La tesi indaga come i confini di un campo scientifico vengano prodotti, negoziati e trasformati. In particolare, esplora come certi ambiti di sapere acquisiscano lo status di “scientifici”, come vengano distinti dal loro “esterno” non-scientifico e quali forme di lavoro simbolico ed epistemico rendano possibile tale differenziazione. Sul piano teorico, la ricerca propone una riflessione critica sul modo in cui gli studi sociali della scienza hanno affrontato il tema della demarcazione tra scienza e nonscienza. Pur riconoscendo la fondamentale interdipendenza tra attività scientifica e mondo sociale, la tesi sostiene che i confini della scienza non possano essere ridotti a semplici costruzioni retoriche: essi producono effetti materiali e pratici, modellano gli spazi della legittimità epistemica e contribuiscono a definire chi può parlare “a nome della scienza”. A partire da questo quadro, si rielaborano due concetti chiave — il boundary work e l’autonomia dei campi scientifici — proponendo una concezione dei confini come configurazioni dinamiche, situate e produttive. L’analisi empirica si concentra sullo sviluppo del campo internazionale dei cd. terrorism studies nel periodo successivo all’11 settembre 2001. Attraverso una metodologia mista — che combina analisi bibliometriche e di rete, ricostruzione storica, interviste a studiosi ed esperti e un’analisi contestuale della produzione scientifica del campo — la tesi ricostruisce come il campo sia cresciuto, si sia trasformato e abbia ridefinito le proprie frontiere negli anni successivi al 2001. L’esplosione di interesse globale per il terrorismo dopo l’11 settembre ha generato nuove opportunità, ma anche tensioni legate alla perdita di autonomia, alla crescente esposizione mediatica degli esperti e alla difficoltà di distinguere analisi scientifica, consulenza politica e intervento pubblico: tensioni che hanno contribuito alla progressiva dissoluzione dei confini del campo. La ricerca mostra come, in questa fase, si siano aperte una serie di problematiche per gli attori del campo, per la loro autorità scientifica e per le loro possibilità di accumulazione di capitale scientifico. Decisivo per la ricostruzione dei confini del campo, negli anni successivi, è l’emergere di un nuovo oggetto epistemico — “radicalizzazione” — sviluppatosi inizialmente in un’area intermedia tra accademia e policymaking europeo. A tal proposito, la tesi offre un’analisi di come tale oggetto e l’approccio di ricerca ad esso associato abbiano contribuito a stabilire nuovi confini, favorendo un processo di autonomizzazione, sebbene relativa e provvisoria, dei terrorism studies. L’analisi di tale processo consente di proporre una riformulazione del concetto di boundary work come pratica epistemica. Si evidenziano inoltre le implicazioni di questo tipo di boundary work per il campo scientifico: per la sua autonomia, per l’autorità e la legittimità dei suoi attori e per le loro possibilità di acquisizione di capitale simbolico. A tale contributo teorico si accompagna inoltre una riflessione sui possibili effetti inaspettati e indesiderati della ricerca di autonomia tramite l’erezione di confini epistemici, una riflessione sul prezzo dell’autonomia. Nel complesso, il lavoro offre un contributo teorico alla comprensione di come si formano e operano i confini dei campi scientifici in contesti politicamente sensibili, e un’analisi empirica che illumina i meccanismi attraverso cui un campo di ricerca altamente esposto al dibattito pubblico ridefinisce la propria identità, autorità e autonomia scientifica

Bounds of Autonomy. A study on the boundaries of scientific fields in the case of post-9/11 Terrorism Studies

PIRISI, STEFANO
2025

Abstract

La tesi indaga come i confini di un campo scientifico vengano prodotti, negoziati e trasformati. In particolare, esplora come certi ambiti di sapere acquisiscano lo status di “scientifici”, come vengano distinti dal loro “esterno” non-scientifico e quali forme di lavoro simbolico ed epistemico rendano possibile tale differenziazione. Sul piano teorico, la ricerca propone una riflessione critica sul modo in cui gli studi sociali della scienza hanno affrontato il tema della demarcazione tra scienza e nonscienza. Pur riconoscendo la fondamentale interdipendenza tra attività scientifica e mondo sociale, la tesi sostiene che i confini della scienza non possano essere ridotti a semplici costruzioni retoriche: essi producono effetti materiali e pratici, modellano gli spazi della legittimità epistemica e contribuiscono a definire chi può parlare “a nome della scienza”. A partire da questo quadro, si rielaborano due concetti chiave — il boundary work e l’autonomia dei campi scientifici — proponendo una concezione dei confini come configurazioni dinamiche, situate e produttive. L’analisi empirica si concentra sullo sviluppo del campo internazionale dei cd. terrorism studies nel periodo successivo all’11 settembre 2001. Attraverso una metodologia mista — che combina analisi bibliometriche e di rete, ricostruzione storica, interviste a studiosi ed esperti e un’analisi contestuale della produzione scientifica del campo — la tesi ricostruisce come il campo sia cresciuto, si sia trasformato e abbia ridefinito le proprie frontiere negli anni successivi al 2001. L’esplosione di interesse globale per il terrorismo dopo l’11 settembre ha generato nuove opportunità, ma anche tensioni legate alla perdita di autonomia, alla crescente esposizione mediatica degli esperti e alla difficoltà di distinguere analisi scientifica, consulenza politica e intervento pubblico: tensioni che hanno contribuito alla progressiva dissoluzione dei confini del campo. La ricerca mostra come, in questa fase, si siano aperte una serie di problematiche per gli attori del campo, per la loro autorità scientifica e per le loro possibilità di accumulazione di capitale scientifico. Decisivo per la ricostruzione dei confini del campo, negli anni successivi, è l’emergere di un nuovo oggetto epistemico — “radicalizzazione” — sviluppatosi inizialmente in un’area intermedia tra accademia e policymaking europeo. A tal proposito, la tesi offre un’analisi di come tale oggetto e l’approccio di ricerca ad esso associato abbiano contribuito a stabilire nuovi confini, favorendo un processo di autonomizzazione, sebbene relativa e provvisoria, dei terrorism studies. L’analisi di tale processo consente di proporre una riformulazione del concetto di boundary work come pratica epistemica. Si evidenziano inoltre le implicazioni di questo tipo di boundary work per il campo scientifico: per la sua autonomia, per l’autorità e la legittimità dei suoi attori e per le loro possibilità di acquisizione di capitale simbolico. A tale contributo teorico si accompagna inoltre una riflessione sui possibili effetti inaspettati e indesiderati della ricerca di autonomia tramite l’erezione di confini epistemici, una riflessione sul prezzo dell’autonomia. Nel complesso, il lavoro offre un contributo teorico alla comprensione di come si formano e operano i confini dei campi scientifici in contesti politicamente sensibili, e un’analisi empirica che illumina i meccanismi attraverso cui un campo di ricerca altamente esposto al dibattito pubblico ridefinisce la propria identità, autorità e autonomia scientifica
14-nov-2025
Inglese
BUSSO, Sandro
Università degli Studi di Torino
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Stefano Pirisi - Tesi di Dottorato - Mutamento Sociale e Politico - Ciclo XXXVVII.pdf

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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/313105
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNITO-313105