Riassunto Lo span di memoria a breve termine (MBT), che corrisponde alla sequenza più lunga di elementi ricordati correttamente in un ordine specifico, rappresenta una misura della capacità di MBT ampiamente utilizzata. Lo span di MBT è più breve per il materiale in lingua dei segni rispetto al materiale in lingua parlata, è un risultato robusto che è stato confermato in diverse lingue e popolazioni utilizzando una varietà di paradigmi sperimentali. I tentativi di caratterizzare la fonte di differenze di span di MBT dovuti alla modalità di stimoli sono stati essenzialmente di due tipi. Alcuni hanno focalizzato la loro l'attenzione sulle differenze strutturali tra i segni e gli stimoli verbali, supponendo che i segni sono più complessi nella loro struttura interna e richiedono più carico di elaborazione per l'integrazione simultanea di diverse caratteristiche (movimento, orientamento, posizione, forma della mano) e la durata articolatoria più lunga. Mentre alcuni risultati mostrano evidenze a favore di questo approccio che assume differenze strutturali, ci sono altri risultati che dimostrano l’abbassamento di span di MBT anche quando i segni sono stati accuratamente abbinati e bilanciati rispetto agli stimoli verbali in durata, complessità, somiglianza ecc., e queste evidenze indeboliscono le ipotesi che assumono differenze strutturali come causa principale dello svantaggio osservato nello span per i segni. Un secondo tipo di approccio teorico si basa sull'ipotesi che lo span ridotto è proprio un effetto della modalità, derivante dalla maggiore capacità di MBT per codificare informazioni nell’ordine seriale nella modalità uditiva rispetto alla modalità visuo-spaziale. Il ruolo critico che questo secondo tipo di approcci assegnano alla codifica delle informazioni di ordine temporale è giustificato dai risultati che mostrano che quando il compito richiede di ricordare gli stimoli nell’ordine libero (free recall), senza l'obbligo di mantenere l’ordine di presentazione, lo span di MBT è comparabile tra le diverse modalità. I risultati di recall libero dimostrano capacità di codifica comparabili per segni e parlato, e anche i test di memoria di lavoro mostrano prestazioni confrontabili tra le diverse modalità. Quindi gli svantaggi per i segni sono limitati alla capacità di ricordare le sequenze di stimoli nell’ordine seriale, e questo rinforza l’ ipotesi che collega la capacità di MBT ridotta per i segni con la capacità di codificare le informazioni dell’ordine sequenziale. Il presente studio cerca di contribuire all’esplorazione dell'ipotesi dell’ordine sequenziale che associa lo span ridotto per i segni con dei limiti dei processi nella MBT visuospaziale nella codifica delle sequenze temporali. La ricerca ha messo in luce la questione delle rappresentazioni dell'ordine utilizzati nella MBT verbale, rivelando che in molti casi le posizioni sono codificati rispetto all’inizio e la fine della sequenza. La questione che ci poniamo nel presente studio è la fonte della riduzione di span per i segni, e, come primo passo, bisognerebbe capire se lo schema di rappresentazione della posizione per la codifica ordine in MBT è lo stesso per i segni e per il parlato. Possiamo esplorarlo identificando lo schema utilizzato per rappresentare la posizione degli elementi in una sequenza nella MBT per i segni e confrontandolo con i risultati precedenti ottenuti con la MBT per il parlato. Abbiamo esaminato gli errori di perseverazione che i parlanti della Lingua Italiana dei Segni producono in un compito di recall seriale ordinato che coinvolge i segni della lettera. Perseverazioni sono stati analizzati per determinare se i loro occorrenze riflettevano la codifica delle posizioni di serie rispetto a entrambi i bordi che caratterizza STM verbale. Nel principale esperimento del presente studio abbiamo presentato sequenze di consonanti di lingua dei segni italiana (LIS) ad un gruppo di 20 studenti sordi dell’Istituto Magarotto di Padova, una scuola specializzata in cui la comunicazione tra studenti e insegnanti è basata sulla LIS. Sequenze di segni di lunghezza da 4 a 7 consonanti sono stati presentati in ordine random sullo