ABSTRACT DELLE ATTIVITÀ DI STUDIO. 0.1. I temi Il primo tema proposto in questo studio tratta dell’organizzazione della materia con riguardo ad un duplice contesto, quello fisico e quello storico. I due contesti, tuttavia, non sono delineati per includervi rispettivi gruppi d’argomenti caratteristici, da valutare in contrapposizione. La semplificazione che identifica il contesto fisico con la natura e quello storico con la cultura non offre, necessariamente, alla nostra valutazione conseguenti nitide contrapposizioni fra la natura e l’arte. In proiezione storica sia la natura sia l’arte sono parte del nostro patrimonio e, in quanto dati della nostra storia, sono soggetti a comparazioni e interpretazioni critiche. In questa prospettiva il conservatore che si interessa di coste tropicali potrà adottare con profitto la stessa impostazione critica sia rivolgendosi all’architettura o agli agglomerati urbani sia alla conoscenza geografica e geologica delle scogliere coralline. Il secondo tema proposto riguarda la connotazione storica dell’interesse per le scogliere coralline. Per questo è stato necessario l’esame di alcune tappe del percorso conoscitivo delle coste tropicali ricorrendo alle opere fondamentali dei naturalisti, dei geologi e, nella generalità, dei viaggiatori dell’Ottocento e del primo Novecento. Dalle memorie dei viaggiatori ricaviamo le prime osservazioni sugli insediamenti e sulle costruzioni tradizionali in prossimità di banchi corallini ma, allo stesso tempo, queste stesse osservazioni ci fanno comprendere meglio quanto recente e di quale consistenza sia il patrimonio architettonico e urbano degli insediamenti costieri coloniali. Il bilancio degli studi compiuti fino ad oggi sull’impiego del calcare corallino nelle costruzioni è il terzo tema di questo lavoro. In larga misura sono stati valutati i dati e gli studi specifici raccolti presso istituti culturali internazionali, sia governativi sia non governativi. Inoltre, con riguardo alle aree geografiche dove sono state eseguite le osservazioni dirette, è stato fatto ricorso ai centri di studio e promozione regionali. Il quarto tema è rivolto alla teoresi e alle metodologie per la conservazione del patrimonio degli insediamenti storici sulle coste tropicali. Il riconoscimento del patrimonio, storico e naturale, è stato definito sulla base della teoria dei contesti di Karl W. Butzer. Oltre a fornire un metodo per il riconoscimento, il ricorso a Butzer ha permesso di mettere a fuoco alcuni indirizzi per la conservazione del patrimonio costiero che così sono stati confrontati con le carte e le raccomandazioni più recenti in materia di restauro. Nelle discussioni e negli studi svolti in preparazione del piano regolatore dell’isola di Ibo è stata formulata una fortunata ipotesi: che il difficile equilibrio tra l’ambiente naturale e quello umano possa diventare l’oggetto della conservazione. Nell’economia di questi studi la partecipazione alla formulazione del Piano di Ibo è stata un’applicazione davvero fortunata in quanto l’ipotesi di conservare l’equilibrio fra natura e arte è stata recepita dallo Stato mozambicano. Esperienze e studi applicativi sono l’oggetto del quinto tema. Diversamente da quanto previsto nella fase iniziale è stato possibile circoscrivere lo studio solo alle culture tradizionali degli insediamenti costieri dell’Africa orientale: Zanzibar, Lamu, Ibo, Ilha de Mozambique, Inhambane. Gli insediamenti e le architetture lungo le coste sud-americane e lungo quelle caraibiche che avrei voluto studiare potranno, forse, essere oggetto di studi futuri. Ai lettori più prudenti, le tipologie di questo patrimonio che è diffuso nelle varie regioni tropicali, potranno sembrare, in questa trattazione, frutto di una casistica limitata. Per altro verso lo studio si è rivolto con maggiore completezza ai casi regionali permettendo così di trattare aspetti tecnologici e metodologici ancora poco esplorati, con riguardo ai materiali complementari al calcare corallino, alle tecniche di lavorazione dei materiali impiegati e ai metodi di costruzione più diffusi. 