Lo sviluppo degli antivirali ad azione diretta (Direct Acting Antivirals - DAAs) sul virus dell’epatite C (HCV) in commercio dal gennaio 2015, ha permesso di ottenere l’eradicazione virale nel 90-95% dei pazienti. L’utilizzo di combinazioni di tali DAAs senza interferone (IFN) e in alcuni casi anche ribavirina, ha aumentato sensibilmente le probabilità di guarigione, ha ridotto la tossicità della terapia e ne ha aumentato la compliance, consentendo di trattare efficacemente anche i genotipi più difficili ed i pazienti più compromessi; pertanto l’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di riduzione dell’incidenza e della mortalità associate all’infezione di HCV entro il 2030 è potenzialmente raggiungibile. I PWUD (People Who Use Drugs), rappresentando la maggioranza (fino all’80%) dei nuovi casi di HCV nei paesi sviluppati, diventano la popolazione su cui fare il maggior investimento ai fini dell’eradicazione di HCV. Pur considerati soggetti difficili da trattare, i PWUD hanno dimostrato di ottenere gli stessi risultati di risposta virologica sostenuta (SVR) del resto della popolazione arruolata negli studi clinici. Il momento della diagnosi per la popolazione dei PWUD, molto spesso non inserita in percorsi assistenziali del sistema sanitario nazionale e quindi Out Of Care, è sicuramente tra gli step del modello di Continuum of Care il più difficile, insidiato da numerose barriere. Inoltre gli studi di prevalenza di HCV mostrano risultati variabili a causa della difficoltà che si incontra nello screenare questa key population. Difficile è anche la fase dell’Engagement in Care e della Retention al Follow-Up, la prima insidiata da numerose barriere intrinseche alla popolazione tossicodipendente, ma anche dal pregiudizio dei prescrittori e la paura della scarsa aderenza al trattamento (nonostante tutto ad oggi ancora costoso). L’inizio del mio Dottorato di Ricerca è coinciso con l’ingresso in commercio e nella pratica clinica dei nuovi DAAs (2015), pertanto non mi è stato difficile seguire il filone di ricerca riguardo ogni singolo step del modello di Continuità di Cura, ripreso dall’HIV, nella popolazione reservoir dell’infezione da HCV, i PWUD per l’appunto. Nel primo capitolo verranno discusse l’epidemiologia, il trattamento, la prevenzione e la strategia di riduzione del danno nei People Who Use Drugs, nonché le barriere (relative al paziente e al clinico) che insidiano il percorso che va dalla diagnosi all’obiettivo della guarigione dall’Infezione da HCV in questa key population. Nel secondo capitolo verrà analizzata la sieroprevalenza HCV ed i fattori di rischio associati alla positività di HCV in una coorte di pazienti tossicodipendenti afferenti ai servizi prevalentemente di bassa soglia della Fondazione Villa Maraini ONLUS mediante l’utilizzo di uno strumento diagnostico innovativo quale il test rapido sierologico. Lo studio ha permesso di elaborare dati epidemiologici di sieroprevalenza e fattori di rischio correlati, ed ha rappresentato un momento importante di Linkage To Care del paziente tossicodipendente per intraprendere il percorso di cura per l’Epatite C. Nel terzo capitolo verrà valutata l’efficacia terapeutica dei Direct Acting Antivirals (DAAs) e l’aderenza al trattamento in una coorte di pazienti tossicodipendenti che comprende anche gli attivi, per fornire dati di Real Life utili al clinico come spinta per incrementare l’accesso alle cure di questa popolazione. Nel quarto capitolo, verranno presentati i risultati del progetto pilota di screening e referral “Una Regione senza la C” nella popolazione tossicodipendente di bassa soglia in collaborazione con la Regione Lazio, il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità Assistenziale) ed EpaC ONLUS. Tale progetto ha permesso di elaborare una cascata di cura efficace, ma assolutamente da implementare, basata su una stretta collaborazione con i servizi che sul territorio sono quotidianamente a contatto con i tossicodipendenti “Hard to Reach” per le strutture ospedaliere che a loro volta hanno potuto usufruire di percorsi fast track.

