Il presente studio intende determinare i lineamenti di un’ontologia della soggettività, e in particolare della soggettività pratica, nella forma di un’ontologia relazionale, ossia una ontologia dell’umano che vede il soggetto costituirsi come soggettività pratica in grazia della relazione con l’altro, inteso e indagato nel triplice significato di “corporeità”, “intersoggettività” ed “estraneità interiore”. Su questo tema, esso intende istituire un percorso all’interno della filosofia di Ricoeur e all’interno della filosofia di Fichte, al fine di far interloquire criticamente e idealmente le istanze più contemporanee che nascono in seno al pensiero ricoeuriano con il contributo dell’approccio trascendentale fichtiano. Più nello specifico, dopo un breve percorso volto a spiegare le ragioni storico-filosofiche che invitano a strutturare un dialogo per aree concettuali tra questi due filosofi (Parte Introduttiva), si intende declinare tale dialogo attraverso una sorta di progressione: dal problema della soggettività, attraversando il campo della riflessione, della necessaria riappropriazione del sé e della coscienza come compito (Parte Prima), alla relazione della soggettività con alcune dimensioni dell’alterità (Parte Seconda) fino alla definizione di una soggettività pratica (Parte Terza). Tale colloquio è proposto a partire e sviluppando le implicazioni metodologiche e tematiche di alcune suggestioni tratte da due scritti di Ricoeur. Le prime emergono da un brano di Histoire et vérité, nel quale il filosofo scrive: esiste una comunità di ricerca, un ‘symphilosophieren’ – un far filosofia in comune – in cui tutti i filosofi sono in discussione con tutti tramite una coscienza testimone, quella che cerca di nuovo, hic et nunc. In questo dibattito le filosofie del passato non cessano di mutare senso: questa comunicazione, che le salva dall’oblio e dalla morte, fa affiorare intenzioni e possibilità che i loro contemporanei non avevano visto. In tal modo, le filosofie del passato entrano attivamente in dialogo col presente contribuendo a presentare intenzioni e possibilità di risposta inesplorate, laddove, tuttavia, tale dialogo – come mi auguro emergerà anche lungo il percorso di questa ricerca – appare particolarmente necessario in riferimento al tema della ontologia relazionale, sebbene sia suscettibile di errori e mancanze, oltre che caratterizzato da inevitabili limiti. Infatti – e qui emergono altre suggestioni – nel Decimo studio, intitolato “Verso quale ontologia?”, di Soi-même comme un autre, si vede chiaramente come il suddetto dialogo, possibile solo nella misura in cui le filosofie del passato sono attivamente ripercorse e rilette criticamente, presenti inevitabili rischi, i quali, tuttavia, devono essere affrontati. L’ontologia che qui abbozziamo è fedele alla suggestione […] che una ontologia resta possibile ai giorni nostri, nella misura in cui le filosofie del passato restano aperte a delle reinterpretazioni e a delle riappropriazioni grazie ad un potenziale di senso lasciato inattivo, anzi represso, dal processo stesso di sistematizzazione e di scolarizzazione, cui dobbiamo i grandi corpi dottrinali che ordinariamente identifichiamo con i loro artefici: Platone, Aristotele, Cartesio, Spinoza, Leibniz e così via. In verità, se non si potessero risvegliare, liberare queste risorse che i grandi sistemi del passato tendono a soffocare e a mascherare, non sarebbe possibile nessuna innovazione, e il pensiero presente non avrebbe altra scelta che la ripetizione e l’erranza. […] Ma la messa in atto di questa massima è particolarmente pericolosa al livello dei ‘grandi generi sommi’ quali il Medesimo e l’Altro, la cui storia quanto meno intimidisce; non tarderemo ad accorgerci che l’impegno ontologico dell’attestazione e la portata ontologica dell’ipseità in quanto tale non rendono più facile il nostro confronto con la tradizione.
