Il lavoro cerca di mostrare come le meditazioni di Heidegger sulla tecnica possano offrire una risposta ai problemi sollevati da Max Weber nelle sue riflessioni sulla scienza. Nella conferenza su La scienza come professione questa viene connotata come un’attività del tutto separata dalla sfera di pertinenza del regno dei fini e dei valori che orientano l’agire dell’individuo, nel nome della pura oggettività. In questa prospettiva la scienza si mostra come un dominio del tutto svincolato dall’etica e dunque del tutto inadeguato all’orientamento della ragion pratica. L’esito nichilistico a cui conduce una tale connotazione della scienza è ben visto da Weber, che vede nella fedeltà all’ideale della chiarezza l’unico aspetto etico all’opera in essa; tale chiarezza consiste nella messa in luce dei rapporti che intercorrono tra le azioni, i loro fini ed i loro presupposti. Nella prospettiva di Heidegger, quest’esito nichilistico è il risultato inevitabile del gesto originario della metafisica, da sempre finalizzata, più o meno consciamente, all’instaurazione di un soggetto connotato come uno spettatore distaccato dalla realtà che osserva. Tale gesto si attua nella rimozione della dimensione ermeneutica a vantaggio delle determinazioni dell’ente scoperte dal discorso apofantico e dalla definizione. La necessaria implicazione etica di questa mossa consiste nella riduzione della sfera di pertinenza dell’etica e della politica al dominio della giurisprudenza, nel quale la casistica delle possibili azioni viene, per così dire, digitalizzata, in modo da renderle sanzionabili: tale è il gesto della filosofia politica moderna, nella quale il Politico viene gradualmente ridotto al Giuridico. Facendo riferimento alle meditazioni di Heidegger sulla tecnica e alla risposta data a Weber da Erich von Kahler nel suo La professione della scienza, il lavoro mostra un possibile esito alternativo per il pensiero, nella critica della riduzione della dimensione politica alla tecnica in cui la giurisprudenza consiste. Tale esito si attua nell’interrogazione originaria della verità, intesa come l’evento in cui una singolarità si distingue dall’individuo, per come questo è determinato dalla giurisprudenza. La dimensione in cui accade l’evento della verità di una singolarità è governata dalla logica della pars pro toto, alternativa rispetto alla digitalizzazione che soggiace alla comprensione dell’essere come semplice presenza, attuata dal discorso apofantico. La singolarità dell’esserci si mostra dunque come ciò che resiste ad ogni inclusione in uno schema di razionalità strumentale.

Tecnica e verità a partire da Heidegger

LUCIANO, FABRIZIO
2014

Abstract

Il lavoro cerca di mostrare come le meditazioni di Heidegger sulla tecnica possano offrire una risposta ai problemi sollevati da Max Weber nelle sue riflessioni sulla scienza. Nella conferenza su La scienza come professione questa viene connotata come un’attività del tutto separata dalla sfera di pertinenza del regno dei fini e dei valori che orientano l’agire dell’individuo, nel nome della pura oggettività. In questa prospettiva la scienza si mostra come un dominio del tutto svincolato dall’etica e dunque del tutto inadeguato all’orientamento della ragion pratica. L’esito nichilistico a cui conduce una tale connotazione della scienza è ben visto da Weber, che vede nella fedeltà all’ideale della chiarezza l’unico aspetto etico all’opera in essa; tale chiarezza consiste nella messa in luce dei rapporti che intercorrono tra le azioni, i loro fini ed i loro presupposti. Nella prospettiva di Heidegger, quest’esito nichilistico è il risultato inevitabile del gesto originario della metafisica, da sempre finalizzata, più o meno consciamente, all’instaurazione di un soggetto connotato come uno spettatore distaccato dalla realtà che osserva. Tale gesto si attua nella rimozione della dimensione ermeneutica a vantaggio delle determinazioni dell’ente scoperte dal discorso apofantico e dalla definizione. La necessaria implicazione etica di questa mossa consiste nella riduzione della sfera di pertinenza dell’etica e della politica al dominio della giurisprudenza, nel quale la casistica delle possibili azioni viene, per così dire, digitalizzata, in modo da renderle sanzionabili: tale è il gesto della filosofia politica moderna, nella quale il Politico viene gradualmente ridotto al Giuridico. Facendo riferimento alle meditazioni di Heidegger sulla tecnica e alla risposta data a Weber da Erich von Kahler nel suo La professione della scienza, il lavoro mostra un possibile esito alternativo per il pensiero, nella critica della riduzione della dimensione politica alla tecnica in cui la giurisprudenza consiste. Tale esito si attua nell’interrogazione originaria della verità, intesa come l’evento in cui una singolarità si distingue dall’individuo, per come questo è determinato dalla giurisprudenza. La dimensione in cui accade l’evento della verità di una singolarità è governata dalla logica della pars pro toto, alternativa rispetto alla digitalizzazione che soggiace alla comprensione dell’essere come semplice presenza, attuata dal discorso apofantico. La singolarità dell’esserci si mostra dunque come ciò che resiste ad ogni inclusione in uno schema di razionalità strumentale.
21-gen-2014
Italiano
Tecnica, Verità, Heidegger, Giurisprudenza, Evento
CHIGNOLA, SANDRO
FIASCHI, GIOVANNI
Università degli studi di Padova
332
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14242/90470
Il codice NBN di questa tesi è URN:NBN:IT:UNIPD-90470