SINTESI Questa ricerca si pone l’obiettivo di decostruire i processi di inclusione/esclusione e di riconoscimento (formale e informale) degli immigrati albanesi come attori politici in due differenti contesti: Italia (Padova) e Regno Unito (Londra). Riguardo al contesto italiano in particolare si tratta di un argomento sotto considerato mentre nel Regno Unito è stato indirizzato dall’inizio degli anni ’90 del 1900. Infatti diversi autori sottolineano come il tema degli immigrati in quanto soggettività politiche è stato limitatamente esplorato in entrambe le coste dell’Atlantico (Bloemraad et al., 2008; Però and Solomos, 2010; Morales and Giugni, 2010). Martiniello (2005) mantiene che gli scienziati sociali nel focalizzare gli studi riguardo all’integrazione principalmente su altre dimensioni come l’integrazione nel mercato del lavoro, nella formazione, nella scuola, i ricongiungimenti familiari, l’integrazione culturale o la partecipazione civica, abbiano avuto un ruolo influente nel costruire e rappresentare gli immigrati come ‘apolitici’. Inoltre il paradigma dominante nello studio della partecipazione politica degli immigrati è quello quantitativo, il quale è stato ampiamente criticato per portare a una lettura positivistica e determinista dei processi sociali (Mollenkopf, 2013). Partendo da queste premesse, questo studio si pone pertanto a un crocevia teorico tra: lo studio della cittadinanza come status, l’esplorazione delle forme di appartenenza, le pratiche e i legami transnazionali ed anche l’esplorazione delle pratiche di partecipazione politica sia (Kymlicka e Norman, 2000; Carens 2000) mettendo il luce anche le pratiche di partecipazione e appartenenza a livello locale e transnazionale. Per rispondere alle domande di ricerca che mirano a decostruire i processi riguardanti ciascuna delle tre dimensioni della cittadinanza (status, appartenenza, partecipazione politica) per come descritte nel dibattito scientifico mainstream in Occidente, si è preferito un approccio qualitativo. Sono state condotte settantacinque interviste. Cinquanta come narrazioni biografiche (Bichi, 2000, 2002) con albanesi non visibilmente impegnati e venticinque interviste semi strutturate (Della Porta, 2010; Flick, 2011) visibilmente impegnati in politica e come leader di comunità. Tutti gli albanesi sono primo migranti (Friedman 1997; Van Hear 2014) e il target gruppo è stato composto cercando di riflettere le differenziazioni interne alla comunità (Glick Schiller, 2012, Dancyner, 2013) senza sottovalutare che in particolare per il contesto italiano molti albanesi abbiano vissuto processi di ‘de-skilling’ o di discesa rispetto allo mobilità sociale. Particolare attenzione è stata dedicata alle ‘social locations’ (Yuval –Davis, 2006) lungo le linee di classe, genere e i processi di racialisation nei due contesti. La ricerca mete in luce i processi di riconoscimento come attori politici per i cittadini di paesi terzi, come gli albanesi, i quali implicano in primo luogo il riconoscimento formale come cittadini (cittadinanza come status). Quindi la cittadinanza emerge come il sine qua non per avere accesso alla partecipazione politica convenzionale (in particolare il voto attivo e passivo). In altri termini avere la cittadinanza risulta essere uno strumento basilare per avere voice e rappresentanza politica ed anche per impegnarsi in forme di agency politica locale o transnazionale, in quanto assicura da deportazioni o ritorsioni (Just e Anderson, 2012) Inoltre i risultati confermano quei posizionamenti teorici che sottolineano come la relazione tra integrazione e pratiche transazionali non é un gioco a somma zero (Grillo, 2007; Vertovec, 2010) ma al contrario più un soggetto è integrato più si impegna in pratiche transnazionali in un moto circolare. Allo stesso modo lo studio conferma come non tutti i migranti siano transnazionali o cosmopoliti allo stesso modo (Werbner, 2000). Dall’altro lato scomporre la relazione cittadinanza – appartenenza e partecipazione politica focalizzandosi solo