Il lavoro di ricerca si propone di circoscrivere, all’interno del pensiero sartriano degli anni ’60, il perimetro mobile entro cui si definice l’etica come possibilità ulteriore del pensiero critico, come assunzione soggettiva della sua politicità. Lo spostamento operato nella riflessione storico-politica di Sartre si compie in una direzione – seguita finora solo parzialmente dagli interpreti ‒ volta ad assumere i manoscritti degli anni ’60 sull’etica dialettica come complemento fondamentale dell’esperienza critica condotta nella Critique de la Raison dialectique (1960) ‒ il cui bloquage, esito di un limite strutturale ed interno ad ogni concettualizzazione dell’esperienza storica, impedirà la pubblicazione del secondo tomo dell’opera. Nella Critique, la possibilità di rendere una storia intelligibile è sospesa alla rifondazione della dialettica come metodo d’indagine del concreto storico. A partire da tale rifondazione è possibile determinare tanto le basi epistemologiche di un’antropologia storica e strutturale, quanto le condizioni d’insorgenza dell’agire in comune degli uomini. Nella nostra lettura, tale prospettiva si sottrae alla logica del futuro anteriore, caratterizzante il moderno dispositivo sovranista. Fissati questi punti, la ricerca ruota attorno a due assi problematici principali. Il primo valuta, su un piano al contempo metodologico ed epistemologico, la tenuta del tentativo sartriano di fornire una teoria della conoscenza al marxismo, reso possibile dalla convinzione che quest’ultimo sia un esperimento teorico-pratico ancora da compiere. A questa altezza, il metodo regressivo-progressivo di Sartre viene confrontato con quello adottato dal Marx critico dell’economia politica, per valutarne i punti di vicinanza e di superamento. Attorno al secondo asse, trasversale al primo, si profila il plesso più propriamente storico-politico: la comprensione dialettica degli eventi che connotano in senso soggettivo (e quindi politico) il corso del tempo storico, non è separabile da un’interrogazione sulla storicità dei soggetti che, in tale movimento, sono implicati. Per questo motivo, lo statuto della soggettività nel pensiero sartriano degli anni ‘60 viene analizzato mediante un’interrogazione sul carattere normativo del sociale: il focus sulla nozione di normatività permette infatti da un lato, di comprendere l’interiorità reciproca di soggettivazione ed oggettivazione e, dall’altro, d’individuare le basi per un’assiologia marxista. Tale prospettiva consente di valorizzare l’efficacia storica della dimensione etica della praxis, attraverso cui Sartre analizza i problemi posti dallo stalinismo e dalle lotte di liberazione coloniale, ma anche d’illuminare la torsione cui egli sottopone la nozione di bisogno per farne, materialisticamente, la radice di un’etica che diviene passaggio obbligato per ogni politica.
La Ragione dialettica come esperienza critica. Praxis, storia ed etica nella filosofia di J.-P. Sartre
COLLAMATI, CHIARA
2015
Abstract
Il lavoro di ricerca si propone di circoscrivere, all’interno del pensiero sartriano degli anni ’60, il perimetro mobile entro cui si definice l’etica come possibilità ulteriore del pensiero critico, come assunzione soggettiva della sua politicità. Lo spostamento operato nella riflessione storico-politica di Sartre si compie in una direzione – seguita finora solo parzialmente dagli interpreti ‒ volta ad assumere i manoscritti degli anni ’60 sull’etica dialettica come complemento fondamentale dell’esperienza critica condotta nella Critique de la Raison dialectique (1960) ‒ il cui bloquage, esito di un limite strutturale ed interno ad ogni concettualizzazione dell’esperienza storica, impedirà la pubblicazione del secondo tomo dell’opera. Nella Critique, la possibilità di rendere una storia intelligibile è sospesa alla rifondazione della dialettica come metodo d’indagine del concreto storico. A partire da tale rifondazione è possibile determinare tanto le basi epistemologiche di un’antropologia storica e strutturale, quanto le condizioni d’insorgenza dell’agire in comune degli uomini. Nella nostra lettura, tale prospettiva si sottrae alla logica del futuro anteriore, caratterizzante il moderno dispositivo sovranista. Fissati questi punti, la ricerca ruota attorno a due assi problematici principali. Il primo valuta, su un piano al contempo metodologico ed epistemologico, la tenuta del tentativo sartriano di fornire una teoria della conoscenza al marxismo, reso possibile dalla convinzione che quest’ultimo sia un esperimento teorico-pratico ancora da compiere. A questa altezza, il metodo regressivo-progressivo di Sartre viene confrontato con quello adottato dal Marx critico dell’economia politica, per valutarne i punti di vicinanza e di superamento. Attorno al secondo asse, trasversale al primo, si profila il plesso più propriamente storico-politico: la comprensione dialettica degli eventi che connotano in senso soggettivo (e quindi politico) il corso del tempo storico, non è separabile da un’interrogazione sulla storicità dei soggetti che, in tale movimento, sono implicati. Per questo motivo, lo statuto della soggettività nel pensiero sartriano degli anni ‘60 viene analizzato mediante un’interrogazione sul carattere normativo del sociale: il focus sulla nozione di normatività permette infatti da un lato, di comprendere l’interiorità reciproca di soggettivazione ed oggettivazione e, dall’altro, d’individuare le basi per un’assiologia marxista. Tale prospettiva consente di valorizzare l’efficacia storica della dimensione etica della praxis, attraverso cui Sartre analizza i problemi posti dallo stalinismo e dalle lotte di liberazione coloniale, ma anche d’illuminare la torsione cui egli sottopone la nozione di bisogno per farne, materialisticamente, la radice di un’etica che diviene passaggio obbligato per ogni politica.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/80504
URN:NBN:IT:UNIPD-80504