Premesse La risonanza magnetica cardiovascolare (RMC) gioca un ruolo importante nei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco extra-ospedaliero, non solo come strumento diagnostico, ma anche come guida nelle decisioni cliniche e nel management dei pazienti: la RMC ha infatti dimostrato di avere una implicazione clinica diretta in una proporzione considerevole di pazienti sopravvissuti sia ad arresto cardiaco su base tachi-aritmica sia secondario ad attività elettrica senza polso. C’è crescente evidenza del ruolo predittivo della RMC, in particolare nel contesto delle aritmie ventricolari. Nei pazienti che sopravvivono ad arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare (FV), la ricorrenza di eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) non è rara. Il nostro obiettivo era di identificare predittori miocardici strutturali e funzionali, valutati con RMC, della ricorrenza di MACE in pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco da FV. Materiali e Metodi Abbiamo analizzato retrospettivamente il nostro registro di RMC per arruolate pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco da FV. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a RMC a 1.5 T, comprensiva delle sequenze cine in asse lungo e corto e delle sequenze post-contrastografiche dopo somministrazione di gadolinio. L’impregnazione tardiva di gadolinio (LGE) è stata quantificata utilizzando un software semi-automatico, basato sul metodo full width at half maximum (cvi42, Circle Cardiovascular Imaging). La deformazione tissutale è stata analizzata mediante il software di analisi tissue tracking (cvi42, Circle Cardiovascular Imaging). End-point primari erano mortalità da tutte le cause e scarica appropriata del defibrillatore/pacing anti-tachicardico. Risultati Abbiamo arruolato 121 pazienti [82% maschi, 62 anni (IQR 53-70)]. La RMC è stata eseguita entro 13 giorni (IQR 6-42) dall’arresto da FV. La funzione sistolica del ventricolo sinistro era lievemente ridotta [FEVsin 54 (41-64)%], mentre quella del ventricolo destro era preservata [FEVdx 60 (53-65)%]. LGE è stato trovato nel 71% della popolazione, con una massa mediana di 6.2 (0-15)% del ventricolo sinistro. La deformazione miocardica era complessivamente compromessa [strain longitudinale globale, -15.5 (- 18.9- -12.3)%; strain radiale globale, 34.2 (25.2-45.2)%; strain circonferenziale globale, -15.5 (- 20.3- -11.9)%]. C’era una correlazione significativa tra la massa di LGE e la deformazione miocardica (p<0.001). Alla RMC, in 75 pazienti (62%) è stata diagnosticata una cardiopatia ischemica e in 20 (17%) una cardiopatia non ischemica; un cuore strutturalmente normale è stato identificato in 26 (21%). Il 52% dei pazienti è stato sottoposto ad impianto di defibrillatore (ICD). Dopo un follow-up mediano di 24 mesi (IQR 6-41), 22 pazienti (18%) sono stati persi al follow- up. L’end-point primario si è verificato in 24 pazienti (14 morti, 10 scariche appropriate dell’ICD). Non vi erano differenze nelle FEVsin tra i pazienti con e senza end-point (p=0.128), mentre la FEVdx era significativamente più bassa nei pazienti con end-point (58% vs 61%, p=0.03). La prevalenza di LGE non era diversa nei pazienti con e senza end-point (p=0.075) ma la sua estensione era significativamente superiore nei pazienti con eventi avversi (massa di LGE 8.6% del Vsin vs 4.1%, p=0.02). La deformazione miocardica non differiva nei pazienti con e senza end-point. I pazienti con massa di LGE >4.3% rappresentavano un sottogruppo a più elevato rischio di eventi avversi (p=0.0048). Conclusioni In una popolazione di pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco da FV, la RMC è stata in grado di identificare un substrato patologico nel 79% dei casi. Mentre la valutazione della deformazione miocardica non è stata in grado di identificare i pazienti a maggior rischio, la presenza di una massa di LGE >4.3% del ventricolo sinistro identifica un sottogruppo a più elevato rischio di sviluppare eventi avversi. Ulteriori studi, in popolazioni più ampie, sono necessari per espandere i risultati sul ruolo della RMC come stratificatore di rischio in questo gruppo di pazienti.
