Il tumore ovarico di tipo epiteliale (EOC – Epithelial Ovarian Cancer) rappresenta la prima causa di morte per neoplasia ginecologica. Sebbene la chirurgia e la chemioterapia a base di carbo/cis-platino abbiano migliorato la prognosi delle pazienti affette da tale carcinoma, il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di EOC in stadio avanzato rimane inferiore al 30%. Tale elevata mortalità è riconducibile alla diagnosi in fase tardiva ed all’insorgenza di resistenza alla chemioterapia di prima linea, che porta a frequenti ricadute entro pochi mesi dalla conclusione dei trattamenti. Le cause della comparsa di fenomeni di resistenza alla terapia, e della conseguente ricorrenza del tumore, è ancora incerta. Recenti studi hanno indicato che la crescita del carcinoma epiteliale dell’ovaio è sostenuta da una minima popolazione di cellule, dette cellule tumorali staminali (CSC - Cancer Stem Cells), probabilmente responsabili della ricomparsa del tumore al termine delle sedute farmacologiche. Un consenso generale supporta l’idea che l’eliminazione di questa popolazione rappresenti uno dei più importanti obiettivi della terapia anti-tumorale. Tuttavia, si ha ancora una scarsa conoscenza dei meccanismi che conferiscono un vantaggio di sopravvivenza alle CSC sulle cellule tumorali non staminali, rendendo così arduo lo sviluppo di terapie mirate anti-CSC. Le CSC del carcinoma epiteliale ovarico sono caratterizzate dall’espressione di due marcatori di superficie cellulare: CD44 (recettore dell’acido ialuronico) e CD117 (c-kit o recettore del fattore cellulare staminale SCF). Recentemente, il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato che le cellule ovariche co-esprimenti CD44 e CD117, che rappresentano l’1-2% delle cellule tumorali provenienti dall’ascite delle pazienti affette da EOC, possiedono le canoniche proprietà staminali e sono in grado di sopravvivere in vitro ed in vivo alla deprivazione di glucosio. Abbiamo inoltre osservato che tale resistenza all’assenza di glucosio è principalmente dovuta alla capacità delle CSC, contrariamente alle cellule tumorali non staminali, di privilegiare la fosforilazione ossidativa anziché la glicolisi aerobica (Warburg Effect). Tuttavia, indipendentemente dalla frazione delle cellule tumorali staminali, l’analisi comparativa tra i diversi campioni di EOC ha evidenziato che non tutti presentano la stessa dipendenza dai glucidi; per alcuni, infatti, pochi giorni in vitro senza glucosio sono sufficienti a ridurre significativamente la vitalità cellulare, mentre per altri lo stesso effetto è ottenibile solo dopo molte settimane di coltura nelle stesse condizioni. Dunque, approfondire tale questione e gli aspetti metabolici ad essa correlati è il primo scopo di questo progetto. A tal proposito, sulla base della vitalità cellulare in condizioni di coltura senza glucosio, abbiamo potuto suddividere le cellule derivanti da asciti di pazienti con EOC in due categorie: sensibili alla deprivazione di glucosio (GA – Glucose-Addicted) e resistenti a tale deprivazione (GNA – Glucose Non-Addicted). Sebbene variazioni nella regolazione del metabolismo del glucosio siano state frequentemente osservate nei casi di neoplasia, non è ancora noto se questo diverso tratto metabolico influenzi la risposta dei pazienti alle terapie, o se sia da queste modulato. Pertanto, abbiamo deciso di ricercare una eventuale correlazione tra i diversi profili di dipendenza dal glucosio da noi riscontrati e la risposta dei pazienti al trattamento a base di carbo/cis-platino. Infatti, da un punto di vista clinico, i pazienti vengono categorizzati come platino-resistenti o platino-sensibili, a seconda che la neoplasia recidivi entro od oltre i 6 mesi, rispettivamente, dalla fine della chemioterapia di prima linea. I nostri esperimenti hanno rivelato che, quando le cellule di EOC vengono coltivate in assenza di glucosio, tutti i campioni