Nella corrente pratica clinica, diversi strumenti diagnostici sono già a disposizione del clinico per aiutarlo nella diagnosi differenziale delle cardiopatie non ischemiche, attualmente però la principale sfida risiede nella capacità di stratificarne prognosticamente il rischio clinico e soprattutto aritmico. La risonanza magnetica cardiaca (RMC) si dimostrata una metodica di imaging non invasivo altamente riproducibile e applicabile nella corrente pratica clinica. La sua utilità nella diagnosi differenziale delle varie malattie cardiache è stata ampiamente validata tant'è che negli ultimi anni l'interesse scientifico si è rivolto a studiarne la valenza prognostica. Molti lavori scientifici hanno analizzato l'impatto di una cicatrice fibrosa evidenziata in vivo dalla RMC nella cardimiopatia ipertrofica sulla mortalità cardiaca. Nella cardiomiopatia dilatativa, la presenza di una stria di fibrosi intramurale si è dimostrata in grado di identificare quei pazienti a più alto rischio di morte cardiaca, di aritmie ventricolari maggiori e, in misura minore, di episodi di scompenso cardiaco. Il significato di una fibrosi giunzionale (ossia localizzata alla giunzione tra i due ventricoli) è stato oggetto di studio nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica e nei pazienti con ipertrofia ventricolare destra da ipertensione arteriosa polmonare, nessuno studio ne ha analizzato il valore nella cardiomiopatia dilatativa. La RMC non è in grado di evidenziare la presenza della sola fibrosi ma è in grado di identificare anche aree di edema miocardico. Se questo è già stato oggetto di numerosi studi nell'infarto miocardico acuto in termini di area a rischio, miocardio salvato e infarto emorragico, pochi invece sono i dati sul suo significato in altre cardiopatie. Gli scopi dei nostri studi sono: 1. valutare la presenza e la prevalenza della fibrosi giunzionale nei pazienti con cardiopatia dilatativa, studiare un'eventuale relazione con i parametri emodinamici e indagare una sua possibile valenza prognostica sia in termini di instabilità aritmica che meccanica, dispetto gli altri tipo di fibrosi classicamente riscontrati in questi pazienti. Tali dati in-vivo sono inoltre stati confrontati con riscontri post mortem. 2. analizzare la relazione tra edema tissutale visto alla RMC e parametri elettrocardiografici (onde T negative) nei pazienti con diagnosi clinica di miocardite acuta e successivamente valutarne il valore prognostico in termini di disfunzione ventricolare a distanza. 3. valutare la presenza di un substrato anatomico alla base di aritmie ventricolari in pazienti con prolasso valvolare mitralico sia in vivo che ex vivo. 4. dimostrata nei pazienti con prolasso valvolare mitralico una associazione tra fibrosi in specifiche aree del ventricolo sinistro e la presenza di aritmie ventricolari, valutare eventuali caratteristiche dell'apparato valvolare mitralico che possano essere associate alla presenza di fibrosi. Tale studio in vivo è stato confrontato con un analogo studio ex vivo.

Role of cardiac magnetic resonance in clinic and arrhytmic prognostic risk assesment in non-ischemic heart diseases

DE LAZZARI, MANUEL
2017

Abstract

Nella corrente pratica clinica, diversi strumenti diagnostici sono già a disposizione del clinico per aiutarlo nella diagnosi differenziale delle cardiopatie non ischemiche, attualmente però la principale sfida risiede nella capacità di stratificarne prognosticamente il rischio clinico e soprattutto aritmico. La risonanza magnetica cardiaca (RMC) si dimostrata una metodica di imaging non invasivo altamente riproducibile e applicabile nella corrente pratica clinica. La sua utilità nella diagnosi differenziale delle varie malattie cardiache è stata ampiamente validata tant'è che negli ultimi anni l'interesse scientifico si è rivolto a studiarne la valenza prognostica. Molti lavori scientifici hanno analizzato l'impatto di una cicatrice fibrosa evidenziata in vivo dalla RMC nella cardimiopatia ipertrofica sulla mortalità cardiaca. Nella cardiomiopatia dilatativa, la presenza di una stria di fibrosi intramurale si è dimostrata in grado di identificare quei pazienti a più alto rischio di morte cardiaca, di aritmie ventricolari maggiori e, in misura minore, di episodi di scompenso cardiaco. Il significato di una fibrosi giunzionale (ossia localizzata alla giunzione tra i due ventricoli) è stato oggetto di studio nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica e nei pazienti con ipertrofia ventricolare destra da ipertensione arteriosa polmonare, nessuno studio ne ha analizzato il valore nella cardiomiopatia dilatativa. La RMC non è in grado di evidenziare la presenza della sola fibrosi ma è in grado di identificare anche aree di edema miocardico. Se questo è già stato oggetto di numerosi studi nell'infarto miocardico acuto in termini di area a rischio, miocardio salvato e infarto emorragico, pochi invece sono i dati sul suo significato in altre cardiopatie. Gli scopi dei nostri studi sono: 1. valutare la presenza e la prevalenza della fibrosi giunzionale nei pazienti con cardiopatia dilatativa, studiare un'eventuale relazione con i parametri emodinamici e indagare una sua possibile valenza prognostica sia in termini di instabilità aritmica che meccanica, dispetto gli altri tipo di fibrosi classicamente riscontrati in questi pazienti. Tali dati in-vivo sono inoltre stati confrontati con riscontri post mortem. 2. analizzare la relazione tra edema tissutale visto alla RMC e parametri elettrocardiografici (onde T negative) nei pazienti con diagnosi clinica di miocardite acuta e successivamente valutarne il valore prognostico in termini di disfunzione ventricolare a distanza. 3. valutare la presenza di un substrato anatomico alla base di aritmie ventricolari in pazienti con prolasso valvolare mitralico sia in vivo che ex vivo. 4. dimostrata nei pazienti con prolasso valvolare mitralico una associazione tra fibrosi in specifiche aree del ventricolo sinistro e la presenza di aritmie ventricolari, valutare eventuali caratteristiche dell'apparato valvolare mitralico che possano essere associate alla presenza di fibrosi. Tale studio in vivo è stato confrontato con un analogo studio ex vivo.
30-gen-2017
Inglese
cardiac magnetic resonance, dilated cardiomyopathy, mitral valve prolapse, curling, junctional late gadolinium enhancement, myocardial edema, acute myocarditis.
PERAZZOLO MARRA, MARTINA
THIENE, GAETANO
Università degli studi di Padova
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/83840
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-83840