Tra il 1966 e il 1969 Giorgio Scerbanenco pubblica quattro romanzi polizieschi (" Venere privata", "Traditori di tutti", "I ragazzi del massacro", "I milanesi ammazzano al sabato", tutti dominati dalla figura di Duca Lamberti, medico radiato dall'ordine a seguito di un'eutanasia e convertito in modernissimo poliziotto carico di rabbia esistenziale e assetato di giustizia sociale per quanti non la possono avere) con i quali rivoluziona dalle fondamenta gli spiriti e le forme del giallo italiano facendo irrompere in un genere fermo da anni alle scimmiottature di modelli americani la realtà del nuovo volto truce che l' Italia reduce dal boom economico aveva assunto in quegli anni. Grazie a quei quattro gialli duri e puri Scerbanenco è diventato in breve tempo una sorta di maestro per quanti hanno deciso di seguirne le orme cercando di usare gli schemi e i temi tipici del poliziesco per raccontare la realtà sociale del paese in continua e spesso contraddittoria evoluzione. Questo ruolo di Scerbanenco visto come liberatore della letteratura di genere (il giallo che trascolora nel noir) dalle servitù di passaggio del passato e di apripista verso un futuro di indipendenza narrativa possibile è ormai un dato di fatto consolidato sia presso la critica che presso il pubblico. Al punto da essere parte integrante di ogni rievocazione della storia del giallo nostrano che si rispetti. Ciò non ostante non è un azzardo affermare che raramente ci si è domandati che cosa stia dietro a questa improvvisa rivoluzione copernicana capace di rinnovarne il panorama uggioso e monotono con storie che puzzassero finalmente di vita vera dopo tanta letteratura plastificata straripante di adattamenti passivi e scodinzolanti di quelli che erano già brutti modelli americani di partenza. L'approdo di Scerbanenco all'equilibrio perfetto delle storie della serie di Duca Lamberti non è però un evento casuale verificatosi per una serie di fauste concomitanze storiche e letterarie (ovvero l'essere stato egli il primo a capire che la società italiana dell'immediato post-boom economico dei primi anni '60 era cambiata in maniera imprevedibilmente repentina e che le nuove forme di criminalità che iniziavano a piagare il paese meritavano di avere una loro visibilità nel solo genere letterario che le potesse ospitare trasformandole in vero "ambiente"). Se Scerbanenco avesse avuto soltanto il merito di questa brillante intuizione di sociologia amatoriale, senza poter contare su un adeguato magistero creativo durato anni, non avrebbe mai avuto la possibilità concreta di convertire la lucida visionarietà di quell'intuizione in un prodotto di letteratura di consumo di alto profilo. Lo scopo che questa ricerca si prefissa è appunto quello di proporre un viaggio di archeologia letteraria alle radici di un'ossessione. Ovvero esaminare le fasi più remote (e in parte confuse, oltre che ancora non adeguatamente studiate) della produzione scerbanenchiana per andare alla ricerca di quelle pagine nelle quali lo scrittore italo-ucraino dimostra sin dagli anni più imberbi di subire fortissima la fascinazione della dimensione poliziesca, cercando così di dimostrare come l'esplosione di fine anni '60 non sia affatto la ciambella uscita col buco perfetto dal forno dell'improvvisazione, quanto piuttosto l'inevitabile approdo di un lungo viaggio dentro le ossessioni del crimine trasferito sulla pagina.
Giorgio Scerbanenco e il cuore nero del giallo di casa nostra. Viaggio al termine dell' ossessione di una vita
REVERDITO, GUIDO
2013
Abstract
Tra il 1966 e il 1969 Giorgio Scerbanenco pubblica quattro romanzi polizieschi (" Venere privata", "Traditori di tutti", "I ragazzi del massacro", "I milanesi ammazzano al sabato", tutti dominati dalla figura di Duca Lamberti, medico radiato dall'ordine a seguito di un'eutanasia e convertito in modernissimo poliziotto carico di rabbia esistenziale e assetato di giustizia sociale per quanti non la possono avere) con i quali rivoluziona dalle fondamenta gli spiriti e le forme del giallo italiano facendo irrompere in un genere fermo da anni alle scimmiottature di modelli americani la realtà del nuovo volto truce che l' Italia reduce dal boom economico aveva assunto in quegli anni. Grazie a quei quattro gialli duri e puri Scerbanenco è diventato in breve tempo una sorta di maestro per quanti hanno deciso di seguirne le orme cercando di usare gli schemi e i temi tipici del poliziesco per raccontare la realtà sociale del paese in continua e spesso contraddittoria evoluzione. Questo ruolo di Scerbanenco visto come liberatore della letteratura di genere (il giallo che trascolora nel noir) dalle servitù di passaggio del passato e di apripista verso un futuro di indipendenza narrativa possibile è ormai un dato di fatto consolidato sia presso la critica che presso il pubblico. Al punto da essere parte integrante di ogni rievocazione della storia del giallo nostrano che si rispetti. Ciò non ostante non è un azzardo affermare che raramente ci si è domandati che cosa stia dietro a questa improvvisa rivoluzione copernicana capace di rinnovarne il panorama uggioso e monotono con storie che puzzassero finalmente di vita vera dopo tanta letteratura plastificata straripante di adattamenti passivi e scodinzolanti di quelli che erano già brutti modelli americani di partenza. L'approdo di Scerbanenco all'equilibrio perfetto delle storie della serie di Duca Lamberti non è però un evento casuale verificatosi per una serie di fauste concomitanze storiche e letterarie (ovvero l'essere stato egli il primo a capire che la società italiana dell'immediato post-boom economico dei primi anni '60 era cambiata in maniera imprevedibilmente repentina e che le nuove forme di criminalità che iniziavano a piagare il paese meritavano di avere una loro visibilità nel solo genere letterario che le potesse ospitare trasformandole in vero "ambiente"). Se Scerbanenco avesse avuto soltanto il merito di questa brillante intuizione di sociologia amatoriale, senza poter contare su un adeguato magistero creativo durato anni, non avrebbe mai avuto la possibilità concreta di convertire la lucida visionarietà di quell'intuizione in un prodotto di letteratura di consumo di alto profilo. Lo scopo che questa ricerca si prefissa è appunto quello di proporre un viaggio di archeologia letteraria alle radici di un'ossessione. Ovvero esaminare le fasi più remote (e in parte confuse, oltre che ancora non adeguatamente studiate) della produzione scerbanenchiana per andare alla ricerca di quelle pagine nelle quali lo scrittore italo-ucraino dimostra sin dagli anni più imberbi di subire fortissima la fascinazione della dimensione poliziesca, cercando così di dimostrare come l'esplosione di fine anni '60 non sia affatto la ciambella uscita col buco perfetto dal forno dell'improvvisazione, quanto piuttosto l'inevitabile approdo di un lungo viaggio dentro le ossessioni del crimine trasferito sulla pagina.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Guido_Reverdito_tesi.pdf
accesso aperto
Dimensione
2.27 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.27 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/83596
URN:NBN:IT:UNIPD-83596