La critica musicologica di stampo nazionalista-ottocenteso (V. V. Stasov tra altri), cercando nel passato la legittimazione dell’emergente scuola nazionale, ha edificato in ambito musicale il ‘mito’ di Michail I. Glinka, fondatore dei due tronconi principali attraverso i quali l’Opera russa avrebbe prodotto gli esiti maggiori: l’epopea storica nata con l’opera Una vita per lo zar (1836) e l’opera magico-fiabesca inaugurata dall’opera Ruslan e Ljudmila (1842). Tale mito fu alimentato nel XX secolo dalla storiografia sovietica, e sopravvive tutt’oggi quando, perlomeno a livello divulgativo, lo schema viene riproposto negli stessi termini Uno degli strascichi più duraturi di questa visione è la forte scissione che essa impone alla storia della musica in Russia tra quanto avvenuto prima e dopo l’avvento di Glinka, con relativa svalutazione di circa un secolo di attività, almeno per quanto concerne il teatro musicale. Proprio questo è il settore del quale la presente ricerca si occupa, proponendosi di evidenziare gli elementi di continuità a partire dagli anni ’30 del Settecento, e fino alla fine del secolo, attraverso i regni di Anna Ioannovna (1730-1740), Elizabetta Petrovna (1741-1762), Caterina II (1762-1796) e Paolo I (1796-1801). Dall’analisi delle fonti disponibili emerge la necessità di precisazioni circa la documentazione e la relativa interpretazione a prescindere da giudizi posteriori, essi stessi storicizzabili, quali, ancora una volta, la possibilità di considerare un’opera sufficientemente ‘russa’ o sufficientemente ‘opera’, in riferimento a una produzione che prescindeva da questi criteri, in quanto non ancora formulati. Ne deriva un’immagine dell’ambiente musicale russo non così marginale rispetto alla vita musicale europea, ma piuttosto partecipe dei processi che la caratterizzarono: il ricorso all’opera seria come evento celebrativo del sovrano e ‘specchio’ della corte; il crescente gusto per l’opera comica e il suo progressivo farsi sentimentale e seria; la ricerca di forme più ‘ampie’ corrispondenti a tematiche più elevate. A cavallo tra i secoli XVIII e XIX, e in particolare dopo la campagna napoleonica in Russia, emerge lo sviluppo progressivo di una coscienza nazionale, che trova espressione nell’opera in musica, e cerca nuovi mezzi espressivi in corrispondenza dell’evoluzione degli umori nel passaggio del secolo: l’inizio di un cammino che giungerà fino al nazionalismo più esclusivo, pur restando al tempo stesso fenomeno europeo, e quindi, paradossalmente, cosmopolita. Questo fenomeno non è stato evidenziato a sufficienza in questa sua fase (preglinkiana), in parte a causa della scarsa attenzione riservata (anche da uno storico accreditato quale R. - A. Mooser) a fattori apparentemente secondari, come la lingua in cui le opere venivano rappresentate, o il ricorso al folclore musicale. Associata a un importante dibattito sulla codificazione linguistica in quanto strumento di identificazione nazionale, la pratica di rappresentare le opere straniere in traduzione russa appare come uno dei mezzi principali di appropriazione e rivisitazione in senso nazionale, anche politico, dello spettacolo europeo dell’opera. Essa dà inoltre la misura in cui l’aspetto testuale fosse sin da subito essenziale nella ricezione dello spettacolo operistico. D’altra parte, il riferimento alla musica popolare, uno dei capisaldi della Scuola russa dal secondo Ottocento in avanti, si manifesta abbondante già in precedenza, in opere che non sono rari esperimenti, ma che formano un abbondante corpus, catalogato ad esempio nella raccolta Rossijskij featr emanata dall’Accademia delle Scienze al tempo di Caterina (1786-94), in quello che mi sembra un consapevole tentativo di canonizzazione di un repertorio proprio, cui la stessa sovrana contribuì in modo significativo. Tali esperienze, nel teatro musicale come in ambito esclusivamente letterario, si esprimono nelle forme del tempo che le ha prodotte, e sono state illegittimamente screditate a posteriori, misconosciute quali manifestazioni credibili della cultura che le ha prodotte. Già evidenziate in ambito letterario, richiedono, in quello musicale, una revisione oggi solo incipiente.

