L’Enteropatia Epizootica del Coniglio (Epizootic Rabbit Entropathy, ERE) è diventata, negli ultimi decenni, la principale causa di perdite a livello economico negli allevamenti cunicoli europei, con aumento della morbilità e della mortalità traducibili in un importante peggioramento della conversione alimentare a livello aziendale. È una patologia caratteristica del periodo di post svezzamento e può essere descritta come una grave forma di enteropatia mucoide, complicata da affezioni batteriche secondarie che, spesso, ne rendono difficile l’interpretazione dei sintomi e l’attribuzione sicura della malattia (Marlier e coll., 2003; Rosell, 2003). Non essendo stato ancora identificato l’agente eziologico della malattia cui piuttosto si riconosce un carattere multifattoriale, le principali soluzioni adottate fino ad oggi hanno riguardato l’utilizzo di antibiotici in profilassi e meta filassi orientati al controllo di clostridi e coli, ma la vigente normativa comunitaria ne limita l’utilizzo a fini preventivi. Inoltre, a causa della rapida evoluzione della malattia, una volta che l’ERE è stata diagnosticata, l'intervento con antibiotici a scopo terapeutico non sempre è sufficientemente tempestivo da limitare le perdite economiche (Xiccato e coll., 2008). A ciò si aggiunga il costo della terapia antibiotica, che risulta avere un considerevole impatto sui costi di produzione degli allevamenti cunicoli e l’elevata frequenza di scarsa efficacia del trattamento antibiotico dovuta a ceppi di clostridi e coli resistenti. A tal proposito, gli studi effettuati negli ultimi decenni hanno puntato a definire al meglio i fabbisogni nutrizionali degli animali e a sviluppare nuove strategie alimentari soprattutto nelle fasi di svezzamento e post svezzamento in relazione alla possibilità di ridurre le perdite causate dall’ERE. Infatti, la nutrizione gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo delle popolazioni microbiche intestinali e nella possibilità che batteri enteropatogeni possano prevalere sulle popolazioni simbionti. In particolare, parlando dei nutrienti della dieta è risaputo come il contenuto ottimale di amido in mangimi per conigli nella fase di svezzamento si attesti attorno al 10 15%, mentre può superare il 15% nelle ultime fasi di ingrasso e finissaggio (De Blas e Mateos, 2010). L'utilizzo di diete ad alto tenore in amido viene spesso associato alla comparsa di disturbi digestivi durante le fasi di svezzamento e post svezzamento (Blas e Gidenne, 2010). Quanto detto trova riscontro nella teoria di Cheeke (1987), secondo la quale diete ricche in amido e povere di fibra aumenterebbero il flusso di amido a livello ciecale, soprattutto negli animali giovani che presentano una scarsa attività delle amilasi intestinali. A livello ciecale, l’amido viene fermentato dai batteri amilolitici, aumenta la produzione di acidi grassi volatili (AGV) provocando un importante riduzione del pH. Queste condizioni risulterebbero favorevoli alla proliferazione di Clostridium spiroforme che, utilizzando il glucosio in eccesso, produrrebbe una tossina iota simile, principale causa di enteriti e diarree. I fabbisogni proteici si attestano attorno al 15 16% di proteina grezza (PG) o al corrispondente 10,5 11% di proteina digeribile (PD). Per quanto riguarda le relazioni intercorrenti tra il livello proteico della dieta e la salute degli animali, la carenza (<12%) o l’eccesso (>18%) di PG possono favorire la presenza di problemi digestivi e quindi aumentare la mortalità modificando l’attività fermentativa ciecale e la composizione della microflora intestinale (Maertens e De Groote, 1988; Lebas, 1989; Carabaño e coll., 2008, 2009). Tutte le popolazioni microbiche beneficiano della disponibilità proteica a livello ciecale per il loro sviluppo e la loro proliferazione, ma alcune specie (in particolare E. coli e Clostridia) sembrerebbero maggiormente avvantaggiate da squilibri nell’apporto proteico. Per quanto concerne i fabbisogni delle diverse frazioni fibrose, vengono consigliati quantitativi minimi pari al 5% di ADL e 16 17% di ADF (Gidenne e García, 2006). Bassi livelli di fibra insolubile diminuirebbero la velocità di transito, prolungando la permanenza dell’alimento nel tratto intestinale; questo aumenterebbe la fermentazione delle proteine, con conseguente aumento dell’azoto ammoniacale e del pH ciecale favorendo le disbiosi intestinali (Gidenne, 1996;. Bennegadi e coll., 2000). Anche un eccesso di fibra insolubile, tuttavia, associato ad una carenza di sostanze fermentabili a livello ciecale, promuove lo sviluppo di una microflora patogena nel cieco, in particolare Escherichia coli., come descritto dalla nota teoria di Morisse e coll. (1985). D’altra parte è stato evidenziato un effetto positivo della fibra solubile sullo stato di salute dei conigli soprattutto quando il suo incremento avviene a spese dell’amido in diete con un contenuto di ADF costante (Jehl e Gidenne, 1996; Perez e coll., 2000; Soler e coll., 2004; Xiccato e coll., 2008). In questo caso risultano migliorate le condizioni a livello ciecale con pH più bassi, conseguenza di una maggior produzione di AGV e di una minore concentrazione di azoto ammoniacale. Inoltre, non è modificata la digeribilità della sostanza secca e il contenuto energetico delle diete, pur migliorando considerevolmente la digeribilità delle frazioni fibrose delle diete stesse (Gidenne e Jehl, 1996; Gidenne e Bellier, 2000; Gidenne e Perez, 2000; Xiccato e coll., 2008, 2010; Trocino e coll., 2011). Al fine di controllare i disturbi digestivi si possono utilizzare anche programmi di restrizione alimentare. In particolare essi possono essere utilizzati al fine di migliorare l’efficienza globale dell’allevamento, aumentando l’utilizzazione digestiva della dieta fornita, modificare la composizione corporea in termini energetici, favorendo la deposizione di proteina a scapito di quella di grasso, ed infine ridurre la mortalità e la morbilità in allevamento causate da disturbi digestivi. Mediante l’applicazione di programmi di restrizione alimentare nella prima fase di allevamento, l’accrescimento viene controllato e quindi limitato durante la fase di restrizione ma, l’accrescimento compensativo durante la successiva fase di re alimentazione permette agli animali di recuperare le performance produttive durante la fase finale di allevamento. I primi studi effettuati sui piani di restrizione alimentare nel coniglio valutavano l’effetto di tali piani sulle performance produttive degli animali, sulle caratteristiche della carcassa e sulla qualità della carne. In seguito, il razionamento è stato utilizzato al fine di migliorare l’efficienza alimentare e standardizzare le curve di crescita negli animali con differenti capacità di ingestione. (Ouhayoun e coll., 1986; Ouhayoun, 1989; Cavani e coll., 1991). Dalla fine degli anni ’90, la restrizione alimentare è stata utilizzata soprattutto nel periodo di post svezzamento al fine di controllare i disturbi digestivi. Gli effetti positivi di queste strategie alimentari sono risultati evidenti sull’insorgenza e la diffusione dell’ERE, in quanto hanno un’azione positiva in termini di contenimento della patologia e di migliore indice di conversione globale (Maertens, 1992; Gidenne e coll., 2003; Tudela, 2009). Fatte queste premesse, obiettivo generale della presente Tesi di dottorato è stato lo sviluppo e la messa a punto di strategie nutrizionali per il miglioramento dell’efficienza alimentare e dello stato di salute di conigli in accrescimento. Tale obiettivo è stato perseguito mediante quattro attività sperimentali, in cui si è articolata la presente Tesi di Dottorato, orientate ai seguenti specifici obiettivi: i) definizione dei fabbisogni di fibra solubile in rapporto al contenuto di fibra insolubile, di amido e di proteina in conigli in post svezzamento e ingrasso (contributi sperimentali 1 e 2); ii) valutazione dell’effetto del livello e della durata della restrizione alimentare rispetto ad un’alimentazione ad libitum nell’ottica della massimizzazione delle prestazioni produttive e qualitative e del controllo dei problemi digestivi (contributi sperimentali 3 e 4).