Non-traumatic out of hospital cardiac arrest: diagnostic and prognostic role of Cardiovascular Magnetic Resonance
BARITUSSIO, ANNA
2017
Abstract
Premesse La risonanza magnetica cardiovascolare (RMC) gioca un ruolo importante nei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco extra-ospedaliero, non solo come strumento diagnostico, ma anche come guida nelle decisioni cliniche e nel management dei pazienti: la RMC ha infatti dimostrato di avere una implicazione clinica diretta in una proporzione considerevole di pazienti sopravvissuti sia ad arresto cardiaco su base tachi-aritmica sia secondario ad attività elettrica senza polso. C’è crescente evidenza del ruolo predittivo della RMC, in particolare nel contesto delle aritmie ventricolari. Nei pazienti che sopravvivono ad arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare (FV), la ricorrenza di eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) non è rara. Il nostro obiettivo era di identificare predittori miocardici strutturali e funzionali, valutati con RMC, della ricorrenza di MACE in pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco da FV. Materiali e Metodi Abbiamo analizzato retrospettivamente il nostro registro di RMC per arruolate pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco da FV. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a RMC a 1.5 T, comprensiva delle sequenze cine in asse lungo e corto e delle sequenze post-contrastografiche dopo somministrazione di gadolinio. L’impregnazione tardiva di gadolinio (LGE) è stata quantificata utilizzando un software semi-automatico, basato sul metodo full width at half maximum (cvi42, Circle Cardiovascular Imaging). La deformazione tissutale è stata analizzata mediante il software di analisi tissue tracking (cvi42, Circle Cardiovascular Imaging). End-point primari erano mortalità da tutte le cause e scarica appropriata del defibrillatore/pacing anti-tachicardico. Risultati Abbiamo arruolato 121 pazienti [82% maschi, 62 anni (IQR 53-70)]. La RMC è stata eseguita entro 13 giorni (IQR 6-42) dall’arresto da FV. La funzione sistolica del ventricolo sinistro era lievemente ridotta [FEVsin 54 (41-64)%], mentre quella del ventricolo destro era preservata [FEVdx 60 (53-65)%]. LGE è stato trovato nel 71% della popolazione, con una massa mediana di 6.2 (0-15)% del ventricolo sinistro. La deformazione miocardica era complessivamente compromessa [strain longitudinale globale, -15.5 (- 18.9- -12.3)%; strain radiale globale, 34.2 (25.2-45.2)%; strain circonferenziale globale, -15.5 (- 20.3- -11.9)%]. C’era una correlazione significativa tra la massa di LGE e la deformazione miocardica (p<0.001). Alla RMC, in 75 pazienti (62%) è stata diagnosticata una cardiopatia ischemica e in 20 (17%) una cardiopatia non ischemica; un cuore strutturalmente normale è stato identificato in 26 (21%). Il 52% dei pazienti è stato sottoposto ad impianto di defibrillatore (ICD). Dopo un follow-up mediano di 24 mesi (IQR 6-41), 22 pazienti (18%) sono stati persi al follow- up. L’end-point primario si è verificato in 24 pazienti (14 morti, 10 scariche appropriate dell’ICD). Non vi erano differenze nelle FEVsin tra i pazienti con e senza end-point (p=0.128), mentre la FEVdx era significativamente più bassa nei pazienti con end-point (58% vs 61%, p=0.03). La prevalenza di LGE non era diversa nei pazienti con e senza end-point (p=0.075) ma la sua estensione era significativamente superiore nei pazienti con eventi avversi (massa di LGE 8.6% del Vsin vs 4.1%, p=0.02). La deformazione miocardica non differiva nei pazienti con e senza end-point. I pazienti con massa di LGE >4.3% rappresentavano un sottogruppo a più elevato rischio di eventi avversi (p=0.0048). Conclusioni In una popolazione di pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco da FV, la RMC è stata in grado di identificare un substrato patologico nel 79% dei casi. Mentre la valutazione della deformazione miocardica non è stata in grado di identificare i pazienti a maggior rischio, la presenza di una massa di LGE >4.3% del ventricolo sinistro identifica un sottogruppo a più elevato rischio di sviluppare eventi avversi. Ulteriori studi, in popolazioni più ampie, sono necessari per espandere i risultati sul ruolo della RMC come stratificatore di rischio in questo gruppo di pazienti.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/85479
URN:NBN:IT:UNIPD-85479