schermo del computer alla velocità di 1 segno per secondo. Alla fine di ogni sequenza, i partecipanti erano chiesti di ripetere i segni nell’ordine di presentazione. La lunghezza delle sequenze era spesso volutamente overspan in modo tale da generare errori. Abbiamo analizzato il pattern di errori di perseverazione con la stessa tecnica che ha usato Fischer-Baum (2010). I risultati hanno mostrato che, rispetto agli udenti, i partecipanti sordi hanno uno span di MBT ridotto, tuttavia, abbiamo trovato la conferma per la rappresentazione della posizione di un elemento della sequenza ancorata a due estremi della sequenza, suggerendo che lo stesso schema è utilizzato per rappresentare la posizione dei segni che per il materiale parlato. Un passo successivo era ripetere un esperimento con lo stesso paradigma sperimentale utilizzando parole e non le lettere come stimoli. I dati sono stati raccolti da 20 partecipanti. Tuttavia, in quel caso i partecipanti tendevano a produrre risposte della stessa lunghezza, che hanno reso impossibile distinguere tra diversi schemi di codifica di posizione. I dati ottenuti non sono stati sufficienti a trarre conclusioni definitive. Un aumento significativo della quantità di partecipanti avrebbe potuto risolvere questo problema, ma al momento non è stato possibile. C'era, però, un possibile bias: visto che i segnanti sordi sono comunque in grado di leggere e scrivere e hanno anche le competenze di lettura labiale, c'era una possibilità che alcune informazioni fonologiche potrebbero essere coinvolte nell’elaborazione del materiale verbale. Per controllare questo, abbiamo condotto uno studio con due gruppi di partecipanti: 20 segnanti (studenti dell'Istituto Magarotto) e 15 parlanti (studenti dell’Università di Padova). Abbiamo selezionato due gruppi di parole come stimoli sperimentali: parole simili in segno e simili il suono. Per il controllo abbiamo aggiunto due gruppi di parole corrispondenti, bilanciate alle parole sperimentali, ma dissimili tra di loro. Il compito era ricordare sequenze di 4 parole, dove la sequenza di 4 parole apparteneva a uno dei gruppi. Ci aspettavamo che se i segnanti usano informazioni fonologiche, allora le parole simili in suono avrebbero suscitato più interferenza portando alla prestazione peggiore che nel gruppo di controllo. Tuttavia, i risultati dimostrano che i segnanti dimostrano un forte effetto di interferenza solo in caso di parole simili in segno, e le parole simili in suono non elicitano nessun effetto. Allora possiamo concludere le informazioni fonologiche non sono coinvolte nell’elaborazione di stimoli segnati. Uno studio di controllo esteso è stato condotto per esplorare il contributo del loop fonologico nella codifica dell’informazione posizionale, visto che molte spiegazioni teoriche delle differenze tra MBT di segnanti e parlanti suggeriscono che è la struttura di base per la codifica dell’informazione verbale per i parlanti. In questo studio il loop fonologico dei parlanti è stato bloccato attraverso l'aggiunta di soppressione articolatoria al compito di memorizzazione di stimoli. I risultati dimostrano che la soppressione articolatoria porta i partecipanti a produrre un maggior numero di errori, ma, comunque, usano lo stesso schema di codifica di posizione seriale ancorata a due estremi della sequenza, quindi possiamo concludere che il loop fonologico non ha un ruolo importante nella costruzione dello schema di rappresentazione posizionale. We may have to search further for an intermediate problem of binding the elements of the input to serial position slots, that however exist in short term memory for signs as well as for spoken material, as it has been demonstrated by our studies. Quindi dovremmo cercare ulteriormente per un problema intermedio di collegamento di elementi dell’input ordinato alle posizioni rappresentate secondo lo schema ancorato a due estremi, lo schema, che comunque esiste anche nel caso dei segni, come abbiamo dimostrato, però si verifica più problematico il processo di posizionamento di elementi in questo schema.
Does sound matter? Studies of information encoding in short-term memory of signers and speakers.
