Il lavoro ripercorre la storia della produzione di apparecchi radio-televisivi in Italia nel secondo dopoguerra. Questo settore, particolarmente florido negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo, può essere considerato uno dei più rappresentativi dell’industria italiana durante il “miracolo economico”. Caratterizzato da una scarsa concentrazione industriale, con decine di imprese attive su quasi tutto il territorio nazionale, l’elettronica civile riassume per oltre due decenni le spinte all’innovazione nel mondo della produzione e la crescita dei consumi privati, in Italia e in Europa. All’interno delle fabbriche elettroniche trovano impiego migliaia di giovani formati all’interno di un sistema scolastico che tende a valorizzare competenze immediatamente spendibili nel tessuto industriale nazionale. Negli anni Settanta, con l’avvento del transistor, del colore televisivo e dell’informatica, si fa più pressante l’esigenza di investimenti rilevanti nel ciclo produttivo e nel capitale umano, una condizione che non può essere garantita dalla scarsa concentrazione industriale e dall’assenza di un piano nazionale di investimento nella ricerca applicata. Il mercato internazionale degli apparecchi elettronici vede imporsi le grandi compagnie multinazionali americane, giapponesi e nordeuropee, sostenute dalla domanda pubblica e da sistemi nazionali di investimento e organizzazione settoriale. I marchi italiani vengono progressivamente emarginati dalla concorrenza internazionale. Anche la Voxson di Roma, caso studio presentato in questa ricerca, vive un ventennio di espansione e nel 1972 viene acquisita da una multinazionale del Regno Unito, la Emi Ltd. Questa, dopo pochi anni, la cede a una società finanziaria, che ne ristruttura radicalmente l’impianto organizzativo, scorporando singole lavorazioni e comparti. Il tentativo di ristrutturazione arriva tuttavia in un momento critico per l’intero settore in Italia. Le ingenti perdite costringono quindi la nuova proprietà a richiedere nel 1980 l’amministrazione controllata, che accompagna l’azienda alla chiusura definitiva e ad un procedimento fallimentare tutt’ora in corso. Attiva all’interno di un tessuto industriale ricco, ma indebolito dalla complessa struttura urbanistica della città di Roma, la Voxson è una delle più grandi e floride industrie della Capitale. Al suo interno lavorano tra le 1.500 e le 2.000 persone, tra tecnici, impiegati e operaie, per lo più donne. Questa ricerca dedica grande attenzione all’attività sindacale, sia dentro che fuori i cancelli della fabbrica, concentrandosi sulle culture politiche, sulle relazioni tra sindacato e nuovi soggetti sociali e sulle rivendicazioni che, a partire da questo controverso rapporto, prendono corpo nel corso dei tre decenni di attività della fabbrica.
La fabbrica e la politica. Produzione e lavoro alla Voxson di Roma (1951-1980)
PIETRANGELI, GIOVANNI
2014
Abstract
Il lavoro ripercorre la storia della produzione di apparecchi radio-televisivi in Italia nel secondo dopoguerra. Questo settore, particolarmente florido negli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo, può essere considerato uno dei più rappresentativi dell’industria italiana durante il “miracolo economico”. Caratterizzato da una scarsa concentrazione industriale, con decine di imprese attive su quasi tutto il territorio nazionale, l’elettronica civile riassume per oltre due decenni le spinte all’innovazione nel mondo della produzione e la crescita dei consumi privati, in Italia e in Europa. All’interno delle fabbriche elettroniche trovano impiego migliaia di giovani formati all’interno di un sistema scolastico che tende a valorizzare competenze immediatamente spendibili nel tessuto industriale nazionale. Negli anni Settanta, con l’avvento del transistor, del colore televisivo e dell’informatica, si fa più pressante l’esigenza di investimenti rilevanti nel ciclo produttivo e nel capitale umano, una condizione che non può essere garantita dalla scarsa concentrazione industriale e dall’assenza di un piano nazionale di investimento nella ricerca applicata. Il mercato internazionale degli apparecchi elettronici vede imporsi le grandi compagnie multinazionali americane, giapponesi e nordeuropee, sostenute dalla domanda pubblica e da sistemi nazionali di investimento e organizzazione settoriale. I marchi italiani vengono progressivamente emarginati dalla concorrenza internazionale. Anche la Voxson di Roma, caso studio presentato in questa ricerca, vive un ventennio di espansione e nel 1972 viene acquisita da una multinazionale del Regno Unito, la Emi Ltd. Questa, dopo pochi anni, la cede a una società finanziaria, che ne ristruttura radicalmente l’impianto organizzativo, scorporando singole lavorazioni e comparti. Il tentativo di ristrutturazione arriva tuttavia in un momento critico per l’intero settore in Italia. Le ingenti perdite costringono quindi la nuova proprietà a richiedere nel 1980 l’amministrazione controllata, che accompagna l’azienda alla chiusura definitiva e ad un procedimento fallimentare tutt’ora in corso. Attiva all’interno di un tessuto industriale ricco, ma indebolito dalla complessa struttura urbanistica della città di Roma, la Voxson è una delle più grandi e floride industrie della Capitale. Al suo interno lavorano tra le 1.500 e le 2.000 persone, tra tecnici, impiegati e operaie, per lo più donne. Questa ricerca dedica grande attenzione all’attività sindacale, sia dentro che fuori i cancelli della fabbrica, concentrandosi sulle culture politiche, sulle relazioni tra sindacato e nuovi soggetti sociali e sulle rivendicazioni che, a partire da questo controverso rapporto, prendono corpo nel corso dei tre decenni di attività della fabbrica.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/83062
URN:NBN:IT:UNIPD-83062