provenienti da pazienti platino-sensibili ricadono all’interno del gruppo GA; confrontati con i campioni GNA, i GA mostrano una maggiore produzione degli enzimi del metabolismo glucidico, un maggior tasso di proliferazione, e una minore espressione delle pompe cellulari per l’espulsione dei farmaci. Parallelamente, i campioni derivanti dai pazienti platino-resistenti rientrano nella categoria GNA. La stretta associazione tra la sensibilità ai chemioterapici e il profilo cellulare di utilizzo del glucosio è stata confermata in un modello murino di xenotrapianti, nel quale è stato identificato uno stringente parallelismo tra risposta al platino e metabolismo glucidico. Infine, in una coorte di pazienti non chemio-trattate affette da EOC, le quali erano state categorizzate come GA o GNA alla diagnosi, le curve di Kaplan Meier hanno messo in luce che il fenotipo GA, rispetto a quello GNA, è associato con un maggior periodo di sopravvivenza senza recidive, in modo statisticamente significativo. Nel complesso, questi dati suggeriscono che il grado di dipendenza dai glucidi delle cellule di EOC, osservabile in vitro, può rappresentare un valido marcatore per predire la risposta dei pazienti alla chemioterapia a base di platino. Analizzare il tratto molecolare che determina il peculiare metabolismo glucidico dei campioni di EOC costituisce il secondo obiettivo del nostro progetto di ricerca. A tal riguardo, i microRNA (miRNA), ossia piccole molecole di RNA non codificante, rappresentano un promettente settore di studio, in qualità della proprietà di queste strutture molecolari di regolare molti geni e vie di segnale. Inoltre, il loro coinvolgimento nello sviluppo e nella progressione tumorale è già stato dimostrato per il carcinoma ovarico, e recentemente i miRNA sono risultati essere importanti modulatori del metabolismo cellulare in molti tessuti normali e neoplastici. Pertanto, il nostro gruppo di ricerca ha prodotto un profilo di espressione di miRNA su cellule derivanti da pazienti affette da EOC, confrontando sia campioni GA contro GNA, sia CSC contro non-CSC; il nostro fine è stabilire se il pattern di miRNA alla base delle differenze metaboliche tra i campioni di EOC sia associato alla totale massa tumorale o piuttosto ad una specifica frazione cellulare neoplastica. Questi dati non hanno rivelato alcun miRNA differentemente espresso tra cellule GA e GNA; tuttavia, molti miRNA sono risultati deregolati nelle CSC rispetto alle non-CSC. Noi ci siamo focalizzati sul mir-602, up-regolato delle CSC; infatti, nonostante la scarsa conoscenza su questo miRNA, il suo target chinasi Caseina 1 Delta (CSNK1D), che detiene un ruolo chiave nella proliferazione cellulare e nella divisione asimmetrica, ci è parso molto interessante in virtù del suo già dimostrato coinvolgimento nella progressione del carcinoma mammario. In questo contesto, i nostri esperimenti hanno dimostrato che CSNK1D è down-espressa nelle CSC, in accordo alla up-modulazione del mir-602. Inoltre, l’inibizione in vitro del mir-602 riduce nelle CSC l’espressione della maggior parte dei geni associati alle proprietà staminali, suggerendo che il mir-602 potrebbe controllare alcune delle vie di segnale correlate alla staminalità. Dato che nessuno dei geni di staminalità analizzati si lega direttamente al mir-602, appare ragionevole supporre che suddetto miRNA possa indirettamente attivare l’espressione di tali geni tramite la sua funzione inibitoria su CSNK1D. Dunque, secondo la nostra ipotesi, le caratteristiche staminali sarebbero inibite dalla chinasi Caseina, la quale sarebbe a sua volta repressa dal mir-602. Nonostante molti altri esperimenti siano necessari per confermare questa nostra teoria, il progetto qui presentato mette in rilievo la possibile esistenza di un meccanismo di regolazione, mediato dal mir-602, responsabile delle proprietà di staminalità delle cellule del carcinoma epiteliale ovarico.
