La conservazione delle mele per lunghi periodi è resa possibile grazie all’introduzione di tecniche quali la conservazione in atmosfera controllata e permette ai produttori di aumentare la finestra temporale di commercializzazione di questo frutto sul mercato. È una procedura costosa che può causare a seconda delle varietà di mele conservate, della stagionalità, del periodo di raccolta dei frutti e delle condizioni di conservazione applicate (bassa concentrazione di O2, bassa/alta concentrazione di CO2, bassa temperatura) la comparsa di diversi disordini fisiologici. Tra i disordini più comuni che colpiscono le mele prodotte e vendute in Italia vi è il riscaldo superficiale che si manifesta come un’area necrotica a livello della buccia nelle varietà sensibili quali Granny Smith e Red Delicious. Il riscaldo superficiale causa la maggior perdita di mele e di conseguenza il maggior danno economico ai produttori di tutto il mondo. Il riscaldo insorge in seguito a periodi di conservazione a basse temperature relativamente lunghi (2-4 mesi) e successiva conservazione a temperatura ambiente (ca 7 gg) dopo l’uscita dalle celle. È un disordine la cui comparsa è influenzata anche da fattori indipendenti dalla conservazione quali lo stadio di maturazione dei frutti alla raccolta, le condizioni ambientali durante la crescita, l’azione dell’etilene o ancora il contenuto minerario. Ad oggi studi fisiologici e biochimici su Granny Smith hanno evidenziato come l’α-farnesene, un volatile presente nella buccia delle mele il cui processo finale di biosintesi è influenzato dall’etilene, possa andare incontro ad un processo di ossidazione quando le mele vengono poste nelle celle di conservazione in atmosfera controllata. L’accumulo dei prodotti ossidativi derivanti, tra cui i trienoli coniugati porterebbe alla degenerazione del tessuto. Diverse strategie sono state adottate negli anni per prevenire la comparsa dei sintomi del riscaldo tra cui l’impiego dell’antiossidante difenilamina (DPA), dell’inibitore della percezione dell’etilene 1-metilciclopropene (1-MCP) o l’applicazione di un iniziale stress a basso ossigeno (ILOS -initial low oxygen stress-) durante le prime settimane di conservazione. L’impiego del DPA è stato proibito in Europa dal 2011, mentre i trattamenti con 1-MCP assicurano il controllo del riscaldo ma hanno costi elevati, infine lo stress iniziale a basso ossigeno non permette una conservazione per lunghi periodi e necessita di continui monitoraggi per evitare che le mele sviluppino disordini legati allo stress da basso ossigeno. Conoscere i meccanismi molecolari che regolano la comparsa e lo sviluppo dei sintomi del riscaldo potrebbe permettere di identificare alla raccolta le partite di mele soggette alla manifestazione del disordine, così da individuare quali partite conservare o meno e garantire un guadagno economico al produttore. Lo scopo di questo lavoro è stato quindi cercare di caratterizzare in maniera preliminare su campioni di bucce di mele della varietà Granny Smith, trattate o meno con 1-MCP o DPA e conservate in atmosfera controllata per 1, 3 o 6 mesi, i possibili fattori molecolari coinvolti nel riscaldo, in associazione con l’attività dell’etilene e del metabolismo ROS, due agenti che dai dati in letteratura sembrano avere un ruolo nello sviluppo del riscaldo. A questo scopo sono state caratterizzate in melo le famiglie geniche coinvolte nel mantenimento dell’omeostasi dei ROS. In particolare le ROP e le proteine accessorie ROP-GEF, -GAP e -GDI, le RBOH (NADPH ossidasi coinvolte nella produzione dei ROS a livello apoplastico) e le PLDα (coinvolte nella regolazione dell’attivazione delle RBOH insieme alle ROP) in quanto è noto che in Arabidopsis, in condizioni di basso ossigeno, le cellule attivano un meccanismo regolativo a feedback negativo che coinvolge in generale ROP, ROP-GAP, RBOH e H2O2, e prende il nome di reostato ROP-GAP. Tramite real-time PCR sono state analizzate le espressioni trascrizionali dei geni identificati, individuando 2 ROP, 7 ROP-GEF, 8 ROP-GAP, 2 RBOH e 2 PLDα che vengono de-repressi nei campioni trattati con 1-MCP, e in maniera minore anche dal trattamento con DPA. Trattamenti di 4h e 24h con etilene esogeno hanno permesso di dimostrare che alcuni di questi geni de-repressi in presenza di 1-MCP vengono effettivamente regolati in maniera negativa dall’etilene. Successivamente le analisi effettuate sul contenuto in malonildialdeide, un marcatore della perossidazione lipidica, in H2O2, ascorbato e glutatione, suggeriscono che le cellule delle mele non trattate, che nel 97% dei casi hanno manifestato riscaldo alla fuoriuscita dalle celle, presentino una situazione di stress associata alla perdita dell’omeostasi dell’H2O2 che viene invece mantenuta nei campioni trattati con 1-MCP i quali presentano anche un aumento dei livelli trascrizionali di alcol deidrogenasi (ADH), un marcatore della risposta all’H2O2. La localizzazione subcellulare dell’H2O2, determinata col cerio cloruro tramite microscopia elettronica, ha rilevato poi maggiori livelli di H2O2 a livello dell’apoplasto nelle bucce dei campioni trattati con 1-MCP rispetto al controllo, confermando quindi un ruolo delle RBOH e del loro sistema regolativo nel mantenimento di livelli omoeostatici di H2O2 nell’apoplasto. Infine in seguito ad un’analisi RNA-seq sugli stessi campioni, è stato possibile costruire una heatmap che ha evidenziato solo nei campioni trattati con 1-MCP una evidente co-regolazione tra i geni identificati del reostato ROP-GAP, e in generale del sistema ROP, e le sequenze geniche appartenenti alle famiglie delle ascorbato perossidasi, monodeidroascorbato reduttasi e tioredossine coinvolte rispettivamente nella detossificazione e nella protezione dei gruppi tiolici dall’azione dei ROS. Nell’insieme i risultati ottenuti dimostrano per la prima volta che durante lo stress da freddo la presenza dell’etilene induce nei campioni che manifestano riscaldo una perdita dell’omeostasi dell’H2O2 causata dalla mancata regolazione del reostato ROP-GAP e delle RBOH, che porta all’attivazione di una diversa risposta trascrizionale dei geni coivolti nella detossificazione dei ROS.

