Dissonanze della cura: crepe e relazioni nello spazio clinico

This dissertation emerges from three years of experience across diverse care settings—an ethno-clinic, a legal clinic, and a safe space—connected by a common field of intervention: the clinic. Drawing on this plurality of sites and practices, the work seeks to dramatize the concept of the clinic by staging its historicity, tensions, ambivalences, and latent possibilities. Dramatization is employed here as a critical method—a theoretical and political gesture that exposes the clinic to the conflicts that shape it, revealing regimes of knowledge, power asymmetries, and grammars of cure and care. Rather than treating the clinic as a stable or neutral object, the dissertation approaches it as a layered territory where bodies, gazes, knowledges, norms, and institutions intersect. From this complexity, the research sets out to interrogate the polysemy of “care”—as cure, care, and curation—and the material, theoretical, and historical conditions through which it is produced. Following a practice of cogitation—understood as an aesthetic and political gesture involving thought, body, and affect—the dissertation navigates recurring polarities such as time and writing, theory and practice, care and incurability. The resulting archive is deliberately partial and unstable, composed of field notes, theoretical reflections, as well as hesitations, fragments, and failures.

Questa tesi prende forma da tre anni di esperienza in contesti di cura eterogenei – una etno-clinica, una clinica legale e un safe space – accomunati dalla definizione che connota il loro spazio di intervento: la clinica. Proprio a partire da questa pluralità di luoghi e pratiche, il lavoro si propone di drammatizzare il concetto di clinica, mettendo in scena la sua storicità, le tensioni, le ambivalenze e le possibilità che la attraversano. La drammatizzazione è assunta come metodo critico: un gesto teorico-politico che espone la clinica ai conflitti che la costituiscono, rivelando regimi di sapere, asimmetrie di potere e grammatiche della cura. Lontano dall’idea di un oggetto stabile o neutro, la clinica viene affrontata come un territorio stratificato, in cui si intrecciano corpi, sguardi, saperi, norme e istituzioni. È da questa complessità che la ricerca si muove per interrogare la polisemia del termine cura – cure, care, curation – e le condizioni materiali, teoriche e storiche in cui essa si produce. Seguendo una pratica di cogitazione – intesa come gesto estetico e politico che coinvolge pensiero, corpo e affetti – la tesi si confronta con polarità ricorrenti quali tempo e scrittura, teoria e pratica, cura e incurabilità. L’archivio che ne emerge è parziale e instabile, attraversato da note di campo, riflessioni teoriche, ma anche da esitazioni, frammenti e fallimenti.