La riforma radicale della soggettività umana costituisce il nucleo portante dell’ampia costellazione culturale post-human. Il superamento dell’umanesimo antropocentrico ne rappresenta sia la rivendicazione principale che la base di partenza storica: tutti noi oggi staremmo di fatto vivendo una condizione post-umana, che è opportuno elaborare teoricamente. Un confronto tra questo orizzonte ed il sapere pedagogico appare storicamente inevitabile: esiste un terreno adatto per darvi avvio? In quanto dichiaratamente anti-antropocentriche, le istanze post-umanistiche appaiono accomunate dall’esigenza di non differenziare gerarchicamente o qualitativamente l’uomo rispetto ad altre parti della natura: pur evitando di ripescare vecchie tesi positivistiche, l’attenzione non può che concentrarsi sui corpi – quello umano è solo uno tra i molti – che forniscono una vera e propria base ontologica al mondo post-umano. Nei due autori che abbiamo scelto di prendere in esame, considerandoli esemplari per il loro spessore filosofico e scientifico, ovvero Roberto Marchesini e Rosi Braidotti il tentativo di ricondurre anche l’umano alla dimensione di zoé, sottraendolo a quella di bios, avviene secondo modalità profondamente differenti, ma con diversi tratti comuni. Marchesini offre un originale approccio al darwinismo ed a temi di origine etologica, Braidotti prende le mosse dalla ricchezza teorica e filosofica del femminismo post-strutturalista. Un’analisi di testi e contesti relativi a questi autori dimostra in maniera sufficiente, a nostro avviso, che non vi sono ostacoli insormontabili all’instaurazione di un dialogo tra la pedagogia e l’orizzonte culturale post-human, con alcuni distinguo (il filone transumanista). La re-visione antropologica post-umanistica non abbandona l’uomo al determinismo biologico – del quale rifiuta esplicitamente anche la validità scientifica – né coltiva acritiche illusioni sul futuro tecnologico al quale l’umanità è sempre più esposta. Gli spazi per un’educabilità post-umana appaiono quindi aperti, sebbene siano ancora indeterminati: l’assenza di categorie mature in questo ambito (quella di persona su tutte) non permette ad oggi il sorgere di un discorso pedagogico in chiave postumanistica, ma solo un esplorazione prospettica. Tuttavia, vi sono diverse premesse valutabili con interesse: dietro la critica post-human vi è una verificabile tensione pratico-politica, volta a contrastare le forme di alienazione caratteristiche della contemporaneità, prevalentemente radicate nell’esplosione del capitalismo avanzato e delle sue conseguenze. Un “umanesimo difficile” è quindi possibile e desiderabile anche nella visione post-umanistica: che qui diviene prospettiva pratica, non disomogenea in questo rispetto ad altre prospettive pratiche, come accade per quelle strutturali alla pedagogia per la sua stessa natura pratica. A livello teorico, di notevole interesse è invece la centralità della dimensione dell’immaginazione per il post-human. Intesa in senso non banale come potenzialità corporea, l’immaginazione è la forza che attua concretamente la virtualità libera del soggetto e connette la dimensione fisica, quella simbolica e quella sociologica. Fondata filosoficamente sull’interpretazione post-strutturalista del pensiero spinoziano, è un’ipotesi di lettura che riteniamo pedagogicamente promettente.
Umano, post-umano e persona in chiave pedagogica
SANDRI, MASSIMILIANO
2016
Abstract
La riforma radicale della soggettività umana costituisce il nucleo portante dell’ampia costellazione culturale post-human. Il superamento dell’umanesimo antropocentrico ne rappresenta sia la rivendicazione principale che la base di partenza storica: tutti noi oggi staremmo di fatto vivendo una condizione post-umana, che è opportuno elaborare teoricamente. Un confronto tra questo orizzonte ed il sapere pedagogico appare storicamente inevitabile: esiste un terreno adatto per darvi avvio? In quanto dichiaratamente anti-antropocentriche, le istanze post-umanistiche appaiono accomunate dall’esigenza di non differenziare gerarchicamente o qualitativamente l’uomo rispetto ad altre parti della natura: pur evitando di ripescare vecchie tesi positivistiche, l’attenzione non può che concentrarsi sui corpi – quello umano è solo uno tra i molti – che forniscono una vera e propria base ontologica al mondo post-umano. Nei due autori che abbiamo scelto di prendere in esame, considerandoli esemplari per il loro spessore filosofico e scientifico, ovvero Roberto Marchesini e Rosi Braidotti il tentativo di ricondurre anche l’umano alla dimensione di zoé, sottraendolo a quella di bios, avviene secondo modalità profondamente differenti, ma con diversi tratti comuni. Marchesini offre un originale approccio al darwinismo ed a temi di origine etologica, Braidotti prende le mosse dalla ricchezza teorica e filosofica del femminismo post-strutturalista. Un’analisi di testi e contesti relativi a questi autori dimostra in maniera sufficiente, a nostro avviso, che non vi sono ostacoli insormontabili all’instaurazione di un dialogo tra la pedagogia e l’orizzonte culturale post-human, con alcuni distinguo (il filone transumanista). La re-visione antropologica post-umanistica non abbandona l’uomo al determinismo biologico – del quale rifiuta esplicitamente anche la validità scientifica – né coltiva acritiche illusioni sul futuro tecnologico al quale l’umanità è sempre più esposta. Gli spazi per un’educabilità post-umana appaiono quindi aperti, sebbene siano ancora indeterminati: l’assenza di categorie mature in questo ambito (quella di persona su tutte) non permette ad oggi il sorgere di un discorso pedagogico in chiave postumanistica, ma solo un esplorazione prospettica. Tuttavia, vi sono diverse premesse valutabili con interesse: dietro la critica post-human vi è una verificabile tensione pratico-politica, volta a contrastare le forme di alienazione caratteristiche della contemporaneità, prevalentemente radicate nell’esplosione del capitalismo avanzato e delle sue conseguenze. Un “umanesimo difficile” è quindi possibile e desiderabile anche nella visione post-umanistica: che qui diviene prospettiva pratica, non disomogenea in questo rispetto ad altre prospettive pratiche, come accade per quelle strutturali alla pedagogia per la sua stessa natura pratica. A livello teorico, di notevole interesse è invece la centralità della dimensione dell’immaginazione per il post-human. Intesa in senso non banale come potenzialità corporea, l’immaginazione è la forza che attua concretamente la virtualità libera del soggetto e connette la dimensione fisica, quella simbolica e quella sociologica. Fondata filosoficamente sull’interpretazione post-strutturalista del pensiero spinoziano, è un’ipotesi di lettura che riteniamo pedagogicamente promettente.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/81935
URN:NBN:IT:UNIPD-81935