Inventario dei luoghi di culto della zona falisco-capenate. Sunto. La raccolta delle fonti relative alla vita religiosa della zona falisco-capenate ਠstata finalizzata, in primo luogo, all'individuazione di luoghi di culto sicuramente identificabili come tali. Dove questo non fosse stato possibile, soprattutto in presenza di documenti epigrafici isolati e di provenienza non sempre determinabile, si ਠcomunque registrata la presenza del culto. Attraverso la documentazione raccolta si intende cercare di delineare una storia dei culti dell'area considerata, a partire dalle prime attestazioni fino all'età imperiale. La zona presa in esame, inserita nella Regio VII Etruria nel quadro dell'organizzazione territoriale dell'Italia augustea, ਠcompresa entro i confini naturali del lago di Bracciano e del lago di Vico a ovest, del corso del Tevere a est, mentre i limiti settentrionale e meridionale possono essere segnati, rispettivamente, dai rilievi dei Monti Cimini e dei Monti Sabatini. I centri esaminati sono quelli di Lucus Feroniae, Capena, Falerii Veteres, Falerii Novi, Narce, Sutri e Nepi. La comunità capenate occupava la parte orientale del territorio, un'area pianeggiante, dominata a nord dal massiccio del monte Soratte, e delimitata a est dall'ansa del Tevere. Il suo fulcro era costituito dall'abitato di Capena, l'odierno colle della Civitucola, cui facevano capo una serie di piccoli insediamenti, ancora poco indagati, dislocati in posizione strategica sul Tevere, o in corrispondenza di assi stradali di collegamento al fiume. Il principale di essi risulta essere localizzabile nel sito della moderna Nazzano, occupato stabilmente a partire dall'VIII sec. a.C., e posto in corrispondenza dell'abitato sabino di Campo del Pozzo, sull'altra sponda del Tevere. Il comparto falisco si articola, invece, attraverso una paesaggio di aspre colline tufacee, incentrato attorno al bacino idrografico del torrente Treia, affluente del Tevere, che percorre il territorio in direzione longitudinale. Lungo il corso del fiume si svilupparono i due pi๠antichi e importanti centri falisci di Falerii Veteres e Narce, un sito nel quale la pi๠recente tradizione di studi tende a riconoscere, sempre pi๠convincentemente, la Fescennium nota dalle fonti, l'altro abitato falisco, oltre a Falerii, di cui sia tramandato il nome; lungo affluenti del Treia sono ubicate Nepi e Falerii Novi. Pur nella specificità culturale progressivamente assunta da Falisci e Capenati, la collocazione geografica del territorio da essi occupato lo rende naturalmente permeabile a influenze etrusche e sabine, rilevabili attraverso la documentazione archeologica, e rintracciabili in alcune notizie delle fonti antiche, rivalutate dalla pi๠recente tradizione di studi. Una posizione differente era, invece, maturata dopo le prime indagini condotte nella regione, tra la fine dell''800 e l'inizio del '900, che avevano portato a enfatizzare i caratteri culturali specifici delle popolazioni locali, sottolineando la sostanziale autonomia di queste rispetto agli Etruschi, soprattutto sulla base delle strette analogie tra la lingua falisca e la latina. Tale percezione fu dominante fino alla seconda metà degli anni '60 del '900, quando la pubblicazione dei primi dati sulle necropoli veienti mise in luce gli stretti rapporti con le aree falisca e capenate, tra l'VIII e il VII sec. a.C. Gli studi sul popolamento dell'Etruria protostorica condotti a partire dagli anni '80 del '900 hanno sempre pi๠focalizzato l'attenzione su un coinvolgimento di Veio nel popolamento dell'area compresa tra i Monti Cimini e Sabatini e il Tevere nella prima età del Ferro, trovando conferma anche dalle recenti analisi dei corredi delle principali necropoli falische, che hanno evidenziato, nell'VIII e all'inizio del VII sec. a.C., importanti parallelismi con usi funerari veienti, ma anche aspetti specifici della cultura locale. Il corpus di iscrizioni etrusche proveniente dalle necropoli di Narce dimostra, per