I fiumi d’inchiostro che fin dalla Pandettistica sono stati versati per individuare l’ambito concettuale del modus non devono trarre in inganno, inducendo a ritenere che lo studio di questa figura costituisca una tematica di scarsa rilevanza pratica: infatti, volgendo lo sguardo alla prassi applicativa, risulta evidente che la definizione della natura e della disciplina dell’onere rappresenta soprattutto un problema di ordine pratico. Si pensi, ad esempio, alla struttura della clausola modale: la legge nulla dice a tal proposito. Ciò nondimeno, dagli artt. 642 e 648 c.c. possono ricavarsi delle importanti indicazioni, seppure ad una prima lettura esse potrebbero sembrare contraddittorie: infatti, se da un lato, si parla di «adempimento» e «risoluzione», facendo pensare che l’onere altro non sia che un’obbligazione in senso tecnico, dall’altro, si attribuisce la legittimazione ad agire a «qualsiasi interessato», richiamando l’idea di una platea indeterminata di soggetti titolari della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio. Spetta, dunque, all’interprete verificare se la considerazione dei diversi soggetti che possono essere avvantaggiati dall’onere e l’interesse per il cui perseguimento esso sia stato previsto consentano l’individuazione di uno o più soggetti determinati, titolari della legittimazione all’azione di adempimento e di risoluzione e, conseguentemente, la riaffermazione della natura obbligatoria dell’onere. Per fare chiarezza sui temi accennati il punto di partenza scelto è quello dell’analisi delle principali problematiche poste dall’onere così come emerse dall’osservazione della prassi applicativa, nell’ottica di un costante confronto tra onere testamentario e donazione modale, volto a dimostrare come, nonostante la disciplina pressoché identica, il modus assuma, in realtà, caratteri ben diversi a seconda del contesto in cui si inserisce. Tale circostanza non solo legittima, bensì suggerisce una trattazione separata del modo testamentario e donativo: per questa ragione dal capitolo quarto, allorché è stato necessario entrare in medias res, l’attenzione è stata rivolta esclusivamente al primo. La questione centrale, attorno alla quale finiscono per ruotare tutti i problemi in materia di onere testamentario, è quella della determinazione della natura accidentale, accessoria o autonoma dello stesso; questione che risulta strettamente connessa, in generale, con il modo di intendere il sistema successorio e, in particolare, con la definizione accolta di testamento. Per questo motivo, solo una volta data soluzione a questo problema, possono trarsi le conseguenze in ordine alla disciplina applicabile al modus. Se e in quali limiti l’onere possa essere utilizzato per introdurre un divieto testamentario di alienazione o per imprimere un vincolo di destinazione su un patrimonio per il soddisfacimento di un determinato scopo è il tema trattato nell’ultimo ma non per questo meno importante capitolo, in cui è stato affrontato, tra l’altro, il problema del rapporto sussistente tra l’onere e la fattispecie di cui all’art. 2645 ter c.c., nonché tra il modus e la c.d. fondazione fiduciaria.
Autonomia testamentaria e clausola modale
GUADAGNIN, ANNA
2015
Abstract
I fiumi d’inchiostro che fin dalla Pandettistica sono stati versati per individuare l’ambito concettuale del modus non devono trarre in inganno, inducendo a ritenere che lo studio di questa figura costituisca una tematica di scarsa rilevanza pratica: infatti, volgendo lo sguardo alla prassi applicativa, risulta evidente che la definizione della natura e della disciplina dell’onere rappresenta soprattutto un problema di ordine pratico. Si pensi, ad esempio, alla struttura della clausola modale: la legge nulla dice a tal proposito. Ciò nondimeno, dagli artt. 642 e 648 c.c. possono ricavarsi delle importanti indicazioni, seppure ad una prima lettura esse potrebbero sembrare contraddittorie: infatti, se da un lato, si parla di «adempimento» e «risoluzione», facendo pensare che l’onere altro non sia che un’obbligazione in senso tecnico, dall’altro, si attribuisce la legittimazione ad agire a «qualsiasi interessato», richiamando l’idea di una platea indeterminata di soggetti titolari della situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio. Spetta, dunque, all’interprete verificare se la considerazione dei diversi soggetti che possono essere avvantaggiati dall’onere e l’interesse per il cui perseguimento esso sia stato previsto consentano l’individuazione di uno o più soggetti determinati, titolari della legittimazione all’azione di adempimento e di risoluzione e, conseguentemente, la riaffermazione della natura obbligatoria dell’onere. Per fare chiarezza sui temi accennati il punto di partenza scelto è quello dell’analisi delle principali problematiche poste dall’onere così come emerse dall’osservazione della prassi applicativa, nell’ottica di un costante confronto tra onere testamentario e donazione modale, volto a dimostrare come, nonostante la disciplina pressoché identica, il modus assuma, in realtà, caratteri ben diversi a seconda del contesto in cui si inserisce. Tale circostanza non solo legittima, bensì suggerisce una trattazione separata del modo testamentario e donativo: per questa ragione dal capitolo quarto, allorché è stato necessario entrare in medias res, l’attenzione è stata rivolta esclusivamente al primo. La questione centrale, attorno alla quale finiscono per ruotare tutti i problemi in materia di onere testamentario, è quella della determinazione della natura accidentale, accessoria o autonoma dello stesso; questione che risulta strettamente connessa, in generale, con il modo di intendere il sistema successorio e, in particolare, con la definizione accolta di testamento. Per questo motivo, solo una volta data soluzione a questo problema, possono trarsi le conseguenze in ordine alla disciplina applicabile al modus. Se e in quali limiti l’onere possa essere utilizzato per introdurre un divieto testamentario di alienazione o per imprimere un vincolo di destinazione su un patrimonio per il soddisfacimento di un determinato scopo è il tema trattato nell’ultimo ma non per questo meno importante capitolo, in cui è stato affrontato, tra l’altro, il problema del rapporto sussistente tra l’onere e la fattispecie di cui all’art. 2645 ter c.c., nonché tra il modus e la c.d. fondazione fiduciaria.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Anna_Guadagnin_tesi_pdf.pdf
accesso aperto
Dimensione
1.77 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.77 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/83909
URN:NBN:IT:UNIPD-83909