La tesi analizza le raffigurazioni dell’umano e del rapporto tra sovranità e soggettività nella letteratura nigeriana anglofona. Concentrandosi in particolar modo sulla narrativa di recente produzione, il lavoro parte dall’osservazione di come la Nigeria postcoloniale venga dipinta nelle opere in esame quale luogo di eccezione permanente, i cui soggetti, più sudditi che cittadini, sono sovente ridotti a quel che il filosofo Giorgio Agamben ha definito “nuda vita”: una vita esposta alla violenza sovrana, o al sovrano abbandono, che diventa sempre più impunemente uccidibile. La tesi discute quindi le strategie adottate da più generazioni di scrittori nigeriani dal post-indipendenza a oggi per fornire un’elaborazione, estetica ed etica al contempo, delle declinazioni possibili del vivere umano nello stato d’eccezione e della mancata tutela diritti fondamentali. In questo senso, essa rileva come le opere prese in considerazione facciano ampio uso di un immaginario di guerra e conflitto e registra non solo la riscrittura, a volte astraente, della sanguinosa Guerra Civile di fine anni Sessanta, ma nota altresì che molti dei momenti (pseudo)democratici nella storia del paese vengono configurati in termini che ricordano la definizione foucauldiana di politica come “guerra continuata con altri mezzi”. La prima parte, “The Exception”, esamina la rappresentazione di momenti di emergenza pubblica dichiarati nell’ambito di un confronto armato. Il primo capitolo si sofferma su una selezione delle molte opere che, fin dagli anni Settanta, hanno proposto una narrativizzazione della Guerra Civile. Il capitolo successivo fornisce invece una lettura in chiave comparata e interdisciplinare di due brevi romanzi che raccontano un conflitto non nominato e contribuiscono, attraverso la descrizione dei due giovani protagonisti, all’acceso dibattito internazionale riguardante la figura del bambino soldato. La seconda parte, dal titolo “The Rule”, considera opere che narrano del fallimento democratico dello stato nigeriano, sottolineando come l’eccezione e la sospensione costituzionale diventino regola nella normale anormalità della Nigeria dittatoriale del dopoguerra. Particolare attenzione viene dedicata, in questo contesto, allo studio della raffigurazione di due spazi, quelli della prigione di regime e della famiglia postcoloniale, all’interno dei quali questo fenomeno assume evidente riconoscibilità. La terza parte, intitolata “Camps on the Move”, analizza romanzi che raccontano di donne combattive che, vittime o complici di pratiche illegali, tentano di contrastare la loro dichiarata superfluità all’interno delle gerarchie biopolitiche che si sviluppano nei ‘panorami di guerra’ a cui il titolo della tesi fa riferimento. In questo contesto, il capitolo conclusivo rileva come i desideri di mobilità verticale, sociale e ontologica, dei personaggi tendano a risolversi in un movimento orizzontale tra ‘campi’ agambeniani, tra condizioni di sostanziale invisibilità, ed abbandono, di fronte alla legge. Si nota infine che i testi studiati non si limitano a denunciare la riduzione dei loro protagonisti a uomini e donne che, secondo la formulazione di Hannah Arendt, non avendo “diritto ad avere diritti” sono paradossalmente esclusi dall’umanità stessa. Ponendo l’accento sul paradosso, senza peraltro risolverlo, essi invitano anche un continuo, ed indispensabile, lavoro di ridefinizione ed espansione delle categorie dell’umano e dell’universale, sottolineando la necessità di riconfigurare il paradigma dei diritti umani e i rapporti tra individuo e stato
War-scapes: The Nigerian Postcolony and the Boundaries of the Human
D'AGOSTINI, GIULIA
2013
Abstract
La tesi analizza le raffigurazioni dell’umano e del rapporto tra sovranità e soggettività nella letteratura nigeriana anglofona. Concentrandosi in particolar modo sulla narrativa di recente produzione, il lavoro parte dall’osservazione di come la Nigeria postcoloniale venga dipinta nelle opere in esame quale luogo di eccezione permanente, i cui soggetti, più sudditi che cittadini, sono sovente ridotti a quel che il filosofo Giorgio Agamben ha definito “nuda vita”: una vita esposta alla violenza sovrana, o al sovrano abbandono, che diventa sempre più impunemente uccidibile. La tesi discute quindi le strategie adottate da più generazioni di scrittori nigeriani dal post-indipendenza a oggi per fornire un’elaborazione, estetica ed etica al contempo, delle declinazioni possibili del vivere umano nello stato d’eccezione e della mancata tutela diritti fondamentali. In questo senso, essa rileva come le opere prese in considerazione facciano ampio uso di un immaginario di guerra e conflitto e registra non solo la riscrittura, a volte astraente, della sanguinosa Guerra Civile di fine anni Sessanta, ma nota altresì che molti dei momenti (pseudo)democratici nella storia del paese vengono configurati in termini che ricordano la definizione foucauldiana di politica come “guerra continuata con altri mezzi”. La prima parte, “The Exception”, esamina la rappresentazione di momenti di emergenza pubblica dichiarati nell’ambito di un confronto armato. Il primo capitolo si sofferma su una selezione delle molte opere che, fin dagli anni Settanta, hanno proposto una narrativizzazione della Guerra Civile. Il capitolo successivo fornisce invece una lettura in chiave comparata e interdisciplinare di due brevi romanzi che raccontano un conflitto non nominato e contribuiscono, attraverso la descrizione dei due giovani protagonisti, all’acceso dibattito internazionale riguardante la figura del bambino soldato. La seconda parte, dal titolo “The Rule”, considera opere che narrano del fallimento democratico dello stato nigeriano, sottolineando come l’eccezione e la sospensione costituzionale diventino regola nella normale anormalità della Nigeria dittatoriale del dopoguerra. Particolare attenzione viene dedicata, in questo contesto, allo studio della raffigurazione di due spazi, quelli della prigione di regime e della famiglia postcoloniale, all’interno dei quali questo fenomeno assume evidente riconoscibilità. La terza parte, intitolata “Camps on the Move”, analizza romanzi che raccontano di donne combattive che, vittime o complici di pratiche illegali, tentano di contrastare la loro dichiarata superfluità all’interno delle gerarchie biopolitiche che si sviluppano nei ‘panorami di guerra’ a cui il titolo della tesi fa riferimento. In questo contesto, il capitolo conclusivo rileva come i desideri di mobilità verticale, sociale e ontologica, dei personaggi tendano a risolversi in un movimento orizzontale tra ‘campi’ agambeniani, tra condizioni di sostanziale invisibilità, ed abbandono, di fronte alla legge. Si nota infine che i testi studiati non si limitano a denunciare la riduzione dei loro protagonisti a uomini e donne che, secondo la formulazione di Hannah Arendt, non avendo “diritto ad avere diritti” sono paradossalmente esclusi dall’umanità stessa. Ponendo l’accento sul paradosso, senza peraltro risolverlo, essi invitano anche un continuo, ed indispensabile, lavoro di ridefinizione ed espansione delle categorie dell’umano e dell’universale, sottolineando la necessità di riconfigurare il paradigma dei diritti umani e i rapporti tra individuo e statoFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/85679
URN:NBN:IT:UNIPD-85679