Titolo: Attivatori naturali dell'autofagia per il trattamento della cardiomiopatia indotta da chemioterapia Introduzione La doxorubicina cloridrato è un potente antineoplastico appartenente alla categoria delle antracicline diffusamente utilizzato per il trattamento di diversi tipi di carcinoma, nonostante sia ormai ben noto che possa provocare dei gravi effetti collaterali. Tra questi, lo sviluppo di cardiomiopatia è tra i più diffusi, colpendo il 29% dei pazienti entro i primi cinque anni dal trattamento. Sebbene siano stati proposti diversi modelli volti a spiegare questo singolare fenomeno di tossicità cardiaca, ad oggi non è stato ancora possibile individuare uno specifico meccanismo molecolare per la messa a punto di una strategia farmacologica protettiva. Tuttavia, da recenti studi è emerso come la disregolazione dell’autofagia sia una delle cause del danno indotto dalla doxorubicina e come la sua modulazione positiva possa fornire un fenotipo protettivo nei confronti di questa cardiomiopatia (Li et al, Circulation 2018). Nello specifico, l'autofagia è un meccanismo di degradazione intracellulare di proteine ed organelli danneggiati attraverso un sistema di vescicole a doppia membrana lipidica denominate autofagosomi. Alterazioni di questo processo centrale per il metabolismo energetico cellulare sono state osservate in diversi modelli di danno e patologia cardiovascolare (Sciarretta et al, J Cardiovasc Pharmacol 2012). L’obiettivo del mio progetto è valutare se la somministrazione alimentare di trealosio e spermidina, entrambi potenti induttori dell’autofagia abbiano un effetto protettivo in un modello murino di trattamento cronico con doxorubicina a basso dosaggio. Il trealosio si è rivelato efficace nel ridurre il rimodellamento post-ischemico nel topo (Sciarretta et al., JACC 2018), mentre la spermidina, in un recente studio ha fornito prove convincenti che dimostrano come la sua somministrazione in vivo a topi possa prolungare l’aspettativa di vita e ridurre le anormalità cardiache associate all’invecchiamento. Inoltre, lo studio mostra come il trattamento con spermidina promuova l’autofagia nel cuore, la mitofagia, incrementi la funzione mitocondriale e riduca l’infiammazione (Eisenberg T., et al., Nat. Med. 2016). Il trealosio è infatti uno zucchero naturale già approvato dalla FDA per uso alimentare che spicca per indice terapeutico ed economicità tra gli induttori dell’autofagia. La spermidina, una poliammina naturale, ben noto inibitore dell’acetiltransferasi, agisce per competizione con l’AcCoA per il legame al sito catalitico di EP300, inibendo la sua attività acetiltransferasica (Eisenberg T., et al., Nat. Med. 2016). Questo studio potrà fornire una solida base pre-clinica per lo sviluppo di nuove strategie farmacologiche cardioprotettive e preventive basate sull’induzione dell’autofagia, che complementino l’efficacia della doxorubicina con una maggiore sicurezza per i pazienti. Risultati Per raggiungere questo scopo è stato effettuato uno studio su topi wild-type e mutanti per l’autofagia Beclin1+/- che hanno ricevuto doxorubicina e/o trealosio, inoltre, abbiamo ripetuto il trattamento in topi wild-type che questa volta al posto del trealosio hanno ricevuto spermidina. Trascorse 6 settimane, questi sono stati caratterizzati tramite indagini funzionali ecocardiografiche, morfologiche, gravimetriche, biochimiche ed ultrastrutturali al fine di valutare funzionalmente l’effetto protettivo del trealosio nello sviluppo della cardiomiopatia da doxorubicina. Per meglio studiare questo effetto è stato ripetuto il trattamento con un secondo set sperimentale questa volta soltanto di 3 settimane, somministrando ai topi clorochina 4 ore prima del sacrificio. Tramite ecocardiografia, si è potuto evidenziare nei topi trattati con trealosio o spermidina e doxorubicina, rispetto ai trattati con il solo chemioterapico, un mantenimento dello spessore delle pareti e della funzione cardiaca, valutata tramite calcolo del fractional shortening (un parametro funzionale ricavato a partire dai diametri telesistolici e telediastolici). Questo effetto protettivo non è invece stato osservato in un modello autofagia-deficiente Beclin1+/-, trattato con doxorubicina e trealosio, mostrando la centralità del flusso autofagico nel mediare l’effetto protettivo dello zucchero in questo modello di malattia. A queste analisi sono state affiancate indagini biochimiche volte ad identificare a livello molecolare l’esatta natura del meccanismo protettivo sottostante l’effetto osservato. La valutazione dei livelli proteici dei marcatori molecolari autofagici Lc3-II e p62 sono risultati entrambi accumulati nei campioni trattati con doxorubicina rispetto ai controlli, facendoci ipotizzare che il flusso autofagico fosse bloccato in questi animali, e che la somministrazione di trealosio o spermidina lo ripristinasse. Per verificare che si trattasse effettivamente di un blocco tardivo dell’autofagia e non di un’induzione, visto l’incremento dei livelli dei