L’instabilità proteica causa la formazione di torbidità e precipitati in vini bianchi imbottigliati con conseguente diminuzione del loro valore commerciale. Questa alterazione è dovuta alle proteine legate alla patogenesi (PR proteins) presenti nell’uva, le quali resistono al processo di fermentazione e si ritrovano nel vino dove sono responsabili dell’instabilità proteica. Attualmente la principale tecnica utilizzata per evitare l’instabilità proteica è il trattamento con bentonite, il quale, purtroppo comporta perdite di vino e riduzione della sua qualità organolettica. Gli obiettivi di questa tesi sono stati quelli di trovare tecniche alternative capaci di sostituire il trattamento con bentonite nella stabilizzazione dei vini bianchi. Il primo approccio è stato la valutazione dell’attività di differenti proteasi secrete da funghi fitopatogeni che sono state valutate per la loro abilità nel degradare le proteine dell'uva prima del processo di fermentazione. Proteasi parzialmente purificate sono state ottenute da culture di Botrytis cinerea e Sclerotinia minor. La proteasi di B. cinerea non si è dimostrata capace di degradare le proteine dell’uva anche se il fungo era comunque capace di rimuovere le proteine del mosto d’uva mediante un meccanismo ossidativo che coinvolge l’enzima laccasi. Una aspartil proteasi da S. minor è stata parzialmente purificata da un mezzo culturale che favoriva la produzione di proteasi. Questa proteasi ha degradato le proteine dell’uva e ha ridotto l’instabilità proteica sia in vitro che in prove di microvinificazione. Comunque, la produzione di proteasi da parte del fungo e la sua efficacia erano incostanti e sembrano legate ad altri meccanismi non chiari. Il secondo approccio ha riguardato l’applicazione di pellets di ossidi di metallo come adsorbenti delle proteine dell’uva, nel vino e nel mosto durante la fermentazione. Diversi mosti e vini sono stati completamente stabilizzati dopo trattamento con dosi comprese fra 15 e 25 g/L di ossidi di metallo. Si è quindi sviluppata una facile e pratica procedura per rigenerare gli ossidi di metallo, permettendo numerosi trattamenti con la stessa partita di materiale. Inoltre, l’analisi sensoriale non ha evidenziato differenze significative tra vini stabilizzati con bentonite ed ossidi di metallo. In fine, il terzo approccio è stato il trattamento del vino con polisaccaridi, i quali sono noti per il loro effetto di interferenza sui meccanismi di formazione di torbidità proteica nei vini. Carragenano e pectina sono stati aggiunti separatamente o in combinazione a mosto di Chardonnay prima della fermentazione. Entrambi i polisaccaridi hanno rimosso le proteine (fino al 75%) aumentando la stabilità proteica. Il carragenano è risultato maggiormente efficace nell’incrementare la stabilità proteica rispetto alla pectina
New approaches for protein stabilization of white wines - Approcci innovativi per la stabilizzazione proteica dei vini bianchi
LUCCHETTA, MARCO
2012
Abstract
L’instabilità proteica causa la formazione di torbidità e precipitati in vini bianchi imbottigliati con conseguente diminuzione del loro valore commerciale. Questa alterazione è dovuta alle proteine legate alla patogenesi (PR proteins) presenti nell’uva, le quali resistono al processo di fermentazione e si ritrovano nel vino dove sono responsabili dell’instabilità proteica. Attualmente la principale tecnica utilizzata per evitare l’instabilità proteica è il trattamento con bentonite, il quale, purtroppo comporta perdite di vino e riduzione della sua qualità organolettica. Gli obiettivi di questa tesi sono stati quelli di trovare tecniche alternative capaci di sostituire il trattamento con bentonite nella stabilizzazione dei vini bianchi. Il primo approccio è stato la valutazione dell’attività di differenti proteasi secrete da funghi fitopatogeni che sono state valutate per la loro abilità nel degradare le proteine dell'uva prima del processo di fermentazione. Proteasi parzialmente purificate sono state ottenute da culture di Botrytis cinerea e Sclerotinia minor. La proteasi di B. cinerea non si è dimostrata capace di degradare le proteine dell’uva anche se il fungo era comunque capace di rimuovere le proteine del mosto d’uva mediante un meccanismo ossidativo che coinvolge l’enzima laccasi. Una aspartil proteasi da S. minor è stata parzialmente purificata da un mezzo culturale che favoriva la produzione di proteasi. Questa proteasi ha degradato le proteine dell’uva e ha ridotto l’instabilità proteica sia in vitro che in prove di microvinificazione. Comunque, la produzione di proteasi da parte del fungo e la sua efficacia erano incostanti e sembrano legate ad altri meccanismi non chiari. Il secondo approccio ha riguardato l’applicazione di pellets di ossidi di metallo come adsorbenti delle proteine dell’uva, nel vino e nel mosto durante la fermentazione. Diversi mosti e vini sono stati completamente stabilizzati dopo trattamento con dosi comprese fra 15 e 25 g/L di ossidi di metallo. Si è quindi sviluppata una facile e pratica procedura per rigenerare gli ossidi di metallo, permettendo numerosi trattamenti con la stessa partita di materiale. Inoltre, l’analisi sensoriale non ha evidenziato differenze significative tra vini stabilizzati con bentonite ed ossidi di metallo. In fine, il terzo approccio è stato il trattamento del vino con polisaccaridi, i quali sono noti per il loro effetto di interferenza sui meccanismi di formazione di torbidità proteica nei vini. Carragenano e pectina sono stati aggiunti separatamente o in combinazione a mosto di Chardonnay prima della fermentazione. Entrambi i polisaccaridi hanno rimosso le proteine (fino al 75%) aumentando la stabilità proteica. Il carragenano è risultato maggiormente efficace nell’incrementare la stabilità proteica rispetto alla pectinaFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/86347
URN:NBN:IT:UNIPD-86347