La biodiversità è ritenuta essere una sorta di garanzia per la resilienza dell’agroecosistema in quanto sembra fondamentale per preservare basilari servizi ecosistemici (SE). Al fine di approfondire queste tematiche, questo lavoro si propone di: a) valutare, in aziende reali, la sostenibilità ambientale misurando l’efficienza di alcuni SE chiave in agroecosistemi a differente gestione; b) cercare relazioni fra i gruppi di biodiversità studiati e i SE e c) esplorare l’esistenza di correlazioni fra le differenti metodologie di analisi considerate. L’ipotesi di base è che una elevata efficienza dei SE può migliorare la sostenibilità ambientale dell’agroecosistema. I SE sono stati studiati utilizzando numerosi bioindicatori associati alla biodiversità funzionale, che è in grado di garantire alla coltura questi utili servizi. I bioindicatori scelti, appartenenti ai principali livelli trofici, sono stati strumenti appropriati per indagare la complessità della rete trofica nel campo coltivato. I bioindicatori scelti, che provvedono a SE fondamentali, sono stati: 1. Lombrichi, promotori della struttura del suolo, fra i maggiori responsabili della circolazione di aria e acqua e del drenaggio, della decomposizione della sostanza organica e della attività di arricchimento del suolo in nutrienti dovuta agli escrementi; 2. Mesofauna (come acari e collemboli), che comprende principalmente detritivori e piccole prede e predatori; 3. Batteri e funghi del suolo, promotori della degradazione della sostanza organica, dei cicli biogeochimici dei nutrienti, delle attività enzimatiche del suolo e del miglioramento delle relazioni suolo-radici-acqua; 4. Predatori (compresi i carabidi) e parassitoidi, agenti di controllo naturale delle pullulazioni di fitofagi; 5. Malerbe del campo coltivato e Piante spontanee di margine, importanti reporter delle condizioni del suolo, che possono fungere da rifugi per lo svernamento, possono fornire fonti alternative di cibo per la fauna utile e inoltre possono attrarre impollinatori nell’area del campo. La ricerca è stata sviluppata negli anni 2012-2013 in cinque campi biologici-biodinamici e cinque campi convenzionali coltivati ad orticole siti nelle province di Venezia e Treviso. Le metodologie per campionare la biodiversità di questi bioindicatori sono state le seguenti: hand sorting su una zolla di 30x30x20cm con precedente versamento di sospensione acquosa di polvere di senape, che funge da irritante per i lombrichi (in particolare per i profondi scavatori); l’estrazione con l’apparato Berlese-Tullgren per la mesofauna; la tecnica Automated Ribosomal Intergenic Spacer Analysis e il sequenziamento del gene 16S e ITS eseguito con il sistema 454 (Roche) per lo studio completo delle comunità di batteri e funghi del suolo, la tecnica PCR e real time-PCR con primer specifici per i funghi micorrizici (AMF); il controllo visivo sulla parte epigea della pianta coltivata per l’indagine della presenza di fitofagi e predatori; il successivo allevamento in laboratorio per indagare le comunità di parassitoidi; la raccolta raggruppata e casuale di dati sulle specie e le relative abbondanze di piante erbacee spontanee per esaminarne le comunità nell’area del campo e del margine erboso di capezzagna. Dopo aver campionato con lo scopo di conoscere i principali gruppi di biodiversità, si è proceduto applicando delle tecniche innovative e speditive utili per misurare la qualità dell’agroecosistema. Considerando la componente della mesofauna del suolo, è stato applicato l’indice QBS-ar per valutare lo stato di alterazione del suolo ma non applicabile da un operatore non esperto in tassonomia. Al fine di analizzare la comunità di lombrichi, è stato applicato il nuovo indice QBS-e basato sulle loro categorie ecologiche, simile al QBS-ar ma più facile da usare anche da non esperti. Per misurare l’attività e la biomassa microbica, il test di valutazione del tasso di respirazione del suolo, il test di idrolisi della fluoresceina diacetato, la quantificazione del dsDNA unitamente a saggi sulle attività di enzimi chiave del suolo sono stati condotti insieme al test con