La tesi proposta tratta principalmente due temi: la promessa dell’utopia e il tradimento della stessa. Essendo la città la protagonista della ricerca, è dall’essenza stessa di città del III Millennio che l’indagine trae i propri spunti fondamentali. Il necessario assioma alla base della linea di pensiero seguita consiste in primo luogo nel qualificare la città contemporanea come luogo del conflitto. Conflitto tra crescita ed equità sociale, tra sostenibilità e insostenibilità ambientale (Finocchiaro, 1999). Essa è un’entità pachidermica, inquinata e sovrappopolata, matrice di diseguaglianze e di tensioni tra classi. In particolare, le grandi metropoli dei cosiddetti “Paesi Emergenti” mostrano, dagli anni Ottanta ad oggi, una certa irrequietezza, decisamente più marcata rispetto a quelle occidentali, che invece si possono considerare - tutto sommato - “consolidate”. Ancora più nel dettaglio, le città brasiliane costituiscono uno stimolante affresco degli effetti che l’obesità patologica della città contemporanea ha sulla società e sui suoi spazi. Il principio cardine della tesi proposta è che l’attuale stadio di sviluppo delle più grandi (e problematiche) metropoli brasiliane è dovuto sostanzialmente a un processo evolutivo costantemente altalenante tra aspirazioni ideali e utopie disattese. Nella ricerca, l’evoluzione urbana di alcune delle metropoli più popolose del mondo (São Paulo, 20 milioni di abitanti; Rio de Janeiro, 12,1 milioni; Fonte: IBGE) - che non riescono a smettere di crescere - viene imputata sostanzialmente a due fenomeni diametralmente opposti, l’uno la nemesi dell’altro: da una parte un processo di gentrificazione e dall’altro uno di favelizzazione. Ad opulenti quartieri (metaforicamente chiamati “città di vetro”) fatti di luce, di spazi dilatati e di ampie aree verdi, fanno da contraltare sterminati insediamenti a-gerarchici, gigantesche baraccopoli (favelas) incancrenite sulle alture tipiche del paesaggio carioca (morros). Questa tipologia viene invece metaforicamente definita “città di latta”. Le forti diseguaglianze alla base della difficile convivenza tra queste due città - l’una contro l’altra armata - hanno portato nel corso della seconda metà del XX secolo all’emergere e all’acuirsi di un forte rancore urbano, che sfocia ogni giorno in una forte incidenza della microcriminalità da parte degli abitanti dei quartieri più poveri, con conseguenti contromisure di autodifesa da parte della gentry (condomini iperprotetti, alti muri con filo spinato, guardie private…). Nella prima parte della tesi si fa un’analisi critica dell’evoluzione storico-politica del Brasile dell’ultimo secolo, attraverso alcune selezionate tappe fondamentali (Guerra di Canudos, Riforma urbana di Pereira Passos, Dittatura Militare e “Lulismo”), seguendo un filo conduttore comune. Si intende infatti dimostrare che l’attuale assetto urbano e sociale delle metropoli carioca è il risultato di un’irrequieta alternanza tra aspirazioni ideali e utopie disattese (la città di vetro tende all’utopia mentre quella di latta viene trascinata verso la distopia da un sistema iniquo e corrotto). Ma l’evoluzione stessa della città risente anche dell’avvicendamento tra utopia e ideologia (Mannheim, 1957), come durante il ventennio di dittatura (1964-1985). Gli eventi storico-politici cui si è fatto cenno vengono integrati con alcuni casi-studio di utopie e distopie urbane (Belo Horizonte, Brasilia, Rio de Janeiro). Nell’corso dell’analisi si opera una riflessione sulle problematiche che hanno portato all’acuirsi delle eclatanti disparità alla base dell’evoluzione urbana recente, soffermandosi in particolare sull’individuazione e sulla riflessione intorno al ruolo di tre attori fondamentali: lo Stato, il popolo e il capitalismo finanziario. Nella seconda parte, la ricerca si addentra ad un livello più profondo di indagine dell’assetto urbanistico e dell’aspetto figurativo delle due metropoli più significative e “problematiche”: São Paulo e