Titolo: Percorsi tra tradizione e modernità all'interno dell'universo femminile nel cinema di regime (1929-1943) Se si prendono in esame gli studi critici sulla figura femminile nel cinema del Ventennio, si scopre che esistono solo alcune pubblicazioni, per lo più biografie o saggi sul divismo. Altri studi, utili ma piuttosto periferici, affrontano aspetti socio-culturali della produzione filmica sotto il fascismo, senza riservare alle donne quello spazio da protagoniste che di fatto possedevano all'interno delle storie raccontate sul grande schermo. Questo lavoro di ricerca si propone dunque di tracciare un ritratto della figura muliebre attraverso percorsi per tipologie (la peccatrice, la madre, la vittima, la femme fatale, la donna nuova , ecc..), in un periodo compreso tra il 1929 e il 1943. Si è scelto come termine a quo il 1929, quando Mario Camerini gira Rotaie, mentre come termine ad quem il 1943, l' anno di Ossessione (1943), diretto da Luchino Visconti, un film di svolta, in quanto si afferma un ruolo femminile inedito rispetto a quello veicolato dalla produzione del periodo. Le due pellicole rappresentano infatti le due anime della figura femminile: la prima, che ritroveremo con una certa continuità all' interno del melodramma, è la donna come strumento di conversione dell' uomo. La seconda invece trascina l' uomo, attraverso la passione dei sensi, alla perdizione. La prima incarna la moglie e madre esemplare tanto decantata dalla propaganda fascista, la seconda lo sfaldamento dellâ istituzione familiare. Considerando l' ampio corpus di film girati nel periodo preso in esame, i percorsi si sono diramati in più direzioni mantenendo però come stella polare l' evoluzione diacronica delle presenze femminili all' interno dei due macrogeneri (la commedia e il melodramma). La produzione cinematografica di regime rivolge il proprio interesse quasi esclusivo alla commedia, genere d' evasione prediletto anche a Hollywood, per iniettare sogni di benessere in un contesto critico sul piano storico ed economico. La maggior parte delle pellicole, pur imitando i modelli americani o francesi o magiari o tedeschi, propone tipologie di donne meno emancipate e trasgressive di quelle straniere, ma ugualmente animate da desideri di indipendenza verso cui il regime mostrava un atteggiamento ambiguo e contraddittorio: mentre si emanavano leggi volte a relegarle ancora al focolare domestico, promuovendone l' immagine edulcorata di madri e mogli esemplari, si voleva, allo stesso tempo, coinvolgerle attivamente nella vita pubblica, allontanandole inevitabilmente dalla tutela paterna o coniugale. Le commedie analizzate (capitoli II, III, IV) offrono quasi sempre un finale conciliante in cui le pulsioni di emancipazione dell' universo muliebre vengono smorzate all' interno del rassicurante nucleo domestico, anche se in alcuni film, soprattutto dei primi anni Quaranta, si riscontra una certa insofferenza nei riguardi del modello oleografico femminile propagandato dal regime. E' il genere melodrammatico (capitoli V, VI, VII), poco frequentato dalla produzione cinematografica se non verso la fine degli anni Trenta, in piena campagna autarchica, e durante la guerra, che riserva alle protagoniste parti pressoché inusuali fino a quel momento: prostituta, ragazza madre, adultera. Essendo il melodramma luogo naturale per un protagonismo al femminile, si è deciso di riservare ampio spazio all' analisi di pellicole melodrammatiche, nonostante la loro ridotta presenza sul grande schermo rispetto alle commedie. Il messaggio educativo riservato al cinema, e in particolare al mélo, genere del conflitto dell' individuo con la società, è quasi sempre quello di indirizzare il pubblico, soprattutto femminile, a non lasciarsi andare a comportamenti devianti, contrari alla morale comune; in qualche film trapela invece un messaggio diverso grazie a protagoniste disposte a mettersi contro le regole sociali imperanti, pur di affermare il loro diritto alla libertà, nonostante l' esito tragico delle loro storie personali (I bambini ci guardano, Ossessione, Malombra). Le trame dei film melodrammatici appaiono ispirate e guidate dall'urgenza morale di ammonire la donna nuova esposta ai pericoli della vita cittadina, vittima della propria fragilità interiore, facile preda delle avances maschili. Il codice di condotta morale rivolto alle giovani spettatrici è questo: non è concesso alle donne alcuna debolezza passionale prima e dopo il matrimonio; non devono assolutamente confondere eros con agape.
