Riassunto Premesse generali Nell’ambito del trapianto di fegato, uno dei problemi più importanti non ancora risolti è la grande discrepanza tra la richiesta di organi e la risorsa di donazioni. Il ricorso ai così detti organi “marginali”, come quelli dei donatori a cuore non battente e con steatosi maggiore del 60%, potrebbe consentire di ampliare in maniera sensibile il pool degli organi disponibili per trapianto. L’impiego di questi fegati però è associato ad un’alta frequenza di Primary Disfunction postoperatoria a causa del danno che si sviluppa nel corso della preservazione in Cold Storage, nel contesto del processo di ischemia-riperfusione in ipotermia estrema (4°C). Si apre un’area di interesse di ricerca verso l’utilizzo di metodiche alternative nella conservazione del graft epatico come la Machine Perfusion, in grado di ridurre questo tipo di insulti e di consentire il dosaggio di biomarkers in grado di predire l’entità del danno da ischemia-riperfusione e la qualità della ripresa funzionale del graft dopo trapianto. Le grandi potenzialità di questo sistema nell’ambito della preservazione d’organo e i numerosi lavori in letteratura ci hanno spinto ad approfondire questa tematica. Scopo dello studio L’obiettivo del nostro lavoro è stato quello di realizzare un modello sperimentale di Machine Perfusion per la preservazione di fegati prelevati da donatore a cuore non battente, come valida alternativa alla preservazione tradizionale in Cold storage a 4°C. Ulteriore scopo del nostro progetto è stato quello di identificare eventuali biomarcatori in grado di predire l’entità del danno da ischemia-riperfusione e la qualità della ripresa funzionale del graft dopo trapianto di fegato da donatore a cuore non battente. Materiali e metodi Per questi esperimenti abbiamo utilizzato 10 maiali Landrace di circa 20 Kg ai quali abbiamo praticato, 60 minuti dopo l’arresto cardiaco, un’epatectomia totale, prelevando così il fegato. Gli animali sono stati suddivisi in due gruppi di 5 ciascuno: nel primo gruppo (Gruppo A) il fegato prelevato è stato perfuso in MP (Machine perfusion) per sei ore con soluzione di Celsior a 20°C. Nel secondo gruppo (Gruppo B) il fegato prelevato nei 5 animali è stato conservato per 6 ore in CS (Cold storage). In tutti i gruppi di studio il periodo di preservazione è stato seguito da un periodo di rewarming inteso come riperfusione dell’organo con sangue autologo in normotermia (37°) per due ore per valutare la risposta alla riperfusione. Durante tutte le otto ore dell’esperimento sono stati raccolti campioni ematici e istologici. Risultati Dal punto di vista biochimico (AST, ALT, LDH) e istologico (necrosi e congestione) la preservazione mediante perfusione a 20°C si è dimostrata superiore rispetto al Cold Storage. Il dosaggio di AST, ALT, Acido lattico ed LDH si è dimostrato essere un parametro attendibile per la valutazione del danno d’organo e della ripresa funzionale del graft epatico. Il dosaggio di citochine quali IL1, IL6, TNf alfa non ha mostrato alcuna significatività. Conclusioni Queste evidenze sperimentali mettono in rilievo l’efficacia di una preservazione con macchina a perfusione continua a 20°C sul grande animale. Sia dal punto di vista biochimico che istologico, infatti, abbiamo osservato che la Machine Perfusion in moderata ipotermia è di beneficio nella preservazione del graft ed offre il notevole vantaggio di poter testare, durante la perfusione, biomarcatori che possono predire l’eventuale ripresa funzione dell’organo, prima dell’esecuzione del trapianto, al fine di ridurre l’incidenza di disfunction del graft post trapianto.
Sviluppo di biomarkers per la determinazione e la valutazione prognostica della ripresa funzionale epatica post trapianto, nel fegato marginale e nel non heart beating donor
BONSIGNORE, PASQUALE
2014
Abstract
Riassunto Premesse generali Nell’ambito del trapianto di fegato, uno dei problemi più importanti non ancora risolti è la grande discrepanza tra la richiesta di organi e la risorsa di donazioni. Il ricorso ai così detti organi “marginali”, come quelli dei donatori a cuore non battente e con steatosi maggiore del 60%, potrebbe consentire di ampliare in maniera sensibile il pool degli organi disponibili per trapianto. L’impiego di questi fegati però è associato ad un’alta frequenza di Primary Disfunction postoperatoria a causa del danno che si sviluppa nel corso della preservazione in Cold Storage, nel contesto del processo di ischemia-riperfusione in ipotermia estrema (4°C). Si apre un’area di interesse di ricerca verso l’utilizzo di metodiche alternative nella conservazione del graft epatico come la Machine Perfusion, in grado di ridurre questo tipo di insulti e di consentire il dosaggio di biomarkers in grado di predire l’entità del danno da ischemia-riperfusione e la qualità della ripresa funzionale del graft dopo trapianto. Le grandi potenzialità di questo sistema nell’ambito della preservazione d’organo e i numerosi lavori in letteratura ci hanno spinto ad approfondire questa tematica. Scopo dello studio L’obiettivo del nostro lavoro è stato quello di realizzare un modello sperimentale di Machine Perfusion per la preservazione di fegati prelevati da donatore a cuore non battente, come valida alternativa alla preservazione tradizionale in Cold storage a 4°C. Ulteriore scopo del nostro progetto è stato quello di identificare eventuali biomarcatori in grado di predire l’entità del danno da ischemia-riperfusione e la qualità della ripresa funzionale del graft dopo trapianto di fegato da donatore a cuore non battente. Materiali e metodi Per questi esperimenti abbiamo utilizzato 10 maiali Landrace di circa 20 Kg ai quali abbiamo praticato, 60 minuti dopo l’arresto cardiaco, un’epatectomia totale, prelevando così il fegato. Gli animali sono stati suddivisi in due gruppi di 5 ciascuno: nel primo gruppo (Gruppo A) il fegato prelevato è stato perfuso in MP (Machine perfusion) per sei ore con soluzione di Celsior a 20°C. Nel secondo gruppo (Gruppo B) il fegato prelevato nei 5 animali è stato conservato per 6 ore in CS (Cold storage). In tutti i gruppi di studio il periodo di preservazione è stato seguito da un periodo di rewarming inteso come riperfusione dell’organo con sangue autologo in normotermia (37°) per due ore per valutare la risposta alla riperfusione. Durante tutte le otto ore dell’esperimento sono stati raccolti campioni ematici e istologici. Risultati Dal punto di vista biochimico (AST, ALT, LDH) e istologico (necrosi e congestione) la preservazione mediante perfusione a 20°C si è dimostrata superiore rispetto al Cold Storage. Il dosaggio di AST, ALT, Acido lattico ed LDH si è dimostrato essere un parametro attendibile per la valutazione del danno d’organo e della ripresa funzionale del graft epatico. Il dosaggio di citochine quali IL1, IL6, TNf alfa non ha mostrato alcuna significatività. Conclusioni Queste evidenze sperimentali mettono in rilievo l’efficacia di una preservazione con macchina a perfusione continua a 20°C sul grande animale. Sia dal punto di vista biochimico che istologico, infatti, abbiamo osservato che la Machine Perfusion in moderata ipotermia è di beneficio nella preservazione del graft ed offre il notevole vantaggio di poter testare, durante la perfusione, biomarcatori che possono predire l’eventuale ripresa funzione dell’organo, prima dell’esecuzione del trapianto, al fine di ridurre l’incidenza di disfunction del graft post trapianto.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/81798
URN:NBN:IT:UNIPD-81798