Ripensare la soggettività pratica: percorsi tra Ricoeur e Fichte
Renzi, Angela
2020
Abstract
Il presente studio intende determinare i lineamenti di un’ontologia della soggettività, e in particolare della soggettività pratica, nella forma di un’ontologia relazionale, ossia una ontologia dell’umano che vede il soggetto costituirsi come soggettività pratica in grazia della relazione con l’altro, inteso e indagato nel triplice significato di “corporeità”, “intersoggettività” ed “estraneità interiore”. Su questo tema, esso intende istituire un percorso all’interno della filosofia di Ricoeur e all’interno della filosofia di Fichte, al fine di far interloquire criticamente e idealmente le istanze più contemporanee che nascono in seno al pensiero ricoeuriano con il contributo dell’approccio trascendentale fichtiano. Più nello specifico, dopo un breve percorso volto a spiegare le ragioni storico-filosofiche che invitano a strutturare un dialogo per aree concettuali tra questi due filosofi (Parte Introduttiva), si intende declinare tale dialogo attraverso una sorta di progressione: dal problema della soggettività, attraversando il campo della riflessione, della necessaria riappropriazione del sé e della coscienza come compito (Parte Prima), alla relazione della soggettività con alcune dimensioni dell’alterità (Parte Seconda) fino alla definizione di una soggettività pratica (Parte Terza). Tale colloquio è proposto a partire e sviluppando le implicazioni metodologiche e tematiche di alcune suggestioni tratte da due scritti di Ricoeur. Le prime emergono da un brano di Histoire et vérité, nel quale il filosofo scrive: esiste una comunità di ricerca, un ‘symphilosophieren’ – un far filosofia in comune – in cui tutti i filosofi sono in discussione con tutti tramite una coscienza testimone, quella che cerca di nuovo, hic et nunc. In questo dibattito le filosofie del passato non cessano di mutare senso: questa comunicazione, che le salva dall’oblio e dalla morte, fa affiorare intenzioni e possibilità che i loro contemporanei non avevano visto. In tal modo, le filosofie del passato entrano attivamente in dialogo col presente contribuendo a presentare intenzioni e possibilità di risposta inesplorate, laddove, tuttavia, tale dialogo – come mi auguro emergerà anche lungo il percorso di questa ricerca – appare particolarmente necessario in riferimento al tema della ontologia relazionale, sebbene sia suscettibile di errori e mancanze, oltre che caratterizzato da inevitabili limiti. Infatti – e qui emergono altre suggestioni – nel Decimo studio, intitolato “Verso quale ontologia?”, di Soi-même comme un autre, si vede chiaramente come il suddetto dialogo, possibile solo nella misura in cui le filosofie del passato sono attivamente ripercorse e rilette criticamente, presenti inevitabili rischi, i quali, tuttavia, devono essere affrontati. L’ontologia che qui abbozziamo è fedele alla suggestione […] che una ontologia resta possibile ai giorni nostri, nella misura in cui le filosofie del passato restano aperte a delle reinterpretazioni e a delle riappropriazioni grazie ad un potenziale di senso lasciato inattivo, anzi represso, dal processo stesso di sistematizzazione e di scolarizzazione, cui dobbiamo i grandi corpi dottrinali che ordinariamente identifichiamo con i loro artefici: Platone, Aristotele, Cartesio, Spinoza, Leibniz e così via. In verità, se non si potessero risvegliare, liberare queste risorse che i grandi sistemi del passato tendono a soffocare e a mascherare, non sarebbe possibile nessuna innovazione, e il pensiero presente non avrebbe altra scelta che la ripetizione e l’erranza. […] Ma la messa in atto di questa massima è particolarmente pericolosa al livello dei ‘grandi generi sommi’ quali il Medesimo e l’Altro, la cui storia quanto meno intimidisce; non tarderemo ad accorgerci che l’impegno ontologico dell’attestazione e la portata ontologica dell’ipseità in quanto tale non rendono più facile il nostro confronto con la tradizione.| File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/303739
URN:NBN:IT:UNIROMA2-303739