La tesi si articola in 3 parti. Nella prima si dà conto del dibattito storiografico riguardante il tema dei confini e delle frontiere. Il confine - inteso come linea che divide, separa, differenzia ma anche che consente rapporti, contaminazioni, scambi tra realtà diverse - si presta, in una prospettiva storica, ad una pluralità di percorsi di ricerca: confini religiosi, politici, economici, sociali. Il focus è stato posto sul tema dei confini politici e su quello dei processi di costruzione degli stessi nei secoli XVI e XVII, nonché sulle questioni connesse all’esercizio della giurisdizione e del possesso (individuale e collettivo). Si passa poi ad illustrare il tema della costruzione dei confini in area veneta, tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Asburgico, con riferimento ad alcuni casi maggiormente studiati. Nella seconda parte è analizzato il processo di definizione della linea confinaria nei territori orientali della Repubblica (Cadore e Ampezzo) nel corso del XVI secolo. E’ parso opportuno esaminare questo processo in una prospettiva di lunga durata facendo anche riferimento agli esiti finali, ossia ai trattati settecenteschi che segnano la stabilizzazione e formalizzazione della linea di confine fino alla Grande Guerra. La terza parte è dedicata all’analisi dei territori di confine (il Cadore), nel corso del XVI secolo dal punto di vista della struttura istituzionale, amministrativa e dei rapporti tra le diverse comunità, i loro organismi rappresentativi e lo stato centrale. L’area in esame, il Cadore, godeva di ampi margini di autonomia e di uno status di ‘separatezza’ che si fondava sul mantenimento di una struttura amministrativa-istituzionale specifica, basata sulle regole, sui comuni e sul Consiglio della Comunità di Cadore, ossia l’organismo di rappresentanza delle regole. Un’autonomia che si realizzava attraverso la concessione di una serie di privilegi da parte dallo Stato veneziano: privilegi fiscali e prerogative, prime fra tutte il riconoscimento della proprietà di boschi e pascoli, definiti beni comuni (ossia beni della Comunità di Cadore e non beni demaniali come avveniva in gran parte delle aree di pianura). Nella seconda metà del Cinquecento in queste società alpine erano in atto profondi mutamenti dell’assetto sociale, economico, amministrativo. La crescente domanda di legname da parte di Venezia e dagli altri centri urbani della terraferma, ha offerto a queste popolazioni grandi opportunità economiche e lavorative, coinvolgendole entro traffici commerciali di ampie dimensioni. Ma ha anche prodotto nuovi e diversi equilibri tra comunità, tra queste e la Dominante.
Confini, comunità e conflitti nel Cadore del XVI secolo
POZZAN, ANNAMARIA
2012
Abstract
La tesi si articola in 3 parti. Nella prima si dà conto del dibattito storiografico riguardante il tema dei confini e delle frontiere. Il confine - inteso come linea che divide, separa, differenzia ma anche che consente rapporti, contaminazioni, scambi tra realtà diverse - si presta, in una prospettiva storica, ad una pluralità di percorsi di ricerca: confini religiosi, politici, economici, sociali. Il focus è stato posto sul tema dei confini politici e su quello dei processi di costruzione degli stessi nei secoli XVI e XVII, nonché sulle questioni connesse all’esercizio della giurisdizione e del possesso (individuale e collettivo). Si passa poi ad illustrare il tema della costruzione dei confini in area veneta, tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Asburgico, con riferimento ad alcuni casi maggiormente studiati. Nella seconda parte è analizzato il processo di definizione della linea confinaria nei territori orientali della Repubblica (Cadore e Ampezzo) nel corso del XVI secolo. E’ parso opportuno esaminare questo processo in una prospettiva di lunga durata facendo anche riferimento agli esiti finali, ossia ai trattati settecenteschi che segnano la stabilizzazione e formalizzazione della linea di confine fino alla Grande Guerra. La terza parte è dedicata all’analisi dei territori di confine (il Cadore), nel corso del XVI secolo dal punto di vista della struttura istituzionale, amministrativa e dei rapporti tra le diverse comunità, i loro organismi rappresentativi e lo stato centrale. L’area in esame, il Cadore, godeva di ampi margini di autonomia e di uno status di ‘separatezza’ che si fondava sul mantenimento di una struttura amministrativa-istituzionale specifica, basata sulle regole, sui comuni e sul Consiglio della Comunità di Cadore, ossia l’organismo di rappresentanza delle regole. Un’autonomia che si realizzava attraverso la concessione di una serie di privilegi da parte dallo Stato veneziano: privilegi fiscali e prerogative, prime fra tutte il riconoscimento della proprietà di boschi e pascoli, definiti beni comuni (ossia beni della Comunità di Cadore e non beni demaniali come avveniva in gran parte delle aree di pianura). Nella seconda metà del Cinquecento in queste società alpine erano in atto profondi mutamenti dell’assetto sociale, economico, amministrativo. La crescente domanda di legname da parte di Venezia e dagli altri centri urbani della terraferma, ha offerto a queste popolazioni grandi opportunità economiche e lavorative, coinvolgendole entro traffici commerciali di ampie dimensioni. Ma ha anche prodotto nuovi e diversi equilibri tra comunità, tra queste e la Dominante.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/82331
URN:NBN:IT:UNIPD-82331