Oggetto del presente lavoro è lo studio del decreto di litis contestatio nel processo matrimoniale canonico e dei poteri del giudice in ordine alla sua determinazione e alla sua modificazione. Come noto, il decreto di litis contestatio è emesso dal giudice al termine della fase introduttiva di ogni giudizio canonico e ha come scopo precipuo quello di determinare la fissazione dei termini della controversia, in tal modo costituendo l’ambito e provvedendo al tempo stesso ai limiti del successivo decisum giudiziale. Occorre premettere che più dell’espressione litis contestatio è invalsa in Dottrina e in Giurisprudenza quella di concordanza del dubbio, locuzione, questa, che come la prima trova spazio nell’ambito del Codice delle norme e delle norme complementari (su tutte, l’Istruzione «Dignitas connubii») e che proprio come la prima si riferisce alla definizione dell’oggetto del giudizio. Come si avrà modo di approfondire, in realtà, entrambe si riferiscono alla definizione dell’oggetto della causa, solamente che, in un caso, questo è determinato de plano dal giudice, ossia mediante il decreto che contiene la formula del dubbio stabilita dal magistrato sulla base del libello introduttivo e dei successivi rilievi delle parti; nell’altro, l’oggetto del giudizio è individuato sempre dal giudice ma a seguito dell’intervento diretto delle parti che abbiano richiesto un’apposita udienza volta per l’appunto a concordare il dubbio o i dubbi di causa, nel qual caso la contestazione della lite, che rimane atto del giudice, è il frutto di tale accordo. Quale che sia, delle due modalità, quella attraverso cui si pervenga alla contestazione della lite, resta il fatto che questa è atto cruciale del giudizio nel quale le reciproche pretese delle parti sono cristallizzate in modo tendenzialmente immutabile, poiché solamente il concorso di plurime circostanze consente la rimodulazione dei termini del giudizio. Tra queste il legislatore - che ha ancorato il processo canonico al principio della domanda - ha esplicitamente previsto l’istanza di parte. Ebbene, dopo aver provveduto ad un’analisi anche di carattere storicogiuridico del decreto di litis contestatio e dopo aver individuato la finalità a cui risponde e i poteri del giudice in ordine alla sua formulazione, da ultimo si prenderà in considerazione anche la possibilità che nell’ambito del processo per la dichiarazione di nullità matrimoniale i termini del giudizio, una volta scolpiti nella formula del dubbio, possano essere modificati ex officio iudicis, nonostante la previsione codiciale che a tal fine richiede l’instantia partis quale estrinsecazione del principio della domanda. In altri termini, si tratterà di comprendere se i maggiori poteri officiosi riconosciuti al giudice nell’ambito del processo matrimoniale - quale tipico processo che verte sul bene pubblico della Chiesa - consentano che egli stesso possa provvedere a modificare i termini della controversia, ossia il capo o i capi di nullità per il quale il matrimonio sia stato impugnato, ove ciò lo suggerisca lo svolgimento dell’istruttoria da cui emerga la maggiore adeguatezza di un diverso capo di nullità. Ai fini dello studio dell’istituto del decreto di litis contestatio che contiene la formula del dubbio e delle problematiche che vi afferiscono è sembrato opportuno muovere l’analisi dalle radici dell’istituto, che si rinvengono nel diritto processuale romano di età arcaica, per poi seguirne lo sviluppo prima nell’ambito nel diritto medioevale e poi in quello delle due Codificazioni canoniche per la Chiesa latina e delle norme che lo hanno integrato - su tutte, quelle contenute nell’Instructio «Dignitas connubii» - sino alla recente modifica apportatavi dal Santo Padre Francesco nel 2015 mediante il Motu proprio «Mitis Iudex Dominus Iesus».
Il decreto di litis contestatio: i poteri del giudice sulla formula del dubbio
PAPANTI PELLETIER, MARIA VITTORIA
2019
Abstract
Oggetto del presente lavoro è lo studio del decreto di litis contestatio nel processo matrimoniale canonico e dei poteri del giudice in ordine alla sua determinazione e alla sua modificazione. Come noto, il decreto di litis contestatio è emesso dal giudice al termine della fase introduttiva di ogni giudizio canonico e ha come scopo precipuo quello di determinare la fissazione dei termini della controversia, in tal modo costituendo l’ambito e provvedendo al tempo stesso ai limiti del successivo decisum giudiziale. Occorre premettere che più dell’espressione litis contestatio è invalsa in Dottrina e in Giurisprudenza quella di concordanza del dubbio, locuzione, questa, che come la prima trova spazio nell’ambito del Codice delle norme e delle norme complementari (su tutte, l’Istruzione «Dignitas connubii») e che proprio come la prima si riferisce alla definizione dell’oggetto del giudizio. Come si avrà modo di approfondire, in realtà, entrambe si riferiscono alla definizione dell’oggetto della causa, solamente che, in un caso, questo è determinato de plano dal giudice, ossia mediante il decreto che contiene la formula del dubbio stabilita dal magistrato sulla base del libello introduttivo e dei successivi rilievi delle parti; nell’altro, l’oggetto del giudizio è individuato sempre dal giudice ma a seguito dell’intervento diretto delle parti che abbiano richiesto un’apposita udienza volta per l’appunto a concordare il dubbio o i dubbi di causa, nel qual caso la contestazione della lite, che rimane atto del giudice, è il frutto di tale accordo. Quale che sia, delle due modalità, quella attraverso cui si pervenga alla contestazione della lite, resta il fatto che questa è atto cruciale del giudizio nel quale le reciproche pretese delle parti sono cristallizzate in modo tendenzialmente immutabile, poiché solamente il concorso di plurime circostanze consente la rimodulazione dei termini del giudizio. Tra queste il legislatore - che ha ancorato il processo canonico al principio della domanda - ha esplicitamente previsto l’istanza di parte. Ebbene, dopo aver provveduto ad un’analisi anche di carattere storicogiuridico del decreto di litis contestatio e dopo aver individuato la finalità a cui risponde e i poteri del giudice in ordine alla sua formulazione, da ultimo si prenderà in considerazione anche la possibilità che nell’ambito del processo per la dichiarazione di nullità matrimoniale i termini del giudizio, una volta scolpiti nella formula del dubbio, possano essere modificati ex officio iudicis, nonostante la previsione codiciale che a tal fine richiede l’instantia partis quale estrinsecazione del principio della domanda. In altri termini, si tratterà di comprendere se i maggiori poteri officiosi riconosciuti al giudice nell’ambito del processo matrimoniale - quale tipico processo che verte sul bene pubblico della Chiesa - consentano che egli stesso possa provvedere a modificare i termini della controversia, ossia il capo o i capi di nullità per il quale il matrimonio sia stato impugnato, ove ciò lo suggerisca lo svolgimento dell’istruttoria da cui emerga la maggiore adeguatezza di un diverso capo di nullità. Ai fini dello studio dell’istituto del decreto di litis contestatio che contiene la formula del dubbio e delle problematiche che vi afferiscono è sembrato opportuno muovere l’analisi dalle radici dell’istituto, che si rinvengono nel diritto processuale romano di età arcaica, per poi seguirne lo sviluppo prima nell’ambito nel diritto medioevale e poi in quello delle due Codificazioni canoniche per la Chiesa latina e delle norme che lo hanno integrato - su tutte, quelle contenute nell’Instructio «Dignitas connubii» - sino alla recente modifica apportatavi dal Santo Padre Francesco nel 2015 mediante il Motu proprio «Mitis Iudex Dominus Iesus».File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/218792
URN:NBN:IT:UNIROMA2-218792