L'elaborato è una tesi sulle interrelazioni fra il cinema e le altre arti, focalizzandosi sull'ibridazione fra forme artistiche. Nell'isolare i processi di ibridazione “intenzionali”, o meglio che abbiano una matrice creativa che miri a mutazioni stilistiche nel cinema, ho isolato tre periodi caldi, a mio parere determinati dalla volontà di ibridazione del film con altre forme artistiche: le avanguardie, il cinema moderno e postmoderno. Pur essendo difficilmente definibili, i caratteri che hanno richiamato la mia attenzione nel campo della contaminazione fra le arti determinano chiaramente tre passaggi chiave di queste macrotendenze nelle quali individuo le parole chiave dell'evoluzione della forma ibrida: rompere, citare e incorporare. Attraverso questi aspetti si rivela un percorso che dalla rottura portata dalle avanguardie passa attraverso i processi di citazione tipici della modernità, fino all'incorporare in maniera quasi totale l'oggetto (che in alcuni casi non ha più le caratteristiche di un inserto ma diviene il centro trasfigurato di una nuova opera). Per la scelta degli autori ho individuato un'area geografica, la Francia, e preso in considerazione una selezione di registi formatisi negli anni Cinquanta, periodo molto fertile per la cinematografia francese. A questo punto ho individuato quelli che nel loro percorso artistico si sono rapportati con forme espressive diverse dal cinema e che si sono rivelate determinanti per il loro stile: Jean-Luc Godard, Alain Resnais, Chris Marker, Alain Robbe-Grillet, Angès Varda. Il primo capitolo si apre con un'analisi su tre tipi di interazione fra cinema e teatro: adattamento, trasposizione e ibridazione. Nell'analisi degli aspetti di teatralità e dell'aspetto centrale della determinazione di un'ibridazione del film con il teatro c'è una ricerca sullo spazio che vada in direzione di un'artificialità, un'ordine, una preparazione, una forma contratta e centripeta. L'analisi si concentra sull'opera di Alain Resnais in particolare su Mélo e Smoking/No Smoking, due film che non nascondono le loro istanze teatrali e le sviluppano ibridando il linguaggio cinematografico. Il secondo autore preso in esame è Jean-Luc Godard di cui analizzo Tout va bien per la costruzione dello spazio che richiama ad un certo teatro politico (Piscator, Brecht, Living Theatre) e Le Gai Savoir per la capacità di aprire da uno spazio teatrale focalizzato sull'attore dimensioni immaginarie rese visibili dal cinema. Il secondo capitolo tratta l'ibridazione con la fotografia, analizzando la natura dell'immagine fotografica rispetto a quella filmica. Alla base di questa sezione c'è una domanda: cos'è che, dello statuto dell'immagine fotografica, incide sul cinema e sui suoi processi narrativi ibridandone la forma? Ho individuato la temporalità, in quanto la pensosità della fotografia si oppone al dispositivo a scorrimento del film. Inoltre la fotografia conserva per sua natura un carattere testimoniale che, all'interno del film, può costituire al contempo un peso ed un valore aggiunto, a seconda della qualità del film e delle scelte del regista sotto un profilo artistico; pertanto il suo valore materico, pur soltanto evocato, assume un grande peso nell'economia della narrazione e per il portato teorico di cui carica l'opera. La prima analisi si concentra su L'année dernière à Marienbad, film in cui la fotografia incide come ulteriore canale temporale su un un'opera ambigua, tanto che il suo valore testimoniale viene messo in discussione. Segue l'analisi di film in cui nella costruzione dell'immagine vengono utilizzate delle scelte estetiche riferibili alla fotografia turistica (L'immortelle, Alain Robbe-Grillet) e il ritratto (Daguerréotypes). Le ultime due sezioni sono dedicate una alla fotografia come centro da cui si snoda il film o unico oggetto su cui si costruisce il film (Une minute pour une image, Agnès Varda - Je vous saloue, Sarajevo e Letter to Jane, Godard) o come unità del film che si sostituisce al fotogramma, riprendendo la tesi di Dubois sul cinegramma (Si j'avais quatre dromadaires, Marker e Salut les cubains, Varda). Il terzo capitolo tratta l'ibridazione fra cinema e fumetto analizzando gli aspetti della nona arte più vicini e più lontani dal film. La ricerca ritrova un particolare punto d'interesse nella resa della continuità temporale e del movimento, vedendo in alcuni registi delle scelte determinate dal fumetto nel voler mantenere la fissità dell'immagine e talvolta anche del profilmico (come avviene in Alphaville). Per quanto riguarda i punti di convergenza abbiamo invece un principio di stilizzazione che è relativo in primis alla costruzione dei personaggi, che talvolta li rende fruibili ma al limite della