Il punto di partenza e il presupposto teorico del nostro lavoro consistono nel tentativo di considerare, all'interno del sistema hegeliano, il nesso teorico tra natura e religione, non già  come un semplice rapporto trasversale o diagonale tra due parti staccate e diverse di questo stesso sistema, ma come una chiave ermeneutica per afferrare il senso ultimo e gli intenti pi๠profondi del sistema stesso e, nello stesso tempo, per coglierne gli eventuali punti di frattura e gli snodi problematici. La dialettica hegeliana, infatti, ha come sua caratteristica distintiva e specifica il tentativo di superamento di ogni distinzione residuale tra soggetto e oggetto, tra pensiero e pensato; il tentativo di pervenire ad una fluida e perfetta identità  tra di essi e di pervenirvi non attraverso un'immediata presupposizione ma attraverso un lavoro dialettico che si muove di un movimento necessario e immanente: movimento che, a livello fenomenologico, porta alla progressiva eliminazione di qualunque differenza tra la coscienza e il suo oggetto fino all'ultima meta del puro sapere e, al livello dell'enciclopedia, porta, attraverso lo sviluppo immanente delle categorie logiche, all'uscita fuori di sਠdell'Idea nella natura e al suo ritorno in sਠnello spirito, fino all'ultimo vertice della filosofia assoluta, in cui si compie la perfetta e pura identità  speculare e speculativa tra il pensiero e il suo oggetto. Ora, se, in estrema sintesi, ਠpossibile definire questo come lo scopo e il senso del sistema hegeliano à¨, a nostro avviso, inevitabile: 1) vedere in ogni forma di residuale autonomia dell'oggetto rispetto al soggetto, in ogni rigida e meccanica giustapposizione esteriore tra il pensiero e il suo pensato, ciಠa cui questo sistema si oppone ma che, allo stesso tempo, puಠscongiurare e superare solo facendo i conti con esso fino in fondo; 2) considerare natura e religione pi๠che semplici e specifiche parti o sezioni del sistema, come due aspetti o due modi, tra loro strettamente legati, di questo pericolo incombente sulla dialettica che essa perennemente cerca di scongiurare: quello di una irriducibile eterogeneità  dell'oggetto rispetto al soggetto, del pensato rispetto al pensiero, di un ostacolo insuperabile alla loro fluida unificazione, di un resto di esteriorità  spaziale e meccanica che il lavoro dialettico riesce a stento e a fatica a dissolvere. La tematica del naturale e quella del religioso, quindi, rimbalzano l'una sull'altra, si richiamano e si rimandano reciprocamente. Ogni religione per Hegel ( anche la religione assoluta ) resta sempre in fondo religione naturale, a causa ( in modo apparentemente paradossale ) della giustapposizione esteriore e meccanica ( e quindi spaziale e naturale) che in essa sempre sussiste fra l'umano e il divino, tra il cielo e la terra. La natura d'altra parte ਠinvestita da una dialettica dell'autonegazione e del sacrificio, che sarà  al contempo la prefigurazione e la chiave di quella che porterà  la religione a negarsi nel sapere assoluto; dialettica il cui ultimo risultato sarà  la non-verità  della natura in se stessa, essendo la sua ultima e interna verità  costituita dallo spirito. Per mostrare in concreto questo rapporto profondo tra natura e religione, pi๠che alla compiuta e articolata struttura dell'Enciclopedia, abbiamo scelto di tentare un approccio genetico rivolgendoci ( nel primo capitolo del nostro lavoro ) al lungo frammento francofortese che Nohl pubblicಠsotto il titolo di: Lo spirito del cristianesimo e il suo destino e ( nel secondo e nel terzo ) alla Fenomenologia dello Spirito. Il peculiare contenuto di questa grande opera, infatti ( la originaria scissione spaziale tra la coscienza e il suo oggetto e il movimento dialettico che porta a negarla ) ci sembra particolarmente adatto a mostrare quel residuo oggettuale, potenzialmente irriducibile, che il nesso profondo tra natura e religione testimonia. Lo Spirito del cristianesimo risulta interamente