Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) sono una popolazione eterogenea di cellule, aderenti alla plastica, con capacità di auto-rinnovamento. Esse hanno un'ampia distribuzione negli organismi adulti, infatti, possono essere isolate da diversi compartimenti tissutali tra cui il midollo osseo, il tessuto adiposo, il rene e il fegato (Crisan et al., 2008). In quanto cellule progenitrici multipotenti, le MSCs sono in grado di differenziarsi in vari tipi di cellule, in particolare quelle appartenenti alla linea mesodermica, rappresentando così un'importante opportunità per la medicina rigenerativa (Caplan, 1991). Oltre a questa proprietà, le MSCs sono in grado di controllare la sopravvivenza cellulare, la funzionalità dell'organo e l'infiammazione. Il terreno condizionato da MSCs, inoltre, può esercitare molti di questi effetti, suggerendo che il principale meccanismo d'azione delle MSCs è mediato da fattori solubili, piuttosto che dal contatto diretto con altre cellule (Madrigal et al., 2014, Zanotti et al. 2013). Una caratteristica ben descritta di queste cellule è la loro capacità di inibire l'infiammazione, sia in vitro che in vivo. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato che le MSCs controllano negativamente la risposta immunitaria associata a diverse patologie, come il diabete di tipo 1 (T1D), l'artrite reumatoide (RA) e la graft-versus-host disease (GVHD), ma anche il rigetto del trapianto e le malattie neurodegenerative, rappresentando cosi un interessante approccio terapeutico (Ram Sharma et al., 2014, Ying Wang et al., 2014, Klinker et al., 2015) Per meglio caratterizzare il meccanismo paracrino responsabile delle proprietà immunomodulatorie delle MSCs, in collaborazione con la professoressa Gabriella Tedeschi dell'Università di Milano, abbiamo eseguito un'analisi proteomica del terreno condizionato da tali cellule. Dal momento che il fenotipo immunosoppressorio delle MSCs è indotto da un ambiente pro-infiammatorio (Bernardo ME et al., 2013, Groh ME et al., 2005), abbiamo stimolato le cellule con un insieme di citochine (IL1, IL6 e TNF). Tramite il confronto del secretoma delle MSCs stimolate (st MSC-CM), note per le loro proprietà immuno-modulanti, con quello delle MSCs non stimolate (unst MSC-CM), prive di effetti immunosoppressori, abbiamo identificato potenziali fattori responsabili dell’effetto terapeutico delle st- MSCs. Innanzitutto, i dati ottenuti evidenziano che la stimolazione con citochine pro-infiammatorie (IL1, IL6 e TNF) induce un notevole cambiamento nell'intero secreto delle MSCs. In particolare, la maggior parte delle proteine rilasciate esclusivamente dalle MSCs attivate con citochine pro-infiammatorie risultano essere coinvolte nella regolazione dell'angiogenesi. Tra questi fattori abbiamo identificato l'inibitore tissutale delle metalloproteinasi 1 (TIMP-1), una specifica glicoproteina implicata nella soppressione endogena delle metalloproteinasi (Lambert et al., 2004). Abbiamo quindi dimostrato, sia in vitro che in vivo, che le MSCs attivate da citochine pro-infiammatorie influenzano l'infiammazione locale attraverso il rilascio di questa proteina. Mediante la secrezione di TIMP-1, infatti, le MSCs bloccano la formazione di nuovi vasi sanguigni nel linfonodo drenante, essenziali per il reclutamento di leucociti circolanti al tessuto infiammato. Questo evento è, di conseguenza, responsabile della soppressione locale della risposta immunitaria (Zanotti and Angioni et al., 2016). Tutti questi dati sono stati, però, collezionati dallo studio di MSCs murine in un modello di infiammazione in topo. Con il fine ultimo di sviluppare un approccio clinico, abbiamo deciso di analizzare il secreto delle MSCs umane (hMSCs). Pertanto, in collaborazione con la professoressa Gabriella Tedeschi, mediante spettrometria di massa abbiamo esaminato come le citochine pro-infiammatorie modulano anche la composizione del secretoma umano. L'analisi comparativa del secretoma delle MSCs umane e murine, stimolate e non, ha confermato che l'esposizione a fattori pro-infiammatori determina, in entrambe le specie, un incremento nel rilascio di proteine legate all'immuno-modulazione e all'angiogenesi. In particolare, il 62% delle proteine nel secretoma umano, rilasciate in risposta a citochine pro-infiammatorie, è stato identificato nel suo corrispondente murino. Tale evidenza ha quindi dimostrato chiaramente l'esistenza di una somiglianza di tali specie cellulari nella risposta all’infiammazione. Tuttavia, nonostante l’analoga risposta alla stimolazione, i nostri dati indicano che i fattori solubili rilasciati da MSCs murine e umane possono indurre diverse risposte biologiche. Ad esempio, sebbene la secrezione del fattore di crescita M-CSF / CSF-1 sia indotta dopo