Questo lavoro verte sulle particolaritàƒÂ  di elaborazione dei nomi propri rispetto a1 nomi comuni. Ci si àƒ¨ proposti di sistematizzare teoricamente i dati emersi nella letteratura neuropsicologica riguardante il richiamo e la comprensione dei nomi propri rispetto ai nomi comuni. Tale argomento àƒ¨ stato studiato ed affrontato con il metodo neuropsicologico al fine di approfondire le differenze tra queste due categorie lessicali. Le differenze considerate sono quelle rilevabili a livello del richiamo lessicale ed a quello della sintassi propria della categoria lessicale. Nelle parti introduttive (sezione l) si richiamano sinteticamente le maggiori teorie filosofiche e linguistiche riguardanti i nomi propri. Si discute della specificitàƒÂ  dei nomi propri evidenziando che il collegamento tra un nome proprio e la sua referenza àƒ¨ molto piàƒ¹ debole e arbitrario di quello che esiste tra un nome comune e la sua referenza poichàƒ© essi possiedono solo un minimo di significato. Inoltre, i nomi propri, al contrario dei nomi comuni, non sono descrittivi e non rimandano a categorie di ordine generale. Successivamente viene descritta la letteratura psicologica sperimentale sui nomi propri riportando gli studi effettuati su soggetti normali ed i relativi modelli cognitivi che spiegano e giustificano l'elaborazione di facce e la loro denominazione nonchàƒ© il costo maggiore di elaborazione che i nomi propri richiedono al sistema cognitivo (sezione 2). La sezione 3 affronta la questione dei nomi propri in neuropsicologia esaminando i modelli cognitivi e la casistica reperibile in letteratura esponendola in modo critico e ragionato. In questa sezione vengono illustrati i casi che permettono di definire le anomie specifiche per i nomi propri, un caso di afasia ottica ovvero di prosopoanomia e altri casi invece di risparmio selettivo dei nomi propri. Si àƒ¨ inoltre approfondita la questione della memoria individuale e la teoria del legame arbitrario e della referenza tipo "token"che caratterizza l'elaborazione dei nomi propri. Si àƒ¨ fatto inoltre riferimento anche a dati ottenuti sperimentalmente su soggetti normali e si àƒ¨ arrivati alla descrizione di un modello neuropsicologico della produzione dei nomi propri che giustifica tutte le osservazioni sperimentali compiute finora. Nel capitolo 4 vengono riassunti i principali e piàƒ¹ recenti studi che si occupano della ricerca riguardante il substrato neurologico alla base dell'elaborazione dei nomi propri. Dalla disamina della letteratura àƒ¨ possibile tracciare un profilo neuroanatomico dell'esistenza di un modulo specifico per l'elaborazione dei nomi propri che risulterebbe danneggiato in seguito a lesioni di varie regioni e strutture dell'emisfero sinistro, maggiormente a livello del lobo 2 temporale sinistro, ed àƒ¨ stato riconosciuto il ruolo dell'emisfero destro per alcune funzioni di riconoscimento e per l'elaborazione di fatti di rilevanza e sali enza personale. Nella sezione 5, concernente la parte sperimentale, vengono riportati due studi di gruppo effettuati su popolazioni affette da patologie neurodegenerative quali la Sclerosi Multipla e la Malattia di Parkinson e studi di caso singolo su pazienti afasici. Tale sperimentazione si àƒ¨ proposta di indagare la realtàƒÂ  psicologica di una teoria originata nell'ambito della linguistica formale. Un paradigma sperimentale che sfrutta le peculiaritàƒÂ  della lingua italiana àƒ¨ stato costruito in modo tale da poter essere applicato a soggetti con danno cerebrale diffuso e con danno cerebrale focale specifico alle strutture di sostegno alla grammatica. Questa tesi si àƒ¨ inserita in un nuovo filone, da poco inaugurato, di studio sulle proprietàƒÂ  sintattiche dei nomi propri. Prendendo come riferimento una teoria sorta indipendentemente in ambito linguistico, quella della prototipicitàƒÂ  nominale di Longobardi si àƒ¨ cercato di rispondere al quesito: "In che misura il movimento di Nà,° a no si manifesta nei reali processi d'esecuzione linguistica e quindi verificare l'ipotesi che il movimento di Nà,° a no richieda un maggior carico