0.2. Il problema all’origine dello studio L’idea di questo studio è nata nella città di Inhambane nel 2004, osservando la disgregazione delle murature di pietra corallina la cui causa principale è stata attribuita alla presenza dei sali solubili all’acqua, fin dalle prime osservazioni. I sali in questione sono il cloruro di sodio (NaCl) o i suoi composti. In soluzione acquosa essi possono essere assorbiti dall’ambiente esterno, ma possono essere già presenti nei materiali impiegati per l’edificazione, in soluzione o in stato cristallino. Nel corso degli studi e durante le osservazioni sistematiche nella città di Inhambane, nell’Ilha de Moçambique e a Ibo è stato possibile ricondurre i fenomeni di disgregazione ad un processo connotabile, semplicemente, secondo le categorie della causa e dell’effetto. Data la vastità geografica delle regioni in cui si manifestano questi fenomeni è sembrato appropriato ricorrere all’esplorazione scientifica, nonostante l’argomento sia poco trattato nella letteratura della conservazione e del restauro. Lo scopo iniziale di individuare metodi efficaci per la conservazione del patrimonio architettonico lungo le coste marine tropicali appariva facilmente realizzabile mediante il chiarimento del processo fisico e chimico che disgrega la materia; tuttavia il percorso di studio ha permesso di riconoscere una più ampia complessità fenomenologica in cui contestualizzare lo sgretolamento delle murature coralline. Questi fenomeni, che potrebbero essere processati dal restauro con gli strumenti della tecnologia e della storia, sono prospettati in uno spazio speculativo in cui si confrontano il contesto naturale e quello culturale. In anni recenti, in luoghi storici della costa dell’Africa orientale e della Penisola Arabica sono stati eseguiti alcuni limitati restauri e nuovi programmi di recupero sono tuttora in corso, confermando l’interesse culturale, locale e internazionale, che è stato avviato con l’iscrizione di Ilha de Moçambique (UNESCO, 1991), Zanzibar (UNESCO, 2000) e Lamu (UNESCO, 2001) nella Lista del Patrimonio Storico e Culturale dell’Umanità1. Dall’osservazione dei restauri già eseguiti emerge che le patologie degli edifici di calcare corallino sono trattate spesso con modesta efficacia o talvolta misconosciute e solo in rari casi è stato conseguito un conveniente e durevole successo. 0.3. L’obiettivo Con speciale attenzione alla cultura della manutenzione, questo studio è stato diretto verso due principali obiettivi. Il primo obiettivo è stato la messa a punto di strumenti e metodi utili alla conoscenza e al dominio dei fenomeni fisici e chimici delle costruzioni di calcare corallino nonché utili ai relativi restauri e alle pratiche manutentive. Il secondo obiettivo è stato l’organizzazione dei problemi generali e specifici in conformità all’ipotesi di conservare gli insediamenti costieri in un ottimale equilibrio con le attività ambientali naturali. Entrambi gli obiettivi sono rivolti ad interlocutori privilegiati quali le popolazioni che possiedono questo patrimonio, gli istituti pubblici o privati cui ne spetta la tutela, i conservatori e i restauratori. 0.4. Le discussioni Gli studi delle norme di tutela nei dispositivi sovranazionali e locali nonché del ruolo dei governi e delle associazioni non governative sono stati compiuti spesso anche sul campo. È stata un’esperienza applicativa fruttuosa quella svolta nell’ambito di quattro progetti curati dall’UNESCO nel Kosovo perché ha permesso di osservare come i finanziamenti e le procedure sovranazionali e locali su casi patrimoniali tutelati sono soggetti ad imprevedibili sfasamenti temporali e, soprattutto, condizionati dalle differenti culture regionali cui sono rivolti. Le discussioni, tenute su vari argomenti di questo studio, sono avvenute presso gli istituti o i luoghi dove sono stati raccolti i dati o dove sono stati trattati i casi osservati: il Dottorato di Ricerca in Riqualificazione e Recupero Insediativo nell’Università La Sapienza di Roma, la Faculdade de Arquitectura e Planeamento Físico nell’Universidade Eduardo Mondlane di Maputo - Mozambico, l’International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property - ICCROM in Roma, la United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO) - Regional Bureau for Science and Culture in Europe (BRESCE) - Antenna Office in Sarajevo, l’Aga Khan Foundation - Mozambique Office in Maputo e l’ArchNet - Massachusetts Institute of Technology (MIT).