stimolazione in entrambe le specie cellulari, solo nelle cellule umane questa induce efficacemente la differenziazione dei macrofagi; probabilmente per una diversa concentrazione di M-CSF secreto, maggiore nei surnatanti derivati dall'uomo. Per quanto riguarda l'angiogenesi, i nostri dati corroborano pienamente il ruolo anti-angiogenico delle MSCs, sia umane che murine, attivate da citochine pro-infiammatorie. Questo risultato identifica chiaramente, per la prima volta, l’endotelio come target delle MSCs durante il processo di immunosoppressione. Inoltre, abbiamo confermato il ruolo chiave di TIMP-1, sia nel secretoma umano che murino, come mediatore di tale effetto anti-angiogenico, (Maffioli E et al., 2017). I dati completi di spettrometria di massa sono disponibili tramite ProteomeXchange con l'identificatore PXD005746. Nonostante i trials clinici registrati che utilizzano le MSCs siano più di 600 in tutto il mondo (come riportato da www.clinicaltrials.gov), quest’approccio rimane ancora non completamente sviluppato e sicuro. Ad esempio, sono ancora mancanti sia un protocollo standardizzato per l’isolamento, il mantenimento in coltura e la via di somministrazione delle MSCs durante la terapia, che una standardizzazione dei parametri di qualità e sicurezza delle MSCs necessari per lo sviluppo di un efficiente terapia. Con lo scopo di superare queste problematiche, abbiamo volto la nostra attenzione su un approccio alternativo, potenzialmente più economico e sicuro, ovvero l’impego di derivati dalle MSCs, anziché direttamente le cellule stesse. Uno dei prodotti delle MSCs più studiati, e pertanto caratterizzati, sono le vescicole extracellulari (EVs) (Biancone L et al., 2012). Le EVs si originano dalla membrana plasmatica cellulare e vengono rilasciate dalle cellule come particelle lipidiche. Secondo le raccomandazioni della Società Internazionale per le vescicole extracellulari (ISEV), tali vescicole possono essere classificate in tre categorie principali sulle basi delle loro dimensioni, origini e metodi di isolamento,: (i) Microvesicole (dimensioni tra 50 e 1000 nm , originate dalla membrana plasmatica e arricchite in CD40); (ii) corpi apoptotici (dimensioni comprese tra 800 e 5000 nm, derivate da frammenti di cellule morenti e arricchite in istoni e DNA); e (iii) esosomi che sono piccole vescicole di origine endocitica (~ 30-120 nm) (arricchite da marcatori della membrana endosomale tardiva, compresi Tsg101, CD63, CD9 e CD81) (Yáñez-Mó, 2015). Diversi studi hanno riportato che le EVs provenienti da MSCs mostrano potenziali terapeutici simili a quelli delle loro cellule di origine (Merin-Gonzàles et al., 2016). Ad esempio, è stato dimostrato che le EVs di MSCs riducono la zona infartuata e migliorano la riparazione dei tessuti in malattie cardiovascolari (Lai et al., 2010). Più in generale, è stato riportato che le EVs derivanti da MSCs non stimolate possono ridurre la fibrosi e l'apoptosi, ma, contrariamente, sostenere la differenziazione delle cellule staminali, promuovendo così il processo di rigenerazione tissutale associato non solo a malattie cardiovascolari, ma anche lesioni renali, epatiche e polmonari (Sweta Rani et al., 2015). Pertanto, con il fine ultimo di sviluppare un’efficace terapia immunomodulante, abbiamo analizzato l’effetto delle EVs rilasciate da MSCs sull'angiogenesi. Per questo, abbiamo innanzitutto isolato e concentrato le vescicole dal terreno condizionato da MSCs attivate con citochine pro-infiammatorie. In seguito, abbiamo valutato la capacità di tali vescicole di controllare il processo di formazione dei tubuli in vitro mediante l’utilizzo di cellule endoteliali (SVEC4-10). I nostri dati hanno confermato che solo le vescicole derivate da MSCs stimolate inibiscono il processo di tubulogenesi, ricapitolando l'effetto anti-angiogenico osservato con l’intero terreno condizionato da st- MSCs. Anche in queste condizioni, TIMP-1 svolge un ruolo cruciale. Infatti, l’utilizzo di un anticorpo bloccante per TIMP-1 è stato in grado di annullare questo effetto anti-angiogenico. A conferma di ciò, l’analisi con Western blot ha evidenziato l’espressione di questo enzima unicamente su vescicole derivanti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Nel processo di tubulogenesi, la digestione del matrigel, sopra il quale vengono piastrare le cellule endoteliali e che mima la matrice extracellulare, rappresenta un processo essenziale per la formazione di una rete tubolare allungata e ben organizzata. TIMP-1, secreto da MSCs anche attraverso il rilascio di EVs, svolge un ruolo cruciale nell'inibizione di questo fenomeno, probabilmente bloccando l'attività delle metalloproteinasi necessaria per un’efficiente digestione del matrigel. Tuttavia, la migrazione delle cellule endoteliali