Il canine parvovirus (CPV) è uno dei patogeni più importanti per lo stato sanitario del cane. La sua storia è caratterizzata da una rapida comparsa e diffusione, che ne hanno condizionato lo studio, catalizzando l’attenzione verso le differenze fenotipiche tra i ceppi in circolazione, ritenute finora elementi correlabili alle manifestazioni cliniche e all’epidemiologia. Negli ultimi anni però, la classificazione su base antigenica che ha permesso la distinzione delle diverse varianti, è stata rimessa in discussione, in quanto la variabilità misurata mediante semplici marker amminoacidici appare riduttiva rispetto alla sottostante eterogeneità nucleotidica del virus. Solo sulla base del genoma di CPV è infatti possibile ricostruire i legami filogenetici ed evolutivi tra i ceppi circolanti, massimizzando l’informazione a disposizione ed evitando di ricondurre l’affinità dei ceppi virali alla presenza di caratteri morfologici simili, promossi frequentemente da un’evoluzione convergente piuttosto che da un’origine comune. In questa cornice si inserisce il presente lavoro che mira a descrivere l’epidemiologia molecolare italiana di CPV, attraverso l’analisi delle sequenze del gene codificante la proteina VP2, ottenute da campioni provenienti da svariate regioni e raccolti tra il 2008 e il 2015. L’orizzonte dello studio è stato poi esteso al confronto di tali dati con un database di sequenze mondiali. I risultati ottenuti hanno permesso di evidenziare come le elevate eterogeneità e circolazione virali a livello locale rispecchino la situazione globale, mettendo in luce uno scenario epidemiologico caratterizzato dall’occorrenza di molteplici eventi introduttivi, cui sovente segue una prolungata persistenza territoriale. Ciò esita sia in una frequente co-circolazione di alcuni ceppi nella medesima regione, sia nella presenza di stipiti strettamente correlati in località molto distanti. Oltre a restituire la misura della capacità di diffusione del virus, delle connessioni tra i paesi e delle conseguenti vie di disseminazione virale, esplorabili anche con un approccio filogeografico, la variabilità nucleotidica di CPV permette di ricostruire le dinamiche di popolazione, monitorandone l’espansione nel tempo e interpretandone le fluttuazioni in relazione a possibili eventi impattanti sulla variabilità genetica, come l’introduzione di nuovi virus o della vaccinazione, l’insorgenza dell’immunità di popolazione, ecc. CPV si conferma un virus recente, originato all’inizio degli anni ’70 e caratterizzato da un elevato tasso evolutivo (~10-4 sostituzioni*sito-1*anno-1), in grado perciò di sostenere l’espansione della popolazione virale osservabile sin dalla sua comparsa e, potenzialmente, di comportare variazioni imprevedibili a carico degli aspetti clinici della patologia. L’insieme di questi elementi sottolinea da un lato l’importanza e le potenzialità delle informazioni racchiuse nella sequenza nucleotidica, che non devono essere sottovalutate, dall’altra la necessità di un’analisi più approfondita sulla natura di CPV, investigando i determinanti genetici, ancora inesplorati, alla base delle caratteristiche biologiche, epidemiologiche e cliniche di CPV.
Epidemiologia molecolare di canine parvovirus (CPV) in Italia
TUCCIARONE, CLAUDIA MARIA
2018
Abstract
Il canine parvovirus (CPV) è uno dei patogeni più importanti per lo stato sanitario del cane. La sua storia è caratterizzata da una rapida comparsa e diffusione, che ne hanno condizionato lo studio, catalizzando l’attenzione verso le differenze fenotipiche tra i ceppi in circolazione, ritenute finora elementi correlabili alle manifestazioni cliniche e all’epidemiologia. Negli ultimi anni però, la classificazione su base antigenica che ha permesso la distinzione delle diverse varianti, è stata rimessa in discussione, in quanto la variabilità misurata mediante semplici marker amminoacidici appare riduttiva rispetto alla sottostante eterogeneità nucleotidica del virus. Solo sulla base del genoma di CPV è infatti possibile ricostruire i legami filogenetici ed evolutivi tra i ceppi circolanti, massimizzando l’informazione a disposizione ed evitando di ricondurre l’affinità dei ceppi virali alla presenza di caratteri morfologici simili, promossi frequentemente da un’evoluzione convergente piuttosto che da un’origine comune. In questa cornice si inserisce il presente lavoro che mira a descrivere l’epidemiologia molecolare italiana di CPV, attraverso l’analisi delle sequenze del gene codificante la proteina VP2, ottenute da campioni provenienti da svariate regioni e raccolti tra il 2008 e il 2015. L’orizzonte dello studio è stato poi esteso al confronto di tali dati con un database di sequenze mondiali. I risultati ottenuti hanno permesso di evidenziare come le elevate eterogeneità e circolazione virali a livello locale rispecchino la situazione globale, mettendo in luce uno scenario epidemiologico caratterizzato dall’occorrenza di molteplici eventi introduttivi, cui sovente segue una prolungata persistenza territoriale. Ciò esita sia in una frequente co-circolazione di alcuni ceppi nella medesima regione, sia nella presenza di stipiti strettamente correlati in località molto distanti. Oltre a restituire la misura della capacità di diffusione del virus, delle connessioni tra i paesi e delle conseguenti vie di disseminazione virale, esplorabili anche con un approccio filogeografico, la variabilità nucleotidica di CPV permette di ricostruire le dinamiche di popolazione, monitorandone l’espansione nel tempo e interpretandone le fluttuazioni in relazione a possibili eventi impattanti sulla variabilità genetica, come l’introduzione di nuovi virus o della vaccinazione, l’insorgenza dell’immunità di popolazione, ecc. CPV si conferma un virus recente, originato all’inizio degli anni ’70 e caratterizzato da un elevato tasso evolutivo (~10-4 sostituzioni*sito-1*anno-1), in grado perciò di sostenere l’espansione della popolazione virale osservabile sin dalla sua comparsa e, potenzialmente, di comportare variazioni imprevedibili a carico degli aspetti clinici della patologia. L’insieme di questi elementi sottolinea da un lato l’importanza e le potenzialità delle informazioni racchiuse nella sequenza nucleotidica, che non devono essere sottovalutate, dall’altra la necessità di un’analisi più approfondita sulla natura di CPV, investigando i determinanti genetici, ancora inesplorati, alla base delle caratteristiche biologiche, epidemiologiche e cliniche di CPV.File | Dimensione | Formato | |
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https://hdl.handle.net/20.500.14242/90314
URN:NBN:IT:UNIPD-90314