Percorsi tra tradizione e modernità all'interno dell'universo femminile nel cinema di regime (1929-1943)
NICOLETTO, MERIS
2013
Abstract
Titolo: Percorsi tra tradizione e modernità all'interno dell'universo femminile nel cinema di regime (1929-1943) Se si prendono in esame gli studi critici sulla figura femminile nel cinema del Ventennio, si scopre che esistono solo alcune pubblicazioni, per lo più biografie o saggi sul divismo. Altri studi, utili ma piuttosto periferici, affrontano aspetti socio-culturali della produzione filmica sotto il fascismo, senza riservare alle donne quello spazio da protagoniste che di fatto possedevano all'interno delle storie raccontate sul grande schermo. Questo lavoro di ricerca si propone dunque di tracciare un ritratto della figura muliebre attraverso percorsi per tipologie (la peccatrice, la madre, la vittima, la femme fatale, la donna nuova , ecc..), in un periodo compreso tra il 1929 e il 1943. Si è scelto come termine a quo il 1929, quando Mario Camerini gira Rotaie, mentre come termine ad quem il 1943, l' anno di Ossessione (1943), diretto da Luchino Visconti, un film di svolta, in quanto si afferma un ruolo femminile inedito rispetto a quello veicolato dalla produzione del periodo. Le due pellicole rappresentano infatti le due anime della figura femminile: la prima, che ritroveremo con una certa continuità all' interno del melodramma, è la donna come strumento di conversione dell' uomo. La seconda invece trascina l' uomo, attraverso la passione dei sensi, alla perdizione. La prima incarna la moglie e madre esemplare tanto decantata dalla propaganda fascista, la seconda lo sfaldamento dellâ istituzione familiare. Considerando l' ampio corpus di film girati nel periodo preso in esame, i percorsi si sono diramati in più direzioni mantenendo però come stella polare l' evoluzione diacronica delle presenze femminili all' interno dei due macrogeneri (la commedia e il melodramma). La produzione cinematografica di regime rivolge il proprio interesse quasi esclusivo alla commedia, genere d' evasione prediletto anche a Hollywood, per iniettare sogni di benessere in un contesto critico sul piano storico ed economico. La maggior parte delle pellicole, pur imitando i modelli americani o francesi o magiari o tedeschi, propone tipologie di donne meno emancipate e trasgressive di quelle straniere, ma ugualmente animate da desideri di indipendenza verso cui il regime mostrava un atteggiamento ambiguo e contraddittorio: mentre si emanavano leggi volte a relegarle ancora al focolare domestico, promuovendone l' immagine edulcorata di madri e mogli esemplari, si voleva, allo stesso tempo, coinvolgerle attivamente nella vita pubblica, allontanandole inevitabilmente dalla tutela paterna o coniugale. Le commedie analizzate (capitoli II, III, IV) offrono quasi sempre un finale conciliante in cui le pulsioni di emancipazione dell' universo muliebre vengono smorzate all' interno del rassicurante nucleo domestico, anche se in alcuni film, soprattutto dei primi anni Quaranta, si riscontra una certa insofferenza nei riguardi del modello oleografico femminile propagandato dal regime. E' il genere melodrammatico (capitoli V, VI, VII), poco frequentato dalla produzione cinematografica se non verso la fine degli anni Trenta, in piena campagna autarchica, e durante la guerra, che riserva alle protagoniste parti pressoché inusuali fino a quel momento: prostituta, ragazza madre, adultera. Essendo il melodramma luogo naturale per un protagonismo al femminile, si è deciso di riservare ampio spazio all' analisi di pellicole melodrammatiche, nonostante la loro ridotta presenza sul grande schermo rispetto alle commedie. Il messaggio educativo riservato al cinema, e in particolare al mélo, genere del conflitto dell' individuo con la società, è quasi sempre quello di indirizzare il pubblico, soprattutto femminile, a non lasciarsi andare a comportamenti devianti, contrari alla morale comune; in qualche film trapela invece un messaggio diverso grazie a protagoniste disposte a mettersi contro le regole sociali imperanti, pur di affermare il loro diritto alla libertà, nonostante l' esito tragico delle loro storie personali (I bambini ci guardano, Ossessione, Malombra). Le trame dei film melodrammatici appaiono ispirate e guidate dall'urgenza morale di ammonire la donna nuova esposta ai pericoli della vita cittadina, vittima della propria fragilità interiore, facile preda delle avances maschili. Il codice di condotta morale rivolto alle giovani spettatrici è questo: non è concesso alle donne alcuna debolezza passionale prima e dopo il matrimonio; non devono assolutamente confondere eros con agape.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/82812
URN:NBN:IT:UNIPD-82812