Il settore lattiero-caseario è in crescita, contribuendo in maniera importante al settore economico mondiale, inoltre è un settore che apporta fondamentali nutrienti nella dieta umana. Tuttavia, il medesimo settore è uno dei principali comparti che determinano l’impatto ambientale associato al settore alimentare. Il settore della produzione di formaggi è un ambito strategico del comparto lattiero caseario italiano e per l’economia italiana, che vanta esportazione di formaggi di alta qualità e formaggi DOP verso numerosi paesi internazionali. C’è un urgente bisogno di aumentare la sostenibilità del settore lattiero caseario, considerando questa necessità in una prospettiva “dalla culla alla tomba”, ossia dalla produzione delle materie prime per la produzione di prodotti lattiero caseari, al loro consumo, ed infine allo smaltimento dei rifiuti associati al loro ciclo di vita. Lo scopo generale del progetto di dottorato di ricerca è stato quello di valutare gli impatti ambientali derivanti dal settore lattiero caseario italiano con particolare riferimento alla Regione Veneto. L’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) è stata la metodologia utilizzata per valutare gli impatti ambientali associati alla produzione di latte “dalla culla al cancello della azienda” (Manoscritto I), del formaggio Asiago DOP in una prospettiva “dalla culla alla cancello del caseificio” (Manoscritto II) e della mozzarella in una prospettiva “dalla culla alla tomba” (Manoscritto III). I dati primari del progetto sono stati raccolti tramite interviste agli allevatori delle 34 aziende agricole coinvolte nel progetto, e ai responsabili del caseificio produttore di Asiago e dello stabilimento di produzione della mozzarella. Ecoinvent® v3 and Agrifoodprint® v1 database sono stati usati come fonte di dati secondari usati nel progetto. Dati da letteratura scientifica e report nazionali sono stati utilizzati per modellare le fasi post-stabilimento (distribuzione, consumo e smaltimento) nel Manoscritto III. Simapro© 8 è stato il software utilizzato per stimare gli impatti ambientali nei tre Manoscritti. Gli impatti stimati hanno riguardato la sfera della salute umana, l’ecosistema e utilizzo di risorse. Manoscritto I e Manoscritto II presentano lo studio LCA per il formaggio Asiago DOP. Infatti le 34 stalle da latte analizzate sono localizzare nel territorio regionale, creando una unica filiera produttiva, come richiesto dal disciplinare di produzione del formaggio Asiago DOP. Nel Manoscritto I, l’unità funzionale è stata un kg di latte prodotto. In particolare, il Manoscritto I rappresenta il primo studio LCA relativo alla produzione di latte bovino nella Regione del Veneto. La produzione di mangimi extra-aziendali e la produzione dei mangimi aziendali (i quali richiedono terra, acqua, fertilizzanti e reflui zootecnici, e macchinari) e le emissioni riconducibili ai bovini (metano enterico, e emissioni di ossido di diazoto dai reflui) sono stati i principali driver per la totalità degli impatti stimati, tra cui cambiamento climatici, acidificazione, eutrofizzazione, utilizzo di acqua, suolo ed energia. Un minore contributo agli impatti stimati è associato all’utilizzo di elettricità, carburanti e detergenti, e ai rifiuti prodotti durante le attività svolte in stalla (es. mungitura e pulizie). Sono stati testati differenti metodi allocativi alternativi al metodo base, il quale era l’allocazione biologica tra latte e peso vivo prodotto in stalla. Diversi metodi allocativi hanno portato a diverse emissioni per unità funzionale come riscontrato in letteratura. Il Manoscritto II ha presentato LCA della filiera produttiva del formaggio Asiago DOP, e come unità funzionale aveva un kg di Asiago al cancello del caseificio, dopo la fase di stagionatura. La produzione di latte bovino in stalla è il driver principale per gli impatti stimati ad eccezione del depauperamento dello strato di ozono del quale il processo di caseificazione era il principale driver. Escludendo la fase di produzione del latte bovino, l’analisi LCA ha dimostrato come le fasi di caseificazione siano quelle maggiormente impattanti, ad esclusione di eutrofizzazione e utilizzo di acqua per le quali il maggiore