La ricerca indaga per la prima volta in modo analitico lo sviluppo delle connessioni tra il mondo dell’arte contemporanea italiana e quella giapponese in un momento cruciale del secondo dopoguerra, dal 1952, anno della partecipazione del Giappone alla prima Biennale di Venezia al 1968, inserendo queste dinamiche nel contesto internazionale. La ricerca è strutturata in tre capitoli che affrontano il tema attraverso tre punti di vista diversi ma complementari. Il primo, un punto di vista istituzionale, indaga da un lato la promozione dell’arte giapponese contemporanea nel territorio italiano e dall’altro la proposta da parte giapponese di esposizioni itineranti che coinvolsero anche il territorio italiano dedicate all’arte giapponese più antica, alla calligrafia e allo Zen, e che entrarono nel dibattito critico coevo. Dall’altro è stata ricostruita la proposta di una visione dell’arte italiana contemporanea non solo attraverso la Biennale di Tokyo (1952-1967) ma anche attraverso mostre organizzate in territorio giapponese da enti pubblici italiani come la Quadriennale di Roma. Il secondo capitolo segue invece lo sviluppo degli interessi di una figura fondamentale per gli anni e per i contesti presi in esame, quella del critico-amatore-mercante Michel Tapié, promotore dell’art autre e di artisti provenienti da Europa, Stati Uniti e poi dal Giappone. È preso in esame il suo contributo in Italia e in Giappone, luoghi nodali per Tapié, sia dal punto di vista critico che dal punto di vista espositivo, attraverso l’analisi di pubblicazioni e di esposizioni da questi organizzate. Inoltre è evidenziato attraverso casi studio il riflesso delle sue politiche su artisti più noti, come quelli del gruppo Gutai, o meno noti quando non trascurati, come il pittore Dōmoto Inshō o il maestro di ikebana Teshigahara Sōfū, e per l’Italia lo scultore Franco Garelli. Nel terzo e ultimo capitolo è invece tracciato un coerente avvicinarsi di Carlo Cardazzo e delle sue gallerie, quella del Naviglio di Milano e quella del Cavallino di Venezia, poi gestite dal fratello Renato Cardazzo, al mondo giapponese: dapprima attraverso la promozione dello Spazialismo milanese e di determinati membri a esso associati (Roberto Crippa, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi) e quindi attraverso l’organizzazione di mostre di artisti giapponesi in Italia, sia residenti, sia in visita, anche attraverso la collaborazione con la Tokyo Gallery a partire dal 1960. Sono presi in esame i riflessi nel contesto non solo milanese di queste connessioni grazie a singoli casi studio e importanti esposizioni di arte contemporanea italiana in Giappone e di arte giapponese in Italia, che si svolsero intorno alla metà degli anni Sessanta e che rimangono testimonianza di queste relazioni.
OLTRE LO ZEN. RAPPORTI ARTISTICI TRA ITALIA E GIAPPONE (1952-1968)
TURINA, STEFANO
2025
Abstract
La ricerca indaga per la prima volta in modo analitico lo sviluppo delle connessioni tra il mondo dell’arte contemporanea italiana e quella giapponese in un momento cruciale del secondo dopoguerra, dal 1952, anno della partecipazione del Giappone alla prima Biennale di Venezia al 1968, inserendo queste dinamiche nel contesto internazionale. La ricerca è strutturata in tre capitoli che affrontano il tema attraverso tre punti di vista diversi ma complementari. Il primo, un punto di vista istituzionale, indaga da un lato la promozione dell’arte giapponese contemporanea nel territorio italiano e dall’altro la proposta da parte giapponese di esposizioni itineranti che coinvolsero anche il territorio italiano dedicate all’arte giapponese più antica, alla calligrafia e allo Zen, e che entrarono nel dibattito critico coevo. Dall’altro è stata ricostruita la proposta di una visione dell’arte italiana contemporanea non solo attraverso la Biennale di Tokyo (1952-1967) ma anche attraverso mostre organizzate in territorio giapponese da enti pubblici italiani come la Quadriennale di Roma. Il secondo capitolo segue invece lo sviluppo degli interessi di una figura fondamentale per gli anni e per i contesti presi in esame, quella del critico-amatore-mercante Michel Tapié, promotore dell’art autre e di artisti provenienti da Europa, Stati Uniti e poi dal Giappone. È preso in esame il suo contributo in Italia e in Giappone, luoghi nodali per Tapié, sia dal punto di vista critico che dal punto di vista espositivo, attraverso l’analisi di pubblicazioni e di esposizioni da questi organizzate. Inoltre è evidenziato attraverso casi studio il riflesso delle sue politiche su artisti più noti, come quelli del gruppo Gutai, o meno noti quando non trascurati, come il pittore Dōmoto Inshō o il maestro di ikebana Teshigahara Sōfū, e per l’Italia lo scultore Franco Garelli. Nel terzo e ultimo capitolo è invece tracciato un coerente avvicinarsi di Carlo Cardazzo e delle sue gallerie, quella del Naviglio di Milano e quella del Cavallino di Venezia, poi gestite dal fratello Renato Cardazzo, al mondo giapponese: dapprima attraverso la promozione dello Spazialismo milanese e di determinati membri a esso associati (Roberto Crippa, Lucio Fontana, Giuseppe Capogrossi) e quindi attraverso l’organizzazione di mostre di artisti giapponesi in Italia, sia residenti, sia in visita, anche attraverso la collaborazione con la Tokyo Gallery a partire dal 1960. Sono presi in esame i riflessi nel contesto non solo milanese di queste connessioni grazie a singoli casi studio e importanti esposizioni di arte contemporanea italiana in Giappone e di arte giapponese in Italia, che si svolsero intorno alla metà degli anni Sessanta e che rimangono testimonianza di queste relazioni.| File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/295686
URN:NBN:IT:UNITO-295686