Il bioetanolo di seconda generazione rappresenta un approccio particolarmente promettente per superare le limitazioni intrinseche del bioetanolo di prima generazione, grazie all’utilizzo dei polisaccaridi presenti nelle biomasse lignocellulosiche. Il principale aspetto che ostacola l’utilizzo in scala industriale della biomassa è rappresentato dalla mancanza di soluzioni tecniche a basso costo. L’idrolisi della lignocellulosa richiede infatti l’impiego di costosi pre-trattamenti e di consistenti quantità di enzimi commerciali. Inoltre il pre-trattamento della biomassa causa la formazione di inibitori, principalmente acidi deboli (acidi acetico e formico), furani (furfurale e 5-idrossimetil-furfurale) e fenoli, che hanno un effetto negativo sulla fase di fermentazione. Il Consolidated BioProcessing (CBP) della biomassa lignocellulosica sta suscitando crescenti attenzioni quale strategia per la riduzione dei costi di produzione, grazie all’integrazione di processi produttivi comunemente distinti e alla riduzione delle quantità degli enzimi commerciali richiesti. Poiché non è ancora stato descritto alcun microrganismo con capacità fermentative in possesso delle caratteristiche necessarie per il CBP, risulta necessario ingegnerizzare microrganismi in possesso di elevate performance fermentative. Al fine di favorire ulteriormente l’applicabilità di questo approccio in ambito industriale, i lieviti da sottoporre al processo di ingegnerizzazione dovranno essere preventivamente selezionati in base alla capacità di tollerare alte concentrazioni di inibitori. In questo lavoro una collezione di lieviti wild-type di Saccharomyces cerevisiae, precedentemente selezionati per robustezza ed elevato tenore fermentativo, è stata caratterizzata per la capacità di tollerare miscele sintetiche degli inibitori tipicamente presenti in nei pre-idrolizzati di origine lignocellulosica. Gli stessi lieviti sono inoltre stati valutati, per le stesse caratteristiche, in pre-idrolizzati non sintetici, ricchi in questi composti. Il ceppo in grado di mostrare le migliori prestazioni è stato scelto per l’espressione di tre β-glucosidasi fungine mediante δ-integrazione, assieme al ceppo di riferimento Ethanol Red®, attualmente utilizzato per la produzione industriale di bioetanolo. Analogamente, sono stati selezionati per lo stesso scopo due lieviti wild-type in precedenza utilizzati con successo per lo sviluppo di ceppi CBP. Tra le cellulasi necessarie per degradare la cellulosa, la β-glucosidasi rappresenta il fattore limitante nel processo, ricoprendo dunque un ruolo chiave nello stesso. E’ stato ottenuto un elevato numero di cloni ricombinanti in grado di secernere β-glucosidasi delle specie fungine Saccharomycopsis fibuligera e Phanerochaete chrysosporium. I cloni ingegnerizzati sono stati in primo luogo selezionati per l’elevata attività enzimatica in un saggio di tipo qualitativo, utilizzando esculina come substrato. L’attività β-glucosidasica dei ceppi più performanti è stata in seguito quantificata su pNPG. Un clone ricombinante, in grado di produrre elevate quantità di β-glucosidasi, è risultato essere mitoticamente stabile e in grado di crescere in presenza di cellobiosio come unica fonte di carbonio. L’attività enzimatica del ricombinante è stata caratterizzata in vitro, relativamente a localizzazione dell’enzima, temperatura e pH ottimali, e stabilità. Le capacità fermentative sono state valutate in presenza di un mezzo di crescita definito contenente cellobiosio. Il ricombinante così ottenuto ha mostrato performance paragonabili a quelle del ceppo parentale in presenza di glucosio, ad indicare che la secrezione di β-glucosidasi non comporta alcun sensibile peso metabolico per l’ospite. Inoltre, il ceppo ingegnerizzato ha mostrato un’elevata resa in etanolo da cellobiosio, paragonabile a quella mostrata da un ceppo di laboratorio in grado di esprimere la medesima β-glucosidasi mediante plasmide episomale multicopia, nonostante il considerevole svantaggio dato dal minor numero di copie geniche permesso dal processo di integrazione cromosomica. Questo studio riporta la costruzione di ceppi di S. cerevisiae in grado di tollerare alte concentrazioni di inibitori e di esprimere β-glucosidasi di origine fungina. In base alla nostra conoscenza, questo lavoro rappresenta il primo tentativo di ottenere un microrganismo CBP per la produzione di bioetanolo di origine lignocellulosica mediante l’integrazione di β-glucosidasi in lieviti selezionati per termotolleranza e per la resistenza agli inibitori comunemente presenti nei pre-idrolizzati lignocellulosici. Le performance fermentative del ceppo ingegnerizzato saranno successivamente studiate su pre-idrolizzato di bagassa di canna da zucchero, al fine di confermare le caratteristiche di tolleranza agli inibitori.