responsabile è rappresentato dai processi di trattamento delle acque reflue ottenute durante i processi di caseificazione, ed infine l’occupazione di suolo, il quale è stato primariamente determinato dalla produzione del packaging cartaceo primario e secondario. I principali driver durante le fasi di caseificazione del formaggio sono risultati l’utilizzo di elettricità e gas naturale, e l’acqua utilizzata durante la caseificazione (principalmente in fasi di pulizia), inoltre il trasporto del latte dalla stalla al caseificio ha contributo agli impatti di tossicità e formazione di ossidi fotochimici. E’ stata comparata l’ allocazione economica e l’allocazione basata sul contenuto di solidi del latte presenti nel formaggio Asiago e nei coprodotti (altri formaggi prodotti in caseificio e siero liquido), ed è stato evidenziato che l’allocazione basata sul contenuto di solidi del latte ha determinato delle minori emissioni per kg di formaggio Asiago rispetto alla allocazione economica. Infatti, l’allocazione basata sul contenuto di solidi del latte assegna una maggior percentuale di impatti ai due coprodotti presenti. Infine è stata svolta l’analisi di incertezza dei risultati ottenuti, e analisi di sensitività basata sulla durata del processo di stagionatura. Il Manoscritto III a differenza del Manoscritto II ha applicato la metodologia LCA in un stabilimento altamente industrializzato per la produzione di mozzarella (terzo produttore di mozzarella a livello italiano). LCA è stato realizzato in una prospettiva “dalla culla alla tomba”, considerando le fasi post-stabilimento, quali distribuzione presso la GDO e i piccoli rivenditori, fase di consumo e il fine vita. Lo stabilimento produttivo usava sia latte bovino italiano che estero, e la mozzarella prodotta veniva distribuita sia sul mercato nazionale che internazionale. L’unità funzionale dello studio era un kg di mozzarella consumata. Il risultato dello studio ha confermato come la produzione di latte in stalla rappresenti il principale driver per la maggioranza degli impatti stimati, con eccezione del depauperamento dello strato di ozono, per il quale i gas refrigeranti utilizzati per la refrigerazione e lo stoccaggio dei prodotti nelle fasi di produzione e in quelle post-stabilimento produttivo erano i principali drivers. Le fasi di produzione in stabilimento e il packaging sono risultate essere secondi principali drivers per gli impatti finali, seguiti da trattamento e smaltimento delle acque reflue, mentre i minori impatti sono stati identificati per le fasi di distribuzione e consumo della mozzarella. I risultati ottenuti sono stati normalizzati e hanno mostrato nella eco-tossicità, acidificazione, eutrofizzazione e cambiamenti climatici le principali categorie di impatto; per queste categorie di impatto dovrebbero essere focalizzate primariamente le strategie per la riduzione delle emissioni. L’analisi di sensitività condotta nello studio ha evidenziato come il metodo allocativo influenzi i risultati finali. Inoltre un’analisi di sensitività è stata eseguita per differenziare le due principali tipologie di mozzarella nel mercato italiano ed anche internazionale: bocconcino di mozzarella (alto contenuto di umidità) e mozzarella da pizza (basso contenuto di umidità). La comparazione ha evidenziato che, una volta non considerata la differenza derivante dalla fase di stalla la quale contiene anche la maggior variabilità, il trasporto del latte in stabilimento rappresenta la causa principale del maggiore impatto per la mozzarella da pizza, infatti a livello italiano, come nello stabilimento analizzato, la mozzarella da pizza è prodotta utilizzando primariamente latte di origine estera, richiedendo una maggiore distanza di trasporto, con conseguente aumento della emissioni. Infine, un’altra rilevante parte degli impatti è stata associata alla cagliata acquistata da stabilimenti italiani e esteri ed utilizzata per la produzione di mozzarella da pizza. Infatti, tale semilavorato prima di essere trasformato in mozzarella, è stato a sua volta prodotta in stabilimenti appositivi, richiedendo vari input quali energia, materiali e packaging, ed infine trasportata nello stabilimento di produzione della mozzarella.