Towards Russian Opera: Growing National Consciousness in 18th - Century Operatic Repertoire

GIUST, ANNA
2012

Abstract

La critica musicologica di stampo nazionalista-ottocenteso (V. V. Stasov tra altri), cercando nel passato la legittimazione dell’emergente scuola nazionale, ha edificato in ambito musicale il ‘mito’ di Michail I. Glinka, fondatore dei due tronconi principali attraverso i quali l’Opera russa avrebbe prodotto gli esiti maggiori: l’epopea storica nata con l’opera Una vita per lo zar (1836) e l’opera magico-fiabesca inaugurata dall’opera Ruslan e Ljudmila (1842). Tale mito fu alimentato nel XX secolo dalla storiografia sovietica, e sopravvive tutt’oggi quando, perlomeno a livello divulgativo, lo schema viene riproposto negli stessi termini Uno degli strascichi più duraturi di questa visione è la forte scissione che essa impone alla storia della musica in Russia tra quanto avvenuto prima e dopo l’avvento di Glinka, con relativa svalutazione di circa un secolo di attività, almeno per quanto concerne il teatro musicale. Proprio questo è il settore del quale la presente ricerca si occupa, proponendosi di evidenziare gli elementi di continuità a partire dagli anni ’30 del Settecento, e fino alla fine del secolo, attraverso i regni di Anna Ioannovna (1730-1740), Elizabetta Petrovna (1741-1762), Caterina II (1762-1796) e Paolo I (1796-1801). Dall’analisi delle fonti disponibili emerge la necessità di precisazioni circa la documentazione e la relativa interpretazione a prescindere da giudizi posteriori, essi stessi storicizzabili, quali, ancora una volta, la possibilità di considerare un’opera sufficientemente ‘russa’ o sufficientemente ‘opera’, in riferimento a una produzione che prescindeva da questi criteri, in quanto non ancora formulati. Ne deriva un’immagine dell’ambiente musicale russo non così marginale rispetto alla vita musicale europea, ma piuttosto partecipe dei processi che la caratterizzarono: il ricorso all’opera seria come evento celebrativo del sovrano e ‘specchio’ della corte; il crescente gusto per l’opera comica e il suo progressivo farsi sentimentale e seria; la ricerca di forme più ‘ampie’ corrispondenti a tematiche più elevate. A cavallo tra i secoli XVIII e XIX, e in particolare dopo la campagna napoleonica in Russia, emerge lo sviluppo progressivo di una coscienza nazionale, che trova espressione nell’opera in musica, e cerca nuovi mezzi espressivi in corrispondenza dell’evoluzione degli umori nel passaggio del secolo: l’inizio di un cammino che giungerà fino al nazionalismo più esclusivo, pur restando al tempo stesso fenomeno europeo, e quindi, paradossalmente, cosmopolita. Questo fenomeno non è stato evidenziato a sufficienza in questa sua fase (preglinkiana), in parte a causa della scarsa attenzione riservata (anche da uno storico accreditato quale R. - A. Mooser) a fattori apparentemente secondari, come la lingua in cui le opere venivano rappresentate, o il ricorso al folclore musicale. Associata a un importante dibattito sulla codificazione linguistica in quanto strumento di identificazione nazionale, la pratica di rappresentare le opere straniere in traduzione russa appare come uno dei mezzi principali di appropriazione e rivisitazione in senso nazionale, anche politico, dello spettacolo europeo dell’opera. Essa dà inoltre la misura in cui l’aspetto testuale fosse sin da subito essenziale nella ricezione dello spettacolo operistico. D’altra parte, il riferimento alla musica popolare, uno dei capisaldi della Scuola russa dal secondo Ottocento in avanti, si manifesta abbondante già in precedenza, in opere che non sono rari esperimenti, ma che formano un abbondante corpus, catalogato ad esempio nella raccolta Rossijskij featr emanata dall’Accademia delle Scienze al tempo di Caterina (1786-94), in quello che mi sembra un consapevole tentativo di canonizzazione di un repertorio proprio, cui la stessa sovrana contribuì in modo significativo. Tali esperienze, nel teatro musicale come in ambito esclusivamente letterario, si esprimono nelle forme del tempo che le ha prodotte, e sono state illegittimamente screditate a posteriori, misconosciute quali manifestazioni credibili della cultura che le ha prodotte. Già evidenziate in ambito letterario, richiedono, in quello musicale, una revisione oggi solo incipiente.
26-lug-2012
Inglese
Russian opera, Opera russa, nazionalismo musicale, Settecento, Pashkevich Fomin Caterina II, Anna Ioannovna, Elisabetta Petrovna, Catherine the Great
DURANTE, SERGIO
ROMANI, VITTORIA
Università degli studi di Padova
526
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/81972
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-81972