Conservazione del patrimonio architettonico di pietra corallina. Conoscenza, restauro e fruizione

BERTI, MAURIZIO
2009

Abstract

ABSTRACT DELLE ATTIVITÀ DI STUDIO. 0.1. I temi Il primo tema proposto in questo studio tratta dell’organizzazione della materia con riguardo ad un duplice contesto, quello fisico e quello storico. I due contesti, tuttavia, non sono delineati per includervi rispettivi gruppi d’argomenti caratteristici, da valutare in contrapposizione. La semplificazione che identifica il contesto fisico con la natura e quello storico con la cultura non offre, necessariamente, alla nostra valutazione conseguenti nitide contrapposizioni fra la natura e l’arte. In proiezione storica sia la natura sia l’arte sono parte del nostro patrimonio e, in quanto dati della nostra storia, sono soggetti a comparazioni e interpretazioni critiche. In questa prospettiva il conservatore che si interessa di coste tropicali potrà adottare con profitto la stessa impostazione critica sia rivolgendosi all’architettura o agli agglomerati urbani sia alla conoscenza geografica e geologica delle scogliere coralline. Il secondo tema proposto riguarda la connotazione storica dell’interesse per le scogliere coralline. Per questo è stato necessario l’esame di alcune tappe del percorso conoscitivo delle coste tropicali ricorrendo alle opere fondamentali dei naturalisti, dei geologi e, nella generalità, dei viaggiatori dell’Ottocento e del primo Novecento. Dalle memorie dei viaggiatori ricaviamo le prime osservazioni sugli insediamenti e sulle costruzioni tradizionali in prossimità di banchi corallini ma, allo stesso tempo, queste stesse osservazioni ci fanno comprendere meglio quanto recente e di quale consistenza sia il patrimonio architettonico e urbano degli insediamenti costieri coloniali. Il bilancio degli studi compiuti fino ad oggi sull’impiego del calcare corallino nelle costruzioni è il terzo tema di questo lavoro. In larga misura sono stati valutati i dati e gli studi specifici raccolti presso istituti culturali internazionali, sia governativi sia non governativi. Inoltre, con riguardo alle aree geografiche dove sono state eseguite le osservazioni dirette, è stato fatto ricorso ai centri di studio e promozione regionali. Il quarto tema è rivolto alla teoresi e alle metodologie per la conservazione del patrimonio degli insediamenti storici sulle coste tropicali. Il riconoscimento del patrimonio, storico e naturale, è stato definito sulla base della teoria dei contesti di Karl W. Butzer. Oltre a fornire un metodo per il riconoscimento, il ricorso a Butzer ha permesso di mettere a fuoco alcuni indirizzi per la conservazione del patrimonio costiero che così sono stati confrontati con le carte e le raccomandazioni più recenti in materia di restauro. Nelle discussioni e negli studi svolti in preparazione del piano regolatore dell’isola di Ibo è stata formulata una fortunata ipotesi: che il difficile equilibrio tra l’ambiente naturale e quello umano possa diventare l’oggetto della conservazione. Nell’economia di questi studi la partecipazione alla formulazione del Piano di Ibo è stata un’applicazione davvero fortunata in quanto l’ipotesi di conservare l’equilibrio fra natura e arte è stata recepita dallo Stato mozambicano. Esperienze e studi applicativi sono l’oggetto del quinto tema. Diversamente da quanto previsto nella fase iniziale è stato possibile circoscrivere lo studio solo alle culture tradizionali degli insediamenti costieri dell’Africa orientale: Zanzibar, Lamu, Ibo, Ilha de Mozambique, Inhambane. Gli insediamenti e le architetture lungo le coste sud-americane e lungo quelle caraibiche che avrei voluto studiare potranno, forse, essere oggetto di studi futuri. Ai lettori più prudenti, le tipologie di questo patrimonio che è diffuso nelle varie regioni tropicali, potranno sembrare, in questa trattazione, frutto di una casistica limitata. Per altro verso lo studio si è rivolto con maggiore completezza ai casi regionali permettendo così di trattare aspetti tecnologici e metodologici ancora poco esplorati, con riguardo ai materiali complementari al calcare corallino, alle tecniche di lavorazione dei materiali impiegati e ai metodi di costruzione più diffusi. 