Life cycle assessment of Italian dairy cheese chain
DALLA RIVA, ALESSANDRO
2017
Abstract
Il settore lattiero-caseario è in crescita, contribuendo in maniera importante al settore economico mondiale, inoltre è un settore che apporta fondamentali nutrienti nella dieta umana. Tuttavia, il medesimo settore è uno dei principali comparti che determinano l’impatto ambientale associato al settore alimentare. Il settore della produzione di formaggi è un ambito strategico del comparto lattiero caseario italiano e per l’economia italiana, che vanta esportazione di formaggi di alta qualità e formaggi DOP verso numerosi paesi internazionali. C’è un urgente bisogno di aumentare la sostenibilità del settore lattiero caseario, considerando questa necessità in una prospettiva “dalla culla alla tomba”, ossia dalla produzione delle materie prime per la produzione di prodotti lattiero caseari, al loro consumo, ed infine allo smaltimento dei rifiuti associati al loro ciclo di vita. Lo scopo generale del progetto di dottorato di ricerca è stato quello di valutare gli impatti ambientali derivanti dal settore lattiero caseario italiano con particolare riferimento alla Regione Veneto. L’analisi del ciclo di vita (Life Cycle Assessment, LCA) è stata la metodologia utilizzata per valutare gli impatti ambientali associati alla produzione di latte “dalla culla al cancello della azienda” (Manoscritto I), del formaggio Asiago DOP in una prospettiva “dalla culla alla cancello del caseificio” (Manoscritto II) e della mozzarella in una prospettiva “dalla culla alla tomba” (Manoscritto III). I dati primari del progetto sono stati raccolti tramite interviste agli allevatori delle 34 aziende agricole coinvolte nel progetto, e ai responsabili del caseificio produttore di Asiago e dello stabilimento di produzione della mozzarella. Ecoinvent® v3 and Agrifoodprint® v1 database sono stati usati come fonte di dati secondari usati nel progetto. Dati da letteratura scientifica e report nazionali sono stati utilizzati per modellare le fasi post-stabilimento (distribuzione, consumo e smaltimento) nel Manoscritto III. Simapro© 8 è stato il software utilizzato per stimare gli impatti ambientali nei tre Manoscritti. Gli impatti stimati hanno riguardato la sfera della salute umana, l’ecosistema e utilizzo di risorse. Manoscritto I e Manoscritto II presentano lo studio LCA per il formaggio Asiago DOP. Infatti le 34 stalle da latte analizzate sono localizzare nel territorio regionale, creando una unica filiera produttiva, come richiesto dal disciplinare di produzione del formaggio Asiago DOP. Nel Manoscritto I, l’unità funzionale è stata un kg di latte prodotto. In particolare, il Manoscritto I rappresenta il primo studio LCA relativo alla produzione di latte bovino nella Regione del Veneto. La produzione di mangimi extra-aziendali e la produzione dei mangimi aziendali (i quali richiedono terra, acqua, fertilizzanti e reflui zootecnici, e macchinari) e le emissioni riconducibili ai bovini (metano enterico, e emissioni di ossido di diazoto dai reflui) sono stati i principali driver per la totalità degli impatti stimati, tra cui cambiamento climatici, acidificazione, eutrofizzazione, utilizzo di acqua, suolo ed energia. Un minore contributo agli impatti stimati è associato all’utilizzo di elettricità, carburanti e detergenti, e ai rifiuti prodotti durante le attività svolte in stalla (es. mungitura e pulizie). Sono stati testati differenti metodi allocativi alternativi al metodo base, il quale era l’allocazione biologica tra latte e peso vivo prodotto in stalla. Diversi metodi allocativi hanno portato a diverse emissioni per unità funzionale come riscontrato in letteratura. Il Manoscritto II ha presentato LCA della filiera produttiva del formaggio Asiago DOP, e come unità funzionale aveva un kg di Asiago al cancello del caseificio, dopo la fase di stagionatura. La produzione di latte bovino in stalla è il driver principale per gli impatti stimati ad eccezione del depauperamento dello strato di ozono del quale il processo di caseificazione era il principale driver. Escludendo la fase di produzione del latte bovino, l’analisi LCA ha dimostrato come le fasi di caseificazione siano quelle maggiormente impattanti, ad esclusione di eutrofizzazione e utilizzo di acqua per le quali il maggiore