A preliminary survey of molecular factors involved in apple (Malus Domestica Borkh. CV Granny Smith) superficial scald development

ZONIN, ELISABETTA
2014

Abstract

La conservazione delle mele per lunghi periodi è resa possibile grazie all’introduzione di tecniche quali la conservazione in atmosfera controllata e permette ai produttori di aumentare la finestra temporale di commercializzazione di questo frutto sul mercato. È una procedura costosa che può causare a seconda delle varietà di mele conservate, della stagionalità, del periodo di raccolta dei frutti e delle condizioni di conservazione applicate (bassa concentrazione di O2, bassa/alta concentrazione di CO2, bassa temperatura) la comparsa di diversi disordini fisiologici. Tra i disordini più comuni che colpiscono le mele prodotte e vendute in Italia vi è il riscaldo superficiale che si manifesta come un’area necrotica a livello della buccia nelle varietà sensibili quali Granny Smith e Red Delicious. Il riscaldo superficiale causa la maggior perdita di mele e di conseguenza il maggior danno economico ai produttori di tutto il mondo. Il riscaldo insorge in seguito a periodi di conservazione a basse temperature relativamente lunghi (2-4 mesi) e successiva conservazione a temperatura ambiente (ca 7 gg) dopo l’uscita dalle celle. È un disordine la cui comparsa è influenzata anche da fattori indipendenti dalla conservazione quali lo stadio di maturazione dei frutti alla raccolta, le condizioni ambientali durante la crescita, l’azione dell’etilene o ancora il contenuto minerario. Ad oggi studi fisiologici e biochimici su Granny Smith hanno evidenziato come l’α-farnesene, un volatile presente nella buccia delle mele il cui processo finale di biosintesi è influenzato dall’etilene, possa andare incontro ad un processo di ossidazione quando le mele vengono poste nelle celle di conservazione in atmosfera controllata. L’accumulo dei prodotti ossidativi derivanti, tra cui i trienoli coniugati porterebbe alla degenerazione del tessuto. Diverse strategie sono state adottate negli anni per prevenire la comparsa dei sintomi del riscaldo tra cui l’impiego dell’antiossidante difenilamina (DPA), dell’inibitore della percezione dell’etilene 1-metilciclopropene (1-MCP) o l’applicazione di un iniziale stress a basso ossigeno (ILOS -initial low oxygen stress-) durante le prime settimane di conservazione. L’impiego del DPA è stato proibito in Europa dal 2011, mentre i trattamenti con 1-MCP assicurano il controllo del riscaldo ma hanno costi elevati, infine lo stress iniziale a basso ossigeno non permette una conservazione per lunghi periodi e necessita di continui monitoraggi per evitare che le mele sviluppino disordini legati allo stress da basso ossigeno. Conoscere i meccanismi molecolari che regolano la comparsa e lo sviluppo dei sintomi del riscaldo potrebbe permettere di identificare alla raccolta le partite di mele soggette alla manifestazione del disordine, così da individuare quali partite conservare o meno e garantire un guadagno economico al produttore. Lo scopo di questo lavoro è stato quindi cercare di caratterizzare in maniera preliminare su campioni di bucce di mele della varietà Granny Smith, trattate o meno con 1-MCP o DPA e conservate in atmosfera controllata per 1, 3 o 6 mesi, i possibili fattori molecolari coinvolti nel riscaldo, in associazione con l’attività dell’etilene e del