Continuum of care nella popolazione tossicodipendente nell’ambito dell’infezione da HCV: dati di Real Life

TETI, ELISABETTA
2018

Abstract

Lo sviluppo degli antivirali ad azione diretta (Direct Acting Antivirals - DAAs) sul virus dell’epatite C (HCV) in commercio dal gennaio 2015, ha permesso di ottenere l’eradicazione virale nel 90-95% dei pazienti. L’utilizzo di combinazioni di tali DAAs senza interferone (IFN) e in alcuni casi anche ribavirina, ha aumentato sensibilmente le probabilità di guarigione, ha ridotto la tossicità della terapia e ne ha aumentato la compliance, consentendo di trattare efficacemente anche i genotipi più difficili ed i pazienti più compromessi; pertanto l’obiettivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di riduzione dell’incidenza e della mortalità associate all’infezione di HCV entro il 2030 è potenzialmente raggiungibile. I PWUD (People Who Use Drugs), rappresentando la maggioranza (fino all’80%) dei nuovi casi di HCV nei paesi sviluppati, diventano la popolazione su cui fare il maggior investimento ai fini dell’eradicazione di HCV. Pur considerati soggetti difficili da trattare, i PWUD hanno dimostrato di ottenere gli stessi risultati di risposta virologica sostenuta (SVR) del resto della popolazione arruolata negli studi clinici. Il momento della diagnosi per la popolazione dei PWUD, molto spesso non inserita in percorsi assistenziali del sistema sanitario nazionale e quindi Out Of Care, è sicuramente tra gli step del modello di Continuum of Care il più difficile, insidiato da numerose barriere. Inoltre gli studi di prevalenza di HCV mostrano risultati variabili a causa della difficoltà che si incontra nello screenare questa key population. Difficile è anche la fase dell’Engagement in Care e della Retention al Follow-Up, la prima insidiata da numerose barriere intrinseche alla popolazione tossicodipendente, ma anche dal pregiudizio dei prescrittori e la paura della scarsa aderenza al trattamento (nonostante tutto ad oggi ancora costoso). L’inizio del mio Dottorato di Ricerca è coinciso con l’ingresso in commercio e nella pratica clinica dei nuovi DAAs (2015), pertanto non mi è stato difficile seguire il filone di ricerca riguardo ogni singolo step del modello di Continuità di Cura, ripreso dall’HIV, nella popolazione reservoir dell’infezione da HCV, i PWUD per l’appunto. Nel primo capitolo verranno discusse l’epidemiologia, il trattamento, la prevenzione e la strategia di riduzione del danno nei People Who Use Drugs, nonché le barriere (relative al paziente e al clinico) che insidiano il percorso che va dalla diagnosi all’obiettivo della guarigione dall’Infezione da HCV in questa key population. Nel secondo capitolo verrà analizzata la sieroprevalenza HCV ed i fattori di rischio associati alla positività di HCV in una coorte di pazienti tossicodipendenti afferenti ai servizi prevalentemente di bassa soglia della Fondazione Villa Maraini ONLUS mediante l’utilizzo di uno strumento diagnostico innovativo quale il test rapido sierologico. Lo studio ha permesso di elaborare dati epidemiologici di sieroprevalenza e fattori di rischio correlati, ed ha rappresentato un momento importante di Linkage To Care del paziente tossicodipendente per intraprendere il percorso di cura per l’Epatite C. Nel terzo capitolo verrà valutata l’efficacia terapeutica dei Direct Acting Antivirals (DAAs) e l’aderenza al trattamento in una coorte di pazienti tossicodipendenti che comprende anche gli attivi, per fornire dati di Real Life utili al clinico come spinta per incrementare l’accesso alle cure di questa popolazione. Nel quarto capitolo, verranno presentati i risultati del progetto pilota di screening e referral “Una Regione senza la C” nella popolazione tossicodipendente di bassa soglia in collaborazione con la Regione Lazio, il CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità Assistenziale) ed EpaC ONLUS. Tale progetto ha permesso di elaborare una cascata di cura efficace, ma assolutamente da implementare, basata su una stretta collaborazione con i servizi che sul territorio sono quotidianamente a contatto con i tossicodipendenti “Hard to Reach” per le strutture ospedaliere che a loro volta hanno potuto usufruire di percorsi fast track.
2018
Italiano
SARMATI, LOREDANA
ANDREONI, MASSIMO
Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIROMA2-299068