La malattia tumorale maligna della mammella rappresenta ad oggi la neoplasia a più alta incidenza nel sesso femminile e la principale causa di mortalità nei paesi occidentali. Il tumore mammario positivo per gli estrogeni rappresenta il sottotipo più frequente (60-80%) per il cui trattamento è previsto l’impiego del modulatore estrogenico selettivo tamoxifen. Tamoxifen ha una efficacia largamente riconosciuta nella fase adiuvante (post-chirurgica) dei tumori in stadio iniziale, tuttavia in una percentuale rilevante di pazienti la malattia si ripresenta. Il nostro studio si pone l'obiettivo di indagare i possibili fattori implicati nel fallimento terapeutico del trattamento con tamoxifen nelle pazienti affette da tumore mammario infiltrante, positivo agli estrogeni, non metastatico. Tamoxifen è un pro-farmaco ampiamente metabolizzato dal citocromo epatico P450 CYP2D6 in metaboliti più attivi e potenti rispetto al farmaco parentale. Tra questi ha recentemente assunto particolare rilievo il metabolita attivo endoxifen, ritenuto il principale responsabile della risposta terapeutica poiché, oltre a possedere un'elevata affinità per il suo target molecolare, il recettore per gli estrogeni alpha (Erα), presenta livelli plasmatici più elevati in confronto al metabolita similmente attivo 4-idrossitamoxifen. Numerosi studi hanno dimostrato che il gene dell'enzima CYP2D6 è altamente polimorfico nella popolazione, a causa di variazioni nella sequenza genica che determinano alterazioni funzionali, con riduzione parziale o azzeramento della attività enzimatica. Tuttavia le differenze inter-individuali nella esposizione ad endoxifen, riscontrate clinicamente, non risultano essere spiegate unicamente dai polimorfismi del gene CYP2D6, poichè la sua attività risulta significativamente influenzata anche da cause cosiddette ambientali (ad esempio farmaci inibitori dell’enzima). Ne deriva la necessità di individuare altri strumenti per la determinazione della capacità delle singole pazienti di attivare il tamoxifen, mantenendo come parametro di riferimento i livelli plasmatici del metabolita attivo endoxifen. Quest’ultimo non può essere usato direttamente per predire la capacità metabolica del CYP2D6 quando maggiormente necessario, cioè prima o nelle prime fasi del trattamento farmacologico, perché, a causa dei prolungati tempi di emivita del farmaco e dei suoi derivati, il raggiungimento dei livelli plasmatici di stato stazionario (indicativi delle concentrazioni a cui sono esposte le pazienti per i cinque anni di terapia) richiede mediamente quattro mesi. Infine, oltre alla esposizione al metabolita attivo, un altro fattore predittivo di risposta potrebbe includere il bersaglio molecolare del farmaco, il recettore per gli estrogeni. Numerosi studi hanno confermato la co-espressione nei tessuti tumorali e sani mammari di isoforme di splicing alternativo alle due forme complete dei recettori estrogenici, Erα ed Erβ. Più recententemente, uno studio in vitro ha rivelato come la forma completa Erβ sia in grado di sensibilizzare le cellule all'azione di endoxifen. Per la valutazione della capacità individuale di attivazione del tamoxifen, superando i limiti della genotipizzazione, abbiamo utilizzato due modalità, il test di fenotipizzazone del CYP2D6 mediante il farmaco sonda destrometorfano e la determinazione dei livelli di endoxifen al primo mese, in fase pre-stazionaria, e li abbiamo correlati ai livelli di endoxifen allo stato stazionario. Abbiamo dimostrato che i risultati del test di fenotipizzazione e i livelli di endoxifen al primo mese sono molto significativamente associati ai livelli di esposizione al metabolita attivo endoxifen allo stato stazionario e possono essere considerati informativi dello status metabolico del singolo paziente. L'analisi genetica del CYP2D6 condotta sui soggetti arruolati ha confermato l'influenza dei polimorfismi sui livelli plasmatici di endoxifen; la genotipizzazione è anche significativamente associata al test di fenotipizzazione. Il possibile ruolo di una isoforma recettoriale estrogenica, Erβ2, sulla attività di endoxifen è stata valutata, in vitro, utilizzando l’induzione della trascrizione di due geni sensibili agli estrogeni. Mediante analisi dell'espressione di ADORA1 ed IL20 è emerso che, in presenza di concentrazioni di endoxifen di 40nM per intervalli di tempo prolungati (24h), l'isoforma Erβ2 co-espressa con Erα riduce l’azione inibitoria di endoxifen rispetto alla presenza di solo Erα.