il fertimetro , un semplice strumento costituito da fili di seta e cotone che fungono da reporter della degradazione della sostanza organica. Al fine di valutare il controllo biologico naturale dei parassiti delle colture, oltre alla quantificazione dei predatori presenti sul campo, sono state calcolate anche le percentuali di parassitizzazione e iperparassitizzazione relative ad uno fra i più problematici parassiti del cavolfiore (Plutella xylostella). Per quantificare l’entità dell’attrazione di impollinatori e fauna utile svolta dalla comunità delle piante erbacee spontanee, un indice di entomofilia (E.I.), che prende in considerazione la presenza e l’abbondanza di specie entomofile, è stato applicato. Alcune considerazioni conclusive sono state: 1. La composizione in taxa di un gruppo di bioindicatori non sempre cambia in base a differenti gestioni dell’agroecosistema. Sembrano esserci bioindicatori più sensibili alle pratiche di gestione, come ad esempio i predatori e i parassitoidi (appartenenti a livelli trofici superiori), rispetto ad altri, come fitofagi e malerbe. 2. Gli agroecosistemi a gestione biologico-biodinamica hanno dimostrato di avere SE più efficienti (quasi tutti fra quelli misurati) sia nel settore ipogeo che in quello epigeo e perciò questo tipo di gestione si può definire più sostenibile dal punto di vista ambientale. 3. La biodiversità, descritta semplicemente con i classici indici di biodiversità che si trovano in letteratura, non sembra essere associata all’efficienza dei SE, probabilmente perché il collegamento fra questi due fattori deve essere cercato nella complessità delle interazioni fra tutti i gruppi di biodiversità considerati. 4. Infine, una grande quantità di correlazioni fra tutti gli indicatori analizzati (biotici e funzionali) è emersa: tali correlazioni potrebbero essere molto utili per pianificare meglio futuri programmi di monitoraggio delle condizioni degli agroecosistemi
Evaluation, maintenance and improvement of biodiversity for environmental protection and crop nutritional properties
FUSARO, SILVIA
2015
Abstract
La biodiversità è ritenuta essere una sorta di garanzia per la resilienza dell’agroecosistema in quanto sembra fondamentale per preservare basilari servizi ecosistemici (SE). Al fine di approfondire queste tematiche, questo lavoro si propone di: a) valutare, in aziende reali, la sostenibilità ambientale misurando l’efficienza di alcuni SE chiave in agroecosistemi a differente gestione; b) cercare relazioni fra i gruppi di biodiversità studiati e i SE e c) esplorare l’esistenza di correlazioni fra le differenti metodologie di analisi considerate. L’ipotesi di base è che una elevata efficienza dei SE può migliorare la sostenibilità ambientale dell’agroecosistema. I SE sono stati studiati utilizzando numerosi bioindicatori associati alla biodiversità funzionale, che è in grado di garantire alla coltura questi utili servizi. I bioindicatori scelti, appartenenti ai principali livelli trofici, sono stati strumenti appropriati per indagare la complessità della rete trofica nel campo coltivato. I bioindicatori scelti, che provvedono a SE fondamentali, sono stati: 1. Lombrichi, promotori della struttura del suolo, fra i maggiori responsabili della circolazione di aria e acqua e del drenaggio, della decomposizione della sostanza organica e della attività di arricchimento del suolo in nutrienti dovuta agli escrementi; 2. Mesofauna (come acari e collemboli), che comprende principalmente detritivori e piccole prede e predatori; 3. Batteri e funghi del suolo, promotori della degradazione della sostanza organica, dei cicli biogeochimici dei nutrienti, delle attività enzimatiche del suolo e del miglioramento delle relazioni suolo-radici-acqua; 4. Predatori (compresi i carabidi) e parassitoidi, agenti di controllo naturale delle pullulazioni di fitofagi; 5. Malerbe del campo coltivato e Piante spontanee di margine, importanti reporter delle condizioni del suolo, che possono fungere da rifugi per lo svernamento, possono fornire fonti alternative di cibo per la fauna utile e inoltre possono attrarre impollinatori nell’area