rappresenta un altro passo fondamentale durante l'angiogenesi in vivo. Per studiare anche tale aspetto, abbiamo sfruttato un approccio sperimentale in vitro basato essenzialmente sulla capacità delle cellule di muoversi in uno spazio libero: il saggio di riparazione della ferita tissutale (Liang CC et al., 2007). L’esperimento consiste nel graffiare con un puntale un monostrato di cellule endoteliali (SVEC4-10) in modo da generare uno spazio vuoto nel quale esse possano liberamente migrare. Per valutare la capacità delle EVs di controllare la migrazione delle SVEC4-10, le cellule sono state trattate con vescicole provenienti dal surnatante di MSCs, stimolate e non con citochine pro-infiammatorie, e VEGF (un potente fattore pro-angiogenico), in presenza o in assenza dell’anticorpo bloccante per TIMP-1. Come previsto, il segnale pro-angiogenico (VEGF) aumenta la migrazione delle cellule endoteliali, mentre le EVs isolate dal terreno condizionato da MSCs stimolate, bloccano il processo. Tuttavia, in tale approccio sperimentale, l’inibizione di TIMP-1 non ha ripristinato la capacità migratoria delle cellule endoteliali, suggerendo, quindi, l’esistenza di un secondo meccanismo anti-angiogenico peculiare delle EVs provenienti da MSCs attivate. La capacità migratoria delle cellule endoteliali dipende massivamente dalla rapida riorganizzazione della rete actinica. In questo processo, le specie reattive dell’ossigeno (ROS) hanno un ruolo cruciale di regolazione, essendo in grado sia di sostenere che di bloccare l’angiogenesi. Tuttavia, il loro meccanismo d’azione rimane ancora controverso e sembra dipendere principalmente dalla loro localizzazione e, soprattutto, dalla loro concentrazione (Marcelo L. Lamers et al., 2011, Carlos Wilson et al., 2015). Infatti, basse concentrazioni di ROS supportano la fosforilazione del recettore del fattore di crescita VEGF (VEGF-R), e, di conseguenza, controllano positivamente l’attivazione del segnale a valle (Lamalice et al., 2007). Contrariamente, elevati livelli ROS inducono una disfunzione endoteliale, causando alterazioni nella loro capacità migratoria, induzione dell'apoptosi e attivazione di senescenza (Lum et al., 2001, Rong Liu et al., 2014). Per verificare un’implicazione dei ROS nell’inibizione delle capacità migratorie delle cellule endoteliali indotta dal trattamento con EVs derivanti da MSCs stimolate, abbiamo analizzato la loro produzione in tali cellule, attraverso l’utilizzo di una sonda generica per le specie reattive dell’ossigeno (H2DCFDA). Mediante questo approccio sperimentale abbiamo dimostrato che le EVs originate da MSCs stimolate con citochine sono in grado di aumentare la produzione di ROS nelle cellule endoteliali durante la migrazione. Questa evidenza ha supportato l’ipotesi che uno squilibrio ossidativo possa partecipare all'effetto anti-angiogenico indotto da EVs provenienti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Nox2 rappresenta il principale regolatore della produzione dei ROS nelle cellule endoteliali e l'adenosina è stata associata alla sua regolazione (Sapna Thakur et al., 2010). L’adenosina è generata tramite l’idrolisi dell’ATP (adenosina-5'-trifosfato) dagli enzimi CD39 (nucleoside trifosfato defosforilasi) e CD73 (ecto-5'-nucleotidasi). Inoltre, precedenti studi hanno dimostrato che le vescicole extracellulari possono esprimere questa coppia di enzimi (Clayton A et al., 2011, Schuler PJ et al., 2014, Amarnath S et al., 2015). Mediante Western Blot abbiamo, innanzitutto, verificato l'espressione di CD39 e CD73 in EVs provenienti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Inoltre, abbiamo dimostrato che l’utilizzo di entrambi gli inibitori ARL 67156 e AMP-CP, che bloccano rispettivamente CD39 e CD73, durante il saggio di riparazione della ferita tissutale, annulla l’effetto anti-angiogenico delle vescicole isolate da MSCs stimolate. Da tale risultato abbiamo, quindi, ipotizzato che le EVs derivate da MSCs attivate da citochine pro-infiammatorie, attraverso l’attività di CD39 e CD73, sono in grado di aumentare la concentrazione di adenosina extracellulare che, legando specifici recettori sulla superficie delle cellule endoteliali, induce l’attivazione di Nox2 e, consecutivamente, la produzione di ROS. A supporto di ciò, l'inibizione dell'accumulo di ROS, ottenuta mediante l’utilizzo di un antiossidante generico (NAC), ripristina totalmente la migrazione endoteliale. Per corroborare ulteriormente la nostra ipotesi, stiamo programmando di eseguire esperimenti per identificare il recettore specifico dell’adenosina coinvolto in questo processo e il meccanismo attraverso cui esso controlla l’accumulo di specie reattive dell’ossigeno. Al fine di sviluppare un approccio terapeutico da utilizzare a livello