Feeding strategies to improve health status and feed efficiency in growing rabbits

TAZZOLI, MARCO
2012

Abstract

L’Enteropatia Epizootica del Coniglio (Epizootic Rabbit Entropathy, ERE) è diventata, negli ultimi decenni, la principale causa di perdite a livello economico negli allevamenti cunicoli europei, con aumento della morbilità e della mortalità traducibili in un importante peggioramento della conversione alimentare a livello aziendale. È una patologia caratteristica del periodo di post svezzamento e può essere descritta come una grave forma di enteropatia mucoide, complicata da affezioni batteriche secondarie che, spesso, ne rendono difficile l’interpretazione dei sintomi e l’attribuzione sicura della malattia (Marlier e coll., 2003; Rosell, 2003). Non essendo stato ancora identificato l’agente eziologico della malattia cui piuttosto si riconosce un carattere multifattoriale, le principali soluzioni adottate fino ad oggi hanno riguardato l’utilizzo di antibiotici in profilassi e meta filassi orientati al controllo di clostridi e coli, ma la vigente normativa comunitaria ne limita l’utilizzo a fini preventivi. Inoltre, a causa della rapida evoluzione della malattia, una volta che l’ERE è stata diagnosticata, l'intervento con antibiotici a scopo terapeutico non sempre è sufficientemente tempestivo da limitare le perdite economiche (Xiccato e coll., 2008). A ciò si aggiunga il costo della terapia antibiotica, che risulta avere un considerevole impatto sui costi di produzione degli allevamenti cunicoli e l’elevata frequenza di scarsa efficacia del trattamento antibiotico dovuta a ceppi di clostridi e coli resistenti. A tal proposito, gli studi effettuati negli ultimi decenni hanno puntato a definire al meglio i fabbisogni nutrizionali degli animali e a sviluppare nuove strategie alimentari soprattutto nelle fasi di svezzamento e post svezzamento in relazione alla possibilità di ridurre le perdite causate dall’ERE. Infatti, la nutrizione gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo delle popolazioni microbiche intestinali e nella possibilità che batteri enteropatogeni possano prevalere sulle popolazioni simbionti. In particolare, parlando dei nutrienti della dieta è risaputo come il contenuto ottimale di amido in mangimi per conigli nella fase di svezzamento si attesti attorno al 10 15%, mentre può superare il 15% nelle ultime fasi di ingrasso e finissaggio (De Blas e Mateos, 2010). L'utilizzo di diete ad alto tenore in amido viene spesso associato alla comparsa di disturbi digestivi durante le fasi di svezzamento e post svezzamento (Blas e Gidenne, 2010). Quanto detto trova riscontro nella teoria di Cheeke (1987), secondo la quale diete ricche in amido e povere di fibra aumenterebbero il flusso di amido a livello ciecale, soprattutto negli animali giovani che presentano una scarsa attività delle amilasi intestinali. A livello ciecale, l’amido viene fermentato dai batteri amilolitici, aumenta la produzione di acidi grassi volatili (AGV) provocando un importante riduzione del pH. Queste condizioni risulterebbero favorevoli alla proliferazione di Clostridium spiroforme che, utilizzando il glucosio in eccesso, produrrebbe una tossina iota simile, principale causa di enteriti e diarree. I fabbisogni proteici si attestano attorno al 15 16% di proteina grezza (PG) o al corrispondente 10,5 11% di proteina digeribile (PD). Per quanto riguarda le relazioni intercorrenti tra il livello proteico della dieta e la salute degli animali, la carenza (<12%) o l’eccesso (>18%) di PG possono favorire la presenza di problemi digestivi e quindi aumentare la mortalità modificando l’attività fermentativa ciecale e la composizione della microflora intestinale (Maertens e De Groote, 1988; Lebas, 1989; Carabaño e coll., 2008, 2009). Tutte le popolazioni microbiche beneficiano della disponibilità proteica a livello ciecale per il loro sviluppo e la loro proliferazione, ma alcune specie (in particolare E. coli e Clostridia) sembrerebbero maggiormente avvantaggiate da squilibri nell’apporto proteico. Per quanto concerne i fabbisogni delle diverse frazioni fibrose, vengono consigliati quantitativi minimi pari al 5% di ADL e 16 17% di ADF (Gidenne e García, 2006). Bassi livelli di fibra insolubile diminuirebbero la velocità di