Perché gli Altri sono necessari al pensiero drammatico e ai meccanismi del genere tragico? Nella tradizione degli studi antichistici, e specialmente a partire dagli anni Ottanta dello scorso secolo, si è inteso il concetto di alterità declinandolo soprattutto attraverso il confronto tra Greci e Persiani, popoli medio-orientali e, più in generale, “barbari”. Il punto di partenza di questa tesi è la convinzione che si debba rimettere in discussione l’idea di alterità per gettare nuova luce sul ruolo avuto dalle varie forme e tipologie di Altri nell’economia dei drammi ateniesi. Per fare ciò, il lavoro intende l’alterità come categoria interpretativa nota ai parlanti greco, ampliandone il campo di indagine per comprendere tutti i personaggi, popoli, creature, νόμοι e luoghi presentati dalla tradizione letteraria come estranei ai costumi e alle forme del pensiero greco e poi da Eschilo come esterni alla πόλις e alla cultura ateniese. Concentrandosi sulle modalità in cui questi elementi drammatici sono rappresentati nelle tragedie e in cui essi incidono sullo svolgimento, sul significato etico-religioso e sulla comprensione di queste da parte del pubblico, il lavoro dispiega dunque l’alterità come metodo di indagine dotato di funzionalità drammatica ‒ valutato sia sul piano contenutistico che su quello formale della performance ‒ nei sette drammi attribuiti a Eschilo. È così che dalla ricerca emerge non solo come, nel dialogo con cui nei Persiani il corifeo informa la regina sulle forme del potere e sulle pratiche militari ateniesi, Eschilo pone a confronto le specificità dei due sistemi culturali per consentire al pubblico di acquisire una nuova consapevolezza di ciò che distingue Atene e la Persia, pur senza offrire connotazioni volte a denigrare una a vantaggio dell’altra; ma anche come, nei Sette contro Tebe, l’alterità degli Argivi, enfatizzata anche attraverso la rievocazione del trauma delle guerre persiane, non è connotata come una forma di barbarie o di inferiorità del nemico rispetto alla πόλις, ma è impiegata per esplorare cosa renda riconoscibile un individuo come ἄνθρωπος e come appartenente al mondo della πόλις o meno. In maniera forse ancora più significativa, il lavoro mostra anche come, per esortare il pubblico a riflettere su cosa significhi appartenere a una πόλις, Eschilo ricorra alla categoria di alterità anche attraverso figure caratterizzate dalla loro non-appartenenza non solo alla città greca, bensì ad alcunché di noto. Si veda, in questo senso, come, nelle Supplici e nel Prometeo Incatenato, le sembianze parzialmente teriomorfe e l’incessante vagare della donna giovenca Iò presso terre remote e site ai margini del mondo conosciuto rendono evidente la sua non appartenenza ad alcuna realtà, umana o animale che sia, ad alcun luogo e ad alcuna società; oppure ancora come, in merito alla rappresentazione delle Erinni nel corso dell’Orestea, Eschilo adoperi degli espedienti volti a rendere manifeste non solo l’estraneità di queste potenze demoniche al mondo della πόλις, ma anche la loro inconciliabilità con le società di mortali e di divinità e, più in generale, con ogni specie di viventi e con l’ordine stesso della natura. In conclusione, la ricerca mette in luce come è proprio il confronto con gli Altri ad offrire agli spettatori l’opportunità di acquisire consapevolezza su tematiche, valori e costumi che mettono in rilievo la specificità della cultura ateniese. In maniera ancor più rilevante, tuttavia, il lavoro dimostra che è proprio il dispiegamento di varie rappresentazioni complesse di alterità a mediare questo processo: prendendo le distanze dal mero sciovinismo o da esaltazioni acritiche della cultura ateniese, è un’interpretazione ampliata di alterità a rivelare quanto questa categoria fosse funzionale, nei drammi eschilei, a mediare il processo di continua definizione e riconoscimento dell’identità del cittadino sia in quanto ἄνθρωπος che in quanto appartenente alla πόλις ateniese. Grazie a tali elaborazioni drammatiche dell’alterità il poeta sollecita infatti la riflessione degli spettatori non solo su immagini e su aspetti determinanti per le specifiche tragedie, ma anche su temi di estrema rilevanza per la πόλις e per i cittadini come, fra tutti, il rapporto tra ἄνθρωποι e divinità.