clinico, abbiamo convalidato i nostri risultati anche in vivo. Pertanto, abbiamo esaminato l'effetto anti-angiogenico delle EVs derivanti da MSCs stimolate da citochine pro-infiammatorie nel modello murino di vascolarizzazione della retina, un approccio sperimentale molto diffuso per lo studio del processo angiogenico in vivo (Andreas Stahl et al., 2010). Infatti, a differenza degli esseri umani, i topi presentano una rete vascolare retinica immatura alla nascita. La vascolarizzazione della retina, che si completa in alcune settimane, procede in modo strettamente regolato e organizzato, risultando così un modello efficiente per individuare eventuali difetti (Stahl et al., 2010). Così, topi C57BL / 6J sono stati iniettati intra-peritonealmente a un giorno di vita con EVs da MSCs, non stimolate o stimolate con citochine pro-infiammatorie, e sacrificati 5 giorni dopo per l’espianto delle retine. Mediante microscopia confocale, abbiamo osservato una diminuzione dell'arborizzazione vascolare della retina degli animali trattati con EVs provenienti da MSCs stimolate, ma nessun effetto con la controparte non stimolata. L’effetto anti-angiogenico di tali vescicole è stato ulteriormente corroborato mediante l’utilizzo di un altro modello murino: il saggio d’iniezione di un plug di matrigel. Quest’approccio consiste nella valutazione della vascolarizzazione del plug addizionato con EVs e impiantato nella parte dorsale posteriore di topi C57BL / 6-N. Anche tale modello ha confermato le proprietà anti-angiogeniche delle EVs derivanti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Collettivamente, tali evidenze suggeriscono la possibilità di sostituire le MSCs con i loro derivati, le EVs, per sviluppare un approccio terapeutico maggiormente standardizzabile e sicuro, senza l’impiego diretto di cellule. Successivi esperimenti saranno eseguiti per misurare la concentrazione di ROS nell’endotelio delle retine trattate con EVs derivanti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Inoltre, per validare il duplice meccanismo d’azione, utilizzeremo in vivo le EVs derivanti da MSC stimolate in cui è stato significativamente diminuita l’espressione di TIMP-1 (che abbiamo già ottenuto mediante siRNA) con o senza l’inibitore di CD39. Per concludere, i nostri dati indicano che le cellule staminali mesenchimali agiscono specificamente sulle cellule endoteliali per controllare l’infiammazione, anche mediante il rilascio di vescicole extracellulari. In particolare, questo è determinato dalla secrezione di fattori solubili, tra cui le EVs, che bloccano il processo angiogenico. Questa inibizione è mediata da almeno due meccanismi cooperanti che agiscono su due processi differenti, ma ugualmente fondamentali, dell’angiogenesi. Infatti, da un lato TIMP-1, espresso sulle vescicole, inibisce le MMPs, e, di conseguenza, influenza negativamente le capacità delle cellule endoteliali di degradare la matrice extracellulare circostante. D'altra parte, la produzione locale di adenosina, data della presenza di entrambi gli enzimi CD39 / CD73 sulla superficie di queste vescicole, induce l'attivazione di Nox2 e la produzione di ROS nelle cellule endoteliali, compromettendo così la loro motilità e proliferazione. Riteniamo che questi risultati siano di fondamentale importanza per comprendere pienamente il ruolo biologico delle MSCs e sfruttarle nella terapia. Infatti, i nostri dati confermano il concetto emergente di MSCs come sensori del microambiente, in grado di modulare gli eventi fisiologici e patologici. infatti, mentre in condizioni ipossiche le MSCs rilasciano vescicole che supportano il processo angiogenico (Consuelo Merino-González et al 2016, Gangadaran P. et al 2017, Jiejie Liuet al 2015, Suyan Bian et al., 2014), durante una risposta infiammatoria esse acquisiscono un fenotipo anti-infiammatorio, inibendo sia l'attività delle cellule immunitarie (Soraia C. Abreu et al., 2016, Claudia Lo Sicco ed altri 2017) sia l'angiogenesi ad essa associata (Angioni et al., manoscritto in preparazione, Maffioli et al.,2017, Zanotti and Angioni et al., 2016). Queste evidenze forniscono, pertanto, nuove prospettive per lo sviluppo d’importanti approcci terapeutici. Le EVs derivanti da MSCs stimolate da citochine pro-infiammatorie possono, infatti, rappresentare una terapia molto efficace per il trattamento dell'angiogenesi patologica per diverse ragioni: esse sembrano non soltanto agire selettivamente sull’endotelio, e inibire l'angiogenesi sfruttando meccanismi multipli, ma, in aggiunta, la terapia che ne potrebbe derivare avrebbe anche il grande vantaggio di essere più standardizzabile di quella basata sul trasferimento diretto di cellule.
Mesenchymal stem cells and their extracellular vesicles in the control of pathological angiogenesis