transito, prolungando la permanenza dell’alimento nel tratto intestinale; questo aumenterebbe la fermentazione delle proteine, con conseguente aumento dell’azoto ammoniacale e del pH ciecale favorendo le disbiosi intestinali (Gidenne, 1996;. Bennegadi e coll., 2000). Anche un eccesso di fibra insolubile, tuttavia, associato ad una carenza di sostanze fermentabili a livello ciecale, promuove lo sviluppo di una microflora patogena nel cieco, in particolare Escherichia coli., come descritto dalla nota teoria di Morisse e coll. (1985). D’altra parte è stato evidenziato un effetto positivo della fibra solubile sullo stato di salute dei conigli soprattutto quando il suo incremento avviene a spese dell’amido in diete con un contenuto di ADF costante (Jehl e Gidenne, 1996; Perez e coll., 2000; Soler e coll., 2004; Xiccato e coll., 2008). In questo caso risultano migliorate le condizioni a livello ciecale con pH più bassi, conseguenza di una maggior produzione di AGV e di una minore concentrazione di azoto ammoniacale. Inoltre, non è modificata la digeribilità della sostanza secca e il contenuto energetico delle diete, pur migliorando considerevolmente la digeribilità delle frazioni fibrose delle diete stesse (Gidenne e Jehl, 1996; Gidenne e Bellier, 2000; Gidenne e Perez, 2000; Xiccato e coll., 2008, 2010; Trocino e coll., 2011). Al fine di controllare i disturbi digestivi si possono utilizzare anche programmi di restrizione alimentare. In particolare essi possono essere utilizzati al fine di migliorare l’efficienza globale dell’allevamento, aumentando l’utilizzazione digestiva della dieta fornita, modificare la composizione corporea in termini energetici, favorendo la deposizione di proteina a scapito di quella di grasso, ed infine ridurre la mortalità e la morbilità in allevamento causate da disturbi digestivi. Mediante l’applicazione di programmi di restrizione alimentare nella prima fase di allevamento, l’accrescimento viene controllato e quindi limitato durante la fase di restrizione ma, l’accrescimento compensativo durante la successiva fase di re alimentazione permette agli animali di recuperare le performance produttive durante la fase finale di allevamento. I primi studi effettuati sui piani di restrizione alimentare nel coniglio valutavano l’effetto di tali piani sulle performance produttive degli animali, sulle caratteristiche della carcassa e sulla qualità della carne. In seguito, il razionamento è stato utilizzato al fine di migliorare l’efficienza alimentare e standardizzare le curve di crescita negli animali con differenti capacità di ingestione. (Ouhayoun e coll., 1986; Ouhayoun, 1989; Cavani e coll., 1991). Dalla fine degli anni ’90, la restrizione alimentare è stata utilizzata soprattutto nel periodo di post svezzamento al fine di controllare i disturbi digestivi. Gli effetti positivi di queste strategie alimentari sono risultati evidenti sull’insorgenza e la diffusione dell’ERE, in quanto hanno un’azione positiva in termini di contenimento della patologia e di migliore indice di conversione globale (Maertens, 1992; Gidenne e coll., 2003; Tudela, 2009). Fatte queste premesse, obiettivo generale della presente Tesi di dottorato è stato lo sviluppo e la messa a punto di strategie nutrizionali per il miglioramento dell’efficienza alimentare e dello stato di salute di conigli in accrescimento. Tale obiettivo è stato perseguito mediante quattro attività sperimentali, in cui si è articolata la presente Tesi di Dottorato, orientate ai seguenti specifici obiettivi: i) definizione dei fabbisogni di fibra solubile in rapporto al contenuto di fibra insolubile, di amido e di proteina in conigli in post svezzamento e ingrasso (contributi sperimentali 1 e 2); ii) valutazione dell’effetto del livello e della durata della restrizione alimentare rispetto ad un’alimentazione ad libitum nell’ottica della massimizzazione delle prestazioni produttive e qualitative e del controllo dei problemi digestivi (contributi sperimentali 3 e 4).
23-gen-2012
Inglese
Rabbit nutrition, Soluble fibre, Starch, Insoluble fibre,, Feed restriction, Feed plan
XICCATO, GEROLAMO
BAILONI, LUCIA
Università degli studi di Padova
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/82104
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-82104