caricatura. Il quarto capitolo tratta l'ibridazione fra cinema e arti visive fondamentalmente attraverso tre aspetti: il collage sia come forma visiva che come soluzione formale nella costruzione di uno spazio o di un evento (analizzato principalmente nell'opera di Godad); il tableau vivant in quanto elemento visivo che incide sulla continuità finzionale del film (L'eden et après, Alain Robbe-Grillet) o che tende a creare un ambiente fittizio nel quale l'osservazione del film divenga come una sorta di osservazione poetico-analitica del quadro (Passion). E l'atto di creazione come momento dedicato strettamente all'arte, che si presenta come un'interruzione della narrazione. Il quinto capitolo tratta l'ibridazione portata dalle nuove tecnologie, pertanto verranno presi in esame i canali e i dispositivi di comunicazione che dagli anni Sessanta in poi hanno condizionato l'estetica cinematografica. In prima istanza verrà presa in esame la comunicazione di lotta e pubblicitaria degli anni Sessanta in relazione ai film realizzati nello stesso periodo, per introdurre un'unione fra le forme visive cinematografiche e quelle fruibili all'interno della metropoli; in seconda istanza l'aspetto più legato all'avvento della televisione e del telecomando come elementi determinanti dell'estetica cinematografica (la registrazione audiovisiva che non separa canale audio e canale video, il fermo immagine), infine la rete internet e gli spazi mediali, per affrontare il tema della migrazione del film in spazi diversi dalla sala cinematografica, il che ne determina anche le caratteristiche estetiche. In questo caso si tratta appunto di ibridazione data dall'ambiente circostante e dai dispositivi. La tesi è un percorso analitico che non punta all'esaustività, ma ha l'ambizione di sollevare delle questioni teoriche per interrogarsi sui confini e l'essenza di ciascuna arte a partire dal cinema. Il discorso è applicato ad alcuni autori, ma attraverso dei riferimenti il lavoro può essere potenzialmente ampliato ad altri autori ed ad altri domini artistici.

Forme ibride nel cinema di Jean-Luc Godard, Chris Marker, Alain Resnais, Alain Robbe-Grillet, Agnès Varda

VALENTE, VALENTINA
2012

Abstract

L'elaborato è una tesi sulle interrelazioni fra il cinema e le altre arti, focalizzandosi sull'ibridazione fra forme artistiche. Nell'isolare i processi di ibridazione “intenzionali”, o meglio che abbiano una matrice creativa che miri a mutazioni stilistiche nel cinema, ho isolato tre periodi caldi, a mio parere determinati dalla volontà di ibridazione del film con altre forme artistiche: le avanguardie, il cinema moderno e postmoderno. Pur essendo difficilmente definibili, i caratteri che hanno richiamato la mia attenzione nel campo della contaminazione fra le arti determinano chiaramente tre passaggi chiave di queste macrotendenze nelle quali individuo le parole chiave dell'evoluzione della forma ibrida: rompere, citare e incorporare. Attraverso questi aspetti si rivela un percorso che dalla rottura portata dalle avanguardie passa attraverso i processi di citazione tipici della modernità, fino all'incorporare in maniera quasi totale l'oggetto (che in alcuni casi non ha più le caratteristiche di un inserto ma diviene il centro trasfigurato di una nuova opera). Per la scelta degli autori ho individuato un'area geografica, la Francia, e preso in considerazione una selezione di registi formatisi negli anni Cinquanta, periodo molto fertile per la cinematografia francese. A questo punto ho individuato quelli che nel loro percorso artistico si sono rapportati con forme espressive diverse dal cinema e che si sono rivelate determinanti per il loro stile: Jean-Luc Godard, Alain Resnais, Chris Marker, Alain Robbe-Grillet, Angès Varda. Il primo capitolo si apre con un'analisi su tre tipi di interazione fra cinema e teatro: adattamento, trasposizione e ibridazione. Nell'analisi degli aspetti di teatralità e dell'aspetto centrale della determinazione di un'ibridazione del film con il teatro c'è una ricerca sullo spazio che vada in direzione di un'artificialità, un'ordine, una preparazione, una forma contratta e centripeta. L'analisi si concentra sull'opera di Alain Resnais in particolare su Mélo e Smoking/No Smoking, due film che non nascondono le loro istanze teatrali e le sviluppano ibridando il linguaggio cinematografico. Il secondo autore preso in esame è Jean-Luc Godard di cui analizzo Tout va bien per la costruzione dello spazio che richiama ad un certo teatro politico (Piscator, Brecht, Living Theatre) e Le Gai Savoir per la capacità di aprire da uno spazio teatrale focalizzato sull'attore dimensioni immaginarie rese visibili dal cinema. Il secondo capitolo tratta l'ibridazione con la fotografia, analizzando