ANGIONI, ROBERTA
2018
Abstract
Le cellule staminali mesenchimali (MSCs) sono una popolazione eterogenea di cellule, aderenti alla plastica, con capacità di auto-rinnovamento. Esse hanno un'ampia distribuzione negli organismi adulti, infatti, possono essere isolate da diversi compartimenti tissutali tra cui il midollo osseo, il tessuto adiposo, il rene e il fegato (Crisan et al., 2008). In quanto cellule progenitrici multipotenti, le MSCs sono in grado di differenziarsi in vari tipi di cellule, in particolare quelle appartenenti alla linea mesodermica, rappresentando così un'importante opportunità per la medicina rigenerativa (Caplan, 1991). Oltre a questa proprietà, le MSCs sono in grado di controllare la sopravvivenza cellulare, la funzionalità dell'organo e l'infiammazione. Il terreno condizionato da MSCs, inoltre, può esercitare molti di questi effetti, suggerendo che il principale meccanismo d'azione delle MSCs è mediato da fattori solubili, piuttosto che dal contatto diretto con altre cellule (Madrigal et al., 2014, Zanotti et al. 2013). Una caratteristica ben descritta di queste cellule è la loro capacità di inibire l'infiammazione, sia in vitro che in vivo. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato che le MSCs controllano negativamente la risposta immunitaria associata a diverse patologie, come il diabete di tipo 1 (T1D), l'artrite reumatoide (RA) e la graft-versus-host disease (GVHD), ma anche il rigetto del trapianto e le malattie neurodegenerative, rappresentando cosi un interessante approccio terapeutico (Ram Sharma et al., 2014, Ying Wang et al., 2014, Klinker et al., 2015) Per meglio caratterizzare il meccanismo paracrino responsabile delle proprietà immunomodulatorie delle MSCs, in collaborazione con la professoressa Gabriella Tedeschi dell'Università di Milano, abbiamo eseguito un'analisi proteomica del terreno condizionato da tali cellule. Dal momento che il fenotipo immunosoppressorio delle MSCs è indotto da un ambiente pro-infiammatorio (Bernardo ME et al., 2013, Groh ME et al., 2005), abbiamo stimolato le cellule con un insieme di citochine (IL1, IL6 e TNF). Tramite il confronto del secretoma delle MSCs stimolate (st MSC-CM), note per le loro proprietà immuno-modulanti, con quello delle MSCs non stimolate (unst MSC-CM), prive di effetti immunosoppressori, abbiamo identificato potenziali fattori responsabili dell’effetto terapeutico delle st- MSCs. Innanzitutto, i dati ottenuti evidenziano che la stimolazione con citochine pro-infiammatorie (IL1, IL6 e TNF) induce un notevole cambiamento nell'intero secreto delle MSCs. In particolare, la maggior parte delle proteine rilasciate esclusivamente dalle MSCs attivate con citochine pro-infiammatorie risultano essere coinvolte nella regolazione dell'angiogenesi. Tra questi fattori abbiamo identificato l'inibitore tissutale delle metalloproteinasi 1 (TIMP-1), una specifica glicoproteina implicata nella soppressione endogena delle metalloproteinasi (Lambert et al., 2004). Abbiamo quindi dimostrato, sia in vitro che in vivo, che le MSCs attivate da citochine pro-infiammatorie influenzano l'infiammazione locale attraverso il rilascio di questa proteina. Mediante la secrezione di TIMP-1, infatti, le MSCs bloccano la formazione di nuovi vasi sanguigni nel linfonodo drenante, essenziali per il reclutamento di leucociti circolanti al tessuto infiammato. Questo evento è, di conseguenza, responsabile della soppressione locale della risposta immunitaria (Zanotti and Angioni et al., 2016). Tutti questi dati sono stati, però, collezionati dallo studio di MSCs murine in un modello di infiammazione in topo. Con il fine ultimo di sviluppare un approccio clinico, abbiamo deciso di analizzare il secreto delle MSCs umane (hMSCs). Pertanto, in collaborazione con la professoressa Gabriella Tedeschi, mediante spettrometria di massa abbiamo esaminato come le citochine pro-infiammatorie modulano anche la composizione del secretoma umano. L'analisi comparativa del secretoma delle MSCs umane e murine, stimolate e non, ha confermato che l'esposizione a fattori pro-infiammatori determina, in entrambe le specie, un incremento nel rilascio di proteine legate all'immuno-modulazione e all'angiogenesi. In particolare, il 62% delle proteine nel secretoma umano, rilasciate in risposta a citochine pro-infiammatorie, è stato identificato nel suo corrispondente murino. Tale evidenza ha quindi dimostrato chiaramente l'esistenza di una somiglianza di tali specie cellulari nella risposta all’infiammazione. Tuttavia, nonostante l’analoga risposta alla stimolazione, i nostri dati indicano che i fattori solubili rilasciati da MSCs murine e umane possono indurre diverse risposte biologiche. Ad esempio, sebbene la secrezione del fattore di crescita M-CSF / CSF-1 