marcatori, abbiamo utilizzato il trattamento con la clorochina, confermando la nostra ipotesi di blocco tardivo. Inoltre, i topi alimentati con acqua e saccarosio hanno mostrato segni di fibrosi interstiziale, mentre quelli alimentati con trealosio non hanno mostrato tracce di alterazioni parenchimali e deposizione di collagene. Questi dati dimostrano che l'alimentazione dei topi con attivatori naturali dell'autofagia annulla le anomalie cardiache indotte dalla doxorubicina. Dalle analisi dei campioni al microscopio elettronico abbiamo osservato evidenze di alterata morfologia delle creste mitocondriali nei campioni trattati con doxorubicina, chiaro segno di disfunzione mitocondriale. L’incremento del numero di corpi autofagici nei campioni trattati con doxorubicina, e il massiccio incremento del numero di questi nei campioni trattati con trealosio, lascia supporre un importante coinvolgimento della mitofagia in questo modello. Per studiare la mitofagia, ci siamo avvalsi di un nuovo modello murino messo a punto per studiare la biogenesi mitocondriale grazie ad una proteina reporter (Timer) fluorescente selettivamente localizzata nella matrice mitocondriale. Dopo il trattamento con DOX e trealosio, i cuori provenienti da questi animali sono stati raccolti e studiati per immunofluorescenza insieme al marker autofagico Lc3, utilizzando un microscopio confocale per acquisire un triplice segnale che ci ha permesso di valutare contemporaneamente la biogenesi mitocondriale e la mitofagia. I risultati ottenuti osservando i profili di fluorescenza, così come quelli ricavati dalla misura dei livelli di espressione del mastergene della biogenesi mitocondriale PGC-1a sia per RT-qPCR che per western blot, mostrano un aumento dei livelli di biogenesi nei topi trattati con doxorubicina, come probabile risposta compensatoria al danno mitocondriale. A riprova della validità di questa ipotesi, la biogenesi risulta ridotta dal trattamento con trealosio, ad indicare un probabile effetto positivo del trealosio sul danno indotto dalla doxorubicina che potrebbe coinvolgere l’eliminazione di frammenti mitocondriali derivanti da fissione mitocondriale. Conclusioni Il nostro studio mostra che la stimolazione nutriaceutica dell'autofagia tramite somministrazione di trealosio può rappresentare un promettente approccio cardio-protettivo in un’ottica di futura implementazione nella pratica clinica.
Attivatori naturali dell'autofagia per il trattamento della cardiomiopatia indotta da chemioterapia
VECCHIO, DANIELE
2023
Abstract
Titolo: Attivatori naturali dell'autofagia per il trattamento della cardiomiopatia indotta da chemioterapia Introduzione La doxorubicina cloridrato è un potente antineoplastico appartenente alla categoria delle antracicline diffusamente utilizzato per il trattamento di diversi tipi di carcinoma, nonostante sia ormai ben noto che possa provocare dei gravi effetti collaterali. Tra questi, lo sviluppo di cardiomiopatia è tra i più diffusi, colpendo il 29% dei pazienti entro i primi cinque anni dal trattamento. Sebbene siano stati proposti diversi modelli volti a spiegare questo singolare fenomeno di tossicità cardiaca, ad oggi non è stato ancora possibile individuare uno specifico meccanismo molecolare per la messa a punto di una strategia farmacologica protettiva. Tuttavia, da recenti studi è emerso come la disregolazione dell’autofagia sia una delle cause del danno indotto dalla doxorubicina e come la sua modulazione positiva possa fornire un fenotipo protettivo nei confronti di questa cardiomiopatia (Li et al, Circulation 2018). Nello specifico, l'autofagia è un meccanismo di degradazione intracellulare di proteine ed organelli danneggiati attraverso un sistema di vescicole a doppia membrana lipidica denominate autofagosomi. Alterazioni di questo processo centrale per il metabolismo energetico cellulare sono state osservate in diversi modelli di danno e patologia cardiovascolare (Sciarretta et al, J Cardiovasc Pharmacol 2012). L’obiettivo del mio progetto è valutare se la somministrazione alimentare di trealosio e spermidina, entrambi potenti induttori dell’autofagia abbiano un effetto protettivo in un modello murino di trattamento cronico con doxorubicina a basso dosaggio. Il trealosio si è rivelato efficace nel ridurre il rimodellamento post-ischemico nel topo (Sciarretta et al., JACC 2018), mentre la spermidina, in un recente studio ha fornito prove convincenti che dimostrano come la sua somministrazione in vivo a topi possa prolungare l’aspettativa di vita e ridurre le anormalità cardiache associate all’invecchiamento. Inoltre, lo studio mostra come il trattamento con spermidina promuova l’autofagia nel cuore, la mitofagia, incrementi la funzione mitocondriale e riduca l’infiammazione (Eisenberg T., et al., Nat. Med. 2016). Il trealosio è infatti uno zucchero naturale già approvato dalla FDA per uso alimentare che spicca per indice terapeutico ed economicità tra gli induttori dell’autofagia. La spermidina, una poliammina naturale, ben noto