di risorse d'elaborazione". Infatti, secondo il linguista Longobardi, il nome proprio non prende l'articolo determinativo in tutte le lingue conosciute, perchàƒ© "si muove" esso stesso al posto di testa nominale. Questo accadrebbe in quanto "referente puro". In questo lavoro àƒ¨ stato possibile dimostrare la realtàƒÂ  psicologica e non solo formale di questa teoria tramite il metodo neuropsicologico che consiste nell'esplorazione dell'architettura funzionale dei processi mentali normali attraverso lo studio del comportamento di pazienti con lesioni cerebrali. Inoltre, secondo la logica esposta in Caplan (1985) utilizzata nello studio della comprensione sintattica, si sono impiegati pazienti affetti da Sclerosi Multipla, da Malattia di Parkinson e pazienti afasici per valutare e approfondire l'ipotesi linguistica elaborata da Longobardi sull'evenienza della scala di prototipicitàƒÂ  nominale. Infatti, la batteria di prove àƒ¨ stata somministrata per approfondire ulteriormente la plausibilitàƒÂ , la costanza e la generalizzabilitàƒÂ  dell'esistenza della scala di prototipicitàƒÂ  in riferimento al calo delle risorse cognitive disponibili che porterebbe ad una maggiore difficoltàƒÂ  di elaborazione degli elementi piàƒ¹ prototipici della scala (Semenza et al., 2001). Ciàƒ² che ci si aspetta àƒ¨ una ulteriore conferma al fatto che i pazienti con demenza "secondaria" (Malattia di Parkinson e Sclerosi Multipla) facciano un maggior numero di errori con gli elementi piàƒ¹ prototipici della scala, cioàƒ¨ con quei nomi che non richiedono l'articolo espletivo (i cognomi maschili e i nomi geografici di entitàƒÂ  puntiformi), di meno con quelli che prendono l'articolo espletivo (i cognomi femminili e i nomi geografici di entitàƒÂ  estese) e ancor meno con i nomi comuni che stanno ali' estremo opposto della scala di prototipicitàƒÂ . Inoltre lo studio e il confronto fra pazienti afasici ha permesso di chiarire meglio se il particolare disturbo ( agrammatismo) che affligge questi, in seguito a lesione focale, possa tradursi in una difficoltàƒÂ  di elaborazione degli articoli e dei nomi propri che salgono da Nà,° a D 0 ࢠ¢ E' stato possibile dimostrare come il "movimento" postulato da Longobardi sia di reale costo applicativo e metta in difficoltàƒÂ  pazienti con perdita generalizzata di risorse cognitive. Infine, la regola del movimento àƒ¨ risultata sensibile ad un disturbo della sintassi come quello osservabile in pazienti con afasia di Broca, che usano al suo posto una regola scorretta perchàƒ© piàƒ¹ generica. In altre parole si àƒ¨ potuto dimostrare che la scala di prototipicitàƒÂ  proposta da Longobardi non risponde solo ad una descrizione puramente teorica di una struttura linguistica, ma riflette piuttosto dei processi reali, che avvengono nel cervello di un parlante. Questi processi consistono nell'applicazione di determinate regole ed hanno dei costi misurabili per il sistema cognitivo sostenuto dalla materia cerebrale. Si àƒ¨ potuto infine fornire un ulteriore contributo alla validazione e alla maggior articolazione del modello neuropsicologico esistente dell'elaborazione dei nomi propri. Infatti, per la prima volta, si àƒ¨ potuto studiare, in via preliminare, un caso che sembra convincentemente risultare da un danno all'attivazione della forma fonologica dei nomi comuni a livello post-semantico. La sezione 5.2 àƒ¨ stata dedicata ali' investigazione preliminare di questo paziente con risparmio dei nomi propri rispetto ai nomi comuni. Tale caso raro si manifesta nel contesto di una grave afasia non fluente, tale da non consentire che la comunicazione scritta, sia pure in modo molto limitato. Il paziente dimostra in questa modalitàƒÂ  di poter richiamare molto piàƒ¹ facilmente nomi propri di varie categorie, sia di persona che di marche che geografici, rispetto a nomi ad altissima frequenza come i nomi comuni, che il paziente non riesce virtualmente a produrre. In questo caso si dimostra che il livello cui il difetto si origina àƒ¨ quello del richiamo lessicale poichàƒ© àƒ¨ possibile evidenziare una intatta conoscenza semantica.