sia indotta dopo stimolazione in entrambe le specie cellulari, solo nelle cellule umane questa induce efficacemente la differenziazione dei macrofagi; probabilmente per una diversa concentrazione di M-CSF secreto, maggiore nei surnatanti derivati dall'uomo. Per quanto riguarda l'angiogenesi, i nostri dati corroborano pienamente il ruolo anti-angiogenico delle MSCs, sia umane che murine, attivate da citochine pro-infiammatorie. Questo risultato identifica chiaramente, per la prima volta, l’endotelio come target delle MSCs durante il processo di immunosoppressione. Inoltre, abbiamo confermato il ruolo chiave di TIMP-1, sia nel secretoma umano che murino, come mediatore di tale effetto anti-angiogenico, (Maffioli E et al., 2017). I dati completi di spettrometria di massa sono disponibili tramite ProteomeXchange con l'identificatore PXD005746. Nonostante i trials clinici registrati che utilizzano le MSCs siano più di 600 in tutto il mondo (come riportato da www.clinicaltrials.gov), quest’approccio rimane ancora non completamente sviluppato e sicuro. Ad esempio, sono ancora mancanti sia un protocollo standardizzato per l’isolamento, il mantenimento in coltura e la via di somministrazione delle MSCs durante la terapia, che una standardizzazione dei parametri di qualità e sicurezza delle MSCs necessari per lo sviluppo di un efficiente terapia. Con lo scopo di superare queste problematiche, abbiamo volto la nostra attenzione su un approccio alternativo, potenzialmente più economico e sicuro, ovvero l’impego di derivati dalle MSCs, anziché direttamente le cellule stesse. Uno dei prodotti delle MSCs più studiati, e pertanto caratterizzati, sono le vescicole extracellulari (EVs) (Biancone L et al., 2012). Le EVs si originano dalla membrana plasmatica cellulare e vengono rilasciate dalle cellule come particelle lipidiche. Secondo le raccomandazioni della Società Internazionale per le vescicole extracellulari (ISEV), tali vescicole possono essere classificate in tre categorie principali sulle basi delle loro dimensioni, origini e metodi di isolamento,: (i) Microvesicole (dimensioni tra 50 e 1000 nm , originate dalla membrana plasmatica e arricchite in CD40); (ii) corpi apoptotici (dimensioni comprese tra 800 e 5000 nm, derivate da frammenti di cellule morenti e arricchite in istoni e DNA); e (iii) esosomi che sono piccole vescicole di origine endocitica (~ 30-120 nm) (arricchite da marcatori della membrana endosomale tardiva, compresi Tsg101, CD63, CD9 e CD81) (Yáñez-Mó, 2015). Diversi studi hanno riportato che le EVs provenienti da MSCs mostrano potenziali terapeutici simili a quelli delle loro cellule di origine (Merin-Gonzàles et al., 2016). Ad esempio, è stato dimostrato che le EVs di MSCs riducono la zona infartuata e migliorano la riparazione dei tessuti in malattie cardiovascolari (Lai et al., 2010). Più in generale, è stato riportato che le EVs derivanti da MSCs non stimolate possono ridurre la fibrosi e l'apoptosi, ma, contrariamente, sostenere la differenziazione delle cellule staminali, promuovendo così il processo di rigenerazione tissutale associato non solo a malattie cardiovascolari, ma anche lesioni renali, epatiche e polmonari (Sweta Rani et al., 2015). Pertanto, con il fine ultimo di sviluppare un’efficace terapia immunomodulante, abbiamo analizzato l’effetto delle EVs rilasciate da MSCs sull'angiogenesi. Per questo, abbiamo innanzitutto isolato e concentrato le vescicole dal terreno condizionato da MSCs attivate con citochine pro-infiammatorie. In seguito, abbiamo valutato la capacità di tali vescicole di controllare il processo di formazione dei tubuli in vitro mediante l’utilizzo di cellule endoteliali (SVEC4-10). I nostri dati hanno confermato che solo le vescicole derivate da MSCs stimolate inibiscono il processo di tubulogenesi, ricapitolando l'effetto anti-angiogenico osservato con l’intero terreno condizionato da st- MSCs. Anche in queste condizioni, TIMP-1 svolge un ruolo cruciale. Infatti, l’utilizzo di un anticorpo bloccante per TIMP-1 è stato in grado di annullare questo effetto anti-angiogenico. A conferma di ciò, l’analisi con Western blot ha evidenziato l’espressione di questo enzima unicamente su vescicole derivanti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Nel processo di tubulogenesi, la digestione del matrigel, sopra il quale vengono piastrare le cellule endoteliali e che mima la matrice extracellulare, rappresenta un processo essenziale per la formazione di una rete tubolare allungata e ben organizzata. TIMP-1, secreto da MSCs anche attraverso il rilascio di EVs, svolge un ruolo cruciale nell'inibizione di questo fenomeno, probabilmente bloccando l'attività delle metalloproteinasi necessaria per un’efficiente digestione del matrigel. Tuttavia, la migrazione delle