Obiettivo di questa ricerca ਠil tentativo di far emergere come si dà  il problema del pensiero incarnato nelle opere di Emmanuel Levinas, avvalendosi di quel metodo fenomenologico ermeneutico, immanente ai testi, che intende portare a datità  e interpretare, non solo il non-detto circa l'incarnazione, ma muovere da un'opera che riteniamo centrale: i Carnets de captività© , che si sono rivelati, sin da subito, come una sorta di cartina di tornasole per l'orientamento dell'intera ricerca. Ma procediamo con ordine. Per arrivare alla visione intellettiva del soggetto di carne e di sangue che ritroviamo in Levinas, ਠstato necessario passare, se cosଠsi puಠdire, attraverso quello che riteniamo possa essere definito come un lavoro preparatorio alla trattazione dell' «io sono» incarnato. Ci stiamo riferendo al saggio Il problema dell'empatia di Edith Stein, allieva di Husserl. Studio nel quale la filosofa avvicina la problematica del coglimento dell'altro attraverso quel «rendersi conto» che poggia su due elementi portanti: la differenza che già  in questo saggio trapela tra Kà¶rper (corpo oggetto) e Leib (corpo proprio) e il tentativo di pervenire all'altro attraverso l'Einfà¼hlung, situazione in cui si tratta di vivere un vissuto originario dal contenuto non originario. Potremmo dire che ciಠche resta sotto forma di adombramento nell'elaborazione steiniana, conosce un suo ulteriore, decisivo sviluppo nella quinta delle Meditazioni cartesiane di Edmund Husserl. Meditazione in un cui, appunto,l'ego trascendentale non puಠridurre a sà© ciಠche si trova nella propria sfera primordinale, in quanto si tratta di un Leib come ਠlui, che puಠcogliere soltanto attraverso l'appaiamento. La novità  che sottende questa nuova visione intellettiva ਠil fatto che emerge chiaramente come, per pervenire all'esperienza dell'altro, si debba passare attraverso la problematizzazione del corpo di colui che ਠun'unità  psichica come me e che non posso ridurre a me. Levinas sembra partire proprio da Husserl, per andare oltre Husserl stesso, per avviare e porre le fondamenta della sua visione intellettiva di un «io sono» mortale, finito, corporeo. Due ci paiono le premesse che sottendono questo iniziale sviluppo del pensiero incarnato: in primis, lo studio fondamentale della sensazione che prende avvio dalle Lezioni sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo di Husserl. Una rilettura che spinge Levinas a fondare nella temporalità  della stessa intenzionalità  la passività , che ਠdata con la dipendenza dell'atto intenzionale dalla sensazione. Un aspetto decisivo per intendere la trascendenza del soggetto ovvero quell'andare oltre sà©, che certo non si puಠdare per un ego trascendentale. Di qui emerge la seconda premessa fondamentale: la necessità  di restituire al soggetto la propria storicità , il fatto che sia indispensabile andare oltre la sfera totalitaria e a-storica dell'ego trascendentale, ove il suo essere finito e il suo permanere nel timore costante della morte non potrebbero mai essere colti. Deflagrazione della totalità , timore della morte: istanze rosenzweighiane sottoscritte da Levinas per questa sua elaborazione di un pensiero incarnato che interessa e attraversa tutte le sue opere, sin dagli scritti giovanili. Un fil rouge che trova uno dei suoi capisaldi in quell'officina filosofica che sono i Carnets de captività©. Non a caso, il nostro sforzo fenomenologico-ermeneutico prende avvio proprio da questi frammenti, che Levinas appuntಠnei suoi giorni di prigionia. L'impressione iniziale, che si ਠtradotta in evidenza nel corso dell'analisi e della lettura dei passi di quest'opera inedita, consiste nel fatto che emergono tematiche che sono, addirittura, in grado di chiarire passaggi contenuti nelle opere successive, passaggi che non riteniamo azzardato affermare contenessero del non-detto da esplicitare ulteriormente. Si