tutto il VII e VI sec. a.C., la continuità stanziale di etruscofoni, che utilizzano un sistema scrittorio di tipo meridionale, riconducibile a Veio, di cui Narce sembra costituire un avamposto in territorio falisco. Già dall'inizio del VII sec. a.C., tuttavia, si fanno evidenti i segni di una pi๠specifica caratterizzazione culturale delle aree falisca e capenate, anche attraverso la diffusione di un idioma falisco, affine a quello latino, documentato epigraficamente per il VII e VI sec. a.C. soprattutto a Falerii Veteres. Un ulteriore elemento di contatto culturale col mondo latino ਠrappresentato, in questo centro, dal rituale funerario delle inumazioni infantili in area di abitato. Tale uso, che trova numerosi confronti nel Latium vetus, mentre risulta estraneo all'Etruria, ਠdocumentato a Civita Castellana, in località lo Scasato, da due sepolture di bambini, databili tra la fine dell'VIII e la prima metà del VII sec. a.C. A Capena sono state rilevate, a partire dal VII sec. a.C., notevoli influenze dall'area sabina, soprattutto attraverso la documentazione archeologica fornita dalle necropoli, mentre, da un punto di vista linguistico, un influsso del versante orientale del Tevere ਠstato colto, in particolare, attraverso un'analisi del nucleo pi๠nutrito delle iscrizioni epicorie, che risale al IV-III sec. a.C. La ricettività nei confronti degli apporti delle popolazioni limitrofe e la capacità di elaborazioni originali, attestate archeologicamente sin dalle fasi pi๠antiche della storia dei popoli falisco e capenate, possono offrire un supporto documentario alla percezione che già gli scrittori antichi avevano dell'ethnos falisco, trovando riscontro, in particolare, nelle tradizioni che definivano i Falisci come Etruschi, oppure come ethnos particolare, caratterizzato da una propria specificità anche linguistica, un dato, quest'ultimo, che tradisce il ricordo di contatti col mondo latino. Un terzo filone antiquario, che si intreccia a quello dell'origine etrusca, rivendica ai Falisci un'ascendenza ellenica, e pi๠propriamente, argiva, e sembra, invece, frutto di un'elaborazione erudita maturata in un momento successivo. La notizia dell'origine argiva risale, per tradizione indiretta, alle Origines di Catone, e si collega a quella della fondazione di Falerii da parte dell'eroe Halesus, figlio di Agamennone, che avrebbe abbandonato la casa paterna dopo l'uccisione del padre. Ovidio e Dionigi di Alicarnasso attribuiscono all'eroe greco l'istituzione del culto di Giunone a Falerii, il cui originario carattere argivo sarebbe conservato nel rito celebrato in occasione della festa annuale per la dea. L'importanza accordata al culto di Giunone nell'ambito di tale tradizione ha portato a ipotizzare che questa possa essersi sviluppata proprio a partire dal dato religioso della presenza a Falerii di una divinità assimilabile alla Hera di Argo. Dall'esame linguistico del nome del fondatore, il quale non ha combattuto a Troia e non ha avuto alcun ruolo nel mondo ellenico, si ਠconcluso che dovesse trattarsi di un eroe locale, e che la formazione dell'eponimo sia precedente alla metà del IV sec. a.C., quando ਠdocumentata l'affermazione del rotacismo in ambiente falisco. L'elaborazione della leggenda di Halesus deve essere collocata, dunque, in un momento precedente a questa data, che, si ਠpensato, possa coincidere con la presenza a Falerii di maestranze elleniche o ellenizzate, attive nel campo della ceramografia e della coroplastica, a partire dalla fine del V sec. a.C. Questa tradizione si collega a quella sull'origine etrusca attraverso la notizia di Servio, secondo cui Halesus sarebbe il progenitore del re di Veio Morrius. Il ricordo di una discendenza dalla città etrusca ਠcomune anche a Capena, dove, secondo una notizia di Catone, riportata da Servio, i luci Capeni erano stati fondati da giovani veienti, inviati da un re Properzio, nel cui nome, peraltro, ਠstata ravvisata un'origine non etrusca, ma italico-orientale.
