L’attività di ricerca ha avuto come oggetto l’influenza di tre tecniche di lavorazione del terreno sulla produttività delle colture di frumento, mais e soia, sulla gestione dei residui colturali e alcune caratteristiche chimico-fisico e biologiche del suolo. La prova si è svolta nel Polesine presso l’azienda pilota e dimostrativa Sasse-Rami di Veneto Agricoltura a Ceregnano (Rovigo) su appezzamenti con sistemazione idraulico agraria “larga alla ferrarese”, su terreni di origine alluvionale con tessitura limoso-argilloso e matrice calcarea. Le tre tecniche di lavorazione comparate identificano tre modalità operative adottate dagli agricoltori e si identificano nella lavorazione tradizionale con aratura alla profondità di 35 cm con interramento totale del residuo colturale e successivo intervento per l’affinamento superficiale allo scopo di preparare un ottimale letto di semina. La seconda tipologia identificata e denominata minima lavorazione consiste nella decompattazione del suolo senza inversione degli strati mantenendo in superficie i residui colturali parzialmente mescolati al terreno, il quale sarà successivamente affinato per la preparazione del letto di semina. La terza tipologia è la semina diretta con deposizione del seme senza alcun intervento di lavorazione del suolo e la totale conservazione dei residui colturali in superficie. Le tre tecniche impiegate identificano le modalità operative attuate nelle varie parti del mondo e identificate in zone geografiche ben precise con l’applicazione nell’areale italiano della tecnica dell’aratura ad elevata profondità senza conservazione del residuo colturale in superficie, la tecnica della minima lavorazione collocabile geograficamente nei paesi europei a nord delle Alpi ove risulta essere ampiamente diffusa e applicata, ed in fine la semina diretta ideata nel sud America e diffusa anche nel nord America e Australia ove si prevede la semina delle colture senza alcuna lavorazione del terreno. La valutazione delle tre tecniche è stata eseguita grazie al monitoraggio delle condizioni del suolo e dell’evoluzione che ha subito nel corso del tempo con uso dell’indice di cono di resistenza alla penetrazione il quale permette di misurare indirettamente la compattazione da cui può derivare dell’asfissia radicale o ristagni idrici. Inoltre è stato monitorato l’evoluzione della sostanza organica e delle frazioni umiche che la compongono allo scopo di identificare possibili variazioni influenzate dalle diverse tecniche. Le caratteristiche biologiche sono state valutate attraverso l’analisi dell’attività microbiologica biodegradatrice e la caratterizzazione delle comunità di batteri e funghi attraverso l’analisi genomica.
EFFETTI DELLE LAVORAZIONI DEL TERRENO SULLA DEGRADAZIONE DEI RESIDUI COLTURALI E SULLE CARATTERISTICHE CHIMICHE, FISICHE E BIOLOGICHE DEL SUOLO
PAVAN, SEBASTIANO
2013
Abstract
L’attività di ricerca ha avuto come oggetto l’influenza di tre tecniche di lavorazione del terreno sulla produttività delle colture di frumento, mais e soia, sulla gestione dei residui colturali e alcune caratteristiche chimico-fisico e biologiche del suolo. La prova si è svolta nel Polesine presso l’azienda pilota e dimostrativa Sasse-Rami di Veneto Agricoltura a Ceregnano (Rovigo) su appezzamenti con sistemazione idraulico agraria “larga alla ferrarese”, su terreni di origine alluvionale con tessitura limoso-argilloso e matrice calcarea. Le tre tecniche di lavorazione comparate identificano tre modalità operative adottate dagli agricoltori e si identificano nella lavorazione tradizionale con aratura alla profondità di 35 cm con interramento totale del residuo colturale e successivo intervento per l’affinamento superficiale allo scopo di preparare un ottimale letto di semina. La seconda tipologia identificata e denominata minima lavorazione consiste nella decompattazione del suolo senza inversione degli strati mantenendo in superficie i residui colturali parzialmente mescolati al terreno, il quale sarà successivamente affinato per la preparazione del letto di semina. La terza tipologia è la semina diretta con deposizione del seme senza alcun intervento di lavorazione del suolo e la totale conservazione dei residui colturali in superficie. Le tre tecniche impiegate identificano le modalità operative attuate nelle varie parti del mondo e identificate in zone geografiche ben precise con l’applicazione nell’areale italiano della tecnica dell’aratura ad elevata profondità senza conservazione del residuo colturale in superficie, la tecnica della minima lavorazione collocabile geograficamente nei paesi europei a nord delle Alpi ove risulta essere ampiamente diffusa e applicata, ed in fine la semina diretta ideata nel sud America e diffusa anche nel nord America e Australia ove si prevede la semina delle colture senza alcuna lavorazione del terreno. La valutazione delle tre tecniche è stata eseguita grazie al monitoraggio delle condizioni del suolo e dell’evoluzione che ha subito nel corso del tempo con uso dell’indice di cono di resistenza alla penetrazione il quale permette di misurare indirettamente la compattazione da cui può derivare dell’asfissia radicale o ristagni idrici. Inoltre è stato monitorato l’evoluzione della sostanza organica e delle frazioni umiche che la compongono allo scopo di identificare possibili variazioni influenzate dalle diverse tecniche. Le caratteristiche biologiche sono state valutate attraverso l’analisi dell’attività microbiologica biodegradatrice e la caratterizzazione delle comunità di batteri e funghi attraverso l’analisi genomica.File | Dimensione | Formato | |
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URN:NBN:IT:UNIPD-81819