La ricerca è sollecitata dai moderni interrogativi in tema di corpo umano, destinatario di norme giuridiche sui processi vitali e di interventi biotecnologici creatori di dimensioni inedite. Mira a verificare in che modo la concretezza umana abbia condizionato l’attivazione del ius personarum e se entro l’ordinamento antico sia rinvenibile uno statuto giuridico del corpo. Tra le tesi proposte, ha ricevuto crescente consenso quella che radica nel diritto romano l’occultamento del corpo – res appartenente all’ambito di competenza divina – con la creazione di soggetti disincarnati. Ripercorrendo le tappe biologiche, si analizzano dapprima le fonti riguardanti il conceptus, il cui corpo ancora non c’è, con le tutele previste attivabili durante la gravidanza, dalle quali emerge un diritto prudente e incapace di esplicarsi in modo definitivo prima della nascita (capitolo I). Successivamente si guarda all’editio partus e ai casi in cui non viene alla luce un corpo umano, o questo vi sia, ma risulti privo di vita, onde desumere le conseguenze dell’evento sul diritto (capitolo II). Viene poi riservato uno sguardo alla medicina tradizionale, dai caratteri domestico e sacrale, e professionale, subalterna ed estranea ai valori romani, per desumere quale fosse la relazione con il diritto cara alla corrente biopolitica (capitolo III). Infine, si approda al corpo privo di vita e al mutamento giuridico del luogo in cui un corpo, umano e non, viene sepolto (capitolo IV). Emerge complessivamente un diritto finito e condizionato dai confini spazio-temporali umani, la cui conseguenza è la mancata necessità di elaborare un vero statuto corporeo.
Il corpo e la sua condizione giuridica in Roma antica
PADOVAN, MIRIAM
2016
Abstract
La ricerca è sollecitata dai moderni interrogativi in tema di corpo umano, destinatario di norme giuridiche sui processi vitali e di interventi biotecnologici creatori di dimensioni inedite. Mira a verificare in che modo la concretezza umana abbia condizionato l’attivazione del ius personarum e se entro l’ordinamento antico sia rinvenibile uno statuto giuridico del corpo. Tra le tesi proposte, ha ricevuto crescente consenso quella che radica nel diritto romano l’occultamento del corpo – res appartenente all’ambito di competenza divina – con la creazione di soggetti disincarnati. Ripercorrendo le tappe biologiche, si analizzano dapprima le fonti riguardanti il conceptus, il cui corpo ancora non c’è, con le tutele previste attivabili durante la gravidanza, dalle quali emerge un diritto prudente e incapace di esplicarsi in modo definitivo prima della nascita (capitolo I). Successivamente si guarda all’editio partus e ai casi in cui non viene alla luce un corpo umano, o questo vi sia, ma risulti privo di vita, onde desumere le conseguenze dell’evento sul diritto (capitolo II). Viene poi riservato uno sguardo alla medicina tradizionale, dai caratteri domestico e sacrale, e professionale, subalterna ed estranea ai valori romani, per desumere quale fosse la relazione con il diritto cara alla corrente biopolitica (capitolo III). Infine, si approda al corpo privo di vita e al mutamento giuridico del luogo in cui un corpo, umano e non, viene sepolto (capitolo IV). Emerge complessivamente un diritto finito e condizionato dai confini spazio-temporali umani, la cui conseguenza è la mancata necessità di elaborare un vero statuto corporeo.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/81536
URN:NBN:IT:UNIPD-81536