responsabile è rappresentato dai processi di trattamento delle acque reflue ottenute durante i processi di caseificazione, ed infine l’occupazione di suolo, il quale è stato primariamente determinato dalla produzione del packaging cartaceo primario e secondario. I principali driver durante le fasi di caseificazione del formaggio sono risultati l’utilizzo di elettricità e gas naturale, e l’acqua utilizzata durante la caseificazione (principalmente in fasi di pulizia), inoltre il trasporto del latte dalla stalla al caseificio ha contributo agli impatti di tossicità e formazione di ossidi fotochimici. E’ stata comparata l’ allocazione economica e l’allocazione basata sul contenuto di solidi del latte presenti nel formaggio Asiago e nei coprodotti (altri formaggi prodotti in caseificio e siero liquido), ed è stato evidenziato che l’allocazione basata sul contenuto di solidi del latte ha determinato delle minori emissioni per kg di formaggio Asiago rispetto alla allocazione economica. Infatti, l’allocazione basata sul contenuto di solidi del latte assegna una maggior percentuale di impatti ai due coprodotti presenti. Infine è stata svolta l’analisi di incertezza dei risultati ottenuti, e analisi di sensitività basata sulla durata del processo di stagionatura. Il Manoscritto III a differenza del Manoscritto II ha applicato la metodologia LCA in un stabilimento altamente industrializzato per la produzione di mozzarella (terzo produttore di mozzarella a livello italiano). LCA è stato realizzato in una prospettiva “dalla culla alla tomba”, considerando le fasi post-stabilimento, quali distribuzione presso la GDO e i piccoli rivenditori, fase di consumo e il fine vita. Lo stabilimento produttivo usava sia latte bovino italiano che estero, e la mozzarella prodotta veniva distribuita sia sul mercato nazionale che internazionale. L’unità funzionale dello studio era un kg di mozzarella consumata. Il risultato dello studio ha confermato come la produzione di latte in stalla rappresenti il principale driver per la maggioranza degli impatti stimati, con eccezione del depauperamento dello strato di ozono, per il quale i gas refrigeranti utilizzati per la refrigerazione e lo stoccaggio dei prodotti nelle fasi di produzione e in quelle post-stabilimento produttivo erano i principali drivers. Le fasi di produzione in stabilimento e il packaging sono risultate essere secondi principali drivers per gli impatti finali, seguiti da trattamento e smaltimento delle acque reflue, mentre i minori impatti sono stati identificati per le fasi di distribuzione e consumo della mozzarella. I risultati ottenuti sono stati normalizzati e hanno mostrato nella eco-tossicità, acidificazione, eutrofizzazione e cambiamenti climatici le principali categorie di impatto; per queste categorie di impatto dovrebbero essere focalizzate primariamente le strategie per la riduzione delle emissioni. L’analisi di sensitività condotta nello studio ha evidenziato come il metodo allocativo influenzi i risultati finali. Inoltre un’analisi di sensitività è stata eseguita per differenziare le due principali tipologie di mozzarella nel mercato italiano ed anche internazionale: bocconcino di mozzarella (alto contenuto di umidità) e mozzarella da pizza (basso contenuto di umidità). La comparazione ha evidenziato che, una volta non considerata la differenza derivante dalla fase di stalla la quale contiene anche la maggior variabilità, il trasporto del latte in stabilimento rappresenta la causa principale del maggiore impatto per la mozzarella da pizza, infatti a livello italiano, come nello stabilimento analizzato, la mozzarella da pizza è prodotta utilizzando primariamente latte di origine estera, richiedendo una maggiore distanza di trasporto, con conseguente aumento della emissioni. Infine, un’altra rilevante parte degli impatti è stata associata alla cagliata acquistata da stabilimenti italiani e esteri ed utilizzata per la produzione di mozzarella da pizza. Infatti, tale semilavorato prima di essere trasformato in mozzarella, è stato a sua volta prodotta in stabilimenti appositivi, richiedendo vari input quali energia, materiali e packaging, ed infine trasportata nello stabilimento di produzione della mozzarella.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/83566
URN:NBN:IT:UNIPD-83566