pensi, soltanto, alla teoria del besoin, attraverso la quale Levinas esplica le sue intuizioni sul ruolo fondamentale della sensazione e su ciಠche lui stesso definisce come una transitività  della coscienza. Nell'intervallo del bisogno, in cui il soggetto si trascende verso un fuori, in cui il datum hyletico nella sua connotazione ante predicativa e pre-riflessiva segna la passività  della coscienza, si dà  il primo evento della trascendenza. Trascendenza di un'esserci incarnato che, nella sua relazione con un fuori, constata il proprio stato di bisognosità , che ਠpassività , coscienza bouleversà©. Tuttavia, se per un verso, l'intervello del bisogno †" fondato sul binomio besoin-spazio †" ਠun intervallo sempre superato, ad esso, se ne contrappone un altro mai superabile e fondato sul binomio eros-tempo. Nella stessa teoria del besoin, poi, Levinas giunge a problematizzare il concetto stesso di bisogno, che nella sua connotazione, se cosଠsi puಠdire, difettiva rinvia a quel «troppo pieno dell'essere», dal quale ਠnecessario «svignarsela». Assistiamo, dunque, nei Carnets ad una vera e propria elaborazione in nuce delle categorie chiave che segnano la sua riflessione: bisogno, godimento, eros, desiderio, carezza, sofferenza, morte, paternità , maternità , filialità , fecondità . Categorie che diventano, via via, il paradigma attraverso il quale declinare l'incarnazione dell' «io sono» mortale e finito che si trova nella tensione costante tra dramma e compimento. Una tensione drammatica e al tempo stesso costitutiva del Dasein incarnato, se ਠvero che †" proprio come ebbe modo di esperire Levinas nella sua terribile condizione di prigioniero, condizione in cui perviene ad un'epochà© esistenziale, ad un essere solo con Dio, nel quale gli si fa presente la cifra del suo «io sono»: la felix culpa †" il soggetto incarnato ਠcolpevole di divenire autentico, colpevole di una colpa pre-etica e pre-morale che lo mette dinnanzi alla necessità  del doversi decidere ad iniziare-qualcosa-con-stesso. Il «dovere felice» di amare l'altro, questo teologumeno interpretato da Levinas in maniera pre-cristiana, si precisa, di opera in opera, come quella sfida che sottende l'esistenza a tempo del soggetto incarnato e che squarcia, per sempre, il cielo paradisiaco che sovrasta la jouissance del Moi. E se, attraverso l'atto d'inserzione nell'esistenza †" atto attraverso il quale l' «io sono» si disfa del «finta di niente» dell'il y a †" il soggetto diviene un'ipostasi, ossia puಠdire di poggiare su una base, da qui il Dasein incarnato metterà  capo a ciಠche Levinas chiama una creazione continua, una Wiedergeburt, una rinascita sottesa alla sua incessante temporalizzazione. àˆ il paradosso dell'autorelatività  che pone le condizioni per ciಠche abbiamo chiamato il circolo ermeneutico dell'istante. In questo insistente accadere dell'essere eviene il mio incontro con l'altro, si concretizza , o meglio, si specifica l'intendimento del corporalizzarsi del Dasein come di colui/colei che ha bisogno dell'altro o, il che ਠlo stesso, che prende sul serio il tempo. L'evento della posizione apre al continuo farsi accadere dell'esserci che, si «dis-ingombra da sà©», in un movimento di trascendimento †" preludio dell'infinition †" del proprio «io sono». Trascendimento che non ha sosta, nà© requie: pena il ritorno del Moi ad Itaca. Pena il cedere alla tentazione del mero «vivere di», di per sà©, momento considerato da Levinas non in termini di sprofondamento nell'inautentico, ma del godere di ciಠa cui perveniamo passando attraverso l'intervallo del bisogno, scorgendo in quella jouissance la possibilità  di allietarsi corporalmente di ciಠdi cui si puಠfruire ed esserne, in un certo senso, grati. Tuttavia la tentazione in cui il soggetto puಠcadere ਠun rischio al quale l' «io sono» ਠcostantemente esposto nel suo decidersi, di volta in volta, per l'altro.