cellule endoteliali rappresenta un altro passo fondamentale durante l'angiogenesi in vivo. Per studiare anche tale aspetto, abbiamo sfruttato un approccio sperimentale in vitro basato essenzialmente sulla capacità delle cellule di muoversi in uno spazio libero: il saggio di riparazione della ferita tissutale (Liang CC et al., 2007). L’esperimento consiste nel graffiare con un puntale un monostrato di cellule endoteliali (SVEC4-10) in modo da generare uno spazio vuoto nel quale esse possano liberamente migrare. Per valutare la capacità delle EVs di controllare la migrazione delle SVEC4-10, le cellule sono state trattate con vescicole provenienti dal surnatante di MSCs, stimolate e non con citochine pro-infiammatorie, e VEGF (un potente fattore pro-angiogenico), in presenza o in assenza dell’anticorpo bloccante per TIMP-1. Come previsto, il segnale pro-angiogenico (VEGF) aumenta la migrazione delle cellule endoteliali, mentre le EVs isolate dal terreno condizionato da MSCs stimolate, bloccano il processo. Tuttavia, in tale approccio sperimentale, l’inibizione di TIMP-1 non ha ripristinato la capacità migratoria delle cellule endoteliali, suggerendo, quindi, l’esistenza di un secondo meccanismo anti-angiogenico peculiare delle EVs provenienti da MSCs attivate. La capacità migratoria delle cellule endoteliali dipende massivamente dalla rapida riorganizzazione della rete actinica. In questo processo, le specie reattive dell’ossigeno (ROS) hanno un ruolo cruciale di regolazione, essendo in grado sia di sostenere che di bloccare l’angiogenesi. Tuttavia, il loro meccanismo d’azione rimane ancora controverso e sembra dipendere principalmente dalla loro localizzazione e, soprattutto, dalla loro concentrazione (Marcelo L. Lamers et al., 2011, Carlos Wilson et al., 2015). Infatti, basse concentrazioni di ROS supportano la fosforilazione del recettore del fattore di crescita VEGF (VEGF-R), e, di conseguenza, controllano positivamente l’attivazione del segnale a valle (Lamalice et al., 2007). Contrariamente, elevati livelli ROS inducono una disfunzione endoteliale, causando alterazioni nella loro capacità migratoria, induzione dell'apoptosi e attivazione di senescenza (Lum et al., 2001, Rong Liu et al., 2014). Per verificare un’implicazione dei ROS nell’inibizione delle capacità migratorie delle cellule endoteliali indotta dal trattamento con EVs derivanti da MSCs stimolate, abbiamo analizzato la loro produzione in tali cellule, attraverso l’utilizzo di una sonda generica per le specie reattive dell’ossigeno (H2DCFDA). Mediante questo approccio sperimentale abbiamo dimostrato che le EVs originate da MSCs stimolate con citochine sono in grado di aumentare la produzione di ROS nelle cellule endoteliali durante la migrazione. Questa evidenza ha supportato l’ipotesi che uno squilibrio ossidativo possa partecipare all'effetto anti-angiogenico indotto da EVs provenienti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Nox2 rappresenta il principale regolatore della produzione dei ROS nelle cellule endoteliali e l'adenosina è stata associata alla sua regolazione (Sapna Thakur et al., 2010). L’adenosina è generata tramite l’idrolisi dell’ATP (adenosina-5'-trifosfato) dagli enzimi CD39 (nucleoside trifosfato defosforilasi) e CD73 (ecto-5'-nucleotidasi). Inoltre, precedenti studi hanno dimostrato che le vescicole extracellulari possono esprimere questa coppia di enzimi (Clayton A et al., 2011, Schuler PJ et al., 2014, Amarnath S et al., 2015). Mediante Western Blot abbiamo, innanzitutto, verificato l'espressione di CD39 e CD73 in EVs provenienti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Inoltre, abbiamo dimostrato che l’utilizzo di entrambi gli inibitori ARL 67156 e AMP-CP, che bloccano rispettivamente CD39 e CD73, durante il saggio di riparazione della ferita tissutale, annulla l’effetto anti-angiogenico delle vescicole isolate da MSCs stimolate. Da tale risultato abbiamo, quindi, ipotizzato che le EVs derivate da MSCs attivate da citochine pro-infiammatorie, attraverso l’attività di CD39 e CD73, sono in grado di aumentare la concentrazione di adenosina extracellulare che, legando specifici recettori sulla superficie delle cellule endoteliali, induce l’attivazione di Nox2 e, consecutivamente, la produzione di ROS. A supporto di ciò, l'inibizione dell'accumulo di ROS, ottenuta mediante l’utilizzo di un antiossidante generico (NAC), ripristina totalmente la migrazione endoteliale. Per corroborare ulteriormente la nostra ipotesi, stiamo programmando di eseguire esperimenti per identificare il recettore specifico dell’adenosina coinvolto in questo processo e il meccanismo attraverso cui esso controlla l’accumulo di specie reattive dell’ossigeno. Al fine di sviluppare un approccio terapeutico da utilizzare