This dissertation examines Okinawan literature from the Taishō to early Shōwa periods as a site of experimentation and colonial ambivalence within the Japanese Empire. Through close readings of works by Mabuni Chōshin, Ikemiyagi Sekihō, Kushi Fusako, Miyagi Sō, Yogi Seishō, and Yamanokuchi Baku, it explores how Okinawan writers negotiated questions of identity, displacement, and belonging under conditions of political subjugation and cultural assimilation. Drawing on postcolonial theory and modernist literary criticism, the study argues that Okinawan texts register the affective and structural pressures of colonial modernity not through explicit resistance but through silence, irony, and formal fragmentation. From Ikemiyagi’s depictions of masculine anxiety to Baku’s modernist poetics of alienation, Okinawan literature emerges as a dynamic field of affective innovation. Taken together, these works reveal Okinawan modernism as a distinct yet dialogic formation within both Japanese and global literary histories, one that transforms the experience of marginality into a site for reimagining voice, identity, and historical memory at the shifting edges of empire.

Questa tesi indaga la letteratura okinawana del periodo Taishō e del primo Shōwa come spazio di negoziazione identitaria, tensione coloniale e sperimentazione formale. Attraverso una lettura ravvicinata di autori come Mabuni Chōshin, Ikemiyagi Sekihō, Kushi Fusako, Miyagi Sō, Yogi Seishō e Yamanokuchi Baku, il lavoro esplora come la narrativa okinawana articoli, in forma spesso frammentaria e obliqua, le contraddizioni della soggettività coloniale: tra assimilazione e resistenza, silenzio e voce, centro e periferia. Integrando prospettive di critica postcoloniale e modernista, la ricerca mostra come questi testi traducano il trauma storico e la subordinazione culturale in strategie estetiche di ambiguità, omissione e ironia. Nel suo complesso, la tesi propone di leggere la letteratura okinawana di questo periodo non solo come testimonianza di resistenza, ma come spazio in cui la frattura identitaria e la tensione linguistica diventano strumenti per ripensare voce, appartenenza e memoria storica.

On the edge of the empire: identity, language and negotiation in Okinawan Literature (1910s-1930s)

FARINACCIA, GLORIA
2025

Abstract

This dissertation examines Okinawan literature from the Taishō to early Shōwa periods as a site of experimentation and colonial ambivalence within the Japanese Empire. Through close readings of works by Mabuni Chōshin, Ikemiyagi Sekihō, Kushi Fusako, Miyagi Sō, Yogi Seishō, and Yamanokuchi Baku, it explores how Okinawan writers negotiated questions of identity, displacement, and belonging under conditions of political subjugation and cultural assimilation. Drawing on postcolonial theory and modernist literary criticism, the study argues that Okinawan texts register the affective and structural pressures of colonial modernity not through explicit resistance but through silence, irony, and formal fragmentation. From Ikemiyagi’s depictions of masculine anxiety to Baku’s modernist poetics of alienation, Okinawan literature emerges as a dynamic field of affective innovation. Taken together, these works reveal Okinawan modernism as a distinct yet dialogic formation within both Japanese and global literary histories, one that transforms the experience of marginality into a site for reimagining voice, identity, and historical memory at the shifting edges of empire.
17-ott-2025
Inglese
Questa tesi indaga la letteratura okinawana del periodo Taishō e del primo Shōwa come spazio di negoziazione identitaria, tensione coloniale e sperimentazione formale. Attraverso una lettura ravvicinata di autori come Mabuni Chōshin, Ikemiyagi Sekihō, Kushi Fusako, Miyagi Sō, Yogi Seishō e Yamanokuchi Baku, il lavoro esplora come la narrativa okinawana articoli, in forma spesso frammentaria e obliqua, le contraddizioni della soggettività coloniale: tra assimilazione e resistenza, silenzio e voce, centro e periferia. Integrando prospettive di critica postcoloniale e modernista, la ricerca mostra come questi testi traducano il trauma storico e la subordinazione culturale in strategie estetiche di ambiguità, omissione e ironia. Nel suo complesso, la tesi propone di leggere la letteratura okinawana di questo periodo non solo come testimonianza di resistenza, ma come spazio in cui la frattura identitaria e la tensione linguistica diventano strumenti per ripensare voce, appartenenza e memoria storica.
MILASI, Luca
CASALIN, FEDERICA
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/306648
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIROMA1-306648