L’intento programmatico da cui origina la mia ricerca è quello di un adeguato coglimento della rilevanza teoretica che la questione dell’affettività riveste tanto nel contesto tematico dell’Ermeneutica dell’effettività e in quello dell’Analitica esistenziale quanto nei corsi di lezione e nelle conferenze successivi agli anni Trenta. Ripercorrendo l’intero sviluppo del Denkweg heideggeriano, si è tentato di ricostruire la genesi e l’evoluzione della complessa fenomenologia della paticità che in esso trova progressiva elaborazione, sino a configurarsi come uno dei nuclei più spiccatamente originali del progetto ontologico avviato nell’Hauptwerk del 1927. È anzitutto in relazione al ripudio del paradigma antropologico tradizionale (homo qua animal rationale), che trova legittimità il conferimento heideggeriano di una rinnovata dignità alla dimensione pre-riflessiva in cui la Befindlichkeit si radica. Condizione stessa di possibilità di ogni atto volontaristico, sia esso di natura riflessiva o pratico-deliberativa, la paticità si rivela quale arche del logos, ovvero del complesso delle attività teoretico-discorsive che fanno capo al Verstehen e alla Rede, e, dunque, quale radice unitaria di affettività e di pensiero, di spontaneità e di ricettività. Muovendo dall’analisi delle più significative acquisizioni concettuali scaturenti dalla determinazione dei caratteri cinetico e progettuale del vortheoretisch erfasstes Leben, nel I capitolo abbiamo preso in esame i presupposti teorici, registrabili già nelle Vorlesungen dei primi anni Venti, che soggiacciono alla priorità trascendentale della ‘situazione emotiva’. Nel II capitolo ci si è soffermati sull’Auseinandersetzung heideggeriana con i testi paolini e agostiniani: nel contesto della prima Parte dell’Einleitung in die Phänomenologie der Religion (1920/21) è infatti riconosciuta l’influenza esercitata dalle Stimmungen della ‘gioia’, della ‘preoccupazione’, dell’‘afflizione’, della ‘speranza’, della ‘tribolazione’, della ‘rassegnazione’, dell’‘inquietudine’, della ‘tranquillità’, dell’‘incertezza’, della ‘trepidazione’ e del ‘pentimento’ rispetto alla conversione religiosa della comunità cui l’Apostolo annuncia l’evento della parousia. Nella seconda Parte del medesimo corso la lettura delle Confessioni agostiniane è in larga parte incentrata sull’analisi delle disposizioni emotive della ‘cupiditas’ e dell’‘amor’ in rapporto al movimento del ‘redire ad Creatorem’. Analogamente, negli scritti dedicati al confronto con Aristotele (capitoli III-V), le articolazioni categoriali dell’esistenza risultano connotate in termini propriamente affettivi. Nella medesima prospettiva, l’esegesi critica dei libri I, VI e X dell’Etica Nicomachea, ponendo in rilievo come la ‘felicità’ non sia caratterizzata da Aristotele come uno stato emotivo, bensì in termini di entelecheia, introduce all’interpretazione della teoria aristotelica delle passioni. Fertilizzata dalla lezione aristotelica, la fenomenologia heideggeriana della paticità – alla cui più dettagliata trattazione è riservata l’intera Seconda parte della ricerca – trova compiuta elaborazione nei corsi di lezioni immediatamente successivi alla stesura di Sein und Zeit, nei quali emerge limpidamente la potenza disvelatrice dell’affettività in relazione ai caratteri di possibilità, di aperturalità e di trascendenza connaturati all’Esserci. Nei capitoli VI-IX, muovendo dall’analisi della Stimmung della ‘noia’ offerta in Die Grundbegriffe der Metaphysik (1929/30), ci siamo soffermati, seguendo l’evoluzione della speculazione heideggeriana post-Kehre, sull’esame delle disposizioni dello ‘spaesamento’, dello ‘stupore’, della ‘meraviglia’, dell’‘ammirazione’, della ‘curiosità’, dell’‘inquietudine’, dell’‘eccitazione’, della ‘distrazione’, dell’‘indifferenza’, del ‘terrore’, dell’‘orrore’, dell’‘incanto’, del ‘dubbio’, della ‘certezza’ e della ‘gioia’. In ultimo, l’analisi si è focalizzata sull’intendimento heideggeriano del ‘ritegno’, del ‘pudore’, dello ‘sgomento’, del ‘presagio’ e dell’‘abbandono’ in relazione al compito del “secondo inizio” del pensiero. Abbiamo assunto infine ad oggetto specifico di trattazione, nell’ultimo capitolo, i paradigmi filosofici della ‘visione’ e dell’‘ascolto’, puntando a rilevare come nel pensiero heideggeriano, in antitesi rispetto all’intera tradizione metafisica occidentale, sia accordato un ruolo primario alla dimensione acustico-musicale legata all’ascolto (Hören), e come quest’ultima risulti cooriginaria non soltanto rispetto a quella patico-affettiva, a quella della genuina interrogazione filosofica, nonché a quella esperienziale della libertà, assunta quale cifra ontologica dell’Esserci. Il predisporsi dell’Esserci a udire i cenni (Winke) della Stimme dell’Essere si configura nei termini modali di una relazione all’Essere emotivamente intonata (gestimmtes Seinsverhältnis), fondata sulla capacità di sentire e di ascoltare, capacità che, essendo esclusiva del Dasein, ne costituisce il proprium, l’essenza. È quindi l’affettività lo spazio fondativo del pensiero e, al contempo, l’ambito manifestativo della verità dell’Essere (Wahrheit des Seyns) e dell’essenza dell’uomo. Nell’atteggiamento, di carattere al contempo pratico e patico, del Sein-lassen, la genuina meditazione sull’Essere può dunque dispiegarsi mediante la riproposizione della Grundfrage obliata dalla storia della metafisica, ed è, in ultimo, nel destarsi della Grundstimmung dell’abbandono che l’Esserci può esperire l’autentica libertà. Secondo l’ipotesi interpretativa prospettata in conclusione del lavoro – formulata a partire dall’analisi del corso inedito in lingua italiana Vom Wesen der menschlichen Freiheit (1930) e dalla lettura in chiave heideggeriana della nozione kantiana di ‘libero favore’ (freie Gunst) –, è infatti nella disposizione del ‘lasciar-essere’ che dimora la possibilità di realizzazione di una duplice dinamica di emancipazione, che coinvolge al tempo stesso l’Esserci e l’essere dell’ente.
Il disvelamento patico dell'Essere. Analisi del Denkweg heideggeriano alla luce del primato ontologico della Befindlichkeit
LA BELLA, LAURA
2014
Abstract
L’intento programmatico da cui origina la mia ricerca è quello di un adeguato coglimento della rilevanza teoretica che la questione dell’affettività riveste tanto nel contesto tematico dell’Ermeneutica dell’effettività e in quello dell’Analitica esistenziale quanto nei corsi di lezione e nelle conferenze successivi agli anni Trenta. Ripercorrendo l’intero sviluppo del Denkweg heideggeriano, si è tentato di ricostruire la genesi e l’evoluzione della complessa fenomenologia della paticità che in esso trova progressiva elaborazione, sino a configurarsi come uno dei nuclei più spiccatamente originali del progetto ontologico avviato nell’Hauptwerk del 1927. È anzitutto in relazione al ripudio del paradigma antropologico tradizionale (homo qua animal rationale), che trova legittimità il conferimento heideggeriano di una rinnovata dignità alla dimensione pre-riflessiva in cui la Befindlichkeit si radica. Condizione stessa di possibilità di ogni atto volontaristico, sia esso di natura riflessiva o pratico-deliberativa, la paticità si rivela quale arche del logos, ovvero del complesso delle attività teoretico-discorsive che fanno capo al Verstehen e alla Rede, e, dunque, quale radice unitaria di affettività e di pensiero, di spontaneità e di ricettività. Muovendo dall’analisi delle più significative acquisizioni concettuali scaturenti dalla determinazione dei caratteri cinetico e progettuale del vortheoretisch erfasstes Leben, nel I capitolo abbiamo preso in esame i presupposti teorici, registrabili già nelle Vorlesungen dei primi anni Venti, che soggiacciono alla priorità trascendentale della ‘situazione emotiva’. Nel II capitolo ci si è soffermati sull’Auseinandersetzung heideggeriana con i testi paolini e agostiniani: nel contesto della prima Parte dell’Einleitung in die Phänomenologie der Religion (1920/21) è infatti riconosciuta l’influenza esercitata dalle Stimmungen della ‘gioia’, della ‘preoccupazione’, dell’‘afflizione’, della ‘speranza’, della ‘tribolazione’, della ‘rassegnazione’, dell’‘inquietudine’, della ‘tranquillità’, dell’‘incertezza’, della ‘trepidazione’ e del ‘pentimento’ rispetto alla conversione religiosa della comunità cui l’Apostolo annuncia l’evento della parousia. Nella seconda Parte del medesimo corso la lettura delle Confessioni agostiniane è in larga parte incentrata sull’analisi delle disposizioni emotive della ‘cupiditas’ e dell’‘amor’ in rapporto al movimento del ‘redire ad Creatorem’. Analogamente, negli scritti dedicati al confronto con Aristotele (capitoli III-V), le articolazioni categoriali dell’esistenza risultano connotate in termini propriamente affettivi. Nella medesima prospettiva, l’esegesi critica dei libri I, VI e X dell’Etica Nicomachea, ponendo in rilievo come la ‘felicità’ non sia caratterizzata da Aristotele come uno stato emotivo, bensì in termini di entelecheia, introduce all’interpretazione della teoria aristotelica delle passioni. Fertilizzata dalla lezione aristotelica, la fenomenologia heideggeriana della paticità – alla cui più dettagliata trattazione è riservata l’intera Seconda parte della ricerca – trova compiuta elaborazione nei corsi di lezioni immediatamente successivi alla stesura di Sein und Zeit, nei quali emerge limpidamente la potenza disvelatrice dell’affettività in relazione ai caratteri di possibilità, di aperturalità e di trascendenza connaturati all’Esserci. Nei capitoli VI-IX, muovendo dall’analisi della Stimmung della ‘noia’ offerta in Die Grundbegriffe der Metaphysik (1929/30), ci siamo soffermati, seguendo l’evoluzione della speculazione heideggeriana post-Kehre, sull’esame delle disposizioni dello ‘spaesamento’, dello ‘stupore’, della ‘meraviglia’, dell’‘ammirazione’, della ‘curiosità’, dell’‘inquietudine’, dell’‘eccitazione’, della ‘distrazione’, dell’‘indifferenza’, del ‘terrore’, dell’‘orrore’, dell’‘incanto’, del ‘dubbio’, della ‘certezza’ e della ‘gioia’. In ultimo, l’analisi si è focalizzata sull’intendimento heideggeriano del ‘ritegno’, del ‘pudore’, dello ‘sgomento’, del ‘presagio’ e dell’‘abbandono’ in relazione al compito del “secondo inizio” del pensiero. Abbiamo assunto infine ad oggetto specifico di trattazione, nell’ultimo capitolo, i paradigmi filosofici della ‘visione’ e dell’‘ascolto’, puntando a rilevare come nel pensiero heideggeriano, in antitesi rispetto all’intera tradizione metafisica occidentale, sia accordato un ruolo primario alla dimensione acustico-musicale legata all’ascolto (Hören), e come quest’ultima risulti cooriginaria non soltanto rispetto a quella patico-affettiva, a quella della genuina interrogazione filosofica, nonché a quella esperienziale della libertà, assunta quale cifra ontologica dell’Esserci. Il predisporsi dell’Esserci a udire i cenni (Winke) della Stimme dell’Essere si configura nei termini modali di una relazione all’Essere emotivamente intonata (gestimmtes Seinsverhältnis), fondata sulla capacità di sentire e di ascoltare, capacità che, essendo esclusiva del Dasein, ne costituisce il proprium, l’essenza. È quindi l’affettività lo spazio fondativo del pensiero e, al contempo, l’ambito manifestativo della verità dell’Essere (Wahrheit des Seyns) e dell’essenza dell’uomo. Nell’atteggiamento, di carattere al contempo pratico e patico, del Sein-lassen, la genuina meditazione sull’Essere può dunque dispiegarsi mediante la riproposizione della Grundfrage obliata dalla storia della metafisica, ed è, in ultimo, nel destarsi della Grundstimmung dell’abbandono che l’Esserci può esperire l’autentica libertà. Secondo l’ipotesi interpretativa prospettata in conclusione del lavoro – formulata a partire dall’analisi del corso inedito in lingua italiana Vom Wesen der menschlichen Freiheit (1930) e dalla lettura in chiave heideggeriana della nozione kantiana di ‘libero favore’ (freie Gunst) –, è infatti nella disposizione del ‘lasciar-essere’ che dimora la possibilità di realizzazione di una duplice dinamica di emancipazione, che coinvolge al tempo stesso l’Esserci e l’essere dell’ente.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/82823
URN:NBN:IT:UNIPD-82823