La trombina è una proteasi serinica appartenente, per omologia di sequenza, alla famiglia della chimotripsina dalla quale differisce per la presenza di numerosi loop d’inserzione, che le conferiscono una peculiare specificità di substrato. Essa si presenta come un ellissoide caratterizzato da due beta-barrels, alla giunzione dei quali si colloca la cavità che ospita il sito attivo. Il riconoscimento molecolare dei diversi effettori, invece, è mediato da due regioni superficiali elettropositive, diametralmente opposte e circondanti la cavità catalitica. Queste sono definite, rispettivamente, esosito-I (Anion Binding Exosite-I o Fibrinogen Recognition Site) ed esosito-II (Anion Binding Exosite-II o Heparin Binding Site). L’esosito-I è coinvolto nel legame della trombina al fibrinogeno, al recettore piastrinico PAR-1, alla trombomodulina, e a inibitori endogeni, come il fattore eparinico II, ed esogeni come la coda C-terminale dell’irudina. L’esosito-II rappresenta il sito di legame per l’eparina, per il frammento F2 della pro-trombina e per inibitori fisiologici come l’antitrombina III e la nexina-I. A differenza della chimotrispsina, l’attività proteolitica della trombina è aumentata dal binding del Na+ che stabilizza l’enzima in una conformazione più aperta e rigida. La trombina è una proteasi multifunzionale: da una parte gioca un ruolo importante nella cascata coagulativa, dall’altra interviene in modo fondamentale nei processi infiammatori a carico del sistema nervoso centrale. Infatti, la trombina svolge un ruolo chiave all’interfaccia tra coagulazione, infiammazione, differenziamento cellulare, angiogenesi e malattie neurodegenartive, manifestando così effetti pleiotropici. Studi in vitro hanno evidenziato come tale proteina sia in grado di modulare la permeabilità vascolare, la formazione di neo-vasi e la ritrazione di neuriti su cellule di neuroblastoma; per di più sembra svolgere attività mitogena a carico di cellule muscolari ed endoteliali. Questi effetti si realizzano a basse concentrazioni (1-10nM), mentre concentrazioni maggiori (100nM) sembrano essere nocive e pro-infiammatorie a livello cerebrale. Allo stesso modo, elevate concentrazioni plasmatiche di trombina (100-500nM) portano alla formazione di un clot compatto di fibrina, non suscettibile a fibrinolisi. Alcuni studi hanno dimostrato come la maggior parte delle funzioni non emostatiche si manifestino mediante l’attivazione dei recettori piastrinici PAR (Protease Activated Receptors), recettori transmembrana accoppiati a proteine-G. Nel dettaglio, il dominio extracellulare del PAR-1, in seguito a proteolisi promossa dalla trombina, interagisce col corpo recettoriale favorendo la trasduzione del segnale all’interno di piastrine e macrofagi. Il tutto si traduce in una risposta pro-aggregante e pro-infiammatoria. Questi dati suggeriscono la presenza di una stretta comunicazione biochimica tra i vari meccanismi che regolano i differenti effetti cellulari della trombina. Alla luce di queste considerazioni, l’obiettivo saliente del mio Progetto di Dottorato è stato quello di identificare nuovi effettori della trombina, i cui meccanismi di interazione possono avere importanti ricadute nella definizione dei processi biochimici che regolano l’insorgenza e la progressione delle malattie cardiovascolari, neurodegenerative ed autoimmuni. Durante il primo anno ho studiato l’effetto della beta2 glicoproteina I (b2GpI) sulle funzioni pro- e anti- coagulanti della trombina (Capitolo 2). La b2GpI, identificata come il principale antigene della sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS), è in grado di inibire le attività procoagulanti (generazione di fibrina ed aggregazione piastrinica) della trombina in vitro, senza compromettere l’unica sua funzione anticoagulante, ovvero la generazione di Proteina C attiva. I nostri esperimenti, condotti principalmente mediante surface plasmon resonance (SPR) hanno permesso inoltre di chiarire il binding mode di interazione delle due proteine: la b2GpI si lega agli esositi della trombina, il cui sito