basato e imperniato su una complessa dialettica a tre tra giudaismo, ellenismo e cristianesimo. Si tratta di una dialettica in cui il cristianesimo ( stante il passo paolino che lo definisce scandalo per i giudei e follia per i greci ) viene radicalmente contrapposto tanto al mondo ebraico quanto a quello greco. Tuttavia - e qui sta lo specifico della lettura hegeliana - la contrapposizione del cristianesimo al giudaismo da un lato e all'ellenismo dall'altro vengono valutate in modo completamente diverso; nel primo caso il cristianesimo viene esaltato perchà© contrappone alle morte, rigide e meccaniche determinatezze, che caratterizzano il mondo ebraico, la pura fluidità  dell'amore, all' estraneità  servile dell'uomo a Dio una nuova amicizia e una radicale identità  di natura ( attraverso l'incarnazione ਠl'intera umanità , nel suo nucleo pi๠profondo, ad essere divinizzata ). Il contrasto al mondo greco , la radicale estraneità  ad esso di Ges๠e del suo messaggio, viene invece valutata negativamente come una incapacità  del cristianesimo di raggiungere la pura bellezza e la pura armonia tra interno ed esterno caratteristica del mondo greco, la perfezione religiosa della forma ellenica; incapacità  che lo condanna ad un vuoto e impotente soggettivismo dell'amore inappagato che, non potendo dar forma agli enti sensibili, non puಠfar altro che desiderarli, divorarli e restarne perennemente inappagato. Ora, in questa particolare fenomenologia delle religioni il concetto di natura riveste un'importanza decisiva. Sono, infatti, proprio il radicale naturalismo, l'amicizia tra uomo e natura, la naturalizzazione della società  umana che in essa si presentano a fare della civiltà  e della religione greca una sorta di criterio metastorico di giudizio alla cui stregua valutare tanto il giudaismo veterotestamentario quanto il cristianesimo evangelico. E tuttavia il concetto di natura nello Spirito si rivela già  profondamente problematico, dato che la pura naturalità  greca a cui Hegel commisura il resto della storia umana resta pur sempre una naturalità  storicamente conseguita e consegnata agli imperituri prodotti dell'arte e del mito, una naturalità  artisticamente e politicamente elaborata. Due passi tra gli altri testimoniano di questa problematicità ; quello sul diluvio e quello sull'Ultima Cena. Nel primo la risposta ebraica al diluvio, caratterizzata dalla perenne inimicizia tra uomo e natura e dal tentativo di sottometterla, viene contrapposta a quella greca, che avviene sotto il segno di una rinnovata amicizia; dove ਠsingolare che la rottura del primitivo equilibrio tra uomo e natura, la catastrofe che mette in gioco e causa le diverse reazioni resta, pur sempre, un evento massimamente naturale, come il diluvio. E' la natura stessa quindi a gettare l'uomo via da se stessa; cosicchà© il rifiuto ebraico di una nuova alleanza con essa, l' anti-naturalismo che Hegel denuncia negli ebrei, potrebbe ( stante la stessa logica del discorso hegeliano ) essere visto come una fedeltà  paradossale a quell'aspetto oscuro che la natura stessa aveva mostrato. Nel secondo passo, all †˜innaturalità  dell'amore cristiano, che, incapace di elaborare gli oggetti, li distrugge e li divora salvo poi ritrovarseli uguali e che ha nel banchetto eucaristico la sua espressione paradigmatica,viene contrapposta la duratura e permanente bellezza dell'arte greca. Anche qui ਠsingolare che le funzioni biologiche del mangiare e del bere (sia pure nella loro trasfigurazione mistica ) siano contrapposte, come innaturali, all'elaborazione artistica della natura, attuata dalla mano dell'uomo..Nello Spirito, dunque, la dialettica tra naturale e innaturale si rivela estremamente sottile e ambigua e prelude, proprio in questa sua ambiguità , agli sviluppi successivi del sistema Nella Fenomenologia dello Spirito il problema della natura e quello della religione sono intrinsecamente connessi alla struttura e al senso pi๠profondi dell'opera.

