Il mondo sensoriale è composto da un insieme di regolarità. Sequenze di sillabe e note musicali, oggetti disposti nell’ambiente visivo e sequenze di eventi sono solo alcune delle tipologie di pattern caratterizzanti l’input sensoriale. La capacità di rilevare queste regolarità risulta fondamentale per l’acquisizione di alcune proprietà del linguaggio naturale (ad esempio, la sintassi), l’apprendimento di sequenze di azioni (ad esempio, il linguaggio dei segni), la discriminazione di eventi ambientali complessi come pure la pianificazione del comportamento. Infatti, rilevare regolarità da una molteplicità di eventi permette di anticipare e pianificare azioni future, aspetti cruciali di adattamento all’ambiente. Questo meccanismo di apprendimento, riportato in letteratura con il nome di statistical learning, consiste nella rilevazione di distribuzioni di probabilità da input sensoriali ovvero, relazioni di dipendenza tra i suoi diversi componenti (ad esempio, X predice Y). Come illustrato nell capitolo introduttivo della presente ricerca, nonostante si tratti di uno dei meccanismi responsabili dell’apprendimento del linguaggio naturale umano, lo statistical learning non sembra essersi evoluto in modo specifico per servire questa funzione. Tale meccanismo rappresenta un processo cognitivo generale che si manifesta in diversi domini sensoriali (acustico, visivo, tattile), modalità (temporale oppure spaziale-statico) e specie (umana e non-umane). La rilevazione di pattern gioca quindi un ruolo fondamentale nell’elaborazione dell’informazione sensoriale, necessaria ad una corretta rappresentazione dell’ambiente. Una volta apprese le regolarità e le strutture presenti nell’ambiente, gli organismi viventi devono saper generalizzare tali strutture a stimoli nuovi da un punto di vista percettivo, ma rappresentanti le stesse regolarità. L’aspetto cruciale della generalizzazione è quindi la capacità di riconoscere una regolarità familiare anche quando implementata da nuovi stimoli. Anche il processo di generalizzazione ricopre un ruolo fondamentale nell’apprendimento della sintassi del linguaggio naturale umano. Ciò nonostante, si tratta di un meccanismo dominio-generale e non specie-specifico. Ciò che non risultava chiaro dalla letteratura era l’ontogenesi di entrambi i meccanismi, specialmente nel dominio visivo. In altre parole, non era chiaro se le abilità di statistical learning e generalizzazione di strutture visive fossero completamente sviluppate alla nascita. Il principale obbiettivo degli esperimenti condotti in questa tesi era quindi quello di approfondire le origini di visual statistical learning e generalizzazione, tramite del pulcino di pollo domestico (Gallus gallus) come modello animale. Appartenendo ad una specie precoce, il pulcino neonato è quasi completamente autonomo per una serie di funzioni comportamentali diventando il candidato ideale per lo studio dell’ontogenesi di diverse abilità percettive e cognitive. La possibilità di essere osservato appena dopo la nascita, e la completa manipolazione dell’ambiente pre- e post- natale (tramite schiusa e allevamento in condizioni controllate), rende il pulcino un’ottimo modello sperimentale per lo studio dell’apprendimento di regolarità. La prima serie di esperimenti illustrati erano allo studio di statistical learning (Chapter 2). Tramite un paradigma sperimentale basato sull’apprendimento per esposizione (imprinting filiale), pulcini neonati naive dal punto di vista visivo, sono stati esposti ad una video-sequenza di elementi visivi arbitrari (forme geometriche). Tale stimolo è definito da una struttura “statistica” basata su transitional (conditional) probabilities che determinano l’ordine di comparsa di ciascun elemento (ad esempio, il quadrato predice la croce con una probabilità del 100%). Al termine della fase di esposizione, i pulcini riuscivano a riconoscere tale sequenza, discriminandola rispetto a sequenze non-familiari che consistevano in una presentazione random degli stessi elementi (ovvero nessun elemento prediceva la comparsa di nessun altro elemento; Experiment 1) oppure in una ricombinazione degli stessi elementi familiari secondo nuovi pattern statistici (ad esempio, il quadrato predice la T con probabilità del 100% ma tale relazione statistica non era mai stata esperita dai pulcini; Experiment 2). In entrambi gli esperimenti i pulcini discriminarono la sequenza familiare da quella non-familiare, dimostrandosi in grado di riconoscere il struttura statistica alla quale erano stati esposti durante la fase d’imprinting. Uno degli aspetti più affascinanti di questo risultato è che il processo di apprendimento è non-supervisionato ovvero nessun