaga l’emergenza e l’evoluzione, dal 1956 al 1969, di gruppi veneti appartenenti all’area dell’estrema destra extraparlamentare i cui militanti furono implicati, a diverse intensità, in attività politiche clandestine e violente. Attraverso lo studio degli itinerari biografici dei militanti, delle culture politiche presenti dall’interno dell’ambiente neofascista e del contesto socio-economico dell’area presa in considerazione, l’obiettivo della ricerca è quello di comprendere ragioni, tempi e modalità del processo di radicalizzazione dell’estrema destra veneta, mettendo in luce le dinamiche che portarono alcuni militanti ad affiancare a un’attività politica legale un’attività clandestina caratterizzata dall’adesione a pratiche via via più estreme. Partendo dalla considerazione che la letteratura scientifica riguardante l’eversione di destra ha per lungo tempo relegato il fenomeno a una dimensione di eteronomia e subalternità, complice il peso, dal punto di vista storico ma anche dal punto di vista della memoria pubblica nazionale, della comprovata collaborazione e protezione fornita da settori delle forze armate, dei servizi segreti e da alcuni esponenti politici italiani nell’elaborazione degli episodi di violenza «nera» più sanguinosi del periodo, con la presente ricerca ci si è proposti di superare un’interpretazione unilaterale della violenza politica di estrema destra interrogando l’agency dei militanti neofascisti coinvolti e inserendone l’attività violenta in un contesto sociale, politico e culturale specifico. Ciò ha significato, prima di tutto, allargare lo spettro delle pratiche violente prese in considerazione: non solo la violenza terroristica che verrà dispiegata dal 1969 in poi ma anche la violenza diffusa e a bassa intensità caratteristica del periodo precedente. Tale approccio ha permesso di ricostruire i tempi e i modi del processo di socializzazione alla violenza dei militanti neofascisti, processo che, nella maggior parte dei casi, si è rivelato graduale e accidentato. Al fine di indagare modalità e motivazioni che fecero del microcosmo dell’estrema destra veneta un vero e proprio laboratorio di violenza politica, la ricerca si è sviluppata lungo tre assi principali. In primo luogo, si sono volute analizzare le traiettorie individuali dei militanti veneti, in modo da studiare il loro itinerario politico e sociale e ricostruire le loro reti di relazione. Dall’altra parte, la presente ricerca si è posta l’obiettivo di indagare le motivazioni ideologiche che hanno accompagnato la scelta di aderire a pratiche violente, procedendo ad analizzare le diverse culture politiche presenti in seno all’ambiente dell’estrema destra veneta lungo gli anni Sessanta e Settanta. Tale approccio ha permesso di mettere in risalto il ruolo giocato dall'attivismo culturale nella formazione e nella radicalizzazione dei militanti, ipotizzando l’esistenza di un legame di causalità tra condivisione di certi principi teorici e adozione di determinate pratiche violente. Infine, con tale ricerca si sono voluti contestualizzare gli spazi nei quali circolarono i militanti neofascisti, partendo dal loro radicamento locale per giungere fino alla loro presenza all’interno di reti transnazionali.

L'estrema destra in Veneto dalle origini alla strage di piazza Fontana. Traiettorie militanti, culture politiche e pratiche di violenza (1956-1969)

PREVER, CATERINA
2025

Abstract

La presente ricerca indaga l’emergenza e l’evoluzione, dal 1956 al 1969, di gruppi veneti appartenenti all’area dell’estrema destra extraparlamentare i cui militanti furono implicati, a diverse intensità, in attività politiche clandestine e violente. Attraverso lo studio degli itinerari biografici dei militanti, delle culture politiche presenti dall’interno dell’ambiente neofascista e del contesto socio-economico dell’area presa in considerazione, l’obiettivo della ricerca è quello di comprendere ragioni, tempi e modalità del processo di radicalizzazione dell’estrema destra veneta, mettendo in luce le dinamiche che portarono alcuni militanti ad affiancare a un’attività politica legale un’attività clandestina caratterizzata dall’adesione a pratiche via via più estreme. Partendo dalla considerazione che la letteratura scientifica riguardante l’eversione di destra ha per lungo tempo relegato il fenomeno a una dimensione di eteronomia e subalternità, complice il peso, dal punto di vista storico ma anche dal punto di vista della memoria pubblica nazionale, della comprovata collaborazione e protezione fornita da settori delle forze armate, dei servizi segreti e da alcuni esponenti politici italiani nell’elaborazione degli episodi di violenza «nera» più sanguinosi del periodo, con la presente ricerca ci si è proposti di superare un’interpretazione unilaterale della violenza politica di estrema destra interrogando l’agency dei militanti neofascisti coinvolti e inserendone l’attività violenta in un contesto sociale, politico e culturale specifico. Ciò ha significato, prima di tutto, allargare lo spettro delle pratiche violente prese in considerazione: non solo la violenza terroristica che verrà dispiegata dal 1969 in poi ma anche la violenza diffusa e a bassa intensità caratteristica del periodo precedente. Tale approccio ha permesso di ricostruire i tempi e i modi del processo di socializzazione alla violenza dei militanti neofascisti, processo che, nella maggior parte dei casi, si è rivelato graduale e accidentato. Al fine di indagare modalità e motivazioni che fecero del microcosmo dell’estrema destra veneta un vero e proprio laboratorio di violenza politica, la ricerca si è sviluppata lungo tre assi principali. In primo luogo, si sono volute analizzare le traiettorie individuali dei militanti veneti, in modo da studiare il loro itinerario politico e sociale e ricostruire le loro reti di relazione. Dall’altra parte, la presente ricerca si è posta l’obiettivo di indagare le motivazioni ideologiche che hanno accompagnato la scelta di aderire a pratiche violente, procedendo ad analizzare le diverse culture politiche presenti in seno all’ambiente dell’estrema destra veneta lungo gli anni Sessanta e Settanta. Tale approccio ha permesso di mettere in risalto il ruolo giocato dall'attivismo culturale nella formazione e nella radicalizzazione dei militanti, ipotizzando l’esistenza di un legame di causalità tra condivisione di certi principi teorici e adozione di determinate pratiche violente. Infine, con tale ricerca si sono voluti contestualizzare gli spazi nei quali circolarono i militanti neofascisti, partendo dal loro radicamento locale per giungere fino alla loro presenza all’interno di reti transnazionali.
11-giu-2025
Italiano
LEVIS SULLAM, SIMON
Università degli studi di Padova
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
tesi_definitiva_Caterina_Prever.pdf

embargo fino al 11/06/2026

Dimensione 23.32 MB
Formato Adobe PDF
23.32 MB Adobe PDF

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/215150
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-215150