attivo rimane quindi accessibile al substrato. Nel corso del secondo anno ho indagato l’interazione tra l’alpha-sinucleina (a-Sin) e la trombina umana (Capitolo 3). a-Sin è una piccola proteina solubile presinaptica, implicata in diverse patologie neurodegenerative. Recentemente è stato dimostrato come l’a-Sin sia in grado di inibire l’attivazione e quindi l’aggregazione delle piastrine quando stimolate da trombina, limitando il rilascio degli alpha-granuli. Inoltre pazienti affetti dal morbo di Parkinson sono meno soggetti ad attacchi ischemici e presentano una velocità di aggregazione piastrinica significativamente ridotta. I risultati da noi ottenuti indicano che la porzione acida C-terminale dell’a-Sin è in grado di legarsi alla trombina con un’affinità nell’ordine del basso micromolare, coinvolgendo i due esositi. Quindi, il complesso [a-Sin - trombina] ostacola efficacemente l’aggregazione piastrinica, molto probabilmente in seguito all’ancoraggio del dominio N-terminale sulla superficie delle piastrine. Infine, durante l’ultimo anno, è stata presa in considerazione la ceruloplasmina umana (CP), quale possibile binder della trombina (Capitolo 4). Elevati livelli di CP sono stati individuati in pazienti affetti da artrite reumatoide, malattia infiammatoria cronica autoimmunitaria a carico delle articolazioni sinoviali. Come osservato per la CP, i livelli di trombina sono notevolmente aumentati in tessuti infiammati e, in modo particolare, nel fluido sinoviale di pazienti affetti da artrite reumatoide. Difatti, la trombina agisce come mediatore pro-infiammatorio e chemiotattico. In nostri dati indicano che la trombina è in grado di ostacolare, in seguito a proteolisi, l’attività antiossidante della ceruloplasmina. Queste evidenze sperimentali sono state confermate dal fatto che in presenza di irudina il cleavage della CP è inibito e l’infiammazione articolare nei soggetti con artrite reumatoide è ridotta.
Coagulation protein factors: discovering novel interactions of thrombin
ACQUASALIENTE, LAURA
2014
Abstract
La trombina è una proteasi serinica appartenente, per omologia di sequenza, alla famiglia della chimotripsina dalla quale differisce per la presenza di numerosi loop d’inserzione, che le conferiscono una peculiare specificità di substrato. Essa si presenta come un ellissoide caratterizzato da due beta-barrels, alla giunzione dei quali si colloca la cavità che ospita il sito attivo. Il riconoscimento molecolare dei diversi effettori, invece, è mediato da due regioni superficiali elettropositive, diametralmente opposte e circondanti la cavità catalitica. Queste sono definite, rispettivamente, esosito-I (Anion Binding Exosite-I o Fibrinogen Recognition Site) ed esosito-II (Anion Binding Exosite-II o Heparin Binding Site). L’esosito-I è coinvolto nel legame della trombina al fibrinogeno, al recettore piastrinico PAR-1, alla trombomodulina, e a inibitori endogeni, come il fattore eparinico II, ed esogeni come la coda C-terminale dell’irudina. L’esosito-II rappresenta il sito di legame per l’eparina, per il frammento F2 della pro-trombina e per inibitori fisiologici come l’antitrombina III e la nexina-I. A differenza della chimotrispsina, l’attività proteolitica della trombina è aumentata dal binding del Na+ che stabilizza l’enzima in una conformazione più aperta e rigida. La trombina è una proteasi multifunzionale: da una parte gioca un ruolo importante nella cascata coagulativa, dall’altra interviene in modo fondamentale nei processi infiammatori a carico del sistema nervoso centrale. Infatti, la trombina svolge un ruolo chiave all’interfaccia tra coagulazione, infiammazione, differenziamento cellulare, angiogenesi e malattie neurodegenartive, manifestando così effetti pleiotropici. Studi in vitro hanno evidenziato come tale proteina sia in grado di modulare la permeabilità vascolare, la formazione di neo-vasi e la ritrazione di neuriti su cellule di neuroblastoma; per di più sembra svolgere attività mitogena a carico di cellule muscolari ed endoteliali. Questi effetti si realizzano a basse