Tamoxifen nel trattamento del carcinoma mammario: studio dei fattori predittivi di risposta
BERTOLASO, LAURA
2013
Abstract
La malattia tumorale maligna della mammella rappresenta ad oggi la neoplasia a più alta incidenza nel sesso femminile e la principale causa di mortalità nei paesi occidentali. Il tumore mammario positivo per gli estrogeni rappresenta il sottotipo più frequente (60-80%) per il cui trattamento è previsto l’impiego del modulatore estrogenico selettivo tamoxifen. Tamoxifen ha una efficacia largamente riconosciuta nella fase adiuvante (post-chirurgica) dei tumori in stadio iniziale, tuttavia in una percentuale rilevante di pazienti la malattia si ripresenta. Il nostro studio si pone l'obiettivo di indagare i possibili fattori implicati nel fallimento terapeutico del trattamento con tamoxifen nelle pazienti affette da tumore mammario infiltrante, positivo agli estrogeni, non metastatico. Tamoxifen è un pro-farmaco ampiamente metabolizzato dal citocromo epatico P450 CYP2D6 in metaboliti più attivi e potenti rispetto al farmaco parentale. Tra questi ha recentemente assunto particolare rilievo il metabolita attivo endoxifen, ritenuto il principale responsabile della risposta terapeutica poiché, oltre a possedere un'elevata affinità per il suo target molecolare, il recettore per gli estrogeni alpha (Erα), presenta livelli plasmatici più elevati in confronto al metabolita similmente attivo 4-idrossitamoxifen. Numerosi studi hanno dimostrato che il gene dell'enzima CYP2D6 è altamente polimorfico nella popolazione, a causa di variazioni nella sequenza genica che determinano alterazioni funzionali, con riduzione parziale o azzeramento della attività enzimatica. Tuttavia le differenze inter-individuali nella esposizione ad endoxifen, riscontrate clinicamente, non risultano essere spiegate unicamente dai polimorfismi del gene CYP2D6, poichè la sua attività risulta significativamente influenzata anche da cause cosiddette ambientali (ad esempio farmaci inibitori dell’enzima). Ne deriva la necessità di individuare altri strumenti per la determinazione della capacità delle singole pazienti di attivare il tamoxifen, mantenendo come parametro di riferimento i livelli plasmatici del metabolita attivo endoxifen. Quest’ultimo non può essere usato direttamente per predire la capacità metabolica del CYP2D6 quando maggiormente necessario, cioè prima o nelle prime fasi del trattamento farmacologico, perché, a causa dei prolungati tempi di emivita del farmaco e dei suoi derivati, il raggiungimento dei livelli plasmatici di stato stazionario (indicativi delle concentrazioni a cui sono esposte le pazienti per i cinque anni di terapia) richiede mediamente quattro mesi. Infine, oltre alla esposizione al metabolita attivo, un altro fattore predittivo di risposta potrebbe includere il bersaglio molecolare del farmaco, il recettore per gli estrogeni. Numerosi studi hanno confermato la co-espressione nei tessuti tumorali e sani mammari di isoforme di splicing alternativo alle due forme complete dei recettori estrogenici, Erα ed Erβ. Più recententemente, uno studio in vitro ha rivelato come la forma completa Erβ sia in grado di sensibilizzare le cellule all'azione di endoxifen. Per la valutazione della capacità individuale di attivazione del tamoxifen, superando i limiti della genotipizzazione, abbiamo utilizzato due modalità, il test di fenotipizzazone del CYP2D6 mediante il farmaco sonda destrometorfano e la determinazione dei livelli di endoxifen al primo mese, in fase pre-stazionaria, e li abbiamo correlati ai livelli di endoxifen allo stato stazionario. Abbiamo dimostrato che i risultati del test di fenotipizzazione e i livelli di endoxifen al primo mese sono molto significativamente associati ai livelli di esposizione al metabolita attivo endoxifen allo stato stazionario e possono essere considerati informativi dello status metabolico del singolo paziente. L'analisi genetica del CYP2D6 condotta sui soggetti arruolati ha confermato l'influenza dei polimorfismi sui livelli plasmatici di endoxifen; la genotipizzazione è anche significativamente associata al test di fenotipizzazione. Il possibile ruolo di una isoforma recettoriale estrogenica, Erβ2, sulla attività di endoxifen è stata valutata, in vitro, utilizzando l’induzione della trascrizione di due geni sensibili agli estrogeni. Mediante analisi dell'espressione di ADORA1 ed IL20 è emerso che, in presenza di concentrazioni di endoxifen di 40nM per intervalli di tempo prolungati (24h), l'isoforma Erβ2 co-espressa con Erα riduce l’azione inibitoria di endoxifen rispetto alla presenza di solo Erα.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/83354
URN:NBN:IT:UNIPD-83354