Rio de Janeiro. L’adozione di un metodo di osservazione e di percezione dell’ambiente urbano (che prende spunto dagli studi di Kevin Lynch; gestalt) porta all’assunzione come dato di fatto dell’immagine estremamente variegata delle spazialità delle città prese in esame. La tesi propone una tassonomia di tali spazialità che si differenzia da altri tipi di classificazioni rese disponibili dallo stato dell’arte (come per esempio le ricerche di Françoise Choay, anni Settanta) in quanto difficilmente corrispondenti alla sfaccettata realtà di São Paulo e di Rio. Le tre “urbanità” che vengono di conseguenza definite sono:  Lo spazio di difesa. Dei tre attori individuati nella Parte I (Stato, popolo, capitalismo finanziario), questo è lo spazio che afferisce al popolo. Si tratta della città a-gerarchica (favela). Questa definizione intende sottolineare la stretta connessione tra forma e funzione: nel caso della favela brasiliana la configurazione urbana compatta e tortuosa è legata sia a necessari “adattamenti orografici” sia al controllo e alla gestione di un territorio che vive in un’altra legalità, in larga parte al di fuori del controllo statale (spesso dominato dalla criminalità organizzata, tranne che in alcuni casi di favelas “pacificate”). La pianificazione non è data dall’applicazione di convenzioni e strumenti urbanistici ma dalle peculiarità territoriali. Il tessuto è estremamente fitto e non ci sono piazze. La sua dimensione spaziale è di conseguenza il vicolo; l’esplicitazione architettonica è l’edificio autocostruito. L’edificato è immediato e disallineato: la percezione visiva è stimolata da prospettive accidentali. È un tipo di urbanità trascinata verso il distopico (casi studio: favela Tiquatira a São Paulo e favela/conjunto di Cidade de Deus a Rio de Janeiro). La figura retorica di riferimento è la sineddoche (la parte per il tutto).  Lo spazio d’immagine. Dei tre attori definiti nella Parte I, questo è lo spazio che afferisce al capitalismo industriale/finanziario. È la città gentrificata, avida consumatrice di suolo, pianificata e sviluppata su di un tracciato urbano razionale e regolare, che non sempre tiene conto dell’orografia (a differenza delle favelas che “si adattano” a ogni dislivello). La sua dimensione spaziale è il viale, quindi le grandi assialità nelle quali la ricca borghesia glorifica se stessa attraverso i propri feticci (l’esplicitazione architettonica di tale urbanità è il grattacielo). È uno spazio in cui il simulacro (Baudrillard, 1981) prende il sopravvento: iconico, l’immagine esteriore è tutto; il materiale, le forme e le insegne sono una forma di alterazione della realtà per scopi propagandistici (casi studio: Avenida Paulista a São Paulo; Avenida presidente Vargas, Rio de Janeiro). La percezione visiva è stimolata dalla prospettiva a quadro inclinato, che esalta il verticalismo. La figura retorica è l’allitterazione (la ripetitività delle immagini e degli slogan per enfatizzare, promuovere e invogliare al consumo).  Lo spazio di dottrina (o d’autorità). Dei tre attori definiti nella Parte I, questo è lo spazio che afferisce alle istituzioni (lo Stato ma anche l’autorità ecclesiastica, molto forte in Brasile). È il tipo di urbanità che più tende all’utopia, trovandosi di conseguenza esattamente agli antipodi della città a-gerarchica. È lo spazio di celebrazione del Sistema ma anche dei principi e dei valori comuni della Nazione ed è pertanto caratterizzato da una forte carica simbolica e figurativa. La percezione visiva non può che essere stimolata dalla prospettiva centrale, che esalta simmetria e solennità. La sua dimensione spaziale è la piazza, un vuoto ampio e solenne, che tende a valorizzare quella che è l’esplicitazione architettonica di una tale urbanità, ovvero il Monumento. Casi studio: Praça da Sé (São Paulo); Largo da Paço (Rio de Janeiro); Praça dos Tres Poderes (Brasilia). Figura retorica: allegoria (espressione di un concetto astratto tramite un’immagine concreta).