NEUROPSICOLOGIA DEI NOMI PROPRI: ASPETTI SEMANTICI E SINTATTICI

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2015

Abstract

Questo lavoro verte sulle particolaritàƒÂ  di elaborazione dei nomi propri rispetto a1 nomi comuni. Ci si àƒ¨ proposti di sistematizzare teoricamente i dati emersi nella letteratura neuropsicologica riguardante il richiamo e la comprensione dei nomi propri rispetto ai nomi comuni. Tale argomento àƒ¨ stato studiato ed affrontato con il metodo neuropsicologico al fine di approfondire le differenze tra queste due categorie lessicali. Le differenze considerate sono quelle rilevabili a livello del richiamo lessicale ed a quello della sintassi propria della categoria lessicale. Nelle parti introduttive (sezione l) si richiamano sinteticamente le maggiori teorie filosofiche e linguistiche riguardanti i nomi propri. Si discute della specificitàƒÂ  dei nomi propri evidenziando che il collegamento tra un nome proprio e la sua referenza àƒ¨ molto piàƒ¹ debole e arbitrario di quello che esiste tra un nome comune e la sua referenza poichàƒ© essi possiedono solo un minimo di significato. Inoltre, i nomi propri, al contrario dei nomi comuni, non sono descrittivi e non rimandano a categorie di ordine generale. Successivamente viene descritta la letteratura psicologica sperimentale sui nomi propri riportando gli studi effettuati su soggetti normali ed i relativi modelli cognitivi che spiegano e giustificano l'elaborazione di facce e la loro denominazione nonchàƒ© il costo maggiore di elaborazione che i nomi propri richiedono al sistema cognitivo (sezione 2). La sezione 3 affronta la questione dei nomi propri in neuropsicologia esaminando i modelli cognitivi e la casistica reperibile in letteratura esponendola in modo critico e ragionato. In questa sezione vengono illustrati i casi che permettono di definire le anomie specifiche per i nomi propri, un caso di afasia ottica ovvero di prosopoanomia e altri casi invece di risparmio selettivo dei nomi propri. Si àƒ¨ inoltre approfondita la questione della memoria individuale e la teoria del legame arbitrario e della referenza tipo "token"che caratterizza l'elaborazione dei nomi propri. Si àƒ¨ fatto inoltre riferimento anche a dati ottenuti sperimentalmente su soggetti normali e si àƒ¨ arrivati alla descrizione di un modello neuropsicologico della produzione dei nomi propri che giustifica tutte le osservazioni sperimentali compiute finora. Nel capitolo 4 vengono riassunti i principali e piàƒ¹ recenti studi che si occupano della ricerca riguardante il substrato neurologico alla base dell'elaborazione dei nomi propri. Dalla disamina della letteratura àƒ¨ possibile tracciare un profilo neuroanatomico dell'esistenza di un modulo specifico per l'elaborazione dei nomi propri che risulterebbe danneggiato in seguito a lesioni di varie regioni e strutture dell'emisfero sinistro, maggiormente a livello del lobo 2 temporale sinistro, ed àƒ¨ stato riconosciuto il ruolo dell'emisfero destro per alcune funzioni di riconoscimento e per l'elaborazione di fatti di rilevanza e sali enza personale. Nella sezione 5, concernente la parte sperimentale, vengono riportati due studi di gruppo effettuati su popolazioni affette da patologie neurodegenerative quali la Sclerosi Multipla e la Malattia di Parkinson e studi di caso singolo su pazienti afasici. Tale sperimentazione si àƒ¨ proposta di indagare la realtàƒÂ  psicologica di una teoria originata nell'ambito della linguistica formale. Un paradigma sperimentale che sfrutta le peculiaritàƒÂ  della lingua italiana àƒ¨ stato costruito in modo tale da poter essere applicato a soggetti con danno cerebrale diffuso e con danno cerebrale focale specifico alle strutture di sostegno alla grammatica. Questa tesi si àƒ¨ inserita in un nuovo filone, da poco inaugurato, di studio sulle proprietàƒÂ  sintattiche dei nomi propri. Prendendo come riferimento una teoria sorta indipendentemente in ambito linguistico, quella della prototipicitàƒÂ  nominale di Longobardi si àƒ¨ cercato di rispondere al quesito: "In che misura il movimento di Nà,° a no si manifesta nei reali processi d'esecuzione linguistica e quindi verificare l'ipotesi che il movimento di Nà,° a no richieda un maggior carico di risorse