Il pensiero incarnato in Emmanuel Levinas

-
2011

Abstract

Obiettivo di questa ricerca ਠil tentativo di far emergere come si dà  il problema del pensiero incarnato nelle opere di Emmanuel Levinas, avvalendosi di quel metodo fenomenologico ermeneutico, immanente ai testi, che intende portare a datità  e interpretare, non solo il non-detto circa l'incarnazione, ma muovere da un'opera che riteniamo centrale: i Carnets de captività© , che si sono rivelati, sin da subito, come una sorta di cartina di tornasole per l'orientamento dell'intera ricerca. Ma procediamo con ordine. Per arrivare alla visione intellettiva del soggetto di carne e di sangue che ritroviamo in Levinas, ਠstato necessario passare, se cosଠsi puಠdire, attraverso quello che riteniamo possa essere definito come un lavoro preparatorio alla trattazione dell' «io sono» incarnato. Ci stiamo riferendo al saggio Il problema dell'empatia di Edith Stein, allieva di Husserl. Studio nel quale la filosofa avvicina la problematica del coglimento dell'altro attraverso quel «rendersi conto» che poggia su due elementi portanti: la differenza che già  in questo saggio trapela tra Kà¶rper (corpo oggetto) e Leib (corpo proprio) e il tentativo di pervenire all'altro attraverso l'Einfà¼hlung, situazione in cui si tratta di vivere un vissuto originario dal contenuto non originario. Potremmo dire che ciಠche resta sotto forma di adombramento nell'elaborazione steiniana, conosce un suo ulteriore, decisivo sviluppo nella quinta delle Meditazioni cartesiane di Edmund Husserl. Meditazione in un cui, appunto,l'ego trascendentale non puಠridurre a sà© ciಠche si trova nella propria sfera primordinale, in quanto si tratta di un Leib come ਠlui, che puಠcogliere soltanto attraverso l'appaiamento. La novità  che sottende questa nuova visione intellettiva ਠil fatto che emerge chiaramente come, per pervenire all'esperienza dell'altro, si debba passare attraverso la problematizzazione del corpo di colui che ਠun'unità  psichica come me e che non posso ridurre a me. Levinas sembra partire proprio da Husserl, per andare oltre Husserl stesso, per avviare e porre le fondamenta della sua visione intellettiva di un «io sono» mortale, finito, corporeo. Due ci paiono le premesse che sottendono questo iniziale sviluppo del pensiero incarnato: in primis, lo studio fondamentale della sensazione che prende avvio dalle Lezioni sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo di Husserl. Una rilettura che spinge Levinas a fondare nella temporalità  della stessa intenzionalità  la passività , che ਠdata con la dipendenza dell'atto intenzionale dalla sensazione. Un aspetto decisivo per intendere la trascendenza del soggetto ovvero quell'andare oltre sà©, che certo non si puಠdare per un ego trascendentale. Di qui emerge la seconda premessa fondamentale: la necessità  di restituire al soggetto la propria storicità , il fatto che sia indispensabile andare oltre la sfera totalitaria e a-storica dell'ego trascendentale, ove il suo essere finito e il suo permanere nel timore costante della morte non potrebbero mai essere colti. Deflagrazione della totalità , timore della morte: istanze rosenzweighiane sottoscritte da Levinas per questa sua elaborazione di un pensiero incarnato che interessa e attraversa tutte le sue opere, sin dagli scritti giovanili. Un fil rouge che trova uno dei suoi capisaldi in quell'officina filosofica che sono i Carnets de captività©. Non a caso, il nostro sforzo fenomenologico-ermeneutico prende avvio proprio da questi frammenti, che Levinas appuntಠnei suoi giorni di prigionia. L'impressione iniziale, che si ਠtradotta in evidenza nel corso dell'analisi e della lettura dei passi di quest'opera inedita, consiste nel fatto che emergono tematiche che sono, addirittura, in grado di chiarire passaggi contenuti nelle opere successive, passaggi che non riteniamo azzardato affermare contenessero del non-detto da esplicitare ulteriormente. Si pensi, soltanto, alla teoria del besoin, attraverso la quale Levinas esplica le sue intuizioni sul ruolo fondamentale della sensazione e su ciಠche lui stesso definisce come una transitività  della coscienza. Nell'intervallo del