Metabolic and molecular profiling of ovarian cancer stem cells and cancer non-stem counterpart
PILOTTO, GIORGIA
2017
Abstract
Il tumore ovarico di tipo epiteliale (EOC – Epithelial Ovarian Cancer) rappresenta la prima causa di morte per neoplasia ginecologica. Sebbene la chirurgia e la chemioterapia a base di carbo/cis-platino abbiano migliorato la prognosi delle pazienti affette da tale carcinoma, il tasso di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi di EOC in stadio avanzato rimane inferiore al 30%. Tale elevata mortalità è riconducibile alla diagnosi in fase tardiva ed all’insorgenza di resistenza alla chemioterapia di prima linea, che porta a frequenti ricadute entro pochi mesi dalla conclusione dei trattamenti. Le cause della comparsa di fenomeni di resistenza alla terapia, e della conseguente ricorrenza del tumore, è ancora incerta. Recenti studi hanno indicato che la crescita del carcinoma epiteliale dell’ovaio è sostenuta da una minima popolazione di cellule, dette cellule tumorali staminali (CSC - Cancer Stem Cells), probabilmente responsabili della ricomparsa del tumore al termine delle sedute farmacologiche. Un consenso generale supporta l’idea che l’eliminazione di questa popolazione rappresenti uno dei più importanti obiettivi della terapia anti-tumorale. Tuttavia, si ha ancora una scarsa conoscenza dei meccanismi che conferiscono un vantaggio di sopravvivenza alle CSC sulle cellule tumorali non staminali, rendendo così arduo lo sviluppo di terapie mirate anti-CSC. Le CSC del carcinoma epiteliale ovarico sono caratterizzate dall’espressione di due marcatori di superficie cellulare: CD44 (recettore dell’acido ialuronico) e CD117 (c-kit o recettore del fattore cellulare staminale SCF). Recentemente, il nostro gruppo di ricerca ha dimostrato che le cellule ovariche co-esprimenti CD44 e CD117, che rappresentano l’1-2% delle cellule tumorali provenienti dall’ascite delle pazienti affette da EOC, possiedono le canoniche proprietà staminali e sono in grado di sopravvivere in vitro ed in vivo alla deprivazione di glucosio. Abbiamo inoltre osservato che tale resistenza all’assenza di glucosio è principalmente dovuta alla capacità delle CSC, contrariamente alle cellule tumorali non staminali, di privilegiare la fosforilazione ossidativa anziché la glicolisi aerobica (Warburg Effect). Tuttavia, indipendentemente dalla frazione delle cellule tumorali staminali, l’analisi comparativa tra i diversi campioni di EOC ha evidenziato che non tutti presentano la stessa dipendenza dai glucidi; per alcuni, infatti, pochi giorni in vitro senza glucosio sono sufficienti a ridurre significativamente la vitalità cellulare, mentre per altri lo stesso effetto è ottenibile solo dopo molte settimane di coltura nelle stesse condizioni. Dunque, approfondire tale questione e gli aspetti metabolici ad essa correlati è il primo scopo di questo progetto. A tal proposito, sulla base della vitalità cellulare in condizioni di coltura senza glucosio, abbiamo potuto suddividere le cellule derivanti da asciti di pazienti con EOC in due categorie: sensibili alla deprivazione di glucosio (GA – Glucose-Addicted) e resistenti a tale deprivazione (GNA – Glucose Non-Addicted). Sebbene variazioni nella regolazione del metabolismo del glucosio siano state frequentemente osservate nei casi di neoplasia, non è ancora noto se questo diverso tratto metabolico influenzi la risposta dei pazienti alle terapie, o se sia da queste modulato. Pertanto, abbiamo deciso di ricercare una eventuale correlazione tra i diversi profili di dipendenza dal glucosio da noi riscontrati e la risposta dei pazienti al trattamento a base di carbo/cis-platino. Infatti, da un punto di vista clinico, i pazienti vengono categorizzati come platino-resistenti o platino-sensibili, a seconda che la neoplasia recidivi entro od oltre i 6 mesi, rispettivamente, dalla fine della chemioterapia di prima linea. I nostri esperimenti hanno rivelato che, quando le cellule di EOC vengono coltivate in assenza di glucosio, tutti i campioni provenienti da pazienti platino-sensibili ricadono all’interno del gruppo GA; confrontati con i campioni