d'elaborazione". Infatti, secondo il linguista Longobardi, il nome proprio non prende l'articolo determinativo in tutte le lingue conosciute, perchàƒ© "si muove" esso stesso al posto di testa nominale. Questo accadrebbe in quanto "referente puro". In questo lavoro àƒ¨ stato possibile dimostrare la realtàƒÂ  psicologica e non solo formale di questa teoria tramite il metodo neuropsicologico che consiste nell'esplorazione dell'architettura funzionale dei processi mentali normali attraverso lo studio del comportamento di pazienti con lesioni cerebrali. Inoltre, secondo la logica esposta in Caplan (1985) utilizzata nello studio della comprensione sintattica, si sono impiegati pazienti affetti da Sclerosi Multipla, da Malattia di Parkinson e pazienti afasici per valutare e approfondire l'ipotesi linguistica elaborata da Longobardi sull'evenienza della scala di prototipicitàƒÂ  nominale. Infatti, la batteria di prove àƒ¨ stata somministrata per approfondire ulteriormente la plausibilitàƒÂ , la costanza e la generalizzabilitàƒÂ  dell'esistenza della scala di prototipicitàƒÂ  in riferimento al calo delle risorse cognitive disponibili che porterebbe ad una maggiore difficoltàƒÂ  di elaborazione degli elementi piàƒ¹ prototipici della scala (Semenza et al., 2001). Ciàƒ² che ci si aspetta àƒ¨ una ulteriore conferma al fatto che i pazienti con demenza "secondaria" (Malattia di Parkinson e Sclerosi Multipla) facciano un maggior numero di errori con gli elementi piàƒ¹ prototipici della scala, cioàƒ¨ con quei nomi che non richiedono l'articolo espletivo (i cognomi maschili e i nomi geografici di entitàƒÂ  puntiformi), di meno con quelli che prendono l'articolo espletivo (i cognomi femminili e i nomi geografici di entitàƒÂ  estese) e ancor meno con i nomi comuni che stanno ali' estremo opposto della scala di prototipicitàƒÂ . Inoltre lo studio e il confronto fra pazienti afasici ha permesso di chiarire meglio se il particolare disturbo ( agrammatismo) che affligge questi, in seguito a lesione focale, possa tradursi in una difficoltàƒÂ  di elaborazione degli articoli e dei nomi propri che salgono da Nà,° a D 0 ࢠ¢ E' stato possibile dimostrare come il "movimento" postulato da Longobardi sia di reale costo applicativo e metta in difficoltàƒÂ  pazienti con perdita generalizzata di risorse cognitive. Infine, la regola del movimento àƒ¨ risultata sensibile ad un disturbo della sintassi come quello osservabile in pazienti con afasia di Broca, che usano al suo posto una regola scorretta perchàƒ© piàƒ¹ generica. In altre parole si àƒ¨ potuto dimostrare che la scala di prototipicitàƒÂ  proposta da Longobardi non risponde solo ad una descrizione puramente teorica di una struttura linguistica, ma riflette piuttosto dei processi reali, che avvengono nel cervello di un parlante. Questi processi consistono nell'applicazione di determinate regole ed hanno dei costi misurabili per il sistema cognitivo sostenuto dalla materia cerebrale. Si àƒ¨ potuto infine fornire un ulteriore contributo alla validazione e alla maggior articolazione del modello neuropsicologico esistente dell'elaborazione dei nomi propri. Infatti, per la prima volta, si àƒ¨ potuto studiare, in via preliminare, un caso che sembra convincentemente risultare da un danno all'attivazione della forma fonologica dei nomi comuni a livello post-semantico. La sezione 5.2 àƒ¨ stata dedicata ali' investigazione preliminare di questo paziente con risparmio dei nomi propri rispetto ai nomi comuni. Tale caso raro si manifesta nel contesto di una grave afasia non fluente, tale da non consentire che la comunicazione scritta, sia pure in modo molto limitato. Il paziente dimostra in questa modalitàƒÂ  di poter richiamare molto piàƒ¹ facilmente nomi propri di varie categorie, sia di persona che di marche che geografici, rispetto a nomi ad altissima frequenza come i nomi comuni, che il paziente non riesce virtualmente a produrre. In questo caso si dimostra che il livello cui il difetto si origina àƒ¨ quello del richiamo lessicale poichàƒ© àƒ¨ possibile evidenziare una intatta conoscenza semantica.
2015
ITALIANO
PSICOLOGIA
Università degli Studi di Trieste
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/287170
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNITS-287170