metabolismo ROS, due agenti che dai dati in letteratura sembrano avere un ruolo nello sviluppo del riscaldo. A questo scopo sono state caratterizzate in melo le famiglie geniche coinvolte nel mantenimento dell’omeostasi dei ROS. In particolare le ROP e le proteine accessorie ROP-GEF, -GAP e -GDI, le RBOH (NADPH ossidasi coinvolte nella produzione dei ROS a livello apoplastico) e le PLDα (coinvolte nella regolazione dell’attivazione delle RBOH insieme alle ROP) in quanto è noto che in Arabidopsis, in condizioni di basso ossigeno, le cellule attivano un meccanismo regolativo a feedback negativo che coinvolge in generale ROP, ROP-GAP, RBOH e H2O2, e prende il nome di reostato ROP-GAP. Tramite real-time PCR sono state analizzate le espressioni trascrizionali dei geni identificati, individuando 2 ROP, 7 ROP-GEF, 8 ROP-GAP, 2 RBOH e 2 PLDα che vengono de-repressi nei campioni trattati con 1-MCP, e in maniera minore anche dal trattamento con DPA. Trattamenti di 4h e 24h con etilene esogeno hanno permesso di dimostrare che alcuni di questi geni de-repressi in presenza di 1-MCP vengono effettivamente regolati in maniera negativa dall’etilene. Successivamente le analisi effettuate sul contenuto in malonildialdeide, un marcatore della perossidazione lipidica, in H2O2, ascorbato e glutatione, suggeriscono che le cellule delle mele non trattate, che nel 97% dei casi hanno manifestato riscaldo alla fuoriuscita dalle celle, presentino una situazione di stress associata alla perdita dell’omeostasi dell’H2O2 che viene invece mantenuta nei campioni trattati con 1-MCP i quali presentano anche un aumento dei livelli trascrizionali di alcol deidrogenasi (ADH), un marcatore della risposta all’H2O2. La localizzazione subcellulare dell’H2O2, determinata col cerio cloruro tramite microscopia elettronica, ha rilevato poi maggiori livelli di H2O2 a livello dell’apoplasto nelle bucce dei campioni trattati con 1-MCP rispetto al controllo, confermando quindi un ruolo delle RBOH e del loro sistema regolativo nel mantenimento di livelli omoeostatici di H2O2 nell’apoplasto. Infine in seguito ad un’analisi RNA-seq sugli stessi campioni, è stato possibile costruire una heatmap che ha evidenziato solo nei campioni trattati con 1-MCP una evidente co-regolazione tra i geni identificati del reostato ROP-GAP, e in generale del sistema ROP, e le sequenze geniche appartenenti alle famiglie delle ascorbato perossidasi, monodeidroascorbato reduttasi e tioredossine coinvolte rispettivamente nella detossificazione e nella protezione dei gruppi tiolici dall’azione dei ROS. Nell’insieme i risultati ottenuti dimostrano per la prima volta che durante lo stress da freddo la presenza dell’etilene induce nei campioni che manifestano riscaldo una perdita dell’omeostasi dell’H2O2 causata dalla mancata regolazione del reostato ROP-GAP e delle RBOH, che porta all’attivazione di una diversa risposta trascrizionale dei geni coivolti nella detossificazione dei ROS.
27-gen-2014
Inglese
Apple, superficial scald, post-harvest, ethylene, ROS
RUPERTI, BENEDETTO
BERTI, ANTONIO
Università degli studi di Padova
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
zonin_elisabetta_tesi.pdf

accesso aperto

Dimensione 4.24 MB
Formato Adobe PDF
4.24 MB Adobe PDF Visualizza/Apri

I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/80810
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-80810