PETROVA, ANNA
2015
Abstract
Riassunto Lo span di memoria a breve termine (MBT), che corrisponde alla sequenza più lunga di elementi ricordati correttamente in un ordine specifico, rappresenta una misura della capacità di MBT ampiamente utilizzata. Lo span di MBT è più breve per il materiale in lingua dei segni rispetto al materiale in lingua parlata, è un risultato robusto che è stato confermato in diverse lingue e popolazioni utilizzando una varietà di paradigmi sperimentali. I tentativi di caratterizzare la fonte di differenze di span di MBT dovuti alla modalità di stimoli sono stati essenzialmente di due tipi. Alcuni hanno focalizzato la loro l'attenzione sulle differenze strutturali tra i segni e gli stimoli verbali, supponendo che i segni sono più complessi nella loro struttura interna e richiedono più carico di elaborazione per l'integrazione simultanea di diverse caratteristiche (movimento, orientamento, posizione, forma della mano) e la durata articolatoria più lunga. Mentre alcuni risultati mostrano evidenze a favore di questo approccio che assume differenze strutturali, ci sono altri risultati che dimostrano l’abbassamento di span di MBT anche quando i segni sono stati accuratamente abbinati e bilanciati rispetto agli stimoli verbali in durata, complessità, somiglianza ecc., e queste evidenze indeboliscono le ipotesi che assumono differenze strutturali come causa principale dello svantaggio osservato nello span per i segni. Un secondo tipo di approccio teorico si basa sull'ipotesi che lo span ridotto è proprio un effetto della modalità, derivante dalla maggiore capacità di MBT per codificare informazioni nell’ordine seriale nella modalità uditiva rispetto alla modalità visuo-spaziale. Il ruolo critico che questo secondo tipo di approcci assegnano alla codifica delle informazioni di ordine temporale è giustificato dai risultati che mostrano che quando il compito richiede di ricordare gli stimoli nell’ordine libero (free recall), senza l'obbligo di mantenere l’ordine di presentazione, lo span di MBT è comparabile tra le diverse modalità. I risultati di recall libero dimostrano capacità di codifica comparabili per segni e parlato, e anche i test di memoria di lavoro mostrano prestazioni confrontabili tra le diverse modalità. Quindi gli svantaggi per i segni sono limitati alla capacità di ricordare le sequenze di stimoli nell’ordine seriale, e questo rinforza l’ ipotesi che collega la capacità di MBT ridotta per i segni con la capacità di codificare le informazioni dell’ordine sequenziale. Il presente studio cerca di contribuire all’esplorazione dell'ipotesi dell’ordine sequenziale che associa lo span ridotto per i segni con dei limiti dei processi nella MBT visuospaziale nella codifica delle sequenze temporali. La ricerca ha messo in luce la questione delle rappresentazioni dell'ordine utilizzati nella MBT verbale, rivelando che in molti casi le posizioni sono codificati rispetto all’inizio e la fine della sequenza. La questione che ci poniamo nel presente studio è la fonte della riduzione di span per i segni, e, come primo passo, bisognerebbe capire se lo schema di rappresentazione della posizione per la codifica ordine in MBT è lo stesso per i segni e per il parlato. Possiamo esplorarlo identificando lo schema utilizzato per rappresentare la posizione degli elementi in una sequenza nella MBT per i segni e confrontandolo con i risultati precedenti ottenuti con la MBT per il parlato. Abbiamo esaminato gli errori di perseverazione che i parlanti della Lingua Italiana dei Segni producono in un compito di recall seriale ordinato che coinvolge i segni della lettera. Perseverazioni sono stati analizzati per determinare se i loro occorrenze riflettevano la codifica delle posizioni di serie rispetto a entrambi i bordi che caratterizza STM verbale. Nel principale esperimento del presente studio abbiamo presentato sequenze di consonanti di lingua dei segni italiana (LIS) ad un gruppo di 20 studenti sordi dell’Istituto Magarotto di Padova, una scuola specializzata in cui la comunicazione tra studenti e insegnanti è basata sulla LIS. Sequenze di segni di lunghezza da 4 a 7 consonanti sono stati presentati in ordine random