sullo status non è sufficiente per comprendere le molteplici dimensioni della ‘politics of belongings’ (Yuval-Davis, 2006) e della costruzione della comunità politica. La cittadinanza qui emerge infatti anche come un dispositivo di controllo, che riproduce i confini della nazione (Kofman, 2005), che sottolinea chi appartiene e chi no, e ne ripropone dei nuovi, intracomunitari questa volta tra chi possiede il passaporto e chi non, ad ampio spettro anche lungo residenti e ‘nuovi arrivati’. In questo quadro il riconoscimento come soggettività politiche viene negoziato ‘nella micro politica delle interazioni quotidiane’ Vertovec, 2007:1046), quindi anche nelle interazioni orizzontali e quotidiane (Kabber 2005; Neveu 2005). La ricerca dimostra come tutti e tre i livelli locale, Paese, transnazionale della politics of belonging e di cittadinanza hanno un ruolo importante nel vincolare o sostenere il posizionamento visibile/non dei migranti come cittadini con pieni diritti politici. In particolare, i risultati mettono in luce come il viaggio dall’invisibilità alla visibilità (Staeheli, Mitchel e Nagel (2009:633) come attori politici, in entrambi i contesti, abbia passare per molteplici ‘gate’ (Joppke, 2010) e sia stato diverso nei due contesi. Se per il contesto italiano ha significato rendersi meritevoli, attraverso un processo di ‘sbiancamento’ dello stigma: albanesi=criminali. Per il Regno Unito si tratta di ricostituirsi attori politici uscendo e superando la categoria della ‘vittima’ in quanto rifugiati politici. Entrambe queste rappresentazioni sociali emergono come decisive nell’ aver contribuito alla co-costruzione di un posizionamento periferico o di non visibilità degli albanesi come attori politici. Inoltre abbiamo visto come in entrambi i contesti le traiettorie dell’inclusione come attori politici e il voto, in particolare, sono strettamente connessi anche alle biografie personali dei partecipanti, al loro posizionamento sociale, alle memorie della socializzazione politica nel paese di origine al capitale socio-culturale. Elemento quest’ultimo che per i più giovani in particolare giocano un ruolo decisivo nell’elaborare delle preferenze di voto dissociate dalla propria identità anche di migrante e dallo stigma. Cosi tre traiettorie tipo sono state individuate circa i percorsi di integrazione politica nei due contesti -studio, coloro che votano per il centro destra, sembrano più attenti al loro status socio-economico nel paese di residenza [integrazione politica verticale], chi opta per il centro-sinistra porta argomentazioni che mettono in connessione con la propria esperienza di immigrato/a e con altre comunità di immigrati [integrazione politica circolare], i giovani altamente qualificati sembrano elaborare le proprie preferenze di voto senza tenere in considerazione l’esperienza dell’emigrazione [autentica affiliazione politica]. La realtà è molto dinamica per cui si prospetta che la comunità in entrambi i contesti presto metterà in campo delle pratiche di partecipazione più visibili e più strutturate sia localmente che transnazionalmente (Barnett, 2013). Ricerche quantitative sono necessarie, in particolare per il contesto italiano, per comprendere le geografie mobili della società e dell’elettorato, ma da sole esse presentano diversi limiti tra qui quello di dirci poco dei processi sociali sotterranei. Per le ricerche future in questa direzione sarebbe auspicabile un approccio integrato quali – quanti con una prospettiva ‘cross – national’ e ‘cross – community’. Parole chiave: Albanesi, Londra, Padova, inclusione, soggettività politiche, agency politica transnazionale, resilienza politica, politiche di cittadinanza, politiche di appartenenza, integrazione politica

Quando la politica di cittadinanza fa la differenza. Soggettività  politiche in cammino dall'invisibilità  alla visibilità : gli albanesi in Italia e in Inghilterra

SHKOPI, ERISELDA
2016

Abstract