Natura e religione nello Hegel dello spirito del cristianesimo e della fenomenologia dello spirito

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2010

Abstract

Il punto di partenza e il presupposto teorico del nostro lavoro consistono nel tentativo di considerare, all'interno del sistema hegeliano, il nesso teorico tra natura e religione, non già  come un semplice rapporto trasversale o diagonale tra due parti staccate e diverse di questo stesso sistema, ma come una chiave ermeneutica per afferrare il senso ultimo e gli intenti pi๠profondi del sistema stesso e, nello stesso tempo, per coglierne gli eventuali punti di frattura e gli snodi problematici. La dialettica hegeliana, infatti, ha come sua caratteristica distintiva e specifica il tentativo di superamento di ogni distinzione residuale tra soggetto e oggetto, tra pensiero e pensato; il tentativo di pervenire ad una fluida e perfetta identità  tra di essi e di pervenirvi non attraverso un'immediata presupposizione ma attraverso un lavoro dialettico che si muove di un movimento necessario e immanente: movimento che, a livello fenomenologico, porta alla progressiva eliminazione di qualunque differenza tra la coscienza e il suo oggetto fino all'ultima meta del puro sapere e, al livello dell'enciclopedia, porta, attraverso lo sviluppo immanente delle categorie logiche, all'uscita fuori di sਠdell'Idea nella natura e al suo ritorno in sਠnello spirito, fino all'ultimo vertice della filosofia assoluta, in cui si compie la perfetta e pura identità  speculare e speculativa tra il pensiero e il suo oggetto. Ora, se, in estrema sintesi, ਠpossibile definire questo come lo scopo e il senso del sistema hegeliano à¨, a nostro avviso, inevitabile: 1) vedere in ogni forma di residuale autonomia dell'oggetto rispetto al soggetto, in ogni rigida e meccanica giustapposizione esteriore tra il pensiero e il suo pensato, ciಠa cui questo sistema si oppone ma che, allo stesso tempo, puಠscongiurare e superare solo facendo i conti con esso fino in fondo; 2) considerare natura e religione pi๠che semplici e specifiche parti o sezioni del sistema, come due aspetti o due modi, tra loro strettamente legati, di questo pericolo incombente sulla dialettica che essa perennemente cerca di scongiurare: quello di una irriducibile eterogeneità  dell'oggetto rispetto al soggetto, del pensato rispetto al pensiero, di un ostacolo insuperabile alla loro fluida unificazione, di un resto di esteriorità  spaziale e meccanica che il lavoro dialettico riesce a stento e a fatica a dissolvere. La tematica del naturale e quella del religioso, quindi, rimbalzano l'una sull'altra, si richiamano e si rimandano reciprocamente. Ogni religione per Hegel ( anche la religione assoluta ) resta sempre in fondo religione naturale, a causa ( in modo apparentemente paradossale ) della giustapposizione esteriore e meccanica ( e quindi spaziale e naturale) che in essa sempre sussiste fra l'umano e il divino, tra il cielo e la terra. La natura d'altra parte ਠinvestita da una dialettica dell'autonegazione e del sacrificio, che sarà  al contempo la prefigurazione e la chiave di quella che porterà  la religione a negarsi nel sapere assoluto; dialettica il cui ultimo risultato sarà  la non-verità  della natura in se stessa, essendo la sua ultima e interna verità  costituita dallo spirito. Per mostrare in concreto questo rapporto profondo tra natura e religione, pi๠che alla compiuta e articolata struttura dell'Enciclopedia, abbiamo scelto di tentare un approccio genetico rivolgendoci ( nel primo capitolo del nostro lavoro ) al lungo frammento francofortese che Nohl pubblicಠsotto il titolo di: Lo spirito del cristianesimo e il suo destino e ( nel secondo e nel terzo ) alla Fenomenologia dello Spirito. Il peculiare contenuto di questa grande opera, infatti ( la originaria scissione spaziale tra la coscienza e il suo oggetto e il movimento dialettico che porta a negarla ) ci sembra particolarmente adatto a mostrare quel residuo oggettuale, potenzialmente irriducibile, che il nesso profondo tra natura e religione testimonia. Lo Spirito del cristianesimo risulta interamente basato e imperniato su una