la natura dell'immagine fotografica rispetto a quella filmica. Alla base di questa sezione c'è una domanda: cos'è che, dello statuto dell'immagine fotografica, incide sul cinema e sui suoi processi narrativi ibridandone la forma? Ho individuato la temporalità, in quanto la pensosità della fotografia si oppone al dispositivo a scorrimento del film. Inoltre la fotografia conserva per sua natura un carattere testimoniale che, all'interno del film, può costituire al contempo un peso ed un valore aggiunto, a seconda della qualità del film e delle scelte del regista sotto un profilo artistico; pertanto il suo valore materico, pur soltanto evocato, assume un grande peso nell'economia della narrazione e per il portato teorico di cui carica l'opera. La prima analisi si concentra su L'année dernière à Marienbad, film in cui la fotografia incide come ulteriore canale temporale su un un'opera ambigua, tanto che il suo valore testimoniale viene messo in discussione. Segue l'analisi di film in cui nella costruzione dell'immagine vengono utilizzate delle scelte estetiche riferibili alla fotografia turistica (L'immortelle, Alain Robbe-Grillet) e il ritratto (Daguerréotypes). Le ultime due sezioni sono dedicate una alla fotografia come centro da cui si snoda il film o unico oggetto su cui si costruisce il film (Une minute pour une image, Agnès Varda - Je vous saloue, Sarajevo e Letter to Jane, Godard) o come unità del film che si sostituisce al fotogramma, riprendendo la tesi di Dubois sul cinegramma (Si j'avais quatre dromadaires, Marker e Salut les cubains, Varda). Il terzo capitolo tratta l'ibridazione fra cinema e fumetto analizzando gli aspetti della nona arte più vicini e più lontani dal film. La ricerca ritrova un particolare punto d'interesse nella resa della continuità temporale e del movimento, vedendo in alcuni registi delle scelte determinate dal fumetto nel voler mantenere la fissità dell'immagine e talvolta anche del profilmico (come avviene in Alphaville). Per quanto riguarda i punti di convergenza abbiamo invece un principio di stilizzazione che è relativo in primis alla costruzione dei personaggi, che talvolta li rende fruibili ma al limite della caricatura. Il quarto capitolo tratta l'ibridazione fra cinema e arti visive fondamentalmente attraverso tre aspetti: il collage sia come forma visiva che come soluzione formale nella costruzione di uno spazio o di un evento (analizzato principalmente nell'opera di Godad); il tableau vivant in quanto elemento visivo che incide sulla continuità finzionale del film (L'eden et après, Alain Robbe-Grillet) o che tende a creare un ambiente fittizio nel quale l'osservazione del film divenga come una sorta di osservazione poetico-analitica del quadro (Passion). E l'atto di creazione come momento dedicato strettamente all'arte, che si presenta come un'interruzione della narrazione. Il quinto capitolo tratta l'ibridazione portata dalle nuove tecnologie, pertanto verranno presi in esame i canali e i dispositivi di comunicazione che dagli anni Sessanta in poi hanno condizionato l'estetica cinematografica. In prima istanza verrà presa in esame la comunicazione di lotta e pubblicitaria degli anni Sessanta in relazione ai film realizzati nello stesso periodo, per introdurre un'unione fra le forme visive cinematografiche e quelle fruibili all'interno della metropoli; in seconda istanza l'aspetto più legato all'avvento della televisione e del telecomando come elementi determinanti dell'estetica cinematografica (la registrazione audiovisiva che non separa canale audio e canale video, il fermo immagine), infine la rete internet e gli spazi mediali, per affrontare il tema della migrazione del film in spazi diversi dalla sala cinematografica, il che ne determina anche le caratteristiche estetiche. In questo caso si tratta appunto di ibridazione data dall'ambiente circostante e dai dispositivi. La tesi è un percorso analitico che non punta all'esaustività, ma ha l'ambizione di sollevare delle questioni teoriche per interrogarsi sui confini e l'essenza di ciascuna arte a partire dal cinema. Il discorso è applicato ad alcuni autori, ma attraverso dei riferimenti il lavoro può essere potenzialmente ampliato ad altri autori ed ad altri domini artistici.
26-lug-2012
Italiano
hybridation, hybrid, ibridazione, arte plastica, arts plastiques, cinema, film, Agnès Varda, Chris Marker, Jean-Luc Godard, Alain Robbe-Grillet, Alain Resnais, photographie, photography, theatre, theater, teatro, fumetto, bande dessinée, comics, internet
SALVATORE, ROSAMARIA
TINAZZI, GIORGIO
ROMANI, VITTORIA
Università degli studi di Padova
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/82019
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-82019