0.2. Il problema all’origine dello studio L’idea di questo studio è nata nella città di Inhambane nel 2004, osservando la disgregazione delle murature di pietra corallina la cui causa principale è stata attribuita alla presenza dei sali solubili all’acqua, fin dalle prime osservazioni. I sali in questione sono il cloruro di sodio (NaCl) o i suoi composti. In soluzione acquosa essi possono essere assorbiti dall’ambiente esterno, ma possono essere già presenti nei materiali impiegati per l’edificazione, in soluzione o in stato cristallino. Nel corso degli studi e durante le osservazioni sistematiche nella città di Inhambane, nell’Ilha de Moçambique e a Ibo è stato possibile ricondurre i fenomeni di disgregazione ad un processo connotabile, semplicemente, secondo le categorie della causa e dell’effetto. Data la vastità geografica delle regioni in cui si manifestano questi fenomeni è sembrato appropriato ricorrere all’esplorazione scientifica, nonostante l’argomento sia poco trattato nella letteratura della conservazione e del restauro. Lo scopo iniziale di individuare metodi efficaci per la conservazione del patrimonio architettonico lungo le coste marine tropicali appariva facilmente realizzabile mediante il chiarimento del processo fisico e chimico che disgrega la materia; tuttavia il percorso di studio ha permesso di riconoscere una più ampia complessità fenomenologica in cui contestualizzare lo sgretolamento delle murature coralline. Questi fenomeni, che potrebbero essere processati dal restauro con gli strumenti della tecnologia e della storia, sono prospettati in uno spazio speculativo in cui si confrontano il contesto naturale e quello culturale. In anni recenti, in luoghi storici della costa dell’Africa orientale e della Penisola Arabica sono stati eseguiti alcuni limitati restauri e nuovi programmi di recupero sono tuttora in corso, confermando l’interesse culturale, locale e internazionale, che è stato avviato con l’iscrizione di Ilha de Moçambique (UNESCO, 1991), Zanzibar (UNESCO, 2000) e Lamu (UNESCO, 2001) nella Lista del Patrimonio Storico e Culturale dell’Umanità1. Dall’osservazione dei restauri già eseguiti emerge che le patologie degli edifici di calcare corallino sono trattate spesso con modesta efficacia o talvolta misconosciute e solo in rari casi è stato conseguito un conveniente e durevole successo. 0.3. L’obiettivo Con speciale attenzione alla cultura della manutenzione, questo studio è stato diretto verso due principali obiettivi. Il primo obiettivo è stato la messa a punto di strumenti e metodi utili alla conoscenza e al dominio dei fenomeni fisici e chimici delle costruzioni di calcare corallino nonché utili ai relativi restauri e alle pratiche manutentive. Il secondo obiettivo è stato l’organizzazione dei problemi generali e specifici in conformità all’ipotesi di conservare gli insediamenti costieri in un ottimale equilibrio con le attività ambientali naturali. Entrambi gli obiettivi sono rivolti ad interlocutori privilegiati quali le popolazioni che possiedono questo patrimonio, gli istituti pubblici o privati cui ne spetta la tutela, i conservatori e i restauratori. 0.4. Le discussioni Gli studi delle norme di tutela nei dispositivi sovranazionali e locali nonché del ruolo dei governi e delle associazioni non governative sono stati compiuti spesso anche sul campo. È stata un’esperienza applicativa fruttuosa quella svolta nell’ambito di quattro progetti curati dall’UNESCO nel Kosovo perché ha permesso di osservare come i finanziamenti e le procedure sovranazionali e locali su casi patrimoniali tutelati sono soggetti ad imprevedibili sfasamenti temporali e, soprattutto, condizionati dalle differenti culture regionali cui sono rivolti. Le discussioni, tenute su vari argomenti di questo studio, sono avvenute presso gli istituti o i luoghi dove sono stati raccolti i dati o dove sono stati trattati i casi osservati: il Dottorato di Ricerca in Riqualificazione e Recupero Insediativo nell’Università La Sapienza di Roma, la Faculdade de Arquitectura e Planeamento Físico nell’Universidade Eduardo Mondlane di Maputo - Mozambico, l’International Centre for the Study of the Preservation and Restoration of Cultural Property - ICCROM in Roma, la United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO) - Regional Bureau for Science and Culture in Europe (BRESCE) - Antenna Office in Sarajevo, l’Aga Khan Foundation - Mozambique Office in Maputo e l’ArchNet - Massachusetts Institute of Technology (MIT).
2009
Italiano
ENVIRONMENT
CARBONARA, Giovanni
TERRANOVA, Ferdinando
Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/90103
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIROMA1-90103