inibitore dell’acetiltransferasi, agisce per competizione con l’AcCoA per il legame al sito catalitico di EP300, inibendo la sua attività acetiltransferasica (Eisenberg T., et al., Nat. Med. 2016). Questo studio potrà fornire una solida base pre-clinica per lo sviluppo di nuove strategie farmacologiche cardioprotettive e preventive basate sull’induzione dell’autofagia, che complementino l’efficacia della doxorubicina con una maggiore sicurezza per i pazienti. Risultati Per raggiungere questo scopo è stato effettuato uno studio su topi wild-type e mutanti per l’autofagia Beclin1+/- che hanno ricevuto doxorubicina e/o trealosio, inoltre, abbiamo ripetuto il trattamento in topi wild-type che questa volta al posto del trealosio hanno ricevuto spermidina. Trascorse 6 settimane, questi sono stati caratterizzati tramite indagini funzionali ecocardiografiche, morfologiche, gravimetriche, biochimiche ed ultrastrutturali al fine di valutare funzionalmente l’effetto protettivo del trealosio nello sviluppo della cardiomiopatia da doxorubicina. Per meglio studiare questo effetto è stato ripetuto il trattamento con un secondo set sperimentale questa volta soltanto di 3 settimane, somministrando ai topi clorochina 4 ore prima del sacrificio. Tramite ecocardiografia, si è potuto evidenziare nei topi trattati con trealosio o spermidina e doxorubicina, rispetto ai trattati con il solo chemioterapico, un mantenimento dello spessore delle pareti e della funzione cardiaca, valutata tramite calcolo del fractional shortening (un parametro funzionale ricavato a partire dai diametri telesistolici e telediastolici). Questo effetto protettivo non è invece stato osservato in un modello autofagia-deficiente Beclin1+/-, trattato con doxorubicina e trealosio, mostrando la centralità del flusso autofagico nel mediare l’effetto protettivo dello zucchero in questo modello di malattia. A queste analisi sono state affiancate indagini biochimiche volte ad identificare a livello molecolare l’esatta natura del meccanismo protettivo sottostante l’effetto osservato. La valutazione dei livelli proteici dei marcatori molecolari autofagici Lc3-II e p62 sono risultati entrambi accumulati nei campioni trattati con doxorubicina rispetto ai controlli, facendoci ipotizzare che il flusso autofagico fosse bloccato in questi animali, e che la somministrazione di trealosio o spermidina lo ripristinasse. Per verificare che si trattasse effettivamente di un blocco tardivo dell’autofagia e non di un’induzione, visto l’incremento dei livelli dei marcatori, abbiamo utilizzato il trattamento con la clorochina, confermando la nostra ipotesi di blocco tardivo. Inoltre, i topi alimentati con acqua e saccarosio hanno mostrato segni di fibrosi interstiziale, mentre quelli alimentati con trealosio non hanno mostrato tracce di alterazioni parenchimali e deposizione di collagene. Questi dati dimostrano che l'alimentazione dei topi con attivatori naturali dell'autofagia annulla le anomalie cardiache indotte dalla doxorubicina. Dalle analisi dei campioni al microscopio elettronico abbiamo osservato evidenze di alterata morfologia delle creste mitocondriali nei campioni trattati con doxorubicina, chiaro segno di disfunzione mitocondriale. L’incremento del numero di corpi autofagici nei campioni trattati con doxorubicina, e il massiccio incremento del numero di questi nei campioni trattati con trealosio, lascia supporre un importante coinvolgimento della mitofagia in questo modello. Per studiare la mitofagia, ci siamo avvalsi di un nuovo modello murino messo a punto per studiare la biogenesi mitocondriale grazie ad una proteina reporter (Timer) fluorescente selettivamente localizzata nella matrice mitocondriale. Dopo il trattamento con DOX e trealosio, i cuori provenienti da questi animali sono stati raccolti e studiati per immunofluorescenza insieme al marker autofagico Lc3, utilizzando un microscopio confocale per acquisire un triplice segnale che ci ha permesso di valutare contemporaneamente la biogenesi mitocondriale e la mitofagia. I risultati ottenuti osservando i profili di fluorescenza, così come quelli ricavati dalla misura dei livelli di espressione del mastergene della biogenesi mitocondriale PGC-1a sia per RT-qPCR che per western blot, mostrano un aumento dei livelli di biogenesi nei topi trattati con doxorubicina, come probabile risposta compensatoria al danno mitocondriale. A riprova della validità di questa ipotesi, la biogenesi risulta ridotta dal trattamento con trealosio, ad indicare un probabile effetto positivo del trealosio sul danno indotto dalla doxorubicina che potrebbe coinvolgere l’eliminazione di frammenti mitocondriali derivanti da fissione mitocondriale. Conclusioni Il nostro studio mostra che la stimolazione nutriaceutica dell'autofagia tramite somministrazione di trealosio può rappresentare un promettente approccio cardio-protettivo in un’ottica di futura implementazione nella pratica clinica.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/88540
URN:NBN:IT:UNIROMA1-88540