rinforzo era stato dato ai pulcini durante la fase di esposizione. Successivamente, sono stati condotti altri due esperimenti (Experiments 3 and 4) con l’obbiettivo di verificare se i pulcini fossero in grado di apprendere regolarità più complesse di quelle testate in precedenza. In particolare, il compito che dovevano svolgere i pulcini consisteva nel differenziare una sequenza familiare strutturata similmente a quella appena descritta e una sequenza non-familiare composta da part-pairs ovvero coppie di figure composte dall’unione dell’ultima figura componente una coppia familiare e la prima figura componente un’altra coppia familiare. Essendo formate dall’unione di elementi appartenenti a coppie familiari, le part-pairs venivano esperite dai pulcini durante la fase di familiarizazzione ma con una probabilità più bassa rispetto alle pairs. La difficoltà del compito risiede quindi nel rilevare una sottile differenza caratterizzante la distribuzione di probabilità dei due stimoli. Sfortunatamente i pulcini non sono stati in grado di discriminare le due sequenze ne quando composte da 8 elementi (Experiment 3) ne da 6 (Experiment 4). L’obbiettivo finale di questi due esperimenti sarebbe stato quello di scoprire il tipo di regolarità appresa dai pulcini. Infatti, negli esperimenti 1 e 2 i pulcini potrebbero aver discriminato sequenze familiari e non familiari sulla base delle frequenze di co-occorrenza delle figure componenti le coppie familiari (ad esempio, co-occorrenza di X e Y) piuttosto che sulle probabilità condizionali (ad esempio, X predice Y). Tuttavia, non avendo superato il test presentato negli esperimenti 3 e 4, la questione riguardante quale tipo di cue statistico viene appreso da questa specie rimane aperta. Possibili spiegazioni e implicazioni teoriche di tale risultato non significativo sono discusse nel capitolo conclusivo. Il secondo gruppo di esperimenti condotti nella presente ricerca riguarda l’indagine del processo di generalizzazione di regolarità visive (Chapter 3). Le regolarità indagate sono rappresentate come stringhe di figure geometriche organizzate spazialmente, i cui elementi sono visibili simultaneamente. Ad esempio, la regolarità definita come AAB viene descritta come una tripletta in cui i primi due elementi sono identici tra loro (AA), seguiti da un’altro elemento diverso dai precedenti (B). I pattern impiegati erano AAB, ABA (Experiment 5) ABB e BAA (Experiment 6) e la procedura sperimentale utilizzata prevedeva addestramento tramite rinforzo alimentare. Una volta imparato a riconoscere il pattern rinforzato (ad esempio, AAB implementato da croce-croce-cerchio) da quello non rinforzato (ad esempio, ABA implementato da croce-cerchio-croce), i pulcini dovevano riconoscere tali strutture rappresentate da nuovi elementi (ad esempio, clessidra-clessidra-freccia vs. clessidra-freccia-clessidra). Gli animali si dimostrarono capaci di generalizzare tutte le regolarità a nuovi esemplari delle stesse. L’aspetto più importante di questi risultati è quanto dimostrato nell’esperimento 6, il cui obbiettivo era quello di indagare le possibili strategie di apprendimento messe in atto dagli animali nello studio precedente. Infatti, considerando il confronto AAB vs. ABA, i pulcini potrebbero aver riconosciuto (e generalizzato) il pattern familiare sulla base della presenza di una ripetizione consecutiva di uno stesso elemento (presente in AAB ma non in ABA, dove lo stesso elemento A è ripetuto e posizionato ai due estremi della tripletta). Nell’esperimento 6 sono state quindi confrontate regolarità caratterizzate da ripetizioni: AAB vs. ABB e AAB vs. BAA. I pulcini si mostrarono comunque in grado di distinguere le nuove regolarità e di generalizzare a nuovi esemplari, suggerendo come tale abilità non sia limitata a un particolare tipo di configurazione. Complessivamente, i risultati ottenuti nella presente ricerca costituiscono la prima evidenza di statistical learning e generalizzazione di regolarità visive in un modello animale osservato appena dopo la nascita. Per quanto riguarda lo statistical learning, i pulcini dimostrano capacità comparabili a quelle osservate in altre specie animali e agli infanti umani ma apparentemente superiori a quelle osservate nel neonato. Ipotesi e implicazioni teoriche di tali differenze sono riportate nel capitolo conclusivo. Per quanto riguarda i processi di generalizzazione, la performance dei pulcini è in linea con quanto dimostrato dai neonati umani nel dominio linguistico. Alla luce di questi risultati, è plausibile pensare che il pulcino si biologicamente predisposto ad rilevare regolarità caratterizzanti il suo ambiente visivo, a partire dai primi momenti di vita.