concentrazioni (1-10nM), mentre concentrazioni maggiori (100nM) sembrano essere nocive e pro-infiammatorie a livello cerebrale. Allo stesso modo, elevate concentrazioni plasmatiche di trombina (100-500nM) portano alla formazione di un clot compatto di fibrina, non suscettibile a fibrinolisi. Alcuni studi hanno dimostrato come la maggior parte delle funzioni non emostatiche si manifestino mediante l’attivazione dei recettori piastrinici PAR (Protease Activated Receptors), recettori transmembrana accoppiati a proteine-G. Nel dettaglio, il dominio extracellulare del PAR-1, in seguito a proteolisi promossa dalla trombina, interagisce col corpo recettoriale favorendo la trasduzione del segnale all’interno di piastrine e macrofagi. Il tutto si traduce in una risposta pro-aggregante e pro-infiammatoria. Questi dati suggeriscono la presenza di una stretta comunicazione biochimica tra i vari meccanismi che regolano i differenti effetti cellulari della trombina. Alla luce di queste considerazioni, l’obiettivo saliente del mio Progetto di Dottorato è stato quello di identificare nuovi effettori della trombina, i cui meccanismi di interazione possono avere importanti ricadute nella definizione dei processi biochimici che regolano l’insorgenza e la progressione delle malattie cardiovascolari, neurodegenerative ed autoimmuni. Durante il primo anno ho studiato l’effetto della beta2 glicoproteina I (b2GpI) sulle funzioni pro- e anti- coagulanti della trombina (Capitolo 2). La b2GpI, identificata come il principale antigene della sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS), è in grado di inibire le attività procoagulanti (generazione di fibrina ed aggregazione piastrinica) della trombina in vitro, senza compromettere l’unica sua funzione anticoagulante, ovvero la generazione di Proteina C attiva. I nostri esperimenti, condotti principalmente mediante surface plasmon resonance (SPR) hanno permesso inoltre di chiarire il binding mode di interazione delle due proteine: la b2GpI si lega agli esositi della trombina, il cui sito attivo rimane quindi accessibile al substrato. Nel corso del secondo anno ho indagato l’interazione tra l’alpha-sinucleina (a-Sin) e la trombina umana (Capitolo 3). a-Sin è una piccola proteina solubile presinaptica, implicata in diverse patologie neurodegenerative. Recentemente è stato dimostrato come l’a-Sin sia in grado di inibire l’attivazione e quindi l’aggregazione delle piastrine quando stimolate da trombina, limitando il rilascio degli alpha-granuli. Inoltre pazienti affetti dal morbo di Parkinson sono meno soggetti ad attacchi ischemici e presentano una velocità di aggregazione piastrinica significativamente ridotta. I risultati da noi ottenuti indicano che la porzione acida C-terminale dell’a-Sin è in grado di legarsi alla trombina con un’affinità nell’ordine del basso micromolare, coinvolgendo i due esositi. Quindi, il complesso [a-Sin - trombina] ostacola efficacemente l’aggregazione piastrinica, molto probabilmente in seguito all’ancoraggio del dominio N-terminale sulla superficie delle piastrine. Infine, durante l’ultimo anno, è stata presa in considerazione la ceruloplasmina umana (CP), quale possibile binder della trombina (Capitolo 4). Elevati livelli di CP sono stati individuati in pazienti affetti da artrite reumatoide, malattia infiammatoria cronica autoimmunitaria a carico delle articolazioni sinoviali. Come osservato per la CP, i livelli di trombina sono notevolmente aumentati in tessuti infiammati e, in modo particolare, nel fluido sinoviale di pazienti affetti da artrite reumatoide. Difatti, la trombina agisce come mediatore pro-infiammatorio e chemiotattico. In nostri dati indicano che la trombina è in grado di ostacolare, in seguito a proteolisi, l’attività antiossidante della ceruloplasmina. Queste evidenze sperimentali sono state confermate dal fatto che in presenza di irudina il cleavage della CP è inibito e l’infiammazione articolare nei soggetti con artrite reumatoide è ridotta.File | Dimensione | Formato | |
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