Inventario dei luoghi di culto dell'area falisco-capenate,
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2008
Abstract
Inventario dei luoghi di culto della zona falisco-capenate. Sunto. La raccolta delle fonti relative alla vita religiosa della zona falisco-capenate ਠstata finalizzata, in primo luogo, all'individuazione di luoghi di culto sicuramente identificabili come tali. Dove questo non fosse stato possibile, soprattutto in presenza di documenti epigrafici isolati e di provenienza non sempre determinabile, si ਠcomunque registrata la presenza del culto. Attraverso la documentazione raccolta si intende cercare di delineare una storia dei culti dell'area considerata, a partire dalle prime attestazioni fino all'età imperiale. La zona presa in esame, inserita nella Regio VII Etruria nel quadro dell'organizzazione territoriale dell'Italia augustea, ਠcompresa entro i confini naturali del lago di Bracciano e del lago di Vico a ovest, del corso del Tevere a est, mentre i limiti settentrionale e meridionale possono essere segnati, rispettivamente, dai rilievi dei Monti Cimini e dei Monti Sabatini. I centri esaminati sono quelli di Lucus Feroniae, Capena, Falerii Veteres, Falerii Novi, Narce, Sutri e Nepi. La comunità capenate occupava la parte orientale del territorio, un'area pianeggiante, dominata a nord dal massiccio del monte Soratte, e delimitata a est dall'ansa del Tevere. Il suo fulcro era costituito dall'abitato di Capena, l'odierno colle della Civitucola, cui facevano capo una serie di piccoli insediamenti, ancora poco indagati, dislocati in posizione strategica sul Tevere, o in corrispondenza di assi stradali di collegamento al fiume. Il principale di essi risulta essere localizzabile nel sito della moderna Nazzano, occupato stabilmente a partire dall'VIII sec. a.C., e posto in corrispondenza dell'abitato sabino di Campo del Pozzo, sull'altra sponda del Tevere. Il comparto falisco si articola, invece, attraverso una paesaggio di aspre colline tufacee, incentrato attorno al bacino idrografico del torrente Treia, affluente del Tevere, che percorre il territorio in direzione longitudinale. Lungo il corso del fiume si svilupparono i due pi๠antichi e importanti centri falisci di Falerii Veteres e Narce, un sito nel quale la pi๠recente tradizione di studi tende a riconoscere, sempre pi๠convincentemente, la Fescennium nota dalle fonti, l'altro abitato falisco, oltre a Falerii, di cui sia tramandato il nome; lungo affluenti del Treia sono ubicate Nepi e Falerii Novi. Pur nella specificità culturale progressivamente assunta da Falisci e Capenati, la collocazione geografica del territorio da essi occupato lo rende naturalmente permeabile a influenze etrusche e sabine, rilevabili attraverso la documentazione archeologica, e rintracciabili in alcune notizie delle fonti antiche, rivalutate dalla pi๠recente tradizione di studi. Una posizione differente era, invece, maturata dopo le prime indagini condotte nella regione, tra la fine dell''800 e l'inizio del '900, che avevano portato a enfatizzare i caratteri culturali specifici delle popolazioni locali, sottolineando la sostanziale autonomia di queste rispetto agli Etruschi, soprattutto sulla base delle strette analogie tra la lingua falisca e la latina. Tale percezione fu dominante fino alla seconda metà degli anni '60 del '900, quando la pubblicazione dei primi dati sulle necropoli veienti mise in luce gli stretti rapporti con le aree falisca e capenate, tra l'VIII e il VII sec. a.C. Gli studi sul popolamento dell'Etruria protostorica condotti a partire dagli anni '80 del '900 hanno sempre pi๠focalizzato l'attenzione su un coinvolgimento di Veio nel popolamento dell'area compresa tra i Monti Cimini e Sabatini e il Tevere nella prima età del Ferro, trovando conferma anche dalle recenti analisi dei corredi delle principali necropoli falische, che hanno evidenziato, nell'VIII e all'inizio del VII sec. a.C., importanti parallelismi con usi funerari veienti, ma anche aspetti specifici della cultura locale. Il corpus di iscrizioni etrusche proveniente dalle necropoli