Engineering robust Saccharomyces cerevisiae yeast for consolidated bioprocessing of lignocellulose into bioethanol

CAGNIN, LORENZO
2017

Abstract

Il bioetanolo di seconda generazione rappresenta un approccio particolarmente promettente per superare le limitazioni intrinseche del bioetanolo di prima generazione, grazie all’utilizzo dei polisaccaridi presenti nelle biomasse lignocellulosiche. Il principale aspetto che ostacola l’utilizzo in scala industriale della biomassa è rappresentato dalla mancanza di soluzioni tecniche a basso costo. L’idrolisi della lignocellulosa richiede infatti l’impiego di costosi pre-trattamenti e di consistenti quantità di enzimi commerciali. Inoltre il pre-trattamento della biomassa causa la formazione di inibitori, principalmente acidi deboli (acidi acetico e formico), furani (furfurale e 5-idrossimetil-furfurale) e fenoli, che hanno un effetto negativo sulla fase di fermentazione. Il Consolidated BioProcessing (CBP) della biomassa lignocellulosica sta suscitando crescenti attenzioni quale strategia per la riduzione dei costi di produzione, grazie all’integrazione di processi produttivi comunemente distinti e alla riduzione delle quantità degli enzimi commerciali richiesti. Poiché non è ancora stato descritto alcun microrganismo con capacità fermentative in possesso delle caratteristiche necessarie per il CBP, risulta necessario ingegnerizzare microrganismi in possesso di elevate performance fermentative. Al fine di favorire ulteriormente l’applicabilità di questo approccio in ambito industriale, i lieviti da sottoporre al processo di ingegnerizzazione dovranno essere preventivamente selezionati in base alla capacità di tollerare alte concentrazioni di inibitori. In questo lavoro una collezione di lieviti wild-type di Saccharomyces cerevisiae, precedentemente selezionati per robustezza ed elevato tenore fermentativo, è stata caratterizzata per la capacità di tollerare miscele sintetiche degli inibitori tipicamente presenti in nei pre-idrolizzati di origine lignocellulosica. Gli stessi lieviti sono inoltre stati valutati, per le stesse caratteristiche, in pre-idrolizzati non sintetici, ricchi in questi composti. Il ceppo in grado di mostrare le migliori prestazioni è stato scelto per l’espressione di tre β-glucosidasi fungine mediante δ-integrazione, assieme al ceppo di riferimento Ethanol Red®, attualmente utilizzato per la produzione industriale di bioetanolo. Analogamente, sono stati selezionati per lo stesso scopo due lieviti wild-type in precedenza utilizzati con successo per lo sviluppo di ceppi CBP. Tra le cellulasi necessarie per degradare la cellulosa, la β-glucosidasi rappresenta il fattore limitante nel processo, ricoprendo dunque un ruolo chiave nello stesso. E’ stato ottenuto un elevato numero di cloni ricombinanti in grado di secernere β-glucosidasi delle specie fungine Saccharomycopsis fibuligera e Phanerochaete chrysosporium. I cloni ingegnerizzati sono stati in primo luogo selezionati per l’elevata attività enzimatica in un saggio di tipo qualitativo, utilizzando esculina come substrato. L’attività β-glucosidasica dei ceppi più performanti è stata in seguito quantificata su pNPG. Un clone ricombinante, in grado di produrre elevate quantità di β-glucosidasi, è risultato essere mitoticamente stabile e in grado di crescere in presenza di cellobiosio come unica fonte di carbonio. L’attività enzimatica del ricombinante è stata caratterizzata in vitro, relativamente a localizzazione dell’enzima, temperatura e pH ottimali, e stabilità. Le capacità fermentative sono state valutate in presenza di un mezzo di crescita definito contenente cellobiosio. Il ricombinante così ottenuto ha mostrato performance paragonabili a quelle del ceppo parentale in presenza di glucosio, ad indicare che la secrezione di β-glucosidasi non comporta alcun sensibile peso metabolico per l’ospite. Inoltre, il ceppo ingegnerizzato ha mostrato un’elevata resa in etanolo da cellobiosio, paragonabile a quella mostrata da un ceppo di laboratorio in grado di esprimere la medesima β-glucosidasi mediante plasmide episomale multicopia, nonostante il considerevole svantaggio dato dal minor numero di copie geniche permesso dal processo di integrazione cromosomica. Questo studio riporta la costruzione di ceppi di S. cerevisiae in grado di tollerare alte concentrazioni di inibitori e di esprimere β-glucosidasi di origine fungina. In base alla nostra conoscenza, questo lavoro rappresenta il primo tentativo di ottenere un microrganismo CBP per la produzione di bioetanolo di origine lignocellulosica mediante l’integrazione di β-glucosidasi in lieviti selezionati per termotolleranza e per la resistenza agli inibitori comunemente presenti nei pre-idrolizzati lignocellulosici. Le performance fermentative del ceppo ingegnerizzato saranno successivamente studiate su pre-idrolizzato di bagassa di canna da zucchero, al fine di confermare le caratteristiche di tolleranza agli inibitori.
31-gen-2017
Inglese
bioethanol; lignocellulose; β-glucosidase; yeast;
CASELLA, SERGIO
BASAGLIA, MARINA
Università degli studi di Padova
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Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-89433