del campo. La ricerca è stata sviluppata negli anni 2012-2013 in cinque campi biologici-biodinamici e cinque campi convenzionali coltivati ad orticole siti nelle province di Venezia e Treviso. Le metodologie per campionare la biodiversità di questi bioindicatori sono state le seguenti: hand sorting su una zolla di 30x30x20cm con precedente versamento di sospensione acquosa di polvere di senape, che funge da irritante per i lombrichi (in particolare per i profondi scavatori); l’estrazione con l’apparato Berlese-Tullgren per la mesofauna; la tecnica Automated Ribosomal Intergenic Spacer Analysis e il sequenziamento del gene 16S e ITS eseguito con il sistema 454 (Roche) per lo studio completo delle comunità di batteri e funghi del suolo, la tecnica PCR e real time-PCR con primer specifici per i funghi micorrizici (AMF); il controllo visivo sulla parte epigea della pianta coltivata per l’indagine della presenza di fitofagi e predatori; il successivo allevamento in laboratorio per indagare le comunità di parassitoidi; la raccolta raggruppata e casuale di dati sulle specie e le relative abbondanze di piante erbacee spontanee per esaminarne le comunità nell’area del campo e del margine erboso di capezzagna. Dopo aver campionato con lo scopo di conoscere i principali gruppi di biodiversità, si è proceduto applicando delle tecniche innovative e speditive utili per misurare la qualità dell’agroecosistema. Considerando la componente della mesofauna del suolo, è stato applicato l’indice QBS-ar per valutare lo stato di alterazione del suolo ma non applicabile da un operatore non esperto in tassonomia. Al fine di analizzare la comunità di lombrichi, è stato applicato il nuovo indice QBS-e basato sulle loro categorie ecologiche, simile al QBS-ar ma più facile da usare anche da non esperti. Per misurare l’attività e la biomassa microbica, il test di valutazione del tasso di respirazione del suolo, il test di idrolisi della fluoresceina diacetato, la quantificazione del dsDNA unitamente a saggi sulle attività di enzimi chiave del suolo sono stati condotti insieme al test con il fertimetro , un semplice strumento costituito da fili di seta e cotone che fungono da reporter della degradazione della sostanza organica. Al fine di valutare il controllo biologico naturale dei parassiti delle colture, oltre alla quantificazione dei predatori presenti sul campo, sono state calcolate anche le percentuali di parassitizzazione e iperparassitizzazione relative ad uno fra i più problematici parassiti del cavolfiore (Plutella xylostella). Per quantificare l’entità dell’attrazione di impollinatori e fauna utile svolta dalla comunità delle piante erbacee spontanee, un indice di entomofilia (E.I.), che prende in considerazione la presenza e l’abbondanza di specie entomofile, è stato applicato. Alcune considerazioni conclusive sono state: 1. La composizione in taxa di un gruppo di bioindicatori non sempre cambia in base a differenti gestioni dell’agroecosistema. Sembrano esserci bioindicatori più sensibili alle pratiche di gestione, come ad esempio i predatori e i parassitoidi (appartenenti a livelli trofici superiori), rispetto ad altri, come fitofagi e malerbe. 2. Gli agroecosistemi a gestione biologico-biodinamica hanno dimostrato di avere SE più efficienti (quasi tutti fra quelli misurati) sia nel settore ipogeo che in quello epigeo e perciò questo tipo di gestione si può definire più sostenibile dal punto di vista ambientale. 3. La biodiversità, descritta semplicemente con i classici indici di biodiversità che si trovano in letteratura, non sembra essere associata all’efficienza dei SE, probabilmente perché il collegamento fra questi due fattori deve essere cercato nella complessità delle interazioni fra tutti i gruppi di biodiversità considerati. 4. Infine, una grande quantità di correlazioni fra tutti gli indicatori analizzati (biotici e funzionali) è emersa: tali correlazioni potrebbero essere molto utili per pianificare meglio futuri programmi di monitoraggio delle condizioni degli agroecosistemiFile | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/86487
URN:NBN:IT:UNIPD-86487