a livello clinico, abbiamo convalidato i nostri risultati anche in vivo. Pertanto, abbiamo esaminato l'effetto anti-angiogenico delle EVs derivanti da MSCs stimolate da citochine pro-infiammatorie nel modello murino di vascolarizzazione della retina, un approccio sperimentale molto diffuso per lo studio del processo angiogenico in vivo (Andreas Stahl et al., 2010). Infatti, a differenza degli esseri umani, i topi presentano una rete vascolare retinica immatura alla nascita. La vascolarizzazione della retina, che si completa in alcune settimane, procede in modo strettamente regolato e organizzato, risultando così un modello efficiente per individuare eventuali difetti (Stahl et al., 2010). Così, topi C57BL / 6J sono stati iniettati intra-peritonealmente a un giorno di vita con EVs da MSCs, non stimolate o stimolate con citochine pro-infiammatorie, e sacrificati 5 giorni dopo per l’espianto delle retine. Mediante microscopia confocale, abbiamo osservato una diminuzione dell'arborizzazione vascolare della retina degli animali trattati con EVs provenienti da MSCs stimolate, ma nessun effetto con la controparte non stimolata. L’effetto anti-angiogenico di tali vescicole è stato ulteriormente corroborato mediante l’utilizzo di un altro modello murino: il saggio d’iniezione di un plug di matrigel. Quest’approccio consiste nella valutazione della vascolarizzazione del plug addizionato con EVs e impiantato nella parte dorsale posteriore di topi C57BL / 6-N. Anche tale modello ha confermato le proprietà anti-angiogeniche delle EVs derivanti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Collettivamente, tali evidenze suggeriscono la possibilità di sostituire le MSCs con i loro derivati, le EVs, per sviluppare un approccio terapeutico maggiormente standardizzabile e sicuro, senza l’impiego diretto di cellule. Successivi esperimenti saranno eseguiti per misurare la concentrazione di ROS nell’endotelio delle retine trattate con EVs derivanti da MSCs stimolate con citochine pro-infiammatorie. Inoltre, per validare il duplice meccanismo d’azione, utilizzeremo in vivo le EVs derivanti da MSC stimolate in cui è stato significativamente diminuita l’espressione di TIMP-1 (che abbiamo già ottenuto mediante siRNA) con o senza l’inibitore di CD39. Per concludere, i nostri dati indicano che le cellule staminali mesenchimali agiscono specificamente sulle cellule endoteliali per controllare l’infiammazione, anche mediante il rilascio di vescicole extracellulari. In particolare, questo è determinato dalla secrezione di fattori solubili, tra cui le EVs, che bloccano il processo angiogenico. Questa inibizione è mediata da almeno due meccanismi cooperanti che agiscono su due processi differenti, ma ugualmente fondamentali, dell’angiogenesi. Infatti, da un lato TIMP-1, espresso sulle vescicole, inibisce le MMPs, e, di conseguenza, influenza negativamente le capacità delle cellule endoteliali di degradare la matrice extracellulare circostante. D'altra parte, la produzione locale di adenosina, data della presenza di entrambi gli enzimi CD39 / CD73 sulla superficie di queste vescicole, induce l'attivazione di Nox2 e la produzione di ROS nelle cellule endoteliali, compromettendo così la loro motilità e proliferazione. Riteniamo che questi risultati siano di fondamentale importanza per comprendere pienamente il ruolo biologico delle MSCs e sfruttarle nella terapia. Infatti, i nostri dati confermano il concetto emergente di MSCs come sensori del microambiente, in grado di modulare gli eventi fisiologici e patologici. infatti, mentre in condizioni ipossiche le MSCs rilasciano vescicole che supportano il processo angiogenico (Consuelo Merino-González et al 2016, Gangadaran P. et al 2017, Jiejie Liuet al 2015, Suyan Bian et al., 2014), durante una risposta infiammatoria esse acquisiscono un fenotipo anti-infiammatorio, inibendo sia l'attività delle cellule immunitarie (Soraia C. Abreu et al., 2016, Claudia Lo Sicco ed altri 2017) sia l'angiogenesi ad essa associata (Angioni et al., manoscritto in preparazione, Maffioli et al.,2017, Zanotti and Angioni et al., 2016). Queste evidenze forniscono, pertanto, nuove prospettive per lo sviluppo d’importanti approcci terapeutici. Le EVs derivanti da MSCs stimolate da citochine pro-infiammatorie possono, infatti, rappresentare una terapia molto efficace per il trattamento dell'angiogenesi patologica per diverse ragioni: esse sembrano non soltanto agire selettivamente sull’endotelio, e inibire l'angiogenesi sfruttando meccanismi multipli, ma, in aggiunta, la terapia che ne potrebbe derivare avrebbe anche il grande vantaggio di essere più standardizzabile di quella basata sul trasferimento diretto di cellule.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/81934
URN:NBN:IT:UNIPD-81934