GNA, i GA mostrano una maggiore produzione degli enzimi del metabolismo glucidico, un maggior tasso di proliferazione, e una minore espressione delle pompe cellulari per l’espulsione dei farmaci. Parallelamente, i campioni derivanti dai pazienti platino-resistenti rientrano nella categoria GNA. La stretta associazione tra la sensibilità ai chemioterapici e il profilo cellulare di utilizzo del glucosio è stata confermata in un modello murino di xenotrapianti, nel quale è stato identificato uno stringente parallelismo tra risposta al platino e metabolismo glucidico. Infine, in una coorte di pazienti non chemio-trattate affette da EOC, le quali erano state categorizzate come GA o GNA alla diagnosi, le curve di Kaplan Meier hanno messo in luce che il fenotipo GA, rispetto a quello GNA, è associato con un maggior periodo di sopravvivenza senza recidive, in modo statisticamente significativo. Nel complesso, questi dati suggeriscono che il grado di dipendenza dai glucidi delle cellule di EOC, osservabile in vitro, può rappresentare un valido marcatore per predire la risposta dei pazienti alla chemioterapia a base di platino. Analizzare il tratto molecolare che determina il peculiare metabolismo glucidico dei campioni di EOC costituisce il secondo obiettivo del nostro progetto di ricerca. A tal riguardo, i microRNA (miRNA), ossia piccole molecole di RNA non codificante, rappresentano un promettente settore di studio, in qualità della proprietà di queste strutture molecolari di regolare molti geni e vie di segnale. Inoltre, il loro coinvolgimento nello sviluppo e nella progressione tumorale è già stato dimostrato per il carcinoma ovarico, e recentemente i miRNA sono risultati essere importanti modulatori del metabolismo cellulare in molti tessuti normali e neoplastici. Pertanto, il nostro gruppo di ricerca ha prodotto un profilo di espressione di miRNA su cellule derivanti da pazienti affette da EOC, confrontando sia campioni GA contro GNA, sia CSC contro non-CSC; il nostro fine è stabilire se il pattern di miRNA alla base delle differenze metaboliche tra i campioni di EOC sia associato alla totale massa tumorale o piuttosto ad una specifica frazione cellulare neoplastica. Questi dati non hanno rivelato alcun miRNA differentemente espresso tra cellule GA e GNA; tuttavia, molti miRNA sono risultati deregolati nelle CSC rispetto alle non-CSC. Noi ci siamo focalizzati sul mir-602, up-regolato delle CSC; infatti, nonostante la scarsa conoscenza su questo miRNA, il suo target chinasi Caseina 1 Delta (CSNK1D), che detiene un ruolo chiave nella proliferazione cellulare e nella divisione asimmetrica, ci è parso molto interessante in virtù del suo già dimostrato coinvolgimento nella progressione del carcinoma mammario. In questo contesto, i nostri esperimenti hanno dimostrato che CSNK1D è down-espressa nelle CSC, in accordo alla up-modulazione del mir-602. Inoltre, l’inibizione in vitro del mir-602 riduce nelle CSC l’espressione della maggior parte dei geni associati alle proprietà staminali, suggerendo che il mir-602 potrebbe controllare alcune delle vie di segnale correlate alla staminalità. Dato che nessuno dei geni di staminalità analizzati si lega direttamente al mir-602, appare ragionevole supporre che suddetto miRNA possa indirettamente attivare l’espressione di tali geni tramite la sua funzione inibitoria su CSNK1D. Dunque, secondo la nostra ipotesi, le caratteristiche staminali sarebbero inibite dalla chinasi Caseina, la quale sarebbe a sua volta repressa dal mir-602. Nonostante molti altri esperimenti siano necessari per confermare questa nostra teoria, il progetto qui presentato mette in rilievo la possibile esistenza di un meccanismo di regolazione, mediato dal mir-602, responsabile delle proprietà di staminalità delle cellule del carcinoma epiteliale ovarico.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
pilotto_giorgia_tesi.pdf
accesso aperto
Dimensione
5.31 MB
Formato
Adobe PDF
|
5.31 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in UNITESI sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.
https://hdl.handle.net/20.500.14242/85369
URN:NBN:IT:UNIPD-85369