complessa dialettica a tre tra giudaismo, ellenismo e cristianesimo. Si tratta di una dialettica in cui il cristianesimo ( stante il passo paolino che lo definisce scandalo per i giudei e follia per i greci ) viene radicalmente contrapposto tanto al mondo ebraico quanto a quello greco. Tuttavia - e qui sta lo specifico della lettura hegeliana - la contrapposizione del cristianesimo al giudaismo da un lato e all'ellenismo dall'altro vengono valutate in modo completamente diverso; nel primo caso il cristianesimo viene esaltato perchà© contrappone alle morte, rigide e meccaniche determinatezze, che caratterizzano il mondo ebraico, la pura fluidità  dell'amore, all' estraneità  servile dell'uomo a Dio una nuova amicizia e una radicale identità  di natura ( attraverso l'incarnazione ਠl'intera umanità , nel suo nucleo pi๠profondo, ad essere divinizzata ). Il contrasto al mondo greco , la radicale estraneità  ad esso di Ges๠e del suo messaggio, viene invece valutata negativamente come una incapacità  del cristianesimo di raggiungere la pura bellezza e la pura armonia tra interno ed esterno caratteristica del mondo greco, la perfezione religiosa della forma ellenica; incapacità  che lo condanna ad un vuoto e impotente soggettivismo dell'amore inappagato che, non potendo dar forma agli enti sensibili, non puಠfar altro che desiderarli, divorarli e restarne perennemente inappagato. Ora, in questa particolare fenomenologia delle religioni il concetto di natura riveste un'importanza decisiva. Sono, infatti, proprio il radicale naturalismo, l'amicizia tra uomo e natura, la naturalizzazione della società  umana che in essa si presentano a fare della civiltà  e della religione greca una sorta di criterio metastorico di giudizio alla cui stregua valutare tanto il giudaismo veterotestamentario quanto il cristianesimo evangelico. E tuttavia il concetto di natura nello Spirito si rivela già  profondamente problematico, dato che la pura naturalità  greca a cui Hegel commisura il resto della storia umana resta pur sempre una naturalità  storicamente conseguita e consegnata agli imperituri prodotti dell'arte e del mito, una naturalità  artisticamente e politicamente elaborata. Due passi tra gli altri testimoniano di questa problematicità ; quello sul diluvio e quello sull'Ultima Cena. Nel primo la risposta ebraica al diluvio, caratterizzata dalla perenne inimicizia tra uomo e natura e dal tentativo di sottometterla, viene contrapposta a quella greca, che avviene sotto il segno di una rinnovata amicizia; dove ਠsingolare che la rottura del primitivo equilibrio tra uomo e natura, la catastrofe che mette in gioco e causa le diverse reazioni resta, pur sempre, un evento massimamente naturale, come il diluvio. E' la natura stessa quindi a gettare l'uomo via da se stessa; cosicchà© il rifiuto ebraico di una nuova alleanza con essa, l' anti-naturalismo che Hegel denuncia negli ebrei, potrebbe ( stante la stessa logica del discorso hegeliano ) essere visto come una fedeltà  paradossale a quell'aspetto oscuro che la natura stessa aveva mostrato. Nel secondo passo, all †˜innaturalità  dell'amore cristiano, che, incapace di elaborare gli oggetti, li distrugge e li divora salvo poi ritrovarseli uguali e che ha nel banchetto eucaristico la sua espressione paradigmatica,viene contrapposta la duratura e permanente bellezza dell'arte greca. Anche qui ਠsingolare che le funzioni biologiche del mangiare e del bere (sia pure nella loro trasfigurazione mistica ) siano contrapposte, come innaturali, all'elaborazione artistica della natura, attuata dalla mano dell'uomo..Nello Spirito, dunque, la dialettica tra naturale e innaturale si rivela estremamente sottile e ambigua e prelude, proprio in questa sua ambiguità , agli sviluppi successivi del sistema Nella Fenomenologia dello Spirito il problema della natura e quello della religione sono intrinsecamente connessi alla struttura e al senso pi๠profondi dell'opera.
2010
it
cristianesimo
FILOSOFIA
Hegel
natura
religione
spirito
Università degli Studi di Trieste
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/272363
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNITS-272363