Perché gli Altri? Rappresentazioni e funzioni drammatiche delle forme di alterità nelle tragedie di Eschilo

BOSCARINO, Mattia
2025

Abstract

Perché gli Altri sono necessari al pensiero drammatico e ai meccanismi del genere tragico? Nella tradizione degli studi antichistici, e specialmente a partire dagli anni Ottanta dello scorso secolo, si è inteso il concetto di alterità declinandolo soprattutto attraverso il confronto tra Greci e Persiani, popoli medio-orientali e, più in generale, “barbari”. Il punto di partenza di questa tesi è la convinzione che si debba rimettere in discussione l’idea di alterità per gettare nuova luce sul ruolo avuto dalle varie forme e tipologie di Altri nell’economia dei drammi ateniesi. Per fare ciò, il lavoro intende l’alterità come categoria interpretativa nota ai parlanti greco, ampliandone il campo di indagine per comprendere tutti i personaggi, popoli, creature, νόμοι e luoghi presentati dalla tradizione letteraria come estranei ai costumi e alle forme del pensiero greco e poi da Eschilo come esterni alla πόλις e alla cultura ateniese. Concentrandosi sulle modalità in cui questi elementi drammatici sono rappresentati nelle tragedie e in cui essi incidono sullo svolgimento, sul significato etico-religioso e sulla comprensione di queste da parte del pubblico, il lavoro dispiega dunque l’alterità come metodo di indagine dotato di funzionalità drammatica ‒ valutato sia sul piano contenutistico che su quello formale della performance ‒ nei sette drammi attribuiti a Eschilo. È così che dalla ricerca emerge non solo come, nel dialogo con cui nei Persiani il corifeo informa la regina sulle forme del potere e sulle pratiche militari ateniesi, Eschilo pone a confronto le specificità dei due sistemi culturali per consentire al pubblico di acquisire una nuova consapevolezza di ciò che distingue Atene e la Persia, pur senza offrire connotazioni volte a denigrare una a vantaggio dell’altra; ma anche come, nei Sette contro Tebe, l’alterità degli Argivi, enfatizzata anche attraverso la rievocazione del trauma delle guerre persiane, non è connotata come una forma di barbarie o di inferiorità del nemico rispetto alla πόλις, ma è impiegata per esplorare cosa renda riconoscibile un individuo come ἄνθρωπος e come appartenente al mondo della πόλις o meno. In maniera forse ancora più significativa, il lavoro mostra anche come, per esortare il pubblico a riflettere su cosa significhi appartenere a una πόλις, Eschilo ricorra alla categoria di alterità anche attraverso figure caratterizzate dalla loro non-appartenenza non solo alla città greca, bensì ad alcunché di noto. Si veda, in questo senso, come, nelle Supplici e nel Prometeo Incatenato, le sembianze parzialmente teriomorfe e l’incessante vagare della donna giovenca Iò presso terre remote e site ai margini del mondo conosciuto rendono evidente la sua non appartenenza ad alcuna realtà, umana o animale che sia, ad alcun luogo e ad alcuna società; oppure ancora come, in merito alla rappresentazione delle Erinni nel corso dell’Orestea, Eschilo adoperi degli espedienti volti a rendere manifeste non solo l’estraneità di queste potenze demoniche al mondo della πόλις, ma anche la loro inconciliabilità con le società di mortali e di divinità e, più in generale, con ogni specie di viventi e con l’ordine stesso della natura. In conclusione, la ricerca mette in luce come è proprio il confronto con gli Altri ad offrire agli spettatori l’opportunità di acquisire consapevolezza su tematiche, valori e costumi che mettono in rilievo la specificità della cultura ateniese. In maniera ancor più rilevante, tuttavia, il lavoro dimostra che è proprio il dispiegamento di varie rappresentazioni complesse di alterità a mediare questo processo: prendendo le distanze dal mero sciovinismo o da esaltazioni acritiche della cultura ateniese, è un’interpretazione ampliata di alterità a rivelare quanto questa categoria fosse funzionale, nei drammi eschilei, a mediare il processo di continua definizione e riconoscimento dell’identità del cittadino sia in quanto ἄνθρωπος che in quanto appartenente alla πόλις ateniese. Grazie a tali elaborazioni drammatiche dell’alterità il poeta sollecita infatti la riflessione degli spettatori non solo su immagini e su aspetti determinanti per le specifiche tragedie, ma anche su temi di estrema rilevanza per la πόλις e per i cittadini come, fra tutti, il rapporto tra ἄνθρωποι e divinità.
25-nov-2025
Italiano
CUSUMANO, Nicola
Università degli Studi di Palermo
Palermo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/308272
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPA-308272