sullo schermo del computer alla velocità di 1 segno per secondo. Alla fine di ogni sequenza, i partecipanti erano chiesti di ripetere i segni nell’ordine di presentazione. La lunghezza delle sequenze era spesso volutamente overspan in modo tale da generare errori. Abbiamo analizzato il pattern di errori di perseverazione con la stessa tecnica che ha usato Fischer-Baum (2010). I risultati hanno mostrato che, rispetto agli udenti, i partecipanti sordi hanno uno span di MBT ridotto, tuttavia, abbiamo trovato la conferma per la rappresentazione della posizione di un elemento della sequenza ancorata a due estremi della sequenza, suggerendo che lo stesso schema è utilizzato per rappresentare la posizione dei segni che per il materiale parlato. Un passo successivo era ripetere un esperimento con lo stesso paradigma sperimentale utilizzando parole e non le lettere come stimoli. I dati sono stati raccolti da 20 partecipanti. Tuttavia, in quel caso i partecipanti tendevano a produrre risposte della stessa lunghezza, che hanno reso impossibile distinguere tra diversi schemi di codifica di posizione. I dati ottenuti non sono stati sufficienti a trarre conclusioni definitive. Un aumento significativo della quantità di partecipanti avrebbe potuto risolvere questo problema, ma al momento non è stato possibile. C'era, però, un possibile bias: visto che i segnanti sordi sono comunque in grado di leggere e scrivere e hanno anche le competenze di lettura labiale, c'era una possibilità che alcune informazioni fonologiche potrebbero essere coinvolte nell’elaborazione del materiale verbale. Per controllare questo, abbiamo condotto uno studio con due gruppi di partecipanti: 20 segnanti (studenti dell'Istituto Magarotto) e 15 parlanti (studenti dell’Università di Padova). Abbiamo selezionato due gruppi di parole come stimoli sperimentali: parole simili in segno e simili il suono. Per il controllo abbiamo aggiunto due gruppi di parole corrispondenti, bilanciate alle parole sperimentali, ma dissimili tra di loro. Il compito era ricordare sequenze di 4 parole, dove la sequenza di 4 parole apparteneva a uno dei gruppi. Ci aspettavamo che se i segnanti usano informazioni fonologiche, allora le parole simili in suono avrebbero suscitato più interferenza portando alla prestazione peggiore che nel gruppo di controllo. Tuttavia, i risultati dimostrano che i segnanti dimostrano un forte effetto di interferenza solo in caso di parole simili in segno, e le parole simili in suono non elicitano nessun effetto. Allora possiamo concludere le informazioni fonologiche non sono coinvolte nell’elaborazione di stimoli segnati. Uno studio di controllo esteso è stato condotto per esplorare il contributo del loop fonologico nella codifica dell’informazione posizionale, visto che molte spiegazioni teoriche delle differenze tra MBT di segnanti e parlanti suggeriscono che è la struttura di base per la codifica dell’informazione verbale per i parlanti. In questo studio il loop fonologico dei parlanti è stato bloccato attraverso l'aggiunta di soppressione articolatoria al compito di memorizzazione di stimoli. I risultati dimostrano che la soppressione articolatoria porta i partecipanti a produrre un maggior numero di errori, ma, comunque, usano lo stesso schema di codifica di posizione seriale ancorata a due estremi della sequenza, quindi possiamo concludere che il loop fonologico non ha un ruolo importante nella costruzione dello schema di rappresentazione posizionale. We may have to search further for an intermediate problem of binding the elements of the input to serial position slots, that however exist in short term memory for signs as well as for spoken material, as it has been demonstrated by our studies. Quindi dovremmo cercare ulteriormente per un problema intermedio di collegamento di elementi dell’input ordinato alle posizioni rappresentate secondo lo schema ancorato a due estremi, lo schema, che comunque esiste anche nel caso dei segni, come abbiamo dimostrato, però si verifica più problematico il processo di posizionamento di elementi in questo schema.File | Dimensione | Formato | |
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URN:NBN:IT:UNIPD-88902