bisogno, in cui il soggetto si trascende verso un fuori, in cui il datum hyletico nella sua connotazione ante predicativa e pre-riflessiva segna la passività  della coscienza, si dà  il primo evento della trascendenza. Trascendenza di un'esserci incarnato che, nella sua relazione con un fuori, constata il proprio stato di bisognosità , che ਠpassività , coscienza bouleversà©. Tuttavia, se per un verso, l'intervello del bisogno †" fondato sul binomio besoin-spazio †" ਠun intervallo sempre superato, ad esso, se ne contrappone un altro mai superabile e fondato sul binomio eros-tempo. Nella stessa teoria del besoin, poi, Levinas giunge a problematizzare il concetto stesso di bisogno, che nella sua connotazione, se cosଠsi puಠdire, difettiva rinvia a quel «troppo pieno dell'essere», dal quale ਠnecessario «svignarsela». Assistiamo, dunque, nei Carnets ad una vera e propria elaborazione in nuce delle categorie chiave che segnano la sua riflessione: bisogno, godimento, eros, desiderio, carezza, sofferenza, morte, paternità , maternità , filialità , fecondità . Categorie che diventano, via via, il paradigma attraverso il quale declinare l'incarnazione dell' «io sono» mortale e finito che si trova nella tensione costante tra dramma e compimento. Una tensione drammatica e al tempo stesso costitutiva del Dasein incarnato, se ਠvero che †" proprio come ebbe modo di esperire Levinas nella sua terribile condizione di prigioniero, condizione in cui perviene ad un'epochà© esistenziale, ad un essere solo con Dio, nel quale gli si fa presente la cifra del suo «io sono»: la felix culpa †" il soggetto incarnato ਠcolpevole di divenire autentico, colpevole di una colpa pre-etica e pre-morale che lo mette dinnanzi alla necessità  del doversi decidere ad iniziare-qualcosa-con-stesso. Il «dovere felice» di amare l'altro, questo teologumeno interpretato da Levinas in maniera pre-cristiana, si precisa, di opera in opera, come quella sfida che sottende l'esistenza a tempo del soggetto incarnato e che squarcia, per sempre, il cielo paradisiaco che sovrasta la jouissance del Moi. E se, attraverso l'atto d'inserzione nell'esistenza †" atto attraverso il quale l' «io sono» si disfa del «finta di niente» dell'il y a †" il soggetto diviene un'ipostasi, ossia puಠdire di poggiare su una base, da qui il Dasein incarnato metterà  capo a ciಠche Levinas chiama una creazione continua, una Wiedergeburt, una rinascita sottesa alla sua incessante temporalizzazione. àˆ il paradosso dell'autorelatività  che pone le condizioni per ciಠche abbiamo chiamato il circolo ermeneutico dell'istante. In questo insistente accadere dell'essere eviene il mio incontro con l'altro, si concretizza , o meglio, si specifica l'intendimento del corporalizzarsi del Dasein come di colui/colei che ha bisogno dell'altro o, il che ਠlo stesso, che prende sul serio il tempo. L'evento della posizione apre al continuo farsi accadere dell'esserci che, si «dis-ingombra da sà©», in un movimento di trascendimento †" preludio dell'infinition †" del proprio «io sono». Trascendimento che non ha sosta, nà© requie: pena il ritorno del Moi ad Itaca. Pena il cedere alla tentazione del mero «vivere di», di per sà©, momento considerato da Levinas non in termini di sprofondamento nell'inautentico, ma del godere di ciಠa cui perveniamo passando attraverso l'intervallo del bisogno, scorgendo in quella jouissance la possibilità  di allietarsi corporalmente di ciಠdi cui si puಠfruire ed esserne, in un certo senso, grati. Tuttavia la tentazione in cui il soggetto puಠcadere ਠun rischio al quale l' «io sono» ਠcostantemente esposto nel suo decidersi, di volta in volta, per l'altro.
2011
it
aver bisogno dell'altro
bisogno
carezza
carezza
desiderio
desiderio
eros
essere-con-il-proprio-corpo-ostaggio-per-l'altro
fecondità 
felix culpa
filialità 
FILOSOFIA
godimento
Heidegger
Husserl
Levinas
maternità 
morte
"nascibilità "
paternità 
pensiero incarnato
prendere sul serio il tempo
prigionia
Rodin
Rosenzweig
sofferenza
Stein
tempo
temporalizzazione
Università degli Studi di Trieste
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/288388
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNITS-288388