di Narce dimostra, per tutto il VII e VI sec. a.C., la continuità stanziale di etruscofoni, che utilizzano un sistema scrittorio di tipo meridionale, riconducibile a Veio, di cui Narce sembra costituire un avamposto in territorio falisco. Già dall'inizio del VII sec. a.C., tuttavia, si fanno evidenti i segni di una pi๠specifica caratterizzazione culturale delle aree falisca e capenate, anche attraverso la diffusione di un idioma falisco, affine a quello latino, documentato epigraficamente per il VII e VI sec. a.C. soprattutto a Falerii Veteres. Un ulteriore elemento di contatto culturale col mondo latino ਠrappresentato, in questo centro, dal rituale funerario delle inumazioni infantili in area di abitato. Tale uso, che trova numerosi confronti nel Latium vetus, mentre risulta estraneo all'Etruria, ਠdocumentato a Civita Castellana, in località lo Scasato, da due sepolture di bambini, databili tra la fine dell'VIII e la prima metà del VII sec. a.C. A Capena sono state rilevate, a partire dal VII sec. a.C., notevoli influenze dall'area sabina, soprattutto attraverso la documentazione archeologica fornita dalle necropoli, mentre, da un punto di vista linguistico, un influsso del versante orientale del Tevere ਠstato colto, in particolare, attraverso un'analisi del nucleo pi๠nutrito delle iscrizioni epicorie, che risale al IV-III sec. a.C. La ricettività nei confronti degli apporti delle popolazioni limitrofe e la capacità di elaborazioni originali, attestate archeologicamente sin dalle fasi pi๠antiche della storia dei popoli falisco e capenate, possono offrire un supporto documentario alla percezione che già gli scrittori antichi avevano dell'ethnos falisco, trovando riscontro, in particolare, nelle tradizioni che definivano i Falisci come Etruschi, oppure come ethnos particolare, caratterizzato da una propria specificità anche linguistica, un dato, quest'ultimo, che tradisce il ricordo di contatti col mondo latino. Un terzo filone antiquario, che si intreccia a quello dell'origine etrusca, rivendica ai Falisci un'ascendenza ellenica, e pi๠propriamente, argiva, e sembra, invece, frutto di un'elaborazione erudita maturata in un momento successivo. La notizia dell'origine argiva risale, per tradizione indiretta, alle Origines di Catone, e si collega a quella della fondazione di Falerii da parte dell'eroe Halesus, figlio di Agamennone, che avrebbe abbandonato la casa paterna dopo l'uccisione del padre. Ovidio e Dionigi di Alicarnasso attribuiscono all'eroe greco l'istituzione del culto di Giunone a Falerii, il cui originario carattere argivo sarebbe conservato nel rito celebrato in occasione della festa annuale per la dea. L'importanza accordata al culto di Giunone nell'ambito di tale tradizione ha portato a ipotizzare che questa possa essersi sviluppata proprio a partire dal dato religioso della presenza a Falerii di una divinità assimilabile alla Hera di Argo. Dall'esame linguistico del nome del fondatore, il quale non ha combattuto a Troia e non ha avuto alcun ruolo nel mondo ellenico, si ਠconcluso che dovesse trattarsi di un eroe locale, e che la formazione dell'eponimo sia precedente alla metà del IV sec. a.C., quando ਠdocumentata l'affermazione del rotacismo in ambiente falisco. L'elaborazione della leggenda di Halesus deve essere collocata, dunque, in un momento precedente a questa data, che, si ਠpensato, possa coincidere con la presenza a Falerii di maestranze elleniche o ellenizzate, attive nel campo della ceramografia e della coroplastica, a partire dalla fine del V sec. a.C. Questa tradizione si collega a quella sull'origine etrusca attraverso la notizia di Servio, secondo cui Halesus sarebbe il progenitore del re di Veio Morrius. Il ricordo di una discendenza dalla città etrusca ਠcomune anche a Capena, dove, secondo una notizia di Catone, riportata da Servio, i luci Capeni erano stati fondati da giovani veienti, inviati da un re Properzio, nel cui nome, peraltro, ਠstata ravvisata un'origine non etrusca, ma italico-orientale.I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/282574
URN:NBN:IT:UNITS-282574