SINTESI Questa ricerca si pone l’obiettivo di decostruire i processi di inclusione/esclusione e di riconoscimento (formale e informale) degli immigrati albanesi come attori politici in due differenti contesti: Italia (Padova) e Regno Unito (Londra). Riguardo al contesto italiano in particolare si tratta di un argomento sotto considerato mentre nel Regno Unito è stato indirizzato dall’inizio degli anni ’90 del 1900. Infatti diversi autori sottolineano come il tema degli immigrati in quanto soggettività politiche è stato limitatamente esplorato in entrambe le coste dell’Atlantico (Bloemraad et al., 2008; Però and Solomos, 2010; Morales and Giugni, 2010). Martiniello (2005) mantiene che gli scienziati sociali nel focalizzare gli studi riguardo all’integrazione principalmente su altre dimensioni come l’integrazione nel mercato del lavoro, nella formazione, nella scuola, i ricongiungimenti familiari, l’integrazione culturale o la partecipazione civica, abbiano avuto un ruolo influente nel costruire e rappresentare gli immigrati come ‘apolitici’. Inoltre il paradigma dominante nello studio della partecipazione politica degli immigrati è quello quantitativo, il quale è stato ampiamente criticato per portare a una lettura positivistica e determinista dei processi sociali (Mollenkopf, 2013). Partendo da queste premesse, questo studio si pone pertanto a un crocevia teorico tra: lo studio della cittadinanza come status, l’esplorazione delle forme di appartenenza, le pratiche e i legami transnazionali ed anche l’esplorazione delle pratiche di partecipazione politica sia (Kymlicka e Norman, 2000; Carens 2000) mettendo il luce anche le pratiche di partecipazione e appartenenza a livello locale e transnazionale. Per rispondere alle domande di ricerca che mirano a decostruire i processi riguardanti ciascuna delle tre dimensioni della cittadinanza (status, appartenenza, partecipazione politica) per come descritte nel dibattito scientifico mainstream in Occidente, si è preferito un approccio qualitativo. Sono state condotte settantacinque interviste. Cinquanta come narrazioni biografiche (Bichi, 2000, 2002) con albanesi non visibilmente impegnati e venticinque interviste semi strutturate (Della Porta, 2010; Flick, 2011) visibilmente impegnati in politica e come leader di comunità. Tutti gli albanesi sono primo migranti (Friedman 1997; Van Hear 2014) e il target gruppo è stato composto cercando di riflettere le differenziazioni interne alla comunità (Glick Schiller, 2012, Dancyner, 2013) senza sottovalutare che in particolare per il contesto italiano molti albanesi abbiano vissuto processi di ‘de-skilling’ o di discesa rispetto allo mobilità sociale. Particolare attenzione è stata dedicata alle ‘social locations’ (Yuval –Davis, 2006) lungo le linee di classe, genere e i processi di racialisation nei due contesti. La ricerca mete in luce i processi di riconoscimento come attori politici per i cittadini di paesi terzi, come gli albanesi, i quali implicano in primo luogo il riconoscimento formale come cittadini (cittadinanza come status). Quindi la cittadinanza emerge come il sine qua non per avere accesso alla partecipazione politica convenzionale (in particolare il voto attivo e passivo). In altri termini avere la cittadinanza risulta essere uno strumento basilare per avere voice e rappresentanza politica ed anche per impegnarsi in forme di agency politica locale o transnazionale, in quanto assicura da deportazioni o ritorsioni (Just e Anderson, 2012) Inoltre i risultati confermano quei posizionamenti teorici che sottolineano come la relazione tra integrazione e pratiche transazionali non é un gioco a somma zero (Grillo, 2007; Vertovec, 2010) ma al contrario più un soggetto è integrato più si impegna in pratiche transnazionali in un moto circolare. Allo stesso modo lo studio conferma come non tutti i migranti siano transnazionali o cosmopoliti allo stesso modo (Werbner, 2000). Dall’altro lato scomporre la relazione cittadinanza – appartenenza e partecipazione politica focalizzandosi solo sullo status non è sufficiente per comprendere le molteplici dimensioni della ‘politics of belongings’ (Yuval-Davis, 2006) e della costruzione della comunità politica. La cittadinanza qui emerge infatti anche come un dispositivo di controllo, che riproduce i confini della nazione (Kofman, 2005), che sottolinea chi appartiene e chi no, e ne ripropone dei nuovi, intracomunitari questa volta tra chi possiede il passaporto e chi non, ad ampio spettro anche lungo residenti e ‘nuovi arrivati’. In questo quadro il riconoscimento come soggettività politiche viene negoziato ‘nella micro politica delle interazioni quotidiane’ Vertovec, 2007:1046), quindi anche nelle interazioni orizzontali e quotidiane (Kabber 2005; Neveu 2005). La ricerca dimostra come tutti e tre i livelli locale, Paese, transnazionale della politics of belonging e di cittadinanza hanno un ruolo importante nel vincolare o sostenere il posizionamento visibile/non dei migranti come cittadini con pieni diritti politici. In particolare, i risultati mettono in luce come il viaggio dall’invisibilità alla visibilità (Staeheli, Mitchel e Nagel (2009:633) come attori politici, in entrambi i contesti, abbia passare per molteplici ‘gate’ (Joppke, 2010) e sia stato diverso nei due contesi. Se per il contesto italiano ha significato rendersi meritevoli, attraverso un processo di ‘sbiancamento’ dello stigma: albanesi=criminali. Per il Regno Unito si tratta di ricostituirsi attori politici uscendo e superando la categoria della ‘vittima’ in quanto rifugiati politici. Entrambe queste rappresentazioni sociali emergono come decisive nell’ aver contribuito alla co-costruzione di un posizionamento periferico o di non visibilità degli albanesi come attori politici. Inoltre abbiamo visto come in entrambi i contesti le traiettorie dell’inclusione come attori politici e il voto, in particolare, sono strettamente connessi anche alle biografie personali dei partecipanti, al loro posizionamento sociale, alle memorie della socializzazione politica nel paese di origine al capitale socio-culturale. Elemento quest’ultimo che per i più giovani in particolare giocano un ruolo decisivo nell’elaborare delle preferenze di voto dissociate dalla propria identità anche di migrante e dallo stigma. Cosi tre traiettorie tipo sono state individuate circa i percorsi di integrazione politica nei due contesti -studio, coloro che votano per il centro destra, sembrano più attenti al loro status socio-economico nel paese di residenza [integrazione politica verticale], chi opta per il centro-sinistra porta argomentazioni che mettono in connessione con la propria esperienza di immigrato/a e con altre comunità di immigrati [integrazione politica circolare], i giovani altamente qualificati sembrano elaborare le proprie preferenze di voto senza tenere in considerazione l’esperienza dell’emigrazione [autentica affiliazione politica]. La realtà è molto dinamica per cui si prospetta che la comunità in entrambi i contesti presto metterà in campo delle pratiche di partecipazione più visibili e più strutturate sia localmente che transnazionalmente (Barnett, 2013). Ricerche quantitative sono necessarie, in particolare per il contesto italiano, per comprendere le geografie mobili della società e dell’elettorato, ma da sole esse presentano diversi limiti tra qui quello di dirci poco dei processi sociali sotterranei. Per le ricerche future in questa direzione sarebbe auspicabile un approccio integrato quali – quanti con una prospettiva ‘cross – national’ e ‘cross – community’. Parole chiave: Albanesi, Londra, Padova, inclusione, soggettività politiche, agency politica transnazionale, resilienza politica, politiche di cittadinanza, politiche di appartenenza, integrazione politica
31-lug-2016
Italiano
Parole chiave: Albanesi, Londra, Padova, inclusione, soggettività politiche, agency politica transnazionale, resilienza politica, politiche di cittadinanza, politiche di appartenenza, integrazione politica
GUOLO, RENZO
SAMBIN, MARCO
Università degli studi di Padova
261
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/89301
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-89301