La città di latta e la città di vetro. Utopie e distopie della metropoli brasiliana contemporanea

VALERIANI, ANDREA
2018

Abstract

La tesi proposta tratta principalmente due temi: la promessa dell’utopia e il tradimento della stessa. Essendo la città la protagonista della ricerca, è dall’essenza stessa di città del III Millennio che l’indagine trae i propri spunti fondamentali. Il necessario assioma alla base della linea di pensiero seguita consiste in primo luogo nel qualificare la città contemporanea come luogo del conflitto. Conflitto tra crescita ed equità sociale, tra sostenibilità e insostenibilità ambientale (Finocchiaro, 1999). Essa è un’entità pachidermica, inquinata e sovrappopolata, matrice di diseguaglianze e di tensioni tra classi. In particolare, le grandi metropoli dei cosiddetti “Paesi Emergenti” mostrano, dagli anni Ottanta ad oggi, una certa irrequietezza, decisamente più marcata rispetto a quelle occidentali, che invece si possono considerare - tutto sommato - “consolidate”. Ancora più nel dettaglio, le città brasiliane costituiscono uno stimolante affresco degli effetti che l’obesità patologica della città contemporanea ha sulla società e sui suoi spazi. Il principio cardine della tesi proposta è che l’attuale stadio di sviluppo delle più grandi (e problematiche) metropoli brasiliane è dovuto sostanzialmente a un processo evolutivo costantemente altalenante tra aspirazioni ideali e utopie disattese. Nella ricerca, l’evoluzione urbana di alcune delle metropoli più popolose del mondo (São Paulo, 20 milioni di abitanti; Rio de Janeiro, 12,1 milioni; Fonte: IBGE) - che non riescono a smettere di crescere - viene imputata sostanzialmente a due fenomeni diametralmente opposti, l’uno la nemesi dell’altro: da una parte un processo di gentrificazione e dall’altro uno di favelizzazione. Ad opulenti quartieri (metaforicamente chiamati “città di vetro”) fatti di luce, di spazi dilatati e di ampie aree verdi, fanno da contraltare sterminati insediamenti a-gerarchici, gigantesche baraccopoli (favelas) incancrenite sulle alture tipiche del paesaggio carioca (morros). Questa tipologia viene invece metaforicamente definita “città di latta”. Le forti diseguaglianze alla base della difficile convivenza tra queste due città - l’una contro l’altra armata - hanno portato nel corso della seconda metà del XX secolo all’emergere e all’acuirsi di un forte rancore urbano, che sfocia ogni giorno in una forte incidenza della microcriminalità da parte degli abitanti dei quartieri più poveri, con conseguenti contromisure di autodifesa da parte della gentry (condomini iperprotetti, alti muri con filo spinato, guardie private…). Nella prima parte della tesi si fa un’analisi critica dell’evoluzione storico-politica del Brasile dell’ultimo secolo, attraverso alcune selezionate tappe fondamentali (Guerra di Canudos, Riforma urbana di Pereira Passos, Dittatura Militare e “Lulismo”), seguendo un filo conduttore comune. Si intende infatti dimostrare che l’attuale assetto urbano e sociale delle metropoli carioca è il risultato di un’irrequieta alternanza tra aspirazioni ideali e utopie disattese (la città di vetro tende all’utopia mentre quella di latta viene trascinata verso la distopia da un sistema iniquo e corrotto). Ma l’evoluzione stessa della città risente anche dell’avvicendamento tra utopia e ideologia (Mannheim, 1957), come durante il ventennio di dittatura (1964-1985). Gli eventi storico-politici cui si è fatto cenno vengono integrati con alcuni casi-studio di utopie e distopie urbane (Belo Horizonte, Brasilia, Rio de Janeiro). Nell’corso dell’analisi si opera una riflessione sulle problematiche che hanno portato all’acuirsi delle eclatanti disparità alla base dell’evoluzione urbana recente, soffermandosi in particolare sull’individuazione e sulla riflessione intorno al ruolo di tre attori fondamentali: lo Stato, il popolo e il capitalismo finanziario. Nella seconda parte, la ricerca si addentra ad un livello più profondo di indagine dell’assetto urbanistico e dell’aspetto figurativo delle due metropoli più significative e “problematiche”: São Paulo e Rio de Janeiro. L’adozione di un metodo di osservazione e di percezione dell’ambiente urbano (che prende spunto dagli studi di Kevin Lynch; gestalt) porta all’assunzione come dato di fatto