Il presente lavoro di tesi ha il principale obiettivo di fornire informazioni sulle condizioni di sfruttamento dei lavoratori all'interno del settore della moda, tanto nella cosiddetta fast-fashion quanto all'interno dei brand di lusso. Spesso si pensa che le grandi marche di lusso del settore moda rappresentino valori come qualità  ed eccellenza e che le loro catene di distribuzione siano basate su principi quali trasparenza ed integrità . Da questo assunto la presente tesi si propone di mostrare che anche i brand del lusso ricorrono alla gestione in outsourcing dei processi produttivi, includendo principalmente i paesi in via di sviluppo, ma anche europei (per esempio l'Europa dell'Est). Il principale punto di forza della delocalizzazione ਠla riduzione dei costi che spinge quindi molte aziende ad investire in materie prime di scarsa qualità  e in manodopera non qualificata. Come discusso nel seguente studio, operare in outsourcing comporta sଠun grande vantaggio competitivo, in quanto permette di ottimizzare le risorse a disposizione, evitare gli sprechi ed essere pi๠veloci nel soddisfare le richieste dei clienti, ma allo stesso tempo porta ad una situazione di sfruttamento in cui lavoratori sono costretti a lavorare svolgendo pi๠delle ore previste, in situazioni malsane e ricevendo salari insufficienti a ricoprire le necessità  primarie di un essere umano quali cibo, educazione e sanità . A questo proposito si considerano casi specifici come quello del Gruppo H&M in Bangladesh dove i lavoratori (di cui l'80% donne) mensilmente guadagnano un salario minimo di circa {dollar}95, valore salariale (in US dollari) che si riduce se consideriamo l'adeguamento della valuta del Bangladesh (in BD Taka). O ancora il caso Gucci, marca di lusso denunciata per sfruttamento della manodopera cinese su territorio italiano.

Fashion victim o vittime della moda? Lo sfruttamento della manodopera nel settore moda.

2019

Abstract

Il presente lavoro di tesi ha il principale obiettivo di fornire informazioni sulle condizioni di sfruttamento dei lavoratori all'interno del settore della moda, tanto nella cosiddetta fast-fashion quanto all'interno dei brand di lusso. Spesso si pensa che le grandi marche di lusso del settore moda rappresentino valori come qualità  ed eccellenza e che le loro catene di distribuzione siano basate su principi quali trasparenza ed integrità . Da questo assunto la presente tesi si propone di mostrare che anche i brand del lusso ricorrono alla gestione in outsourcing dei processi produttivi, includendo principalmente i paesi in via di sviluppo, ma anche europei (per esempio l'Europa dell'Est). Il principale punto di forza della delocalizzazione ਠla riduzione dei costi che spinge quindi molte aziende ad investire in materie prime di scarsa qualità  e in manodopera non qualificata. Come discusso nel seguente studio, operare in outsourcing comporta sଠun grande vantaggio competitivo, in quanto permette di ottimizzare le risorse a disposizione, evitare gli sprechi ed essere pi๠veloci nel soddisfare le richieste dei clienti, ma allo stesso tempo porta ad una situazione di sfruttamento in cui lavoratori sono costretti a lavorare svolgendo pi๠delle ore previste, in situazioni malsane e ricevendo salari insufficienti a ricoprire le necessità  primarie di un essere umano quali cibo, educazione e sanità . A questo proposito si considerano casi specifici come quello del Gruppo H&M in Bangladesh dove i lavoratori (di cui l'80% donne) mensilmente guadagnano un salario minimo di circa {dollar}95, valore salariale (in US dollari) che si riduce se consideriamo l'adeguamento della valuta del Bangladesh (in BD Taka). O ancora il caso Gucci, marca di lusso denunciata per sfruttamento della manodopera cinese su territorio italiano.
2019
it
Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/306178
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIMORE-306178