La ricerca si concentra sulla riforma della musica sacra in Italia, nel Veneto in particolare, indagata attraverso la stampa periodica che è stata luogo di riflessione e strumento di formazione di quel vasto movimento di opinione e analisi teorico-pratica impegnato nel recupero dell’antico, generalmente definito Movimento ceciliano. Nella sezione introduttiva della tesi vengono illustrate le ragioni e gli obiettivi del progetto, in relazione allo stato dell’arte, alle problematiche incontrate, alla metodologia adottata e ai risultati raggiunti. La descrizione delle riviste censite, spesso di non facile reperibilità e specchio di situazioni locali alquanto singolari, dà ragione delle caratteristiche del lavoro di censimento. Segue l’approfondimento di tematiche che dallo spoglio delle riviste sono emerse come particolarmente rappresentative degli obiettivi posti dal progetto di ricerca: la tradizione e la presenza nella liturgia cristiana del canto monodico e di quello popolare. Il primo argomento è il recupero del canto piano così come emerge dallo studio pubblicato dall’abate J. Dupoux nella rivista «Santa Cecilia». La proposta di recupero dell’antico avanzata dall’autore francese supera i confini dell’estetica tardo-romantica per allargarsi ad istanze di natura antropologica, storico-liturgica e teologica sull’origine della nostra tradizione musicale, proponendo un approccio di tipo sistematico e filologico, volto a motivare il recupero del passato sulla base di criteri comparativi che coinvolgono le diverse tradizioni liturgico-musicali della Chiesa d’Oriente e di quella d’Occidente. Se paragonato agli studi sul recupero dell’antico promossi in Italia tra Otto e Novecento, il metodo adottato dal Dupoux appare particolarmente innovativo e il fatto che il suo studio sia stato tradotto e pubblicato in una rivista italiana è indicativo degli orientamenti e dei risvolti critici che in quel periodo contraddistinsero la discussione sul recupero dell’antico canto liturgico. Al tema del canto piano per molti aspetti fa da pendant quello del canto popolare, strettamente legato all’esigenza di coinvolgere i fedeli nelle celebrazioni liturgiche. In questo caso sono risultati illuminanti gli scritti di Raffaele Casimiri, apparsi per lo più nella rivista «Psalterium». L’argomento, dei più scottanti per le sue implicazioni e ancora molto attuale, offre l’opportunità di verificare attraverso quali mezzi e strategie tra Otto e Novecento si pensò di agire per coinvolgere attivamente delle assemblee prive di educazione musicale, riscoprendo e riattualizzando una tradizione di canti popolari. L’operazione, che si spiega nel più ampio progetto della costruzione di un’identità nazionale, si configura come un precoce tentativo di alfabetizzazione musicale delle masse. Come, in assenza di un sistema educativo nazionale, questa ragguardevole operazione di recupero della musica antica abbia potuto essere realizzata a livello periferico, con quali risultati e ricadute concrete è possibile verificarlo analizzando il processo di costituzione delle scholae cantorum nei paesi di campagna, della formazione dei maestri di canto e degli organisti. Esemplare risulta essere la realtà della diocesi di Treviso così come emerge da «Lo Svegliarino musicale», un foglietto mensile diffuso a livello capillare. In questo caso l’indagine si è spinta necessariamente oltre l’orizzonte tradizionale della musicologia storica, perché solo osservando gli eventi nel loro contesto sociale e antropologico è stato possibile cogliere l’esatta dimensione di un fenomeno educativo che costituisce un capitolo ampiamente inedito per chi si occupa di storia della musica.

La musica sacra in periodici di area settentrionale dei secoli XIX e XX

CAROLI, MARCO
2017

Abstract

La ricerca si concentra sulla riforma della musica sacra in Italia, nel Veneto in particolare, indagata attraverso la stampa periodica che è stata luogo di riflessione e strumento di formazione di quel vasto movimento di opinione e analisi teorico-pratica impegnato nel recupero dell’antico, generalmente definito Movimento ceciliano. Nella sezione introduttiva della tesi vengono illustrate le ragioni e gli obiettivi del progetto, in relazione allo stato dell’arte, alle problematiche incontrate, alla metodologia adottata e ai risultati raggiunti. La descrizione delle riviste censite, spesso di non facile reperibilità e specchio di situazioni locali alquanto singolari, dà ragione delle caratteristiche del lavoro di censimento. Segue l’approfondimento di tematiche che dallo spoglio delle riviste sono emerse come particolarmente rappresentative degli obiettivi posti dal progetto di ricerca: la tradizione e la presenza nella liturgia cristiana del canto monodico e di quello popolare. Il primo argomento è il recupero del canto piano così come emerge dallo studio pubblicato dall’abate J. Dupoux nella rivista «Santa Cecilia». La proposta di recupero dell’antico avanzata dall’autore francese supera i confini dell’estetica tardo-romantica per allargarsi ad istanze di natura antropologica, storico-liturgica e teologica sull’origine della nostra tradizione musicale, proponendo un approccio di tipo sistematico e filologico, volto a motivare il recupero del passato sulla base di criteri comparativi che coinvolgono le diverse tradizioni liturgico-musicali della Chiesa d’Oriente e di quella d’Occidente. Se paragonato agli studi sul recupero dell’antico promossi in Italia tra Otto e Novecento, il metodo adottato dal Dupoux appare particolarmente innovativo e il fatto che il suo studio sia stato tradotto e pubblicato in una rivista italiana è indicativo degli orientamenti e dei risvolti critici che in quel periodo contraddistinsero la discussione sul recupero dell’antico canto liturgico. Al tema del canto piano per molti aspetti fa da pendant quello del canto popolare, strettamente legato all’esigenza di coinvolgere i fedeli nelle celebrazioni liturgiche. In questo caso sono risultati illuminanti gli scritti di Raffaele Casimiri, apparsi per lo più nella rivista «Psalterium». L’argomento, dei più scottanti per le sue implicazioni e ancora molto attuale, offre l’opportunità di verificare attraverso quali mezzi e strategie tra Otto e Novecento si pensò di agire per coinvolgere attivamente delle assemblee prive di educazione musicale, riscoprendo e riattualizzando una tradizione di canti popolari. L’operazione, che si spiega nel più ampio progetto della costruzione di un’identità nazionale, si configura come un precoce tentativo di alfabetizzazione musicale delle masse. Come, in assenza di un sistema educativo nazionale, questa ragguardevole operazione di recupero della musica antica abbia potuto essere realizzata a livello periferico, con quali risultati e ricadute concrete è possibile verificarlo analizzando il processo di costituzione delle scholae cantorum nei paesi di campagna, della formazione dei maestri di canto e degli organisti. Esemplare risulta essere la realtà della diocesi di Treviso così come emerge da «Lo Svegliarino musicale», un foglietto mensile diffuso a livello capillare. In questo caso l’indagine si è spinta necessariamente oltre l’orizzonte tradizionale della musicologia storica, perché solo osservando gli eventi nel loro contesto sociale e antropologico è stato possibile cogliere l’esatta dimensione di un fenomeno educativo che costituisce un capitolo ampiamente inedito per chi si occupa di storia della musica.
30-gen-2017
Italiano
musica sacra; periodici; movimento ceciliano; Dupoux; canto liturgico popolare; Diocesi di Treviso
LOVATO, ANTONIO
ROMANI, VITTORIA
Università degli studi di Padova
243
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-83397