dell’immagine estremamente variegata delle spazialità delle città prese in esame. La tesi propone una tassonomia di tali spazialità che si differenzia da altri tipi di classificazioni rese disponibili dallo stato dell’arte (come per esempio le ricerche di Françoise Choay, anni Settanta) in quanto difficilmente corrispondenti alla sfaccettata realtà di São Paulo e di Rio. Le tre “urbanità” che vengono di conseguenza definite sono:  Lo spazio di difesa. Dei tre attori individuati nella Parte I (Stato, popolo, capitalismo finanziario), questo è lo spazio che afferisce al popolo. Si tratta della città a-gerarchica (favela). Questa definizione intende sottolineare la stretta connessione tra forma e funzione: nel caso della favela brasiliana la configurazione urbana compatta e tortuosa è legata sia a necessari “adattamenti orografici” sia al controllo e alla gestione di un territorio che vive in un’altra legalità, in larga parte al di fuori del controllo statale (spesso dominato dalla criminalità organizzata, tranne che in alcuni casi di favelas “pacificate”). La pianificazione non è data dall’applicazione di convenzioni e strumenti urbanistici ma dalle peculiarità territoriali. Il tessuto è estremamente fitto e non ci sono piazze. La sua dimensione spaziale è di conseguenza il vicolo; l’esplicitazione architettonica è l’edificio autocostruito. L’edificato è immediato e disallineato: la percezione visiva è stimolata da prospettive accidentali. È un tipo di urbanità trascinata verso il distopico (casi studio: favela Tiquatira a São Paulo e favela/conjunto di Cidade de Deus a Rio de Janeiro). La figura retorica di riferimento è la sineddoche (la parte per il tutto).  Lo spazio d’immagine. Dei tre attori definiti nella Parte I, questo è lo spazio che afferisce al capitalismo industriale/finanziario. È la città gentrificata, avida consumatrice di suolo, pianificata e sviluppata su di un tracciato urbano razionale e regolare, che non sempre tiene conto dell’orografia (a differenza delle favelas che “si adattano” a ogni dislivello). La sua dimensione spaziale è il viale, quindi le grandi assialità nelle quali la ricca borghesia glorifica se stessa attraverso i propri feticci (l’esplicitazione architettonica di tale urbanità è il grattacielo). È uno spazio in cui il simulacro (Baudrillard, 1981) prende il sopravvento: iconico, l’immagine esteriore è tutto; il materiale, le forme e le insegne sono una forma di alterazione della realtà per scopi propagandistici (casi studio: Avenida Paulista a São Paulo; Avenida presidente Vargas, Rio de Janeiro). La percezione visiva è stimolata dalla prospettiva a quadro inclinato, che esalta il verticalismo. La figura retorica è l’allitterazione (la ripetitività delle immagini e degli slogan per enfatizzare, promuovere e invogliare al consumo).  Lo spazio di dottrina (o d’autorità). Dei tre attori definiti nella Parte I, questo è lo spazio che afferisce alle istituzioni (lo Stato ma anche l’autorità ecclesiastica, molto forte in Brasile). È il tipo di urbanità che più tende all’utopia, trovandosi di conseguenza esattamente agli antipodi della città a-gerarchica. È lo spazio di celebrazione del Sistema ma anche dei principi e dei valori comuni della Nazione ed è pertanto caratterizzato da una forte carica simbolica e figurativa. La percezione visiva non può che essere stimolata dalla prospettiva centrale, che esalta simmetria e solennità. La sua dimensione spaziale è la piazza, un vuoto ampio e solenne, che tende a valorizzare quella che è l’esplicitazione architettonica di una tale urbanità, ovvero il Monumento. Casi studio: Praça da Sé (São Paulo); Largo da Paço (Rio de Janeiro); Praça dos Tres Poderes (Brasilia). Figura retorica: allegoria (espressione di un concetto astratto tramite un’immagine concreta).
22-feb-2018
Italiano
Dottorato; tesi; phd; sapienza; andrea; valeriani; metropoli; brasile; architettura; teorie; progetto; favelas; getrificazione; turismo; touristification; rio de janeiro; san paolo; brasilia; niemeyer; moderno; le corbusier; favelizzazione; disciriminazione; emergenza abitativa; grattacieli; monumenti; città; city; slums
CRICONIA, Alessandra
SAGGIO, Antonino
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/87613
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIROMA1-87613