Learning Regularities from the Visual World

SANTOLIN, CHIARA
2016

Abstract

Il mondo sensoriale è composto da un insieme di regolarità. Sequenze di sillabe e note musicali, oggetti disposti nell’ambiente visivo e sequenze di eventi sono solo alcune delle tipologie di pattern caratterizzanti l’input sensoriale. La capacità di rilevare queste regolarità risulta fondamentale per l’acquisizione di alcune proprietà del linguaggio naturale (ad esempio, la sintassi), l’apprendimento di sequenze di azioni (ad esempio, il linguaggio dei segni), la discriminazione di eventi ambientali complessi come pure la pianificazione del comportamento. Infatti, rilevare regolarità da una molteplicità di eventi permette di anticipare e pianificare azioni future, aspetti cruciali di adattamento all’ambiente. Questo meccanismo di apprendimento, riportato in letteratura con il nome di statistical learning, consiste nella rilevazione di distribuzioni di probabilità da input sensoriali ovvero, relazioni di dipendenza tra i suoi diversi componenti (ad esempio, X predice Y). Come illustrato nell capitolo introduttivo della presente ricerca, nonostante si tratti di uno dei meccanismi responsabili dell’apprendimento del linguaggio naturale umano, lo statistical learning non sembra essersi evoluto in modo specifico per servire questa funzione. Tale meccanismo rappresenta un processo cognitivo generale che si manifesta in diversi domini sensoriali (acustico, visivo, tattile), modalità (temporale oppure spaziale-statico) e specie (umana e non-umane). La rilevazione di pattern gioca quindi un ruolo fondamentale nell’elaborazione dell’informazione sensoriale, necessaria ad una corretta rappresentazione dell’ambiente. Una volta apprese le regolarità e le strutture presenti nell’ambiente, gli organismi viventi devono saper generalizzare tali strutture a stimoli nuovi da un punto di vista percettivo, ma rappresentanti le stesse regolarità. L’aspetto cruciale della generalizzazione è quindi la capacità di riconoscere una regolarità familiare anche quando implementata da nuovi stimoli. Anche il processo di generalizzazione ricopre un ruolo fondamentale nell’apprendimento della sintassi del linguaggio naturale umano. Ciò nonostante, si tratta di un meccanismo dominio-generale e non specie-specifico. Ciò che non risultava chiaro dalla letteratura era l’ontogenesi di entrambi i meccanismi, specialmente nel dominio visivo. In altre parole, non era chiaro se le abilità di statistical learning e generalizzazione di strutture visive fossero completamente sviluppate alla nascita. Il principale obbiettivo degli esperimenti condotti in questa tesi era quindi quello di approfondire le origini di visual statistical learning e generalizzazione, tramite del pulcino di pollo domestico (Gallus gallus) come modello animale. Appartenendo ad una specie precoce, il pulcino neonato è quasi completamente autonomo per una serie di funzioni comportamentali diventando il candidato ideale per lo studio dell’ontogenesi di diverse abilità percettive e cognitive. La possibilità di essere osservato appena dopo la nascita, e la completa manipolazione dell’ambiente pre- e post- natale (tramite schiusa e allevamento in condizioni controllate), rende il pulcino un’ottimo modello sperimentale per lo studio dell’apprendimento di regolarità. La prima serie di esperimenti illustrati erano allo studio di statistical learning (Chapter 2). Tramite un paradigma sperimentale basato sull’apprendimento per esposizione (imprinting filiale), pulcini neonati naive dal punto di vista visivo, sono stati esposti ad una video-sequenza di elementi visivi arbitrari (forme geometriche). Tale stimolo è definito da una struttura “statistica” basata su transitional (conditional) probabilities che determinano l’ordine di comparsa di ciascun elemento (ad esempio, il quadrato predice la croce con una probabilità del 100%). Al termine della fase di esposizione, i pulcini riuscivano a riconoscere tale sequenza, discriminandola rispetto a sequenze non-familiari che consistevano in una presentazione random degli stessi elementi (ovvero nessun elemento prediceva la comparsa di nessun altro elemento; Experiment 1) oppure in una ricombinazione degli stessi elementi familiari secondo nuovi pattern statistici (ad esempio, il quadrato predice la T con probabilità del 100% ma tale relazione statistica non era mai stata esperita dai pulcini; Experiment 2). In entrambi gli esperimenti i pulcini discriminarono la sequenza familiare da quella non-familiare, dimostrandosi in grado di riconoscere il struttura statistica alla quale erano stati esposti durante la fase d’imprinting. Uno degli aspetti più affascinanti di questo risultato è che il processo di apprendimento è non-supervisionato ovvero nessun rinforzo era stato dato ai pulcini durante la fase di esposizione. Successivamente, sono stati condotti altri due esperimenti (Experiments 3 and 4) con l’obbiettivo di verificare se i pulcini fossero in grado di apprendere regolarità più complesse di quelle testate in precedenza. In particolare, il compito che dovevano svolgere i pulcini consisteva nel differenziare una sequenza familiare strutturata similmente a quella appena descritta e una sequenza non-familiare composta da part-pairs ovvero coppie di figure composte dall’unione dell’ultima figura componente una coppia familiare e la prima figura componente un’altra coppia familiare. Essendo formate dall’unione di elementi appartenenti a coppie familiari, le part-pairs venivano esperite dai pulcini durante la fase di familiarizazzione ma con una probabilità più bassa rispetto alle pairs. La difficoltà del compito risiede quindi nel rilevare una sottile differenza caratterizzante la distribuzione di probabilità dei due stimoli. Sfortunatamente i pulcini non sono stati in grado di discriminare le due sequenze ne quando composte da 8 elementi (Experiment 3) ne da 6 (Experiment 4). L’obbiettivo finale di questi due esperimenti sarebbe stato quello di scoprire il tipo di regolarità appresa dai pulcini. Infatti, negli esperimenti 1 e 2 i pulcini potrebbero aver discriminato sequenze familiari e non familiari sulla base delle frequenze di co-occorrenza delle figure componenti le coppie familiari (ad esempio, co-occorrenza di X e Y) piuttosto che sulle probabilità condizionali (ad esempio, X predice Y). Tuttavia, non avendo superato il test presentato negli esperimenti 3 e 4, la questione riguardante quale tipo di cue statistico viene appreso da questa specie rimane aperta. Possibili spiegazioni e implicazioni teoriche di tale risultato non significativo sono discusse nel capitolo conclusivo. Il secondo gruppo di esperimenti condotti nella presente ricerca riguarda l’indagine del processo di generalizzazione di regolarità visive (Chapter 3). Le regolarità indagate sono rappresentate come stringhe di figure geometriche organizzate spazialmente, i cui elementi sono visibili simultaneamente. Ad esempio, la regolarità definita come AAB viene descritta come una tripletta in cui i primi due elementi sono identici tra loro (AA), seguiti da un’altro elemento diverso dai precedenti (B). I pattern impiegati erano AAB, ABA (Experiment 5) ABB e BAA (Experiment 6) e la procedura sperimentale utilizzata prevedeva addestramento tramite rinforzo alimentare. Una volta imparato a riconoscere il pattern rinforzato (ad esempio, AAB implementato da croce-croce-cerchio) da quello non rinforzato (ad esempio, ABA implementato da croce-cerchio-croce), i pulcini dovevano riconoscere tali strutture rappresentate da nuovi elementi (ad esempio, clessidra-clessidra-freccia vs. clessidra-freccia-clessidra). Gli animali si dimostrarono capaci di generalizzare tutte le regolarità a nuovi esemplari delle stesse. L’aspetto più importante di questi risultati è quanto dimostrato nell’esperimento 6, il cui obbiettivo era quello di indagare le possibili strategie di apprendimento messe in atto dagli animali nello studio precedente. Infatti, considerando il confronto AAB vs. ABA, i pulcini potrebbero aver riconosciuto (e generalizzato) il pattern familiare sulla base della presenza di una ripetizione consecutiva di uno stesso elemento (presente in AAB ma non in ABA, dove lo stesso elemento A è ripetuto e posizionato ai due estremi della tripletta). Nell’esperimento 6 sono state quindi confrontate regolarità caratterizzate da ripetizioni: AAB vs. ABB e AAB vs. BAA. I pulcini si mostrarono comunque in grado di distinguere le nuove regolarità e di generalizzare a nuovi esemplari, suggerendo come tale abilità non sia limitata a un particolare tipo di configurazione. Complessivamente, i risultati ottenuti nella presente ricerca costituiscono la prima evidenza di statistical learning e generalizzazione di regolarità visive in un modello animale osservato appena dopo la nascita. Per quanto riguarda lo statistical learning, i pulcini dimostrano capacità comparabili a quelle osservate in altre specie animali e agli infanti umani ma apparentemente superiori a quelle osservate nel neonato. Ipotesi e implicazioni teoriche di tali differenze sono riportate nel capitolo conclusivo. Per quanto riguarda i processi di generalizzazione, la performance dei pulcini è in linea con quanto dimostrato dai neonati umani nel dominio linguistico. Alla luce di questi risultati, è plausibile pensare che il pulcino si biologicamente predisposto ad rilevare regolarità caratterizzanti il suo ambiente visivo, a partire dai primi momenti di vita.
29-gen-2016
Inglese
statistical learning; generalization; visual regularities; newborn; domestic chicks statistical learning; generalizzazione; regolarità visive; neonato; pulcino domestico
REGOLIN, LUCIA
PERESSOTTI, FRANCESCA
Università degli studi di Padova
116
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-86471