Lo “tsunami digitale” che ha travolto la società contemporanea e, dunque, i meccanismi della giustizia impone al giurista una ponderata riflessione circa la possibilità che vi sia un connubio tra intelligenza artificiale (AI) e processo penale (inteso nella sua accezione più ampia e omnicomprensiva), senza che ciò comporti una rinuncia alle garanzie fondamentali costituzionalmente sancite. Dopo aver ripercorso le tappe del lungo cammino che ha condotto l’Europa verso la regolamentazione con l’approvazione dell’AI Act, ci si sofferma sulla contraddizione in termini realizzata dal legislatore italiano; infatti, il disegno di legge A.S. n. 1146 recante “Disposizioni e delega al governo in materia di intelligenza artificiale” del 23 aprile 2024 (al vaglio del Parlamento), sembrerebbe vietare a priori l’ingresso di software predittivi nelle aule di giustizia, ponendosi in prospettiva diversificata rispetto al Regolamento. Ampliando poi la prospettiva d’indagine, si propongono alcuni cenni sullo stato dell’arte in materia di AI nel contesto extraeuropeo. Ricostruite − attraverso la lente della comparazione − le diverse sperimentazioni applicative di sistemi algoritmici nei vari segmenti dell’iter procedimentale, ci si pone in un’ottica costruttiva in cui l’AI da eventuale “problema” diverrebbe possibile “soluzione” per le tradizioni problematiche che affliggono il processo, atteggiandosi a correttivo per le distorsioni della giustizia penale. Si è quindi offerta una chiave di lettura innovativa – pur consapevoli dei rischi insiti in una tale operazione – riservando particolare attenzione alla possibile “automazione” delle dinamiche decisorie, ponderandone pericoli e potenzialità. Pur trattandosi di sistemi artificiali di amministrazione della giustizia “ad alto rischio”, se ne ritiene ipotizzabile l’impiego nella sfera processuale chiarendone l’estensione operativa e i limiti di applicabilità. Si è quindi approfondita la complessa relazione che intercorre tra “giustizia predittiva”, pericolosità sociale e standard di giudizio, vagliando la tenuta “algoritmica” dei vari moduli decisori − anche di carattere interlocutorio – e ponendone in evidenza i chiaroscuri. Preso atto dell’incerta traducibilità del dato normativo e della necessità che siano previsti correttivi avverso le possibili distorsioni legate all’impiego di strumenti di AI, occorre stabilire come le parti possono intervenire nel momento di selezione dei dati di input e in quale modo assicurare il necessario controllo umano sul funzionamento del modello computazionale, senza tralasciare una riflessione in ordine agli effetti della vincolatività (o meno) della risposta algoritmica per il magistrato giudicante.

Intelligenza artificiale e processo penale. Un connubio possibile?

DELLERBA, ANNA CHIARA
2025

Abstract

Lo “tsunami digitale” che ha travolto la società contemporanea e, dunque, i meccanismi della giustizia impone al giurista una ponderata riflessione circa la possibilità che vi sia un connubio tra intelligenza artificiale (AI) e processo penale (inteso nella sua accezione più ampia e omnicomprensiva), senza che ciò comporti una rinuncia alle garanzie fondamentali costituzionalmente sancite. Dopo aver ripercorso le tappe del lungo cammino che ha condotto l’Europa verso la regolamentazione con l’approvazione dell’AI Act, ci si sofferma sulla contraddizione in termini realizzata dal legislatore italiano; infatti, il disegno di legge A.S. n. 1146 recante “Disposizioni e delega al governo in materia di intelligenza artificiale” del 23 aprile 2024 (al vaglio del Parlamento), sembrerebbe vietare a priori l’ingresso di software predittivi nelle aule di giustizia, ponendosi in prospettiva diversificata rispetto al Regolamento. Ampliando poi la prospettiva d’indagine, si propongono alcuni cenni sullo stato dell’arte in materia di AI nel contesto extraeuropeo. Ricostruite − attraverso la lente della comparazione − le diverse sperimentazioni applicative di sistemi algoritmici nei vari segmenti dell’iter procedimentale, ci si pone in un’ottica costruttiva in cui l’AI da eventuale “problema” diverrebbe possibile “soluzione” per le tradizioni problematiche che affliggono il processo, atteggiandosi a correttivo per le distorsioni della giustizia penale. Si è quindi offerta una chiave di lettura innovativa – pur consapevoli dei rischi insiti in una tale operazione – riservando particolare attenzione alla possibile “automazione” delle dinamiche decisorie, ponderandone pericoli e potenzialità. Pur trattandosi di sistemi artificiali di amministrazione della giustizia “ad alto rischio”, se ne ritiene ipotizzabile l’impiego nella sfera processuale chiarendone l’estensione operativa e i limiti di applicabilità. Si è quindi approfondita la complessa relazione che intercorre tra “giustizia predittiva”, pericolosità sociale e standard di giudizio, vagliando la tenuta “algoritmica” dei vari moduli decisori − anche di carattere interlocutorio – e ponendone in evidenza i chiaroscuri. Preso atto dell’incerta traducibilità del dato normativo e della necessità che siano previsti correttivi avverso le possibili distorsioni legate all’impiego di strumenti di AI, occorre stabilire come le parti possono intervenire nel momento di selezione dei dati di input e in quale modo assicurare il necessario controllo umano sul funzionamento del modello computazionale, senza tralasciare una riflessione in ordine agli effetti della vincolatività (o meno) della risposta algoritmica per il magistrato giudicante.
11-mar